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Autore: mudblood88    05/09/2015    5 recensioni
Seguito di "I cattivi non hanno mai un lieto fine, ma Regina ha Emma."
TRATTO DAL TESTO:
«Vuole il tuo cuore, Emma».
«Non mi importa» rispose la bionda, con fermezza. «Non ti lascerò andare da sola».
Regina fece un passo verso di lei, trovandosi a pochi centimetri dal suo viso.
«Emma, ascolta...»
«No» la interruppe, alzando le mani in un gesto deciso. «Non mi importa, qualsiasi cosa dirai ho preso la mia decisione. Avevo promesso a Henry che mi sarei presa cura di te. Che ti avrei protetta. Ed è quello che ho intenzione di fare. Io sono la Salvatrice!»
«Emma» disse Regina, in tono grave. «A volte... anche la Salvatrice deve essere salvata».
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills, Regina Mills, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 17
Un giorno prima del solstizio d'estate





Il giorno prima del solstizio la tensione nella cripta aveva raggiunto livelli insopportabili.

Emma e Regina avevano creduto che in cinque giorni avrebbero avuto abbastanza tempo per ideare un piano per contrastare l'ombra e riuscire a spezzare in tempo il sortilegio, ma la realtà era stata molto diversa.

Dopo vari ragionamenti e continue ricerche, avevano realizzato che dovevano affidarsi alla fortuna; la tempistica non era dalla loro parte, non potevano sapere quanto ci avrebbero messo a rinchiudere l'ombra nel Vaso di Pandora, e il loro incantesimo si sarebbe attivato soltanto con la luna in una determinata posizione.

Quella sera, come nelle precedenti, le due donne erano alla Torre dell'Orologio a studiare la sua posizione.

La pagina del libro che avevano scelto, e cioè il luogo e il momento in cui sarebbero dovute tornare, era proprio alla Torre dell'Orologio, così avrebbero dovuto applicare l'incantesimo lì. Fortunatamente per loro, la torre non copriva la luna e da diverse posizioni potevano catturarne la luce.

Erano piuttosto scoraggiate, però, ricordandosi che non avevano nè la magia, nè il medaglione e senza quello non sarebbero riuscite nel loro intento.

Regina non lo avrebbe mai ammesso, ma senza la sua magia si sentiva vulnerabile e inutile. L'ombra aveva ragione, dicendole che senza la magia non era nessuno. Al tempo stesso, tuttavia, si sentiva anche in colpa verso Emma; se c'era qualcuno che rischiava la propria vita, quella era Emma, che era incredibilmente più tranquilla di lei, e le faceva forza quando invece doveva essere proprio lei a rassicurarla, essendo il suo cuore a rischio.

«Non sono affatto preoccupata, Regina» rispose Emma, dopo l'ennesima volta che Regina le aveva chiesto come facesse a essere così positiva. «Il nostro piano funzionerà. In fondo siamo pronte, ci manca soltanto il medaglione».

Regina, appoggiata con la schiena alla porta della biblioteca, raccolse la borsa che aveva posato ai propri piedi. Guardò il libro e il Vaso di Pandora all'interno di essa, sospirando. «Hai ragione, Emma. Stai solo dimenticando la parte in cui l'ombra cercherà di rubarti il cuore».

La bionda sospirò a sua volta, avvicinandosi a Regina per parlarle all'orecchio. Non sapevano dove l'ombra potesse essere, per quel che ne sapevano poteva anche essere lì a spiarle. Così era sempre meglio essere caute.

«Non preoccuparti neanche per quello» bisbigliò, alludendo al loro piano per evitare che ciò accadesse.

Regina, anche se per niente rassicurata, annuì.

«Quando torniamo nella cripta procediamo con... tu sai cosa» disse Regina, decisa.

Emma trattenne per un attimo il respiro. «Quindi, vuoi...» e d'istinto si portò una mano al petto.

