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Autore: Laylath    05/09/2015    4 recensioni
(Spin off de La danza spietata della pantera che, tuttavia, può anche esser letto come storia indipendente)
Dal capitolo 1.
“Madre, che vuol dire shi’te?”
“Mosca bianca.”
“Mosca bianca?”
“Sì, ossia una cosa rara e difficile da trovare: le mosche sono scure, no? Quante mosche bianche ha mai visto in vita sua il principe Shao?”
“Nessuna, madre, nemmeno in autunno quando ce ne sono molte. E quindi io sono una cosa rara? Perché?”
“Perché il principe Shao è del clan Ming… e noi siamo diversi da tutti gli altri clan.”
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lan Fan, Ling Yao, May Chang, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2.
Guardie del corpo



“Il nemico del tuo nemico è tuo amico”
Proverbio cinese
 
Shan-je, capoluogo della provincia Ming, 1897.
 
Shao cercò di ignorare il dolore al fianco e riguadagnò la posizione eretta.
Sapeva che suo nonno lo stava osservando, ma era soprattutto per orgoglio personale che non voleva cedere, nonostante avesse tutte le giustificazioni del mondo. Ormai la sessione d’addestramento quotidiano era giunta al termine e, come sempre, Lao non gli aveva dato tregua: i suoi muscoli di fanciullo di quasi sette anni protestavano vivacemente ed il livido sul fianco sinistro gli rendeva difficili i movimenti.
“Sono pronto…” ansimò, cercando di non far caso al sapore di sangue che sentiva in bocca e consolidando la propria presa sul bastone di legno con il quale si stava allenando da almeno due ore.
A poca distanza da lui, fresco come una rosa, Lao annuì con approvazione e rinsaldò a sua volta la presa sul proprio bastone, mettendosi in posizione di difesa.
“Coraggio, principe, un ultimo attacco e per oggi abbiamo terminato.”
Che fosse il primo o l’ultimo a Shao non importava: era ormai diventata questione di principio riuscire a superare le difese del suo avversario e mandare a segno almeno un colpo. Giorno dopo giorno si impegnava con tutto se stesso in quell’impresa che pareva impossibile e continuava a tentare nonostante gli innumerevoli fallimenti che gli erano costati un notevole assortimento di lividi.
Calmo… calmo – si disse, cercando di controllare il respiro – l’impazienza è la tua nemica peggiore. Trova il varco, trovalo…
I suoi occhi scuri si socchiusero nella concentrazione, mettendo a fuoco solo la figura del guerriero a torso nudo davanti a lui: percorse ogni centimetro di quel corpo muscoloso e snello, cercando di trovare il punto esatto dove colpire e alla fine lo vide… proprio lì, una piccola apertura che lasciava scoperto il torace, dalla parte sinistra. Senza emettere grido, che gli avrebbe levato parte delle energie residue, si scagliò con rapidità verso Lao, tenendo puntato il bastone contro di lui: aspettò solo l’ultimo momento per spostarlo rapidamente verso il bersaglio da lui scelto e per qualche frammento di secondo si illuse di avere la vittoria in pugno.
Tuttavia, rapida ed impietosa, una bastonata secca e decisa gli arrivò sulla spalla facendogli perdere l’equilibrio e buttandolo a terra. Rotolando su se stesso con gli occhi serrati per quel nuovo dolore, Shao imprecò contro la sua persona, chiedendosi dove avesse sbagliato.
“Hai fissato il tuo bersaglio troppo a lungo, principino – spiegò Lao andandogli accanto e arruffandogli i capelli sporchi di polvere e terriccio – hai svelato il tuo piano con troppa facilità.”
Shao rispose con un gemito davanti a quell’errore così sciocco e ricacciò indietro le lacrime.
“Ma il tuo ragionamento era giusto: non avessi avuto quell’ingenuità e fossi stato più in fresco forse ce l’avresti fatta. Comunque una buona sessione anche oggi, non puoi che esserne fiero.”
“Ottimo lavoro ad entrambi – Liu-Shu avanzò verso di loro battendo le mani in segno d’approvazione – non c’è che dire: mio nipote migliora di giorno in giorno.”
