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Autore: Lady Aquaria    04/09/2015    2 recensioni
"La verità è che io faccio fatica a non pensarci, alla fine mi sono arreso. Ho smesso di provare a liberarmi un po' la testa ma non riesco perché lei c'è. C'è sempre. Con il suo sorriso e i suoi occhi, perfino col suo caratteraccio. E quando non c'è la cerco. La cerco in casa, a Rodorio, la cerco nelle canzoni dei Kiss che ho imparato ad apprezzare e dentro le frasi dei pochi libri che ha letto qui. E sai cosa? C'è ancora. E' ancora dappertutto. L'ho cacciata, ma non riesco a levarmela dalla testa."
E tutto questo, a partire da quel giorno al Goro-Ho.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le vie del Destino'
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capitolo 22 prequel
22.
Surrender.

I can't pretend anymore 
That I'm not affected, I'm not moved 
I can't lie to myself, that I'm not, always thinking of you 
You make me strong 
You show me I'm not weak to fall in love 
When I thought I'd never need, now I can't get enough 

I surrender 

I can't pretend anymore 
I can't lie to myself that I'm not always thinking of you

[Laura Pausini - Surrender].

 

Milo strizzò gli occhi, irritato dalla luce intensa della torcia elettrica accesa dietro le palpebre e da Camus che continuava a scuoterlo.
"La-lasciami i-in pace, non s-sono m-morto." balbettò, con una nota d'irritazione nella voce.
"Non ancora." lo corresse Camus, posandogli addosso un'altra coperta spessa, badando bene a coprirgli anche la testa. "Ma se ti addormenti, morirai sul serio."
Gli avrebbe risposto volentieri con un gesto scaramantico, ma aveva a malapena forza per respirare, figurarsi per rispondere in malo modo. Come se non bastasse, avvertì anche qualcosa di appuntito dargli noia in mezzo alla schiena.
"E resta sveglio, accidenti a te." l'ammonì Camus, rifilandogli un paio di ceffoni prima di allontanarsi in direzione del cucinino sperando che il suo piccolo espediente –l'angolo di un tavolino premuto tra le scapole- bastasse a tenere sveglio Milo. Anche nell'altra stanza, riusciva chiaramente a sentire l'amico battere i denti: che idea idiota, quella di portarlo con sé a Kobotec.
"Milo? Sei ancora sveglio?"
Naturalmente sono ancora sveglio, pensò Milo, con irritazione sempre maggiore: non stai zitto un solo istante, come potrei dormire con te che continui a parlarmi, schiaffeggiarmi e scuotermi?
Lanciò uno sguardo fuori dalla finestrella, ascoltando il sibilo del vento e della neve che brinava i vetri.
E quel cretino di Rocky Balboa si è infilato volontariamente in questo inferno di ghiaccio. Che imbecille.
Sentì il tintinnio di un cucchiaino, quindi la voce di Camus ritornare vicina.
"Portarti a pescare è stata davvero una pessima idea." ammise Camus, piazzandogli tra le mani una tazza bollente. "Riesci a reggerla?"
Milo annuì: appena avvertito il calore emanato dalla ceramica, le dita si erano serrate automaticamente.
"Anzi, a dirla tutta, è stata una pessima idea portarti qui." concluse infine Camus, valutando ancora una volta l'amico, con attenzione: il volto aveva ripreso un poco di colore e le labbra avevano perso parte del bluastro, ma l'ipotermia era una bestia infida e subdola, e non poteva permettersi di abbassare ancora la guardia.
"E' stata… u-una pe-pessima… idea… co-correre… sul ghiaccio." aggiunse Milo, battendo i denti dal freddo.
"Quello sicuramente." annuì Camus. "Te l'avevo anche detto."
Chissà quanto ti stai divertendo, eh, Camus?
Aveva immaginato l'esito di quel pomeriggio non appena Milo aveva iniziato a correre sul fiume ghiacciato, per scaldarsi, come aveva detto. La crepa che s'era aperta nel ghiaccio era stata troppo veloce anche per lui ed entrambi erano finiti nell'acqua gelida.
Milo sorbì un sorso di tè, quindi guardò Camus intento a dispiegare i suoi vestiti accanto al camino.
"Fai attenzione, bevi piccoli sorsi."
"C-ci ma-manchere-rebbe a-anche u-una be-bella ustione."
