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Autore: BlackSwallow    05/09/2015    3 recensioni
Dal primo capitolo:
Appena superò la leggera curva della spiaggia vide, a un centinaio di metri di distanza, due ragazzi: uno messo di spalle e l’altro di fronte. Quello di fronte lo riconobbe quasi subito. Come non riconoscerlo? Biondo, alto, occhi azzurri e una cicatrice nel labbro: Jason. L’altro non riusciva a ricordarlo. Era senza maglietta, aveva i capelli neri, spettinati, che sfioravano le spalle; la figura era abbastanza alta e slanciata e brandiva una spada nera in ferro dello Stige. Percy si fermò un attimo. Come poteva essere lui? Come poteva essere cresciuto così tanto? Era vero che era un po’ che non lo vedeva, ma l’ultima volta era ancora un bambino! Non poteva essere lui.
[Pernico]
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jason Grace, Nico di Angelo, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Okay... è da un bel pò che non aggiorno ma a mia discolpa posso dire che internet non mi ha funzionato... comunque volevo dirvi che nonostante l'ultimo capitolo ha avuto meno recensioni degli altri, sono lo stesso contenta perchè in molti l'avete messa tra le preferite/seguite/ricordate... perciò grazie a voi, a quelli che recensiscono e a quelli che leggono solamente. Grazie mille <3
Al solito, fatemi sapere che ne pensate :). Buona lettura!!




Capitolo 5

Se prima non aveva molta fame per colpa della conversazione con il figlio di Ade avuta il pomeriggio, ora invece la sua bocca dello stomaco stava affrontando un tremendo attacco di nausea.
 
Nico è grande, può fare quello che gli va. Si disse Percy uscendo dall’arena. Può stare con Phill, Will, Weatherby o con chi gli pare. Non mi importa niente. Già, non mi importa proprio niente! Pensò ancora ma gli venne inevitabile girarsi per vedere se, dall’arena, stessero uscendo quei due. Ovviamente non stavano uscendo. Percy lasciò andare un verso gutturale di pura irritazione. Gli aveva detto di darsi una mossa, non di progettare una fuga da Azkaban. Forse non dovevo lasciare Nico da solo con Solace. Pensò. Magari quel tizio è un maniaco. Rimase a fissare l’entrata dicendosi che era un idiota. Si stava facendo troppe paranoie, Will aveva solo diciotto anni per essere un maniaco. Veramente ne ha ancora diciassette. gli disse una vocina uguale a quella di Nico. Questo lo irritò ancora di più. Il figlio di Ade sapeva l’età di Will e non sapeva la sua. Non sapeva l’età di Percy Jackson, l’eroe del Campo Mezzosangue e del Campo Giove e sapeva quella di Will Solace un medico qualsiasi, non laureato che lavorava in un infermeria per ragazzi fissati con le morti eroiche e combattimenti all’ultimo sangue. Preso da quell’improvvisa stizza (che tanto improvvisa non era, visto che era tutta la giornata che era così), Percy girò i tacchi e si diresse verso la mensa.
 
Diede un calcio a una pietra e si girò di nuovo. Non c’era traccia né di Nico né dell’altro tizio. Sentì il sapore della bile in bocca e si stupì di quello che stava provando. Perché lui come difetto fatale aveva la lealtà, sarebbe morto per chi amava, per i suoi amici. Ma era proprio per un suo amico che, in quel momento, stava provando risentimento. Non riusciva a credere che Nico, il suo Nico, non gli avesse detto che gli piaceva quel biondo ossigenato. Perchè era evidente che gli piaceva, insomma, si davano pure dei soprannomi! Poi avevano detto quella cosa del ‘sempre’ che Percy aveva sentito in un film che Annabeth l’aveva obbligato a guardare. Non ricordava molto del film, a parte che era una storia d’amore. Davvero, più ci pensava, più non riusciva a credere che Nico non gli avesse detto una cosa così. In realtà non riusciva a credere al comportamento di Nico in generale. Percy era la persona che lo conosceva da più tempo di tutti, al Campo Mezzosangue, non poteva credere che non gli raccontasse niente di lui. Chi gli piaceva, perché non voleva andare all’università (già, se n’era accorto che aveva sviato il discorso), chi l’aveva traviato, con chi era fidanzato… Percy si chiese se Nico avesse lasciato prima il ragazzo/ninfa/ragazza/creatura vivente prima di provarci con Solace… o meglio prima di accettare le avance di Solace, perché in realtà era stato Will a provarci, no? Ma lui non gli aveva mica detto “Ehi! Sono fidanzato!” perciò o Nico era diventato un playboy che stava con dieci persone diverse oppure si era lasciato con il tizio/a che l’aveva traviato.
 