«Sì» confermò Regina, decisa. «Dobbiamo trovare un posto sicuro per nasconderlo, e il tramonto di domani arriverà presto. Non voglio farmi trovare impreparata...»

Emma la fermò, prendendola per mano. «Forza, andiamo» disse. «Credo che tu abbia bisogno di rilassarti un po'».

Regina non fece in tempo a rispondere, che Emma la stava già trascinando verso la cripta. Ma una volta arrivate, la bionda non vi entrò, ma vi girò intorno fino a trovarsi dalla parte opposta all'entrata.

«Emma, cosa vuoi fare?» domandò Regina, perplessa.

La bionda si fermò. Prese la borsa dalla spalla di Regina e la posò a terra, per poi sedercisi accanto. Si tolse il giacchetto rosso, restando in canottiera, e lo mise a terra accanto alla borsa. Poi guardò Regina, sorridendole e facendole segno di sedersi accanto a lei.

La bruna, titubante, obbedì. Emma si diestese, portandosi le braccia dietro la testa e Regina la imitò, pur non capendo quali fossero le sue intenzioni.

«Quindi...» iniziò Regina, ma Emma la zittì.

«Resta in silenzio, e osserva» sussurrò.

Regina inarcò un sopracciglio, anche se Emma non poteva vederlo perchè erano al buio.

«Osservare cosa?» domandò.

«Il cielo» rispose semplicemente Emma. «La luna, le stelle. Guarda che spettacolo».

Regina alzò lo sguardo e restò sorpresa di non averlo notato prima.

Il cielo era limpido e luminoso, ricco di stelle che brillavano e donavano uno spettacolo incantevole. Erano state diverse notti a guardare la luna per studiarne le posizioni e non si erano mai rese conto della meraviglia che scintillava sopra le loro teste.

«Hai ragione» sussurrò Regina. «E' davvero uno spettacolo meraviglioso. Non so come abbia fatto a non notarlo prima».

Emma non rispose subito, ma cercò nel buio la mano di Regina.

«Sei solo nervosa, Regina» rispose Emma, calma. «Abbiamo avuto altre cose a cui pensare in questi ultimi giorni, non abbiamo avuto tempo di rilassarci e godere di queste piccole cose. Ma quando torneremo a casa sarà diverso».

Regina annuì, voltandosi a guardare la bionda che tuttavia continuava a guardare il cielo.

«Ci pensi mai a come sarà?» domandò Regina, in tono vago.

Emma si voltò a guardarla. «Come sarà cosa?»

«Tornare a casa».

Emma rimase sorpresa dalle parole di Regina. Non perchè non si aspettasse quel discorso, era piuttosto normale che Regina ci pensasse. Ma era strano che ci pensasse proprio in quel momento, quando solo pochi giorni prima anche i suoi pensieri erano rivolti al ritorno a casa.

Si ritrovò a sorridere, rendendosi conto che pur non parlandone, lei e Regina condividevano gli stessi dubbi, le stesse preoccupazioni, gli stessi desideri. Strinse un po' di più la mano di Regina nella sua, e lei le sorrise.

«Ci ho pensato» rispose. «Ci ho pensato molto negli ultimi giorni, e...»

Emma si fermò, lasciando la frase in sospeso. Avrebbe voluto dire a Regina che erano una famiglia. Loro due, insieme a Henry, e anche... anche il bambino che portava in grembo. Emma sapeva che i suoi pensieri erano folli, perchè quel bambino aveva un padre, Robin. Ma non le importava niente di Robin, nè di Killian, nè dei suoi genitori. Regina ed Henry erano la sua famiglia, e quindi anche quel bambino. Avrebbe potuto crescerlo come se fosse suo, anzi voleva crescerlo come se fosse suo. Ma come poteva dirlo a Regina?

C'erano così tante cose da risolvere, una volta tornate, che si chiese se avrebbero mai potuto assaporare un momento di serenità.