"L'ustione al palato sarebbe l'ultimo dei tuoi problemi: con il freddo intenso il sangue defluisce dalle estremità e si mette a protezione degli organi vitali. Se ti facessi bere velocemente o ti avessi immerso in un bagno bollente, l'improvviso flusso di sangue freddo proveniente dalla periferia per via del riscaldamento rapido avrebbe potuto provocarti un'improvvisa e probabilmente fatale aritmia."
E ci mancherebbe anche l'aritmia. Ammirava il suo predecessore, rispettava il suo modo di combattere e la sua visione dell'esistenza, a volte desiderava avere il suo stesso coraggio e spirito indomito, ma di emulare la sua malattia no, non se ne parlava.
"…alla fine… il brutto quarto d'ora… me l'hai fatto passare… lo stesso."
"Io?!" Camus si voltò, il maglione di Milo ancora in mano. "Non ti ho obbligato io a comportarti da irresponsabile, là fuori."
Non riusciva a trovare le parole adatte a spiegare l'intensità del freddo patito quando erano caduti in acqua. Come aveva detto qualcuno, in un film: cadere in acque gelide come quelle laggiù... è come avere tutto il corpo trafitto da mille lame. Non riesci a respirare. Non riesci a pensare a nulla, tranne che al dolore.
E accidenti se era vero.
"Adesso riesci a sentire le dita?" la voce dell'amico lo riportò alla realtà. Posò la tazza a terra accanto a sé e allungò le gambe, muovendo le dita dei piedi. "Uhm, sì. Ma sei ancora pallido come un morto, perciò rimarrai buono accanto al fuoco per un altro paio d'ore."
"Sì mamma."
Camus si diresse al piano di sopra; Milo lo sentì frugare dentro un armadietto cigolante, i suoi passi sulle assi di legno che scricchiolavano con ogni movimento.
"Tu stai bene?" gli domandò, avvertendo con sollievo d'aver smesso di balbettare.
"Io sì."
"Certo, tu hai il Paraflu nelle vene…" borbottò Milo.
"No, sono solo più allenato di te." rispose Camus, tornando giù con i vestiti asciutti e altri sottobraccio: un paio di calzoni blu e una maglietta verdastra. "Tieni, dovrebbero andarti un po' stretti ma sono i soli vestiti che ho qui. Ti serve qualcos'altro?"
"No. Ho fame. Parecchia fame. Mi sento lo stomaco incollato alla spina dorsale. Dov'è la cena?"
Camus sbuffò con rabbia.
"Oh… vuoi la cena? Peccato che il persico che aveva abboccato è scappato con la mia canna da pesca quando ci hai fatto fare il bagno!" disse Camus. "La mia canna da pesca nuova, oltretutto!"
"Mi dispiace."
"Era fantastica, in carbonio e fibra di vetro, ci avevo messo un'eternità a trovare quella perfetta!"
Milo roteò gli occhi.
"Oh cielo. Quante storie per venti euro. Te li restituisco e tornerai a pescare come prima."
"Novantacinque euro e settantadue centesimi. Altro che venti euro." lo corresse Camus. "Aveva anche il mulinello silenzioso…"
"Hai davvero speso tutti quei soldi per un bastone e un po' di spago? Sul serio?"
L'altro assunse l'espressione tipica delle sue ramanzine.
"Hey, con bastone e spago ci pescava Sampei, la pesca è un'attività seria e come tale va presa: provaci tu a pescare il persico con…"
"Okay, okay d'accordo. Ti regalerò una canna nuova! Ma smettila di ciarlare, ho fame!! Cosa c'è da mangiare?"
"C'era  zuppa di pesce, che è ovviamente da escludere dato che l'ingrediente principale è sfuggito al suo destino. Ma pazienza, andrò al villaggio a comprare qualcosa da mangiare. Comunque, in bagno l'acqua è ancora tiepida, puoi andare a lessare un po' mentre aspetti, se hai ancora freddo. A quest'ora credo tu non corra più rischi."
"E me lo chiedi?"  Milo s'alzò a fatica, le gambe ancora indolenzite, e s'avviò a passo lento al piccolo bagno. "Ouch!"
"Cosa c'è ancora?"
"Ho pestato qualcosa." spiegò Milo, controllando sotto il piede. Un orecchino ?! "E questo da dove salta fuori?"
Guardò l'orecchino nel palmo di Milo e suo malgrado deglutì, avvertendo uno strano peso nel centro del petto.
"…io… io vado." balbettò, la gola improvvisamente secca. "Sarò di ritorno a breve, nel frattempo non demolirmi casa."
"Hey Cam! Tutto bene?!"
"No."
Sellò Yzar accertandosi che fosse coperto abbastanza, quindi partì alla volta del villaggio mentre fuori la neve cadeva placida.
Al contrario, il suo animo era in tumulto.
 