“Ha un fisico snello ed agile, molto elastico e soprattutto una mente sveglia e rapida – annuì Lao, facendo rialzare il bambino e dandogli una pacca sulle spalle – puntando su queste sue abilità e sulla velocità riuscirà a prevalere sui suoi avversari senza troppi problemi.”
“Però su te ancora non prevalgo…” sospirò Shao, tuttavia felice di sentire quei complimenti.
“Ahah, che impazienza! – scoppiò a ridere Liu-Shu – Giovanotto, ricorda che l’impazienza è tua nemica anche in questi ragionamenti: il tuo obbiettivo non è solo quello di riuscire a battere Lao, ma, e direi soprattutto, quello di imparare a difenderti da tutti gli attacchi che potrai subire nella tua vita. Ieri a corte è stato presentato un nuovo principe, sai? E’ il decimo figlio dell’imperatore e appartiene al potente clan Yu. Che cosa significa questo?”
“Che c’è un altro pretendente per il trono – rispose Shao scrollando le spalle con indifferenza – e che la sua vita da questo momento è in pericolo: magari sarà il maggior bersaglio perché è il più piccolo e facile da eliminare.”
“Appunto: ricordati che anche se mosca bianca sei comunque un principe di sangue reale e che questo fa di te un potenziale bersaglio non appena esci dalla sicurezza di questa provincia. Devi esser sempre pronto a cavartela, a prescindere dalle guardie del corpo che potrai avere attorno a te.”
“Gli Yu proteggeranno come si conviene il loro erede fino a quando non sarà in grado  di cavarsela da solo – disse Lao – le loro guardie del corpo sono rinomate per essere tra le migliori.”
“Nessuno può batterti Lao – disse il bambino con orgoglio, anche se il guerriero non era la sua guardia del corpo personale, ma il capo delle forze armate di suo nonno – di certo non io!”
“Ancora no, giovane signore – ridacchiò il guerriero, recuperando la propria leggera veste di lino – per adesso è ancora necessario che tu vada da tua madre e ti faccia curare quei lividi.”
 
Un’altra prova di coraggio quotidiana era cercare di dissimulare il dolore mentre sua madre gli curava le ferite con impacchi ed unguenti. Per quanto le mani della donna fossero estremamente dolci e gentili l’entità dei danni era sempre parecchio elevata.
“Però questa volta l’ho quasi colpito – spiegò Shao con orgoglio, mentre il torso gli veniva fasciato per permettere all’impacco di aderire meglio – sono stato uno sciocco a cadere per un dettaglio simile. La prossima volta starò più attento e riuscirò a colpire Lao.”
“Che questo pensiero però non attanagli troppo la mente del mio piccolo principe – sorrise Shan-Ju, provvedendo poi a prendere un pettine e sciogliendogli la treccia sporca per potergli lavare i capelli – ricorda che ogni cosa va fatta a suo tempo.”
“Parli delle altre lezioni, madre? – chiese Shao con un sorriso furbo tremendamente accattivante nonostante il viso sporco e affaticato – Eppure il maestro è felice di me, non temere. So bene che per essere signore di Ming dovrò diventare bravo sia di corpo che di mente, lo dice sempre il nonno.”
La donna rispose al sorriso nel medesimo modo, estremamente fiera di come stesse crescendo il suo bambino. Aveva sempre ritenuto che Shao fosse bello, ma col passare del tempo si rendeva conto che possedeva un vero e proprio fascino, così strano per la sua età. I suoi sorrisi, per quanto dolci e sinceri, brillavano sempre di una forma di malizia del tutto particolare, come se tutto facesse parte di uno strano gioco che lui amava osservare.
No, non avrei mai permesso che tu entrassi a far parte di quella spietata selezione di principi a corte – si disse mentre gli lavava i capelli scuri con acqua calda e oli profumati – tu sei diverso da tutti loro, figlio mio, sei molto di più che un mero pretendente al trono… sei un qualcosa che gli altri non saranno mai.
“Il principe Shao sa di rendermi orgogliosa ogni giorno che passa?” chiese infine, avvolgendogli la chioma in un telo di cotone.
“Ovvio, madre – sorrise lui – so bene che quello che faccio ti rende orgogliosa di me.”