Continuò a camminare con i pugni serrati ai fianchi, le unghie conficcate nei palmi e i denti digrignati fin quando non arrivò a mensa e qualcuno lo chiamò. Si girò verso quella voce mentre la ragazza che gli stava correndo incontro lo chiamava ancora. In teoria il figlio di Poseidone si sarebbe dovuto sentire meglio, dato che davanti aveva la propria ragazza; in pratica, aveva la nausea. “Percy! Perché non mi hai risposto? E da quando sei uscito dall’arena che ti grido dietro!” disse Annabeth con il fiatone, quando lo raggiunse. “Scusami- rispose- avevo la testa per aria.” “Come al solito.- sorrise la ragazza per poi perdere il sorriso- che ti è successo? Hai un’aria sconvolta.” E ora che le dico? Non le poteva di certo dire: sai sono arrabbiato con Nico perché non mi racconta i suoi problemi adolescenziali. Così decise di mentire, così come aveva fatto la mattina per cercare il figlio di Ade dappertutto. “Sono solo un po’ stanco… è stata una giornata impegnativa e-” si interruppe quando da dove era venuto lui, ora stavano arrivando due ragazzi. Quello biondo era decisamente esaltato, mentre parlava agitava le braccia, facendo muovere le frecce nella faretra. Ma non era lui quello che interessava a Percy. Quello che attirò tutta la sua attenzione era il ragazzo che guardava il biondo mentre parlava, le mani in tasca e la spada nera appesa a un fianco. I jeans neri strappati in più punti, così come la maglietta arancione, facevano pensare che il ragazzo fosse stato attaccato da una lince.
 
Il biondo lo guardò esasperato, e Nico girò lo sguardo davanti a sé incrociandolo con quello di Percy. Fu solo un attimo. Il petto del figlio di Poseidone fu invaso da una sensazione tutt’altro che piacevole. Aveva voglia di dimostrare a Nico che di lui, a Percy, non fregava niente. Così non appena gli occhi neri del minore si scontrarono con i suoi verdi, Percy non capì più niente. Prese il viso di Annabeth e la baciò. La ragazza sussultò per poi rispondere al bacio con trasporto.
 
Percy riuscì a resistere alla tentazione di aprire gli occhi e vedere la reazione di Nico, così li aprì quando Annabeth si allontanò per riprendere fiato. “E questo per cos’era?” chiese la bionda. Il ragazzo riuscì a mettere il miglior sorriso falso della storia. “Mi sei mancata.” Rispose mentre si chiedeva quando fosse diventato così bugiardo, ma preferì non pensarci. “Anche tu, Testa d’Alghe- disse l’altra scoccandogli un bacio sulle labbra.- andiamo a mangiare?” “Certo.”
 
Quando Percy si sedette al suo tavolo, decise che doveva parlare assolutamente con Chirone. Non ne poteva più di mangiare da solo! Era deprimente. Così si guardò intorno ma del centauro non c’era traccia e nemmeno del signor D. Non che cambiasse qualcosa, certo, ma era strano. Questa era la seconda sera di fila che mancavano a cena. Avranno da fare. Pensò Percy girandosi verso il suo piatto. Con la coda dell’occhio vide Jason e Nico seduti al tavolo numero 1. Non erano abbastanza vicini per sentire la loro conversazione ma Percy riusciva a vedere bene la faccia imbronciata di Nico. Sembrava un misto tra seccato, arrabbiato e triste mentre con la forchetta giocava col cibo nel piatto. Jason, dal canto suo, sembrava tranquillo anche se, ogni tanto, mandava occhiate preoccupate al più piccolo.
 
Percy si chiese cosa fosse accaduto al figlio di Ade per essere triste. All’arena sembrava felice. Certo che lo era, pensò arrabbiato. Aveva Solace appiccicato. Eppure anche se era arrabbiato non riusciva ad avercela veramente con Nico, non ora che aveva quella faccia triste. Gli venne una voglia irrefrenabile di abbracciarlo, picchiare chiunque lo rendesse infelice e…
 
Nel suo campo visivo entrò un altro ragazzo. E chi poteva essere se non l’onnipresente Will Solace? Il figlio di Apollo si sedette accanto a Nico che a malapena alzò lo sguardo dal piatto, mentre il biondo gli metteva il braccio sulle spalle. …E chiunque ci provi con lui. Aggiunse mentalmente. Se non fosse stato assolutamente impossibile, avrebbe pensato di essere geloso di Nico. Ridicolo. L’idea più stupida e idiota di sempre, il che era tutto dire dato che lui di idee stupide ne aveva parecchie. Non era geloso di Nico. No. Ma aveva bisogno di parlare con lui per chiarire delle cose. Il prima possibile.
 
