STRINGIMI FORTE LA MANO
E fu così che nel momento esatto in cui Georg lanciava il suo asciugamano io gli scaraventai la mia lettera, prendendolo quasi in faccia.
Miracolosamente la prese pure al volo, anche se colto alla sprovvista e ancora incredulo; dopodiché cominciò a guardare tra le prime file in cerca della mittente.
Avevo ancora gli occhi lucidi, ma urlai ancora di più: -Georg, das ist für Dich!!!! Und...-, sfilai la lettera dalla tasca di Sara, che stava ancora guardando ad occhi spalancati almeno quanto Georg la scena.
-Das ist für Bill!!!-, feci per lanciargliela, ma lui si chinò in avanti e la prese, rivolgendo sia a me che a Sara il più bel sorriso che avessi mai visto.
Dopo aver borbottato un “danke”, sempre sorridendo si voltò e tornò verso il palco, pronto per uscire di scena.
Ciao Georg, a presto.
Tom arrivò di corsa, anche lui con la bottiglia in mano, che vuotò lanciando l’acqua sulle prime file vicine al palco e poi, come Georg, lanciò il suo asciugamano.
Dopo altri “danke schön” prese di nuovo a correre e tornò verso il palco, ma alla fine della passerella c’erano Georg e Gustav ad attenderlo... con una bottiglia in mano!
Il povero Tom cercò di pararsi un po’ con le braccia, ma ormai gli altri due gli avevano già fatto il gavettone!!
Un nuovo sorriso tornò sul mio volto.
Era il turno di Gustav, che invece di lanciare l’asciugamano lanciò le sue bacchette con le quali aveva appena suonato. Quando fu di nuovo sul palco, ormai vuoto senza gli altri tre, sapevamo già che stavamo per goderci gli ultimissimi attimi di quella tanto attesa sera: la ola.
Tutte iniziammo ad urlare a più non posso, e Gustav ci fece cenno di fare silenzio, con l’indice sulle labbra. Ma come potevamo stare in silenzio?!
Il batterista si chinò in avanti, le braccia tese. Noi facemmo lo stesso.
E quando lui le alzò, una magica onda avvolse l’ippodromo.
Una, due, tre volte.
Poi Gustav cominciò a battere le mani e a ringraziarci, mentre usciva anche lui.
E così, il nostro 6 luglio svaniva piano...
---------------------------------------------------------------------------------------------
Tutti insieme cominciarono ad avviarsi verso l’uscita, c’era una confusione pazzesca...
Noi avremmo dovuto andare fuori dell’ippodromo ad aspettare mio padre che ci avrebbe riportate a casa...
Nell’uscire, ci fermammo a un banco del merchandising ufficiale per comprare una maglietta per uno.
Poi, ancora strette come sardine con l’altra gente, ci avviammo verso il parcheggio...
Eravamo ancora mano nella mano, benché entrambe fossero sudate.
Ci sedemmo sul marciapiede arrivate al luogo in cui ci saremmo dovute ritrovare con mio padre.
Non dicevamo niente. Non c’era niente da dire.
Era tutto così confuso... Io ancora non ero riuscita a credere che il giorno fosse arrivato, mi ci sarebbe voluto ancora un po’ per capire che era anche già finito.
Dopo quasi due ore il parcheggio si era pian piano quasi svuotato. Ma c’erano ancora qualche ragazza in giro e qualche macchina.
Nel brusio di ragazze ancora stordite, sentimmo un autobus avvicinarsi, diretto verso l’uscita.
In un attimo riconobbi quello che avevo visto migliaia anche nel dvd, e per la milionesima volta in quella giornata ebbi un sussulto al cuore.
Il pullman dei Tokio Hotel si stava dirigendo dalla nostra parte.
Nello stesso preciso istante io e Sara balzammo in piedi.
La maggior parte delle ragazze ancora là accorse come noi intorno al pullman.
Ma si era fermato, era strano... Cosa aspettavano a ripartire?
Tutte cercavamo di riuscire a intravedere qualcosa da quei maledetti finestrini scuri.
-Maledizione, non si vede niente...-, mormorò Sara, di fianco a me.
-Vabbe’, noi comunque sorridiamo e salutiamo, loro magari ci vedono lo stesso-, tentai.
I minuti scorrevano lenti, ma il pullman continuava a rimanere lì.
Il sonno, benché fossero state le due di notte, era qualcosa di estraneo.
Qualche ragazza se n’era andata, qualche altra ancora persisteva.
Ma all’improvviso, uno di quei finestrini che stavamo fissando come ipnotizzate, si abbassò di pochi centimetri, ed una mano lasciò cadere qualcosa di bianco. Un foglio, probabilmente.
Tutte balzammo in avanti, ma fu Sara, con un piccolo salto, a prenderlo per prima, con la mano libera.
Abbassò gli occhi per leggerlo.
-Che cos...?-, volevo chiederle, ma i miei occhi erano già caduti sulla scritta.
____________________________________________________
Ed eccola, la breve fanficcina è finita qua. ^^
Ve l'avevo detto che non sarebbe stata niente di che, ma per me invece significa tanto..