*
 
"Camus, smettila, stai zitto un attimo! Non fai che parlare da quando sei tornato!" Distogliendo lo sguardo dalle montagne in lontananza, fuori dalla finestra, Camus inarcò le sopracciglia.
"…hai detto qualcosa?"
"Ti ho detto di tacere prima che mi venga un mal di testa colossale." rispose Milo.
"Ma se non ho aperto bocca."
"Appunto."
L'altro sorbì un lungo sorso di thè, prima di masticare controvoglia un boccone di carne.
"Sai che non sono mai stato un gran chiacchierone."
"No, lo so benissimo, ma non è questo. Sei strano da quando ho pestato quell'orecchino."
Già, l'orecchino.
Come se non avesse già abbastanza cose, o ricordi, legati a lei. Come se la sua costante presenza non fosse già sufficiente.
Camus guardò il piccolo pendente di giada posato sul tavolo e scosse la testa.
"Pensava d'averlo perso accanto alla cascata, quella sera… e invece era qui. Ormai mi sono reso conto che non esiste più alcun posto sicuro per me: l'undicesima casa è piena di ricordi, Rodorio è pieno di ricordi… neanche l'isba è sicura adesso. Sembra quasi che la vita ci provi gusto a prendersi gioco di me. Più cerco di dimenticarla e di allontanare il suo pensiero dalla mia mente, più il destino me la mette di fronte."
"L'hai appena detto: il destino."
Prese la bussola che un tempo era appartenuta ad Isaac e guardò verso est: il Goro-Ho non era poi così distante da Kobotec.
"Siamo così vicini in questo momento, eppure…non potremmo essere più lontani di così."
Milo si servì una seconda porzione di stufato.
"Milleduecento chilometri, metro più, metro meno. Giusto dietro l'angolo." sorrise. "Questo stufato ha un sapore strano: la carne ha una consistenza strana e il sapore lo è ancora di più."
Camus gettò uno sguardo nella pentola di coccio.
"…e ti accorgi che la carne ha un gusto diverso dal solito dopo averne spazzolato più della metà?"
"Sarà colpa del freddo patito oggi, che magari mi ha congelato le papille gustative e non mi fa riconoscere i sapori. Che carne è?"
"Qualcosa che sicuramente non hai mai assaggiato prima o riconosceresti lo stufato di Mar'ya tra mille."
"Selvaggina? Non sarà quella roba esotica che ogni tanto Asha cerca di propinarci? Sarà mica pavone?"
"Eh, come no! Qui in Siberia siamo pieni di pavoni!" esclamò Camus, ironico.
"Allora cos'è, cinghiale?"
"Senti, non ci arriveresti mai. E' alce. E' lo stufato di alce di Mar'ya, la locandiera." rispose Camus, aprendo in due uno dei panini rustici che la ragazza aveva messo nel cesto insieme alla pentola e ad altre vettovaglie, e riempiendolo con i rimasugli dello stufato."Qualcosa che non puoi descrivere a parole."