 Percy guardò il suo piatto. Non aveva toccato cibo e non aveva fame, era inutile rimanere là. Poi portò il suo sguardo sul figlio di Ade che sembrava non importargli niente, né di Jason, né di Will.
 
A nessuno dei due sembrava importare della cena e Percy si chiese: Perché non ora? Si alzò e si avvicinò al tavolo di Zeus/Giove. “Nico, ti posso parlare?” Percy si stupì quando le parole gli uscirono con una sorta di rabbia controllata. I tre ragazzi alzarono lo sguardo su di lui. Jason era visibilmente sorpreso, Will sembrava incuriosito, Nico… be’, Nico sembrava che si fosse appena svegliato con una secchiata di acqua gelata. “Emh… okay.” Rispose il minore che si alzò dal tavolo, appoggiando la forchetta accanto al piatto. Will fece una risatina sommessa e ingiustificata e ,in tutta risposta, Nico gli diede uno schiaffo sulla nuca. Percy represse una risata e si diresse fuori seguito dal figlio di Ade.
 
“Allora che mi dovevi dire?” chiese Nico. Erano davanti alla mensa e anche fuori, si sentivano le risate, le chiacchiere dei ragazzi contenti e i tintinnii delle posate. “Beh, pensavo che magari eri tu, quello che doveva dire qualcosa.” Nico fece una faccia confusa. “Che vuoi dire?” “Voglio dire che magari mi potevi mettere al corrente della tua cotta per il dottorino biondo, non trovi?” Percy non aveva intenzione di mettere tutta quella rabbia in quelle parole ma non riuscì a fare altrimenti. Solo ora si rese conto, quanto arrabbiato fosse con Nico e quanto lo avesse deluso e ferito che il ragazzo non gli avesse detto niente in proposito. “Scusa!?- chiese incredulo il figlio di Ade con gli occhi sbarrati- la mia cotta per il dottorino biondo?” “Già. Non sono così stupido da non accorgermene, sai?” disse e questa volta, quello che sentì nel suo tono di voce fu soprattutto delusione. “Ma sei abbastanza stupido da fraintendere tutto- rispose Nico che incominciava ad agitarsi- te l’ho già detto: io e Will siamo solo amici. A-M-I-C-I.” “Certo!- disse sarcastico, alzando la voce- è normale che due amici si chiamino con dei soprannomi, vero? O che si propongano baci e abbracci come premi, giusto?!” Vide chiaramente Nico stringere i pugni fino a far sbiancare le nocche. “Ma a te, cosa…??” incominciò il minore ma si bloccò quando si rese conto di aver parlato a voce troppo alta. Entrambi si girarono verso la mensa per vedere se qualcuno li avesse sentiti. Tutti continuavano a mangiare e parlare tranquillamente tranne Jason e Will che li fissavano.
 
 Ma che hanno da guardare? Pensò Percy. Non hanno mai sentito la parola privicy?  Ancora più arrabbiato di prima afferrò per il polso il minore e se lo trascinò dietro, ignorando quello che diceva. Per un attimo gli passò per mente che si stava comportando come un idiota e che forse gli poteva fare male così allentò la presa sul polso dell’altro. Il momento dopo, invece, gli venne in mente Nico appiccicato al figlio di Apollo, Nico che lo chiamava Raggio di Sole, Nico che chiedeva a Percy un motivo per non ricordare l’età di Will, Nico che lo minacciava di non dire niente di male del biondino, Nico che non si lamentava se era Will ad abbracciarlo. La mano di Percy si serrò forte intorno al polso del minore. “PERCY!!” la voce di Nico con la forza che mise per scrollarsi di dosso la mano del più grande, fece svegliare il suddetto ragazzo da quella specie di trance in cui era caduto. Nico, ora che si era liberato, si massaggiava il polso e aveva i suoi grandi occhi neri fissi su di lui. Percy era letteralmente stupito. Da se stesso e da Nico. Non si aspettava che stringesse così forte e non si aspettava che Nico si ribellasse in modo così deciso. “Ma che diavolo ti è preso!? Sei uscito fuori di testa?!- gridò il minore- E posso sapere dove mi stai portando? Perché, non so se l’hai notato, sembri un maniaco!” “Volevo portanti in un posto dove i tuoi amichetti biondi non potevano guardarci!” si sorprese quando, invece di parlare, gridò. “E c’era bisogno di trascinarmi in quel modo e quasi rompermi un polso, razza di idiota?!” Prima che si rendesse conto di quello che stava succedendo, Nico lo artigliò al polso e una scarica di dolore attraversò il braccio di Percy per la forza che il minore stava impiegando. All’improvviso si fece tutto buio e dei brividi freddi incominciarono a percorrergli tutta la schiena. Non ebbe nemmeno il tempo di pensare Stiamo viaggiando nell’ombra che già erano arrivati. Percy si guardò intorno: erano in spiaggia.
 