Shan-Ju lo abbracciò con tenerezza, avvolgendolo con le ampie maniche della sua veste: si chiese per quanto tempo ancora si sarebbe potuta concedere un gesto simile, quanto tempo sarebbe passato prima che l’orgoglio impedisse al bambino di lasciarsi andare a tali dimostrazioni d’affetto. Ormai aveva quasi raggiunto il settimo anno e la sua indipendenza si faceva sempre più forte.
Però, osservando quel viso furbo che la sbirciava con amore, si disse che in fondo Shao l’avrebbe sempre tenuta in un posto d’onore nel suo cuore e che se anche le sue manifestazioni d’affetto non sarebbero state così plateali, si sarebbe comunque trattato di una normale evoluzione.
“Affamato?” sorrise.
“Tantissimo! – annuì il bimbo – mangerei per due a cena! Allenarmi con Lao mi mette sempre fame!”
La donna stava per sorridergli e annunciargli che tra le pietanze previste c’erano anche le sue preferite, tuttavia quel momento così intimo venne interrotto da alcuni richiami concitati che provenivano dal cortile e che chiamavano a gran voce Liu-Shu.
 
Shao aveva visto diverse volte suo nonno tenere udienza: da quando aveva compiuto sei anni gli era stato permesso di sedere a poca distanza da lui, a patto che non disturbasse. Quella che sembrava una scelta indulgente in realtà serviva a far assorbire al principe tutte quelle regole di buon governo che da grande gli sarebbero servite a governare la sua vasta provincia.
In genere Shao trovava buona parte di quelle udienze poco interessanti, sebbene fosse sempre attento a cogliere tutti i dettagli di ogni caso, ben sapendo che il nonno gli avrebbe potuto rivolgere delle domande in qualsiasi momento. Erano quasi sempre questioni relative all’amministrazione del territorio, a qualche richiesta particolare, a rapporti periodici di tasse, rendimenti e così via. E l’atteggiamento di Liu-Shu, bonario e rilassato, dimostrava che tutto procedeva bene nella provincia Ming.
Tuttavia quella sera ci fu un’udienza straordinaria e Shao si intrufolò nella stanza lievemente incerto di avere l’autorizzazione a prendervi parte. Tuttavia quando vide suo nonno limitarsi a lanciargli una breve occhiata, si tranquillizzò e prese posto nel solito cuscino.
Le udienze si tenevano in un’ampia sala aperta, dove la luce del sole riusciva a penetrare persino al tramonto. A Shao era sempre piaciuto osservare i giochi di colore che venivano provocati dal tempo delle diverse stagioni: le pareti decorate e le carte colorate che costituivano i divisori prendevano sempre delle nuove sfumature e le figure in esse disegnate sembravano ogni volta vive e pronte a raccontare una nuova storia.
Per la prima volta Shao non fece caso a tutti questi dettagli: la sua attenzione fu subito catturata dall’aria di tensione presente in tutta la sala dove, oltre a suo nonno, c’erano Lao, un soldato a lui sconosciuto e… due bambini, più o meno della sua età.
Erano sporchi, coi vestiti stracciati ed i visi pallidi ed esausti, tanto che il principe si chiese come ancora potessero tenere gli occhi aperti e non crollare addormentati a terra. Uno di loro aveva un grosso livido sotto l’occhio destro ed era l’unico dettaglio che, apparentemente, lo distinguesse dall’altro.
Era la prima volta che Shao vedeva dei gemelli e ne rimase estremamente affascinato.
“… dalle terre di confine all’estremo sud-est, mio signore – stava dicendo il soldato sconosciuto, pure lui stanco ed impolverato per il lungo viaggio: se venivano davvero da quelle zone allora avevano passato almeno tre giorni in viaggio… sempre a patto di andare a velocità sostenuta – un’incursione che ha distrutto tre villaggi: tutti morti, uno spettacolo orrendo… li hanno tutti decapitati e poi infilzato le loro teste nelle picche: donne, bambini, anziani… persino dei neonati – a quel punto all’uomo sfuggì un singhiozzo rabbioso – Abbiamo trovato questi due bambini nascosti sotto alcune coperte nella capanna del capo villaggio: sono gli unici sopravvissuti.”
“Come mai il fronte era scoperto?” chiese Liu-Shu accigliato.