Milo lo osservò basito, proteggendo d'istinto il proprio piatto ancora pieno.
"…alla faccia del panino imbottito." commentò. "Il cucciolino di casa aveva un po' d'appetito?"
"Muoviti a vuotare il piatto o spazzolo anche il tuo."
"Devi prima passare sul mio cadavere."
L'altro valutò la situazione mentre addentava, affamato come non mai, il panino.
"Beh, diciamo che sei ancora debilitato dalla quasi ipotermia di oggi, siamo immersi nel gelo, che tra le righe, ti ricordo, è il mio elemento… basterebbe anche solo una misera Diamond Dust per metterti fuori gioco e rubarti il pasto."
"Davvero mi faresti questo?"
"Sì."
Nonostante quell'ultimo scambio di battute, Milo capì che Camus non era del tutto in sé.
"Dammi quell'orecchino, glielo riporto appena tornerò a farle visita." disse Milo allungando la mano.
Già, le sue visite in Cina.
Inarcò un sopracciglio, masticando rabbiosamente.
"Dovremmo parlarne sai, di queste tue visite."
"Ancora con questa storia? E' vero, le faccio spesso visita, indipendentemente da tutto quanto, dalle tue scelte e da quelle del Grande Sacerdote, è mia amica, e a me piace far visita agli amici. Sai benissimo che non ho mai visto Mei sotto quella luce, sai che per me è un'amica e basta."
Camus annuì.
"Non potrei tollerare un simile tradimento da parte tua: potrei tollerare tante cose in nome della nostra amicizia, ma mai, mai una cosa simile." disse, serio. "Ti farei provare tanto di quel freddo, che quello patito oggi al lago, al confronto, era niente."
"Dovremmo parlare di un sacco di cose, Cam." puntualizzò Milo cambiando discorso senza lasciarsi intimidire. "Anzi, siamo qui per questo no? Per parlare. Ebbene, facciamolo. Su."
L'altro si alzò di scatto.
"…caffè?" domandò.
Milo in risposta sfoderò Antares.
"Seduto." gl'intimò.
"Stavolta lo prenderò anche io. Nero, forte e amaro. Sì." Camus gli diede le spalle, posando i piatti sporchi nel lavello. Qualcosa gli saettò con un sibilo accanto all'orecchio; alzando lo sguardo notò un foro in una delle padelline di rame appese al muro. "…ti sei bevuto il cervello?"
"La prossima te la pianto nel cranio se non ti siedi qui subito." disse Milo, scostando la sedia di Camus con un leggero calcio dato sotto il tavolo.
"Non ti arrendi mai?"
"Subito." sibilò Milo, con una freddezza che Camus raramente gli aveva sentito usare.
Lasciò stare la caffettiera, afferrando invece la proverbiale vodka da un pensile e posando due bicchierini sul tavolo.
"Temo d'aver bisogno di qualcosa di più forte della caffeina." spiegò, versando due dosi generose di vodka nei bicchierini, verdi come l'etichetta della bottiglia."Na zdorovje!"
"Stin ijiasas. Anzi no. Non alla salute, brindiamo alla verità." propose Milo, buttando giù il liquido d'un fiato. "…porca miseria!"
"Un altro?"
"No, basta così per ora." Milo coprì il bicchierino con la mano e lo guardò in tralice. "Non mi farai ubriacare per non dovermi parlare. Semmai è il contrario. Io farò ubriacare te."
Camus proruppe in un ghigno ironico.
"Ubriacarmi? Io? Nemmeno dovessi bere tutta la distilleria Moskovskaya." rispose. Tornò serio. "Vuoi la verità? Eccola. La verità è che io faccio fatica a non pensarci, alla fine mi sono arreso. Ho smesso di provare a liberarmi un po' la testa ma non riesco perché lei c'è, c'è sempre. Mi mancano il suo sorriso e i suoi occhi, mi manca perfino il suo caratteraccio e spesso, troppo spesso, la cerco. In casa, a Rodorio, la cerco nelle canzoni dei Kiss che ho imparato ad apprezzare e dentro le frasi dei pochi libri che ha letto qui. E sai cosa? C'è ancora. E' ancora dappertutto, lei…"
Milo tacque, aspettando che Camus proseguisse.
"Amico mio, sei messo proprio male."
"…oddei quanto sono patetico."
"Ma perché?"
Fece spallucce, non sapendo come rispondere.
"Per me non sei patetico."
