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Autore: Giulz87    05/09/2015    1 recensioni
Seduta sul cordolo della grande finestra, Darcy osservava il regno.
La sera era scesa e aveva spento anche quel giorno, un impegno che non le era stato richiesto ma che si trovava ad affrontare contro ogni logica e previsione, perché come sempre si era trovata dove non doveva, troppo vicina a quegli amici che l’avevano coinvolta in un viaggio inaspettato, un varco aperto dal custode dei Nove Mondi con l’intento di proiettare i loro corpi su quel suolo chiamato Asgard.
[Questa storia partecipa al contest "E se?... Il contest dell'inaspettato" di milla4]
Genere: Angst, Avventura, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Darcy Lewis, Jane Foster, Loki, Thor
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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N.d.A. Buongiorno! Come anticipato ecco il nuovo aggiornamento… colgo ancora l’occasione per ringraziare chi segue questa storia e chi ha lasciato un commento. Mi fate davvero felice… quindi grazie! Spero che questo secondo interludio possa piacervi e che possa essere all’altezza delle vostre aspettative. Detto questo, buona lettura e al prossimo sabato! Giulia


 
Secondo Interludio: “Known Unknowns”

 
La notte precedente era stata una doccia gelida.
Darcy aveva lasciato la prigione gettandosi tutto alle spalle, cercando di dimenticare quell’incontro che le aveva stillato l’amaro dentro, che aveva consumato la sua comprensione trasformandola in qualcos’altro, in una rabbia crescente che le divorava la mente e l’anima.
Aveva camminato a passo svelto verso le sue stanze ed ogni tanto aveva rallentato. Lo aveva fatto quando il pensiero di ciò che era stato l’aveva sorpresa torturandola, quando il ricordo del dio l’aveva colta impreparata e quando le sue parole erano riaffiorate nella sua testa senza alcuna possibilità di appello.
Senza remore né morale.
Il resto del tempo lo aveva trascorso insonne, girandosi e rigirandosi in un letto che non riusciva a sentire come proprio, fissando fuori dalla grande finestra astri celesti che sembravano rifletterne il pensiero. E come da copione ogni buon proposito della sera si era spento al mattino, insieme alla luce di un sole che sorgeva.
Così aveva atteso le tenebre e con esse si era avventurata nei meandri di quel regno, in quell’antro dimenticato dove ancora una volta aveva espiato.
Aveva eluso nuovamente l’attenta sorveglianza ed era scesa piano, un passo senza peso udibile solamente alle orecchie più scaltre.
E poi si era fermata.
Il silenzio ancora una volta più vuoto di quel che ricordasse.
“Tu pensi che la tua vita si basi su una menzogna. Pensi che le persone che ami –o che amavi- ti abbiamo manipolato per i loro scopi. Pensi di non avere più una famiglia e sei fermamente convinto di essere solo. Ma non è così. Odino non sarà certo il padre dell’anno, ma hai l’affetto di tua madre. E che tu lo ammetta o no, hai Thor.”
Lei era comparsa dietro al vetro e il dio ne aveva assaporato la presenza.
Aveva preso fiato, un sospiro che le si era bloccato in gola e che l’aveva convinta di affogare, una sensazione di malessere che aveva cercato di scacciare lanciando lo sguardo in un punto imprecisato della stanza.
La prigione, le mura, i detenuti, erano ancora al loro posto. Perfino l’odore acre della polvere era lo stesso. E Loki era ancora Loki, era il caos che rideva sguaiatamente ai margini di un ordine non troppo definito.
Darcy ne aveva osservato la figura silente e inespressiva e si era seduta. La schiena contro la parete di cristallo e la mani che nervosamente le accarezzavano le gambe tremanti. Gli occhi socchiusi e i nervi tesi, aspettando un qualcosa che non sarebbe mai arrivato. Aspettando…
 