“Siamo stati ingenui, mio signore – si inginocchiò con disperazione l’uomo – hanno simulato l’attacco verso la città di Losh, dove c’erano i magazzini con le riserve per l’inverno per le guarnigioni lungo il confine. Ci siamo rivolti subito lì… non pensavamo che si comportassero con tanta vigliacca barbarie su persone disarmate ed inermi, su centri così piccoli…”
“L’ingenuità è stata dettata anche dalla morale che abbiamo noi – dichiarò cupo il signore di Ming – mai ci si rivolge contro il popolo inerme e così continueremo a fare. Il clan Zao si è macchiato di un’azione davvero tremenda e questo non resterà impunito. Lo devo al mio popolo, specie a questi bambini… come vi chiamate?”
“Io sono Mio e lui e mio fratello Sin – rispose con voce roca quello con il livido – siamo i figli del capo villaggio di Mis.”
“E come vi siete salvati?”
“Abbiamo visto i soldati arrivare e nostra madre ci ha ordinato di nasconderci – questa volta rispose l’altro, la voce leggermente rotta al ricordo dell’orrore che aveva visto – ci siamo messi sotto un mucchio di coperte e i soldati non ci hanno trovato… e abbiamo atteso fino a quando non sono arrivati gli altri soldati.”
“Siete stati molto bravi – annuì l’uomo con un sorriso incoraggiante – avete visto gli uomini che vi hanno attaccato?”
“Signore, abbiamo visto i soldati da lontano – disse Mio stancamente – e poi siamo corsi a nasconderci. Ma abbiamo visto la bandiera viola che tenevano.”
“L’hanno lasciata anche sul campo di battaglia – annuì il soldato, accennando ad uno sporco vessillo viola piegato malamente che era stato posto a terra, a pochi metri dal cuscino di Liu-Shu – non si sono fatti problemi a dichiararsi apertamente.”
“Generale Lao – Liu-Shu si rivolse al suo fidato uomo – che mi puoi dire di questo vessillo?”
“Non sono le loro truppe solite – spiegò Lao, rivoltando col piede un lembo di quella stoffa sporca di terra – l’emblema del clan è fatto in modo diverso ed è più ricco. Questo è sicuramente appartenente a qualche squadrone di mercenari che hanno assoldato e che adesso stanno a riposo lungo il confine… li usano durante le contese, ma poi li tengono lontani dagli altri componenti dell’esercito.”
“In ogni caso erano sotto il loro controllo – disse Liu-Shu alzandosi in piedi – sotto la loro responsabilità. Hanno deliberatamente permesso che varcassero il confine, probabilmente speravano di infliggerci qualche danno, come è in effetti successo. Il clan Zao è diventato dunque arrogante sino a questo punto, ma imparerà ancora una volta che il clan Ming non rimane inerme a simili barbare provocazioni. Shao, alzati in piedi!”
Sentendosi chiamato in causa così all’improvviso, il principe sussultò e si accostò al nonno.
“Sì, nonno?” chiese, cercando di apparire più adulto e serio che poteva, nonostante il racconto di quanto era successo l’avesse profondamente turbato.
“Questi due bambini sono sotto la protezione della nostra famiglia: hanno vissuto un’esperienza tremenda che li ha privati dei loro cari… cose simili sono delle mancanze che ci portano vergogna, capisci? – il suo volto esprimeva solo amarezza – Domani mattina presto partirò e farò giustizia per quanto successo.”
“Andrete a corte dall’imperatore?” chiese il bambino.
“No – scosse il capo – non permetterò che il clan Zao si nasconda dietro i giochi di corte. Impara bene, ragazzo: portare un caso a corte vuol dire scontrarsi con lungaggini burocratiche e con il perfido gioco di alleanze nel consiglio dei clan. Si rende torbida e complicata una cosa molto più semplice.”
“Però – ammise Shao, cercando di capire se suo nonno lo stesse mettendo alla prova – la giustizia tra clan va regolata dall’imperatore, no?”
“Le vite di qualche centinaio di contadini non trovano spazio in quelle sale – dichiarò ancora Liu-Shu – ma il clan Ming può permettersi di agire in autonomia, fa parte dei nostri diritti speciali. Guiderò un’azione di rappresaglia contro il loro territorio: i soldati che si sono vigliaccamente accaniti contro quella povera gente verranno giustiziati.”