"Oh, non ancora, in effetti manca qualche dettaglio qua e là: fazzolettini appallottolati sparsi a terra, un cd di musica sdolcinata con canzoni che parlano di addii e i miei occhi rossi e gonfi." ribatté Camus.
Milo sorrise.
"Gli occhi rossi già ci sono." lo corresse.
"…co-?" fece, portandosi una mano agli occhi, sorpreso: quando accidenti aveva pianto? "Oh."
"Sfogarti ti farà bene, non preoccuparti per questo. Del resto da quanto ci conosciamo? Sai che non ti giudico."
Sì, lo sapeva, e per questo, tra le tante altre cose, gli era grato: per quanto espansivo, ciarliero e talvolta invadente, Milo non aveva la brutta abitudine di giudicare qualcuno.
"Avevo cinque anni quando ho pianto l'ultima volta: ero qui, la prima notte trascorsa lontano da mia madre. Avevo freddo e avevo paura, volevo tornare tra le sue braccia, sentirmi amato e protetto, sentire la sua voce rassicurarmi. Col tempo capii che non l'avrei mai più rivista, e pian piano, chiusi tutti i miei sentimenti al sicuro, per tenerli al nascosto dal mondo… erano solo miei." iniziò Camus. "E per me andava benissimo così. Mostravo a tutti solo ciò che volevo mostrare…"
"…non ti sei mai confidato apertamente neanche con me…" annuì Milo.
"Lo so, ma non ho mai agito con cattiveria: nonostante tutto tu rimani il solo che di me conosce più di tutti gli altri."
"A parte Mei."
"Già, a parte Mei. E' entrata nella mia vita e mi ha letteralmente spogliato di ogni difesa. Ha afferrato quei sentimenti, li ha portati alla luce e se li è portati via." sorrise nervoso. "Se fossi il personaggio di un libro, sarei l'Uomo di Latta: senza cuore."
Milo scosse la testa e sorrise.
"Nient'affatto, un cuore ce l'hai ancora, altrimenti non parleresti così."
"Allora sarò Jurij Živago."
"E cioè? Ti sposerai e tradirai tua moglie con Mei che nel frattempo diventa la tua amante?"
"Affatto. Morirò d'infarto nel tentativo di inseguire una donna che credo sia lei."
"E se invece smettessi di dire sciocchezze e iniziassi a fare la cosa giusta, cioè tornare in Cina e riprendertela?"
"Magari potessi. Quel treno è perso."
L'altro gli rifilò una pacca non proprio amichevole sul braccio.
"Semplicemente, tu e Mei non eravate su quello giusto, e presto prenderete entrambi quello che vi porta nella direzione giusta."
Sbuffò, tra il divertito e il seccato.
"Dovresti smetterla di leggere dubbi libri di filosofia spiccia." replicò, afferrando ancora una volta la bottiglia di vodka. "Dai, bevi con me." riempì i bicchierini e ne allungò uno a Milo. "Alle occasioni perdute."
"…alle occasioni che ritroverete." insisté Milo. "Come brindano qui?"
"Na zdorovje."
"E allora na zdorovje."
Camus buttò giù il liquido senza fare una piega, contrariamente a Milo che tossì fino a lacrimare, la vodka che bruciava man mano che attraversava l'esofago.
"… come dannazione fate a bere questa roba?"
"Pappamolla." replicò Camus. "Piuttosto… questa faccenda non deve uscire da queste quattro mura, intesi?"
"Intesi. Nessuno saprà niente, il tuo segreto è al sicuro con me."
"Non è per me che sono preoccupato. Se il nemico scoprisse che ciò che provo per lei è ancora vivo, potrebbe coinvolgerla in modi che io non posso e non voglio immaginare. Al Goro-Ho, lontana da me, è al sicuro."
Il freddo che l'aveva ghermito nelle ultime ore era finalmente scomparso, addosso Milo non lo sentiva più: le sue membra erano tornate calde come prima. Ma si rese conto che il freddo che l'amico aveva di nuovo addosso, quello, non se ne sarebbe andato via facilmente.
"Anzi, spero di non aver compromesso tutto." proseguì Camus, ricevendo in cambio una strana occhiata. "Vorrei non averlo fatto, ma ti ho mentito, e forse l'ho messa in pericolo."
"…?"
"Non stavo male, l'altra sera. Sono stato da Mei."
"Cam…"
Anche in quel caso, non doveva essersi accorto della gravidanza.    
"Dovevo vederla. E' stato più forte di me. Ne avevo bisogno."