Forse, pensò, era meglio fare un passo alla volta. Forse era meglio iniziare con l'esternare i propri sentimenti.

«Anche io ci ho pensato» disse Regina, all'improvviso.

Emma si aspettava che dicesse qualcos'altro, ma Regina restò in silenzio.

Entrambe erano bloccate dalla paura di esporsi, di ammettere ciò che provavano, nonostante sapessero che prima o poi avrebbero dovuto affrontare il discorso. Ma forse non era ancora il momento.

Rivolsero entrambe il loro sguardo di nuovo alle stelle, restando in silenzio per parecchi minuti, le dita ancora intrecciate.

«Cosa diremo a Henry?» domandò Emma, spezzando il silenzio.

Regina, di nuovo, si voltò a guardarla. La domanda di Emma era vaga, ma era inutile fingere che non sapesse a cosa si riferisse.

«Gli diremo la verità» rispose, semplicemente.

«E quale sarebbe, la verità?»

Ed eccola lì, la domanda a cui entrambe non volevano rispondere. La domanda che avevano evitato fino a quel momento, per paura di ammettere cosa stava succedendo. Emma l'aveva posta con talmente tanta naturalezza che subito si pentì di non averci riflettuto. Poteva solo sperare che Regina non si tirasse indietro e che avesse più coraggio di lei nell'affrontare l'argomento.

E l'aveva. Regina Mills aveva abbastanza coraggio di affrontarlo, anche se a modo suo.

Non disse nulla, si limitò ad avvicinarsi ad Emma che, ancora col naso all'insù, restò sorpresa di trovarsi Regina così vicina. Si guardarono negli occhi per un secondo, riuscendo a distinguerli anche al buio, poi Regina accarezzò la guancia di Emma e la baciò.

Regina non era mai stata brava ad esternare i propri sentimenti, ma era ciò che stava cercando di dimostrare ad Emma attraverso quel bacio. Un bacio che doveva rappresentare il loro futuro insieme.

Le mattine in cui avrebbero fatto tardi a lavoro perché volevano rimanere a letto un po' di più.

La torta di mele appena sfornata, il cui profumo avrebbe riempito tutta la casa.

Le scarpe di Emma in mezzo al salotto perchè, Regina ne era convinta, era sicuramente disordinata.

La cioccolata calda con cannella a colazione, anche se Regina la odiava.

Il ritorno a casa dopo una giornata di lavoro e il ritrovarsi tutti insieme, e mai più soli.

Il futuro, per Regina, non era mai stato più chiaro di così. Per una volta, solo per una volta, Regina Mills forse poteva abbattere quel muro che si era costruita intorno per non soffrire. Ma sapeva di essere un fardello ingombrante, in quel momento. Emma forse aveva scelto lei, ma avrebbe dovuto scegliere anche il bambino che portava in grembo. Il bambino di Robin.

Quel bacio delicato ben presto divenne intenso e insistente, entrambe si lasciarono trasportare dai loro sentimenti e dalle emozioni che si provocavano l'un l'altra. Le loro lingue lottavano fameliche per ottenere il controllo, le loro mani si mossero in automatico sul corpo dell'altra esplorandone ogni centimetro.

Senza rendersene conto, Regina portò le mani ad accarezzare le braccia e le spalle di Emma, portandovi anche le labbra in modo da poter baciare la pelle candida della bionda.

Emma trasalì. Portò una mano tra i capelli di Regina, in un gesto disperato che chiedeva di più. Poi la bruna si spostò sul suo collo, lasciandole una scia di caldi baci che la fece tremare.

Poi si ritrovarono di nuovo occhi negli occhi, Emma ancora tremante, Regina col respiro mozzato dall'emozione. Si baciarono ancora.

Le loro mani continuarono a vagare incerte, quelle di Emma andarono a slacciare i primi bottoni della camicia di Regina in un gesto improvviso e spontaneo, quelle di Regina si infilarono sotto la canottiera di Emma, accarezzandole il ventre piatto e tonico.