Un bacione a chi ha letto fino in fondo <3
vostra Belinda__x
-Il mio punto di vista-
E fu così che nel momento esatto in cui Georg lanciava il suo asciugamano io gli scaraventai la mia lettera, prendendolo quasi in faccia.
Miracolosamente la prese pure al volo, anche se colto alla sprovvista e ancora incredulo; dopodiché cominciò a guardare tra le prime file in cerca della mittente.
Avevo ancora gli occhi lucidi, ma urlai ancora di più: -Georg, das ist für Dich!!!! Und...-, sfilai la lettera dalla tasca di Sara, che stava ancora guardando ad occhi spalancati almeno quanto Georg la scena.
-Das ist für Bill!!!-, feci per lanciargliela, ma lui si chinò in avanti e la prese, rivolgendo sia a me che a Sara il più bel sorriso che avessi mai visto.
Dopo aver borbottato un “danke”, sempre sorridendo si voltò e tornò verso il palco, pronto per uscire di scena.
Ciao Georg, a presto.
Tom arrivò di corsa, anche lui con la bottiglia in mano, che vuotò lanciando l’acqua sulle prime file vicine al palco e poi, come Georg, lanciò il suo asciugamano.
Dopo altri “danke schön” prese di nuovo a correre e tornò verso il palco, ma alla fine della passerella c’erano Georg e Gustav ad attenderlo... con una bottiglia in mano!
Il povero Tom cercò di pararsi un po’ con le braccia, ma ormai gli altri due gli avevano già fatto il gavettone!!
Un nuovo sorriso tornò sul mio volto.
Era il turno di Gustav, che invece di lanciare l’asciugamano lanciò le sue bacchette con le quali aveva appena suonato. Quando fu di nuovo sul palco, ormai vuoto senza gli altri tre, sapevamo già che stavamo per goderci gli ultimissimi attimi di quella tanto attesa sera: la ola.
Tutte iniziammo ad urlare a più non posso, e Gustav ci fece cenno di fare silenzio, con l’indice sulle labbra. Ma come potevamo stare in silenzio?!
Il batterista si chinò in avanti, le braccia tese. Noi facemmo lo stesso.
E quando lui le alzò, una magica onda avvolse l’ippodromo.
Una, due, tre volte.
Poi Gustav cominciò a battere le mani e a ringraziarci, mentre usciva anche lui.
E così, il nostro 6 luglio svaniva piano...
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Tutti insieme cominciarono ad avviarsi verso l’uscita, c’era una confusione pazzesca...
Noi avremmo dovuto andare fuori dell’ippodromo ad aspettare mio padre che ci avrebbe riportate a casa...
Nell’uscire, ci fermammo a un banco del merchandising ufficiale per comprare una maglietta per uno.
Poi, ancora strette come sardine con l’altra gente, ci avviammo verso il parcheggio...
Eravamo ancora mano nella mano, benché entrambe fossero sudate.
Ci sedemmo sul marciapiede arrivate al luogo in cui ci saremmo dovute ritrovare con mio padre.
Non dicevamo niente. Non c’era niente da dire.
Era tutto così confuso... Io ancora non ero riuscita a credere che il giorno fosse arrivato, mi ci sarebbe voluto ancora un po’ per capire che era anche già finito.
Dopo quasi due ore il parcheggio si era pian piano quasi svuotato. Ma c’erano ancora qualche ragazza in giro e qualche macchina.
Nel brusio di ragazze ancora stordite, sentimmo un autobus avvicinarsi, diretto verso l’uscita.
In un attimo riconobbi quello che avevo visto migliaia anche nel dvd, e per la milionesima volta in quella giornata ebbi un sussulto al cuore.
Il pullman dei Tokio Hotel si stava dirigendo dalla nostra parte.
Nello stesso preciso istante io e Sara balzammo in piedi.
La maggior parte delle ragazze ancora là accorse come noi intorno al pullman.
Ma si era fermato, era strano... Cosa aspettavano a ripartire?
Tutte cercavamo di riuscire a intravedere qualcosa da quei maledetti finestrini scuri.
-Maledizione, non si vede niente...-, mormorò Sara, di fianco a me.
-Vabbe’, noi comunque sorridiamo e salutiamo, loro magari ci vedono lo stesso-, tentai.
I minuti scorrevano lenti, ma il pullman continuava a rimanere lì.
Il sonno, benché fossero state le due di notte, era qualcosa di estraneo.
Qualche ragazza se n’era andata, qualche altra ancora persisteva.
Ma all’improvviso, uno di quei finestrini che stavamo fissando come ipnotizzate, si abbassò di pochi centimetri, ed una mano lasciò cadere qualcosa di bianco. Un foglio, probabilmente.
Tutte balzammo in avanti, ma fu Sara, con un piccolo salto, a prenderlo per prima, con la mano libera.
Abbassò gli occhi per leggerlo.
-Che cos...?-, volevo chiederle, ma i miei occhi erano già caduti sulla scritta.
“Danke,
Belinda und Sara.”
con
accanto le firme di Bill e Georg.____________________________________________________
Ed eccola, la breve fanficcina è finita qua. ^^
Ve l'avevo detto che non sarebbe stata niente di che, ma per me invece significa tanto..
Un bacione a chi ha letto fino in fondo <3
vostra Belinda__x