“Non li consegneranno mai – ammise Shao – sarebbe ammettere la loro colpa…”
“Lo faranno quando sfonderò con l’esercito nei loro confini… lo so, il tuo sguardo mi dice che è un’azione davvero avventata e forse troppo forte, vero? Però ricordati, ragazzo, i soldati di Ming sono forti e valorosi, quelli di Zao vigliacchi e tronfi di una vittoria contro della povera gente. Metti sempre sulla bilancia tutti i pro ed i contro. Ed in ogni caso, non dimenticare: hai dei doveri nei confronti della tua gente.”
“Mi prenderò cura dei nostri due ospiti – rispose Shao con un cenno del capo – e aspetterò con ansia il tuo ritorno, nonno.”
“Perfetto, è quello che volevo sentire.”
 
Qualche giorno dopo, mentre terminava la lezione d’equitazione, Shao rifletté su quanto gli sembrasse vuota quella grande tenuta senza la presenza di suo nonno e di Lao. Nonostante le sue attività di studio e allenamento procedessero senza intoppi sentiva la mancanza degli occhi scuri di Liu-Shu che controllavano ogni progresso e lo interrogavano sulle lezioni quotidiane, così come la voce di Lao che lo guidava durante gli addestramenti… mai dura o cattiva, sempre pacata ma inflessibile. Il soldato che lo stava momentaneamente sostituendo non aveva lo stesso carisma, anche se il principe non mancava di metterci il solito impegno in modo da poter mostrare a Lao i suoi grandi progressi.
“Molto bene, principe – disse il suo maestro d’equitazione, osservandolo smontare dal cavallino bianco che gli era stato regalato qualche mese fa – adesso vai pure a strigliarlo e ad assicurarti che abbia l’acqua nuova e da mangiare, per oggi hai terminato.”
Con un cenno del capo Shao prese le redini ed iniziò a guidare l’animale fuori dal recinto dove si erano esercitati, verso le grandi stalle della tenuta. Mentre percorreva quel centinaio di metri che lo separavano dall’edificio sentì su di lui gli sguardi di due persone e questo lo indusse ad inarcare le sopracciglia.
Sono venuti a vedermi anche oggi.
I gemelli erano davvero di pochissime parole, ma sua madre gli aveva spiegato che poteva dipendere dalla tragedia che avevano vissuto. Se era possibile rispondevano con cenni del capo ed inchini, nonostante non mancassero mai di essere educati e rispettosi.
“Non torneremo più a casa, vero?”
“No, piccolo, ma non devi temere per la vostra sorte. La famiglia Ming si prenderà sempre cura di voi.”
“I nostri genitori sono morti e il nostro signore è andato a vendicarli. Mio padre diceva sempre che è un buon signore, aveva ragione.”
Era stata questa la conversazione più lunga che avevano avuto la sera del loro arrivo, mentre consumavano il pasto che era stato preparato per loro. Per il resto non avevano versato lacrima, almeno non davanti a lui: erano diventate delle silenziose presenze nella tenuta che si presentavano puntualmente ai pasti e per il resto della giornata sparivano.
Ma Shao sapeva che erano semplicemente nascosti e lo osservavano durante le sue lezioni ed i suoi allenamenti.
Arrivato alla scuderia del suo cavallino provvide a levargli le briglie e la sella e a procedere con la strigliatura. Gli sguardi erano ancora su di lui, ovviamente, ma sentiva che passo dopo passo i gemelli stavano decidendo di uscire allo scoperto, una cosa che gli faceva molto piacere.
Perché quei due ragazzini gli erano piaciuti sin da subito: come aveva detto suo nonno erano una sua responsabilità ed era convinto che fossero arrivati da lui per volere del destino. Aveva letto diverse storie di grandi signori ed eroi e molto spesso i loro fidi compagni, coloro che erano destinati a seguirli fedelmente, venivano conosciuti nelle occasioni più strane e disparate.
Perché non poteva essere lo stesso anche per loro?
Se c’era una cosa che Shao voleva era di fare buona impressione su di loro: ormai aveva deciso che li voleva al suo fianco, ma per farlo capiva anche di doversi guadagnare la loro fiducia. Sapeva bene che avrebbe semplicemente potuto ordinare loro di seguirlo o di fare quanto voleva, ma non rientrava assolutamente nel suo modo di fare.