Ma Emma, all'improvviso, si fermò. Si allontanò da Regina, prima che perdesse completamente il controllo.

«Non possiamo» balbettò, incerta.

Il suo respiro era affannato e irregolare, ed Emma si portò una mano al petto, sospirando a pieni polmoni.

«Non possiamo» ripeté. «Non adesso, non qui. A casa, dobbiamo... io devo...»

Regina annuì, consapevole. «Devi parlare con Uncino».

«Sì. Devo prima parlare con lui, devo risolvere quella situazione. Solo così dopo potremmo...»

Si bloccò.

Stare insieme, voleva dire.

Ma non lo disse.

«Hai ragione» disse Regina, mettendosi a sedere. Si riabbottonò la camicia, in imbarazzo. «Hai ragione, scusami. Non dovevo...»

Le parole non uscirono. Si alzò, raccolse la borsa da terra e restò qualche secondo immobile.

«Scusami».

E si avviò verso la cripta.

Emma si alzò a sua volta, ma non la seguì, non subito. Restò a guardarla allontanarsi, chiedendosi come fosse possibile che riuscisse a incasinare tutto anche quando bastavano due semplici parole per essere felice.

 

**

 

Regina era in piedi davanti allo specchio, quando Emma entrò nella cripta.

Aveva passato l'ultima mezz'ora a cercare il coraggio di parlare a Regina, ma non si aspettava di trovarla ancora sveglia al suo rientro.

La donna sentì dei passi alle proprie spalle, e si voltò.

«Ah, sei qui» disse, con un tono che non lasciava trapelare nessun emozione. «Sei pronta per...» e le indicò il petto.

Emma non disse nulla, e la guardò perlpessa. Aveva dimenticato che era arrivato il momento che Regina le togliesse il cuore dal petto, avrebbe preferito che potessero continuare il discorso che avevano lasciato in sospeso. Sperò di non averla fatta arrabbiare col suo comportamento.

«Va bene» disse poi, in un sussurro.

Regina si avvicinò, mettendosi di fronte a lei.

«Farà male?» domandò Emma, incapace di trattenere quella stupida domanda.

«Un pochino» rispose Regina. «Ma una volta estratto il cuore, non noterai la differenza».

Emma annuì, con un sospiro. Regina alzò una mano, soffermandola all'altezza del petto di Emma.

La bionda chiuse gli occhi, chiedendosi come sarebbe stato non avere il cuore nel petto. Probabilmente si sarebbe dimenticata di tutte quelle emozioni che la stavano travolgendo, si sarebbe dimenticata anche dei sentimenti che provava per Regina. Ma era davvero pronta a dimenticarsene? Come poteva separarsi dal suo cuore senza aver detto a Regina quello che provava per lei?

D'istinto, afferrò la mano che la bruna le stava inserendo nel petto.

«Aspetta».

Regina si fermò a guardarla.

Un groviglio di emozioni pervase Emma, tra le quale spiccò la paura. Ma si fece coraggio. Non poteva più aspettare, non poteva più rimandare quel momento.

«Prima che tu lo faccia» iniziò. «Voglio dirti una cosa. Magari non ne avrò più occasione...»

«Emma, non devi neanche dirlo».

«Lasciami parlare, ti prego».

Silenzio. Emma piantò i suoi occhi in quelli di Regina, e viceversa. Il braccio della mora era ancora teso verso Emma, che lo teneva saldo nella sua mano, come a non voler interrompere quel contatto.

«So che ti avevo detto che sarei stata dalla tua parte, qualsiasi decisione avresti preso riguardante il bambino, però... non posso più fare finta di niente».

Regina sbatté le palpebre, col cuore in gola, senza però smettere di guardarla.

Emma inspirò a fondo, cercò di mantenere la calma e prendere coraggio, prima di pronunciare quella frase che, sapeva, le avrebbe potuto cambiare la vita.