…aspettando di capirne l’intensione aveva elaborato quella strana richiesta e titubante aveva cercato di formulare una risposta.
“È stato un momento di debolezza, tutto qui. Un -mi dispiace- senza alcun valore. E se te lo stai chiedendo, sì! Ho ancora il profondo sospetto che in qualche modo tu te lo sia meritato.”
“Ognuno vive nel mondo che merita! Una filosofia interessante!”
Loki aveva estrapolato un concetto che Darcy non era sicura di avere pronunciato, un pensiero che le aveva dipinto in faccia un’espressione aggrottata.
Si erano guardati da lontano ed entrambi si erano chiesti cosa e quando.
Lei aveva metabolizzato quella specie di aforisma e una finestra della sua mente si era aperta sul passato. Aveva ripensato ai suoi studi e a dove l’avevano portata, a quell’incontro voluto dal destino che le aveva permesso di conoscere quante infinite realtà esistessero, quante possibilità il genere umano ignorava restando confinato nei limiti della Terra. E per quanto si sentisse lusingata non riusciva a sentirsi fortunata.
La conoscenza era avventura e l’avventura era l’ignoto, un senso di pericolo che mai come allora sentiva vibrare sulla pelle.
“Immagino che non sia del tutto vero.”
Darcy fece una pausa lasciando che l’uomo assimilasse quello che gli aveva appena detto. Si era guardata la punta delle scarpe e in quel momento aveva compreso che qualunque cosa avesse confessato a proposito della sua esperienza sarebbe stata vana.
“Che cos’è quello che vedo, Signorina Lewis? È compassione, forse?”
Il tono era carico di una tranquilla e inesorabile minaccia. I rumori sommessi facevano da colonna sonora a quel dio che si diceva padrone del caos, a quell’essere quasi immortale a cui tutto a un tratto aveva ritenuto inutile mentire.
“Non penso di dovertelo spiegare, sai? Credo che tu conosca la sensazione, anche se ti atteggi diversamente. La mia insegnante di psicologia diceva sempre…”
La mano aperta si era infranta sul vetro e lei aveva trattenuto il respiro. Aveva osservato l’uomo allontanare nuovamente l’arto, l’alone che aveva lasciato dissolversi nello stesso modo della marea al mattino. Poi Loki aveva allargato le labbra scoprendo un’espressione a metà tra il sadico e l’infastidito, un istinto omicida che si era riversato nel suo sguardo.
“Non lo stavo chiedendo, Darcy.”
La voce era ferma e precisa, trasudava ricatto e il fatto che il dio fosse rinchiuso non ne affievoliva l’insidia.
“Sì, Dio dell’Inganno! La mia è compassione verso un uomo che vorrebbe perdonare ma non perdona. Verso un uomo che finge di non sapere cosa sia la pena mentre muore nella sua stessa autocommiserazione. Un tormento inutile e insensato, aggiungerei.”
Lo sguardo della donna si era ammorbidito prima di proseguire.
“Per tutto questo mi dispiace.”
Occhi negli occhi, Loki era tornato vicino alla parete che li separava.
“Il fatto che abbiano avvolto la mia intera esistenza nella menzogna, che mi abbiano usato come merce di scambio per un’utopia di pace, che mi abbiano indotto a credere di non essere degno di un trono perché c’era qualcun altro pronto a diventare re… di questo dovresti dispiacerti, Darcy.”
“E che ho detto? Tu hai chiarito l’antefatto e io le conseguenze!”
Con una scrollata di spalle, Darcy aveva allentato la tensione.
Quella conversazione si era vestita di una serietà inaspettata, una profondità che la spaventava perché dimenticava l’ironia, quel velo di superficialità che la difendeva dal resto del mondo.
“Quello che ti sfugge è che un giorno non lontano queste pareti spariranno e io finirò quello che avevo cominciato. Verrò a cercarti e quando avrò messo in ginocchio il tuo infimo popolo –allora, solo allora- sarai davvero dispiaciuta, Darcy. Le urla e le grida si macchieranno di sangue e l’unica cosa che ti domanderai sarà: dove sono quelli che un tempo chiamavo amici? Dove sono gli Avengers, ora? E prima di ucciderti sarò io stesso a mostrarti il loro ineluttabile destino. Un fato di sofferenza e morte.”
Loki aveva parlato con la forza dell’odio, un’energia che aveva temporaneamente accantonato in un angolo buio della mente, una veemenza riesumata che emergeva quando le illusioni svanivano di colpo, quando il dolore batteva il senso del perdono.
“È davvero gentile da parte tua. Sai, Thor dice che sei suo fratello. Lo dice davvero e ci crede quando lo fa. Ma dice anche che sei irragionevole. E io inizio a pensare che sia vero. E –se posso- aggiungerei anche stronzo!”
Darcy si era avviata verso l’uscita lasciandosi alle spalle la beffa amara dell’inizio e della fine, di una conoscenza che toccandola l’aveva in qualche modo segnata.
 
Dopo le sue parole erano rimasti in silenzio. Loki non si era mosso, nessuna minaccia e nessun lamento. Aveva chiuso i suoi pensieri in un antro della mente lasciando ogni considerazione sospesa. E poi si era voltato dando le spalle alle sue spalle, osservando per un lungo attimo la sua stessa immagine riflessa. Una figura ancora una volta opaca, un ritratto torbido almeno quanto il suo animo.
E alla fine quando lei aveva deciso di andarsene era rimasto solo.
Solo con quella che era la proiezione di se stesso.

 

 

   
 
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