All’improvviso fecero di proposito rumore, in modo che lui si girasse e prendesse ufficialmente nota della loro presenza. Erano in piedi davanti all’ingresso del box, vestiti entrambi con delle semplici vesti azzurre strette in vita che sua madre aveva preparato per loro.
Per quanto ci fosse ancora il livido sbiadito ad identificare Mio, il principe aveva imparato a riconoscere delle minuscole sfumature per distinguerli: l’attaccatura dei capelli era identica, ma Sin aveva una piccolissima cicatrice sulla tempia sinistra. Mio era quello che tendeva a parlare per primo, le rarissime volte che succedeva, mentre Sin era più taciturno… al contrario era lui quello che era più abile a sparire.
E adesso stavano a pochi metri di distanza da lui, in piedi, in discreto silenzio, ad osservare ogni sua singola mossa. A Shao non dava fastidio quello studio minuzioso: del resto era quello che faceva lui stesso. Anzi gli dava parecchia soddisfazione perché quei due bambini gli sembravano parecchio svegli e sapere di essere interessante ai loro occhi gli dava parecchie speranze per la riuscita del suo piano di farli diventare suoi servitori.
Parlare o non parlare?
Shao aveva la netta sensazione che se avesse sbagliato si sarebbe giocato per sempre di avvicinare gli elusivi gemelli. Raramente aveva avuto a che fare con suoi coetanei: spesso ne vedeva quando andava al grande mercato con Lao o con il nonno, ma le uniche interazioni che aveva avuto erano state scambiare qualche cenno di saluto con chi lo salutava a gran voce.
“Mio nonno punirà quella gente.”
Sembrò quasi una dichiarazione spavalda, ma Shao non si pentì di averla detta: sapeva che l’argomento buono con cui iniziare la conversazione era suo nonno, una persona che i gemelli avevano dimostrato di apprezzare.
Quelle due paia di occhi scuri continuarono a fissarlo con estrema attenzione, quasi valutandolo.
“Sarei voluto andare pure io – continuò – ma non avrebbe avuto senso: sono troppo giovane e ho ancora tanto da imparare.”
Ammissione di colpa? Banale scusa quasi a giustificare una mancanza che non aveva commesso per davvero? O forse semplice realtà dei fatti? Per lui era l’ultima delle tre, ma i gemelli potevano interpretarla diversamente.
“Quando sarò grande e sarò signore di questa provincia punirò chiunque commetta atti del genere, proprio come mio nonno – disse ancora, girandosi verso di loro – Lui ha il generale Lao come fidata guardia del corpo e sa di avere un valido aiuto… io non ho ancora nessuno, ma mi piacerebbe avere voi due.”
Ecco l’aveva detto: senza troppi giri di parole aveva fatto a quei due ragazzini la proposta decisiva.
I due si lanciarono solo una rapida occhiata e poi tornarono a fissarlo. Per tutta risposta Shao posò la spazzola con cui stava pulendo il pelo del cavallino e si mise a braccia conserte, attendendo la loro decisione.
“Che sia ben chiaro – si premurò di aggiungere – per me non è un gioco, assolutamente. Se diventerete mie guardie del corpo vi dovrete addestrare duramente e poi seguirmi come ombre. Probabilmente vi toccherà ad uccidere, ma anche io lo farò se toccherà a me farlo. Non vi sto promettendo niente, né ricchezza né altro… lo faccio solo perché voi due mi piacete e vorrei davvero avervi al mio fianco.”
Troppo complicato come discorso? In fondo erano due ragazzini che provenivano dalla campagna e forse erano abituati a parole più semplici.
Ma prima che potesse avere ancora qualche dubbio i due gemelli fecero un breve cenno d’intesa e poi si inginocchiarono all’unisono davanti a lui, estremamente seri nei loro atteggiamenti. Del resto l’età del gioco per loro era terminata una decina di giorni prima quando la loro gente era stata barbaramente uccisa.
“Noi, Mio e Sin, figli del capo villaggio di Mis, giuriamo fedeltà assoluta al principe Shao Ming – disse Mio, parlando anche a nome del gemello – ci addestreremo e diventeremo le tue guardie del corpo, mio signore, e ti proteggeremo a costo della nostra stessa vita. Lo giuriamo solennemente.”
Shao si limitò ad annuire, ma dentro di sé esultava: a nemmeno sette anni si era appena guadagnato le sue guardie del corpo personali.
  
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