«Vorrei crescere questo bambino con te, Regina» disse, tutto d'un fiato.

Il cuore di Regina si fermò, o forse cominciò a battere talmente forte che non riusciva nemmeno a rendersene conto.

«So che Robin sarà sempre suo padre e io non voglio mettermi in mezzo. Se lui dovesse tornare e decidesse di prendersi cura del bambino, io mi farò da parte. Ma lui non è qui, adesso. Mentre io si e... so che è folle, e so che tu non avresti bisogno di nessuno perché sei stata una madre straordinaria per Henry. Se è il ragazzo che è diventato, è solo per merito tuo, e farai un lavoro meraviglioso anche con questa creatura...» e le posò una mano sul ventre. «Ma se vorrai, se me lo permetterai... vorrei poterti stare vicino».

Una lacrima rigò il viso di Regina, che abbassò lo sguardo. Emma a stento dovette trattenere le sue.

«Lo so che è folle» ripeté Emma, vedendo Regina stare in silenzio. «Ma abbiamo già un figlio insieme, dopo tutto. E quando torneremo vorrei... vorrei che potessimo essere...»

«...una famiglia» Regina terminò la frase per lei, ed Emma sorrise, nervosa, capendo che Regina voleva le stesse cose che voleva lei.

«Devo dirti una cosa anche io» sussurrò Regina, alzando lo sguardo sulla bionda.

Emma restò in attesa qualche secondo, mordendosi l'interno della guancia, tesa.

«Io... io non sono brava in queste cose» iniziò Regina, titubante. «Volevo dirtelo anche prima, quando eravamo distese fuori, ma ho avuto paura. E ho paura anche adesso...»

«Se può consolarti, io sono terrorizzata» intervenne Emma, con un sorriso nervoso. Regina ricambiò. «Bè, quello che vorrei dirti, Emma...» riprese. «E' che... Robin, il finto Robin, sapeva del bambino. Cioè, gliel'ho detto mentre eravamo insieme...»

Regina esitò, cercando di decifrare l'espressione di Emma, la quale si sentì improvvisamente insicura di tutto. Fece un passo indietro.

«Il fatto è che in quel momento ho capito» continuò Regina. «Ho capito che non volevo lui. Ho capito che la mia famiglia è con te, nonostante tutti i problemi che incontreremo. Ma sono pronta ad affrontarli... se tu sarai con me».

Stavolta fu il viso di Emma ad essere rigato dalle lacrime. Si sentì improvvisamente sollevata; credeva che Regina le stesse per dire che avrebbe cercato Robin, che non voleva una famiglia con lei, e invece sentì una sensazione di calore riempirla nel profondo.

«Penso che ormai sia inutile fingere» aggiunse la bruna. «Continuamo ad essere evasive sulla situazione, su ciò che proviamo, ma penso che ormai sia inutile. Quando torniamo a casa, Emma, e avrai sistemato le cose con Uncino, vorrei anche io che fossimo...»

«...una famiglia» intervenne Emma.

Poi entrambe sorrisero. Si strinsero in un abbraccio durante il quale sentirono i loro cuori battere frenetici uno contro l'altro. Si resero conto che avevano fatto tanta strada da quando Emma aveva bussato la prima volta alla porta di Regina, da quando si facevano la guerra e litigavano continuamente per avere Henry. Ora erano lì, entrambe con il desiderio di avere una famiglia insieme.

E in quel momento, un altro pensiero invase la mente di Regina, un pensiero prepotente che non l'aveva mai abbandonata, quella consapevolezza che la rendeva triste e la faceva sentire in colpa verso la ragazza che stringeva tra le braccia.

Sciolse l'abbraccio, rivolgendo il proprio sguardo in un punto imprecisato sul pavimento.

Emma notò il cambiamento di Regina, così le afferrò un polso e lo strinse per attirare la sua attenzione.