"Ti stai distruggendo." mormorò Milo, cominciando seriamente a preoccuparsi.
"No, sbagli. Sono già distrutto."
 
**
 
"Ti prego, non mi mandare via."
"Decidi da sola. Io vorrei che tu restassi. Davvero, Jen. Ma forse sentirai la mancanza dei tuoi genitori. Se si trattasse di nostra figlia, anche noi la cercheremmo. Sono certo che le mancheremmo. Jen, io voglio che… tu sia mia per sempre. Farò qualunque cosa, vedrai. Te lo prometto, il mio cuore è sincero. Noi abbiamo una leggenda: a chiunque osa saltare da quel monte, si dice che il cielo esaudisca un desiderio. Io conosco un ragazzo che per far guarire i suoi genitori saltò giù da quel monte. Lui non morì, e non rimase neanche ferito, e il padre e la madre come d'incanto guarirono subito. Il suo desiderio si era avverato. Se ci credi accade, e io ci credo. Gli anziani dicono: se segui il tuo cuore, i desideri si avverano."
Era uno dei suoi film preferiti, eppure, in quel momento, non riusciva a sopportarlo.
Per Shunrei che, nemmeno a metà film, già piangeva a dirotto per la tragica fine del maestro Li Mu Bai che si dichiara alla sua bella Yu Shu Lien in punto di morte, per dirne una, oppure, più probabile, perché le vicende dei suoi personaggi preferiti, Jen e Lo, assomigliavano pericolosamente ai suoi trascorsi con Camus.
Beh, non proprio, in un certo senso Jen era stata più fortunata di lei.
Si alzò, sbuffando.
"Buonanotte." augurò.
"Ma come? Te ne vai già a dormire? La parte più bella deve ancora arrivare!"
Oltrepassò Shunrei, ignorò la mano che Shiryu aveva teso a mo' di saluto, e si diresse al piano di sopra.
"Sono incinta, sono stanca e ho parecchio sonno. Quindi, buonanotte. Buonanotte, Maestro." ripeté. Fece un inchino a Dohko e finalmente si chiuse nella sua stanza.
Se segui il tuo cuore, i desideri si avverano.
Sì, magari fosse così facile anche la realtà, pensò, tutt'altro che allegra. Incinta al sesto mese e mezzo, da sola e in un luogo dove essere una madre single era una maledizione.
"Forse dovrei davvero andare via."
A Milos, magari, come le aveva proposto Milo.
Oppure ricominciare proprio da capo, da sola, in un posto dove nessuno la conosceva e dove nessuno l'avrebbe giudicata una sgualdrina facile che era stata messa nei guai e abbandonata.Poteva essere una bella idea, quella di fare armi e bagagli e lasciare tutto per una nuova vita.
In Australia, perché no? Certo, l'idea della neve in pieno agosto e della spiaggia affollata a dicembre era bizzarra, ma…
"Quante sciocchezze."
Si riscosse di colpo, intravedendo Degél seduto in fondo al letto.
"Quale audacia dimostrate, monsieur. Da solo, con una donna, nella sua stanza. Devo ritenermi lusingata o preoccuparmi per la mia virtù?" domandò Mei. Tacque un istante, quindi scoppiò a ridere. "Oh no, dimenticavo che la mia virtù è già stata presa. Buffo, non trovate? Dovrete accontentarvi di una single sedotta e abbandonata."
Degél inclinò la testa e corrugò la fronte.
"Una donna nelle vostre condizioni non dovrebbe nemmeno guardarlo, il vino. Siete sotto l'influsso di qualche spirito?"
"Certo che no."
"E allora siete sotto l'influsso di qualche scorpione di troppo, mademoiselle, e temo anche di sapere a chi attribuire la colpa del vostro comportamento."

Mei scostò le lenzuola, infilandosi la vestaglia.
"Sono stata insolente. Vi chiedo umilmente scusa." sussurrò Mei, mortificata.
E allora Degél sorrise, d'un sorriso divertito.
"Non crucciatevi per questo, so che era una burla. Anzi, in tal caso oserei dire che sarei io, a dovermi scusare. In vita non ho maturato esperienza alcuna in merito e ci saremmo imbarazzati entrambi."
L'implicito significato di quelle parole la fecero ammutolire: incredibile com'era possibile passare dalla mortificazione all'imbarazzo in pochi istanti.
"…credo che sia giunto il momento di cambiare argomento."
"Oh, d'accordo. Non era mia intenzione affrontare subito la questione, ma poiché insistete… sono qui perché in questi giorni ho percepito in voi qualcosa che non mi è affatto piaciuto."
"Vale a dire?"
"Vi state arrendendo."
"Non vi capisco."
"Un mio conterraneo, l'illustre François De La Rochefoucauld, vissuto all'epoca del grande Luigi XIV, disse: l'amour aussi bien que le feu ne peut subsister sans un mouvement continuel; et il cesse de vivre dès qu'il cesse d'espérer ou de craindre." rispose Degél. "L'amore, come il fuoco, non può sopravvivere senza un moto continuo. Cessa di vivere non appena cessa di sperare o temere. E voi, mia cara, vi state arrendendo."
Le salì, spontaneo, un sorriso triste.
"Quando una persona si arrende, significa che ha sperato fino alla fine in qualcosa e vi rinuncia. Io non spero più in niente."
"Abbiate pazienza, abbiate fede. Avete degli amici che vi vogliono bene, un maestro che vi considera come una figlia, avete trovato di che vivere… presto avrete la vostra bambina… sono ragioni più che sufficienti per restare. E poi, le cose cambieranno, vedrete. Fidatevi di me, cambieranno. E un domani ripenserete a questi momenti e vi sentirete una sciocca per aver pensato di lasciar perdere tutto. Fidatevi di me."
Vorrei davvero poterlo fare.
"Finirò con l'aspettare in eterno."
"Ma no. Vi chiedo solo di pazientare. Siete una fanciulla forte, riuscirete ad uscire vincitrice anche da questa tempesta."
"Sono stanca di combattere da sola. Lo faccio da tutta la vita, ho bisogno di qualcuno che mi stia vicino e mi sostenga."
"Tutti ne necessitiamo, Mei."
"Restatemi accanto."
"Lo sto già facendo. Potete contare su di me."
 