«Va tutto bene?» domandò.

Regina alzò lo sguardo colpevole su di lei. «Credo di dovermi scusare con te, Emma».

La ragazza la guardò senza capire. «Per cosa?»

Regina abbassò per l'ennesima volta lo sguardo. «E' colpa mia. Tutto ciò che hai dovuto passare è colpa mia. Se non avessi lanciato il sortilegio, tu non ti saresti dovuta separare dalla tua famiglia. Se hai passato un'infanzia orribile, se non sei potuta crescere insieme ai tuoi genitori, è stata sempre e solo colpa mia».

«Regina, non è vero» rispose Emma. «E' per quello che ti ho detto, vero? Non voglio che continui a pensarci, sono stata una stupida a dire quelle cose, non le penso davvero...»

«Perché non mi odi?» le chiese Regina all'improvviso, alzando lo sguardo su di lei. «Perché non mi odi per quello che ti ho fatto?»

Emma fu colta alla sprovvista da quella domanda, e lasciò la presa sul polso di Regina.

«Dovresti odiarmi per quello che ti ho tolto» incalzò la bruna, ormai decisa ad accettare qualsiasi cosa Emma le avrebbe potuto dire. «Dovresti odiarmi e invece mi stai accanto, mi proteggi, ti preoccupi per me».

Emma continuò a fissarla, ma non provò rabbia nei suoi confronti. Ci aveva pensato tante volte a come sarebbe stata la sua vita se fosse rimasta coi suoi genitori, ma in quel momento si rese conto che non era colpa di Regina. Si rese conto che le parole che le aveva detto erano dettate soltanto dalla rabbia.

«Io ti conosco, Regina» rispose, con calma. «Ti ho conosciuta come il Sindaco di Storybrooke, l'autoritaria madre di Henry, ma so che quella era solo una facciata».

Regina restò ad ascoltarla, mordendosi le labbra.

«Ho sempre visto in te un disperato bisogno d'amore» proseguì. «Tu volevi a tutti i costi una famiglia, qualcuno che ti amasse. Sono certa che anche nella Foresta Incantata era così, e che le tue azioni erano state guidate dalla paura della solitudine, non di certo dall'odio. Volevi distruggere la felicità degli altri perché pensavi che non potessi avere la tua. Forse non ti odio proprio per questo, perché so che in realtà non hai mai voluto causarmi intenzionalmente quella sofferenza».

«Questo però non mi giustifica» rispose Regina.

«Forse no, ma ormai è passato» disse Emma. «Mi dispiace per le cose che ti ho detto, non avrei dovuto dirtele, soprattutto in quel modo. Anche perché, su una cosa ho certamente sbagliato. Se tu non avessi lanciato il sortilegio e i miei non mi avessero messo nella teca, io probabilmente non avrei mai incontrato Neal, e non ci sarebbe Henry, e noi non saremmo qui...»

Regina sorrise. Emma fece lo stesso, imbarazzata.

«Si, insomma» proseguì la bionda. «Alla fine va bene così. Non voglio più pensare alla famiglia che avrei potuto avere, ma a quella che possiamo costruire insieme».

Regina le sfiorò le labbra con un veloce bacio. Lo sguardo di Emma si posò sulla cicatrice.

«Non sai quanto è importante per me tutto questo, Emma. È come se mi stessi dando la possibilità di... di rimediare. A ciò che ti ho fatto».

«Regina, non...»

«Emma» la donna le posò un dito sulle labbra. «Ti ho tolto la possibilità di avere una famiglia, da bambina. Ora voglio dartene una. Io, Henry e questo bambino... saremo la tua famiglia».

Sul viso di Emma si allargò un enorme sorriso, e lei sentì nel suo cuore un'immensa felicità. Baciò Regina con forza, come a volerle dimostrare con quel gesto quanto fosse felice. Quanto lei la stesse rendendo felice.

Poi Regina infilò una mano nel petto di Emma, che sussultò, un po' per il dolore, un po' per lo spavento.

«Regina!» gridò, appoggiandosi a lei.

«Scusa» disse, con un sorriso sghembo. «Fa meno male, se non te l'aspetti».

E con un colpo secco estrasse il cuore di Emma, mentre le grida di quest'ultima rimbombavano in tutta la cripta.

Emma si calmò soltanto pochi minuti dopo che Regina le ebbe estratto il cuore dal petto. La mora lo teneva saldo nella mano, mentre Emma, appoggiata a lei, cercava di recuperare un respiro regolare.

«Va meglio?» chiese Regina, accarezzandole la schiena.

«Sì» rispose Emma. «Sì, va meglio».

Poi Regina le porse il suo cuore.

«No, non lo voglio» disse Emma, allontanandosi da Regina e dal cuore. «Tienilo tu. Saprai metterlo al sicuro nel migliore dei modi».

Regina lanciò un'occhiata la cuore che pulsava nella sua mano, prima di guardare Emma. «Sei sicura?».

Emma le si avvicinò, le prese la mano e gliela strinse intorno al suo cuore.

«Il mio cuore è comunque tuo, Regina» disse, con un sorriso. «Ormai ti appartiene. Quindi sì, sono sicura».

Regina sentì un brivido lungo la schiena davanti alla naturalezza disarmante con cui Emma aveva pronunciato quella frase. Si chiese se la Salvatrice fosse consapevole di ciò che quelle parole avevano significato per lei.

Emma Swan le stava donando il suo cuore, in tutti i sensi in cui fosse possibile. Si fidava di lei, e sapeva che per Emma era difficile fidarsi di qualcuno.

Improvvisamente capì che stavolta era suo compito proteggere Emma, doveva mettere il suo cuore al sicuro in modo che non gli succedesse niente. E sapeva esattamente come fare. 


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Hello everybody!
Chi dire? So che in molti aspettavate questo capitolo. So che non c'entra niente a livello di svolta con la questione-ombra, però mi serviva di inserirlo perchè... bè, a parte il fatto che ERA DANNATAMENTE ORA CHE QUESTE DUE SI DECIDESSERO AD ESTERNARE I PROPRI SENTIMENTI. Ma a parte questo, penso che ci voleva un chiarimento, un VERO chiarimento tra Emma e Regina. 
Perchè voi non ve lo chiedete mai? Per quale motivo Emma non odia Regina per il sortilegio e tutto quello che ne è derivato. Insomma, alla fine è totalmente colpa di Regina se Emma ha passato una vita d'inferno. Poi che l'abbia fatto per più o meno buoni motivi, è un altro discorso. Io volevo dare un senso anche a questo, ma non so se ci sono riuscita. 
Probabilmente Emma avrebbe dovuto rispondere "Non ti odio perchè ti amo dal primo momento che ti ho vista" ahahah ma mi sembrava un po' eccessivo! Sappiamo tutti quanto la Salvatrice sia... come dire, schiva nel dire quelle due magiche paroline. Idem Regina, quindi insieme fanno proprio una bella coppia e ci manderanno al manicomio.
Anyway, mi sto dilungando troppo, quindi in definitiva spero che il capitolo vi piaccia e che lo apprezziate. Avrete capito che ormai manca poco alla conclusione, mancano 3 capitoli soltanto. 
Ringrazio tutti quanti, ognuno di voi, per l'affetto che mi dimostrate ogni giorno, non solo tramite le vostre recensioni ma anche in pagina. A proposito della pagina, è iniziato il rewatch della quarta stagione di Once, condividerò i momenti più belli di Emma e Regina. Se volete farlo con me, vi aspetto qui:   https://www.facebook.com/pages/SwanQueen-I-cattivi-non-hanno-mai-un-lieto-fine-ma-Regina-ha-Emma/1587931868117207?ref=bookmarks

  
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