**
 
Se quella breve e improvvisata gita a Kobotec aveva irritato il Grande Sacerdote, questi non lo diede a vedere. Si comportò del tutto normalmente, come aveva sempre fatto, inviando di tanto in tanto alcuni di loro in giro per varie missioni senza lasciare sguarnito il Santuario. Niente pareva turbare il suo umore.
Al contrario, quello di Camus peggiorò visibilmente dopo quei giorni.
L'insofferenza verso quell'attesa si acuiva sempre di più, e spesso, per questo motivo, si chiudeva in casa uscendone solo ed esclusivamente per allenarsi o per qualche missione, declinando qualunque tipo di invito. Se poi a quelle emozioni negative si aggiungevano anche tutte le volte che avvertiva Milo spostarsi in Cina, l'insofferenza si trasformava in vere e proprie dimostrazioni aperte di rabbia, il che significava strati di ghiaccio lungo il perimetro dell'undicesima casa e sui gradini che la precedevano e la seguivano. A parte Milo o Shura, nessuno osava addentrarsi nei meandri dell'undicesima casa, persino Cora smise di entrarvi, per il freddo che emanavano quelle mura e per la soggezione che provava nei confronti di Camus quelle rare volte che riusciva ad incrociarlo sul suo cammino.
Superato dicembre, poi, con l'arrivo del nuovo anno, le visite di Milo divennero quotidiane e, come se già tutto il resto non fosse sufficiente, col passare del tempo a Milo si aggiunsero anche Aioria e Aphrodite. Per fare cosa, non lo sapeva: erano parecchio riservati su quell'argomento, nessuno gli forniva spiegazioni e lui certo non faceva domande, per evitare chiarimenti privati e dolorosi.
Certe cose era meglio tenerle per sé, e comunque avrebbe avuto ben altro cui pensare: Ares aveva finalmente comunicato che la guerra che aveva previsto mesi prima avrebbe avuto luogo a breve, forse nel giro di una manciata di settimane, se non di meno.
Uno degli ultimi traditori del Santuario era caduto proprio quel giorno d'inizio febbraio: le voci sulla caduta dell'Isola di Andromeda e del suo Maestro, il Silver Saint di Cepheus, si erano diffuse come un incendio in una sterpaia.
"Ho saputo che stamani mi hai cercato."
Camus levò lo sguardo su Milo, appena entrato nelle sue stanze private.
"Sì. Per un'inezia che però ho già risolto." gli rispose, invitandolo a entrare nel suo studio.
"Oh, come non detto dunque." sorrise Milo. "Non mi hai trovato perché ero in missione."
Cosa non rara per loro, in quei giorni.
"Ah." commentò. "Non lo sapevo." richiuse il libro di tedesco e lo accantonò, alzandosi per prendere una boccata d'aria dalla finestra. "Hai saputo della caduta di Andromeda? Era l'argomento più gettonato stamani a Rodorio."
"…sì…"
"Ho sentito che l'isola è andata completamente distrutta e i suoi abitanti uccisi da due di noi. Non so quanto questo sia veritiero, sappiamo entrambi che le voci di paese ingigantiscono ogni cosa e che da un granello di sabbia ne fanno una tempesta: ma se fosse vero, mi domando chi sia stato a farlo. Due contro uno, né più né meno come DeathMask che attaccò un Saint a lui inferiore."
Era rimasto genuinamente colpito da quella dimostrazione di forza: che motivo c'era di uccidere tutti gli abitanti? Aveva pensato, con uno strano magone in gola, che mai, per nessuna ragione e per seguire nessun ordine, avrebbe fatto del male agli abitanti di Kobotec.
Milo rispose dopo diversi istanti.
"Hai detto bene, le voci di paese ingigantiscono ogni cosa." rispose, soppesando le parole. "Per cominciare, l'isola non era abitata."
Camus si girò di scatto.
"…"
"Poi, mi conosci. Per nessuna ragione attaccherei dei civili. I soli abitanti dell'isola erano Albiore e i suoi allievi, una ragazza e due ragazzi."
Conosceva Albiore di Cepheus di fama, sapeva che era il maestro di uno dei compagni di Hyoga e che era un insegnante severo, ma che, come lui, era parecchio affezionato ai suoi allievi, un guerriero assennato e giusto, insomma, che a differenza di altri maestri non era un sanguinario.
"Che ne è stato di loro?"
"Albiore li ha fatti fuggire prima di affrontarmi, sull'isola eravamo rimasti io e lui."
"E chi altri?"
"Lasciami parlare. Albiore aveva rifiutato la convocazione di Ares, e di conseguenza egli mi ha inviato a valutare la situazione, vedere se era o no un possibile traditore. Una volta arrivato, è nata una discussione parecchio accesa che è sfociato in un combattimento."
"In paese parlavano di due Gold Saint."
"Infatti, ma non sapevo dell'intervento di Aphrodite. Albiore mi aveva messo alle strette, avevo il braccio bloccato e non potevo attaccare né difendermi, finché d'un tratto la sua difesa è venuta meno e ho portato a segno il mio attacco. Solo quando ho visto la royal demon rose accanto al suo corpo ho capito che Ares aveva inviato anche Aphrodite."
Quindi non era stato un attacco impari.
"Che tu sappia Ares ha dato altri ordini in merito?"
Milo comprese la domanda implicita dell'amico e sorrise appena.
"No, nessun ordine riguardante l'estremo oriente, puoi stare-…"
"Non osare dirmi di stare tranquillo, perché in questo periodo sono tutto fuorché calmo." berciò Camus, a corto di pazienza. Dopo l'annuncio definitivo della guerra, il solo e unico pensiero che affollava la sua mente riguardava Mei e la sua incolumità: bastava niente, un minimo capriccio di Ares e tutti i suoi sforzi sarebbero stati vani. Avrebbe sacrificato tutto per niente.
Milo si avvicinò ancora, parlando con un filo di voce.
"…ho i miei informatori al tredicesimo tempio, in caso succedesse qualcosa, ti darei sicuramente l'allarme."
Quelle parole avrebbero dovuto tranquillizzarlo, eppure, sentiva che tutto quello che aveva si stava per sgretolare.
Il peggio stava per avvenire e non c'era niente che potesse fare per fermarlo.
 
***
Lady Aquaria's corner:
Oddio quanto sono lunghe queste note D:
-Quel cretino di Rocky Balboa...
Nel quarto capitolo della famosa saga del pugile Rocky, quest'ultimo si prepara all'incontro con il suo avversario Ivan Drago proprio nella fredda Russia.
-Cadere in acque gelide come quelle...
Suppongo abbiate visto Titanic, la versione del 1997. Ebbene, quando Rose tenta il suicidio e viene interrotta da Jack, quest'ultimo, per distrarla e quindi salvarla, inizia a parlarle. D'un tratto le racconta un episodio della sua infanzia nel quale spiega a Rose che cosa significa, per esperienza personale, scivolare in acque molto molto fredde. Ho riportato le esatte parole del doppiaggio italiano.
-Paraflu: è il nome commerciale dell'antigelo che comunemente si adopera nelle auto per evitare che l'acqua del radiatore si geli durante l'inverno.
-Ho lo stomaco incollato alla spina dorsale…
Mai visto "I due superpiedi quasi piatti"? E' una battuta di Terence Hill.
-Sampei il pescatore era il protagonista dell'omonimo anime di...beh... svariati anni fa. XD
-Stufato di alce: nei paesi scandinavi e in Russia si usa anche questo tipo di carne.
-Na zdorovje e Stin ijiasas, in russo e greco, sono usati al posto del nostro Cin cin! nei brindisi, come dire: alla salute!
-L'uomo di latta fa parte del mondo del Mago di Oz: da giovane umano, è stato ridotto a uomo di latta, quindi senza cuore, per via di una maledizione.
-Il dialogo che ascolta Mei fa parte invece del film "La tigre e il dragone" e coinvolge la giovane Jen e il suo innamorato.
-La faccenda dell'Isola di Andromeda: pur avendo rivisto più volte l'anime e avendo anche chiesto un consulto esterno (u.u) non mi è ben chiara la collocazione temporale esatta di quell'attacco. Insomma, so che è ovviamente prima delle Dodici Case, ma per il resto, zero assoluto. A parte la licenza poetica, ho deciso di utilizzare Albione (o meglio, Albiore) e non Dedalus come nel manga, come maestro di Shun. Che dire, lo preferisco.
Come sempre, i miei ringraziamenti a chi segue, legge e trova due paroline da dedicarmi a mo' di recensione. Grazie mille.
Lady Aquaria
   
 
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