Nico gli lasciò in modo brusco il polso. “Ora- ringhiò- spiegami qual è il tuo problema.” Per un attimo assomigliò così tanto a suo padre che Percy ne fu perfino intimorito. Come se quegli occhi neri l’avrebbero potuto incenerire in qualsiasi istante.  Poi però si ricordò che quello che aveva davanti era Nico, non Ade. Il Nico che aveva protetto da una manticora, il Nico che, pur di salvare il mondo, aveva messo in gioco la sua stessa vita, il Nico che, ora, l’aveva ferito.
 
“Perché non mi hai detto che ti piaceva Will?”sbottò. Nico fece una faccia tra lo sconvolto, l’arrabbiato e l’esasperato. “Ti ho detto che non mi piace!!” “Si, certo! E’ per questo allora che ci provava spudoratamente con te pomeriggio?!” gli chiese Percy sarcastico. “Stava solo scherzando, idiota!- quasi gridò Nico- Siamo solo amici!”  “Quello ha qualcosa di diverso dell’amicizia in mente!” e questa volta era stato lui a gridare. “PIANTALA!- gridò forte il figlio di Ade, in tono che non ammetteva repliche- Stai dicendo un mucchio di sciocchezze! Per prima cosa: stai dando per scontato che io e Will siamo gay, cosa che è assolutamente falsa considerato che Will è la faccia dell’eterosessualità; secondo: ma a te cosa importa, scusa? Dopo tre anni che non mi parli, non puoi pretendere un bel niente Percy. Perché ti dovrei dire chi mi piace, con chi esco e tutte le altre cose che mi hai chiesto pomeriggio? Non puoi semplicemente dire un ‘mi dispiace’ e aggiustare tutte cose, pretendere che io ti tratti come se non mi avessi mai fatto del male, come se fossi stato accanto a me quando ne avevo bisogno!” Se Nico gli avesse dato un pugno nello stomaco avrebbe fatto meno male. Percy si morse il labbro fino a sentire il sapore del sangue mentre abbassava lo sguardo sulla sabbia. La rabbia che provava si era smorzata del tutto con quelle parole. Vere. Nico aveva ragione. Si stava comportando come un idiota. Ma ora cos’avrebbe potuto dire? Non riusciva a formulare nemmeno una frase composta da soggetto, verbo e complemento oggetto (non che Percy sapesse cos’era un complemento oggetto, ma l’idea è quella). Sentì Nico sospirare ma non del tipo arrabbiato e seccato, era più esasperato come se stesse parlando ad un bambino troppo cocciuto. Percy prese un respiro profondo. “Hai ragione. Scusa.- disse e Nico portò i suoi occhi su di lui- ma il fatto è che… tu sei Nico, capisci? Da quando è morta Bianca, ti ho sempre considerato come il mio fratellino. Volevo proteggerti e mi arrabbiavo se facevi qualche stupidaggine. E ora… ora non sei più un bambino. Capisco che ne sono successe cose nel frattempo ma… tu sei sempre il mio fratellino, e voglio proteggerti e mi dispiace se in questi anni non c’ero. Sono stato un idiota.” Percy deglutì a fatica. Gli occhi di Nico mandavano lampi, probabilmente stava cercando di non fare aprire una crepa nel terreno e mandarlo all’Inferno. Letteralmente. “Già- sussurrò il figlio di Ade guardando per terra mentre stringeva così forte i pugni da far sbiancare  le nocche- il tuo fratellino.” Rimasero così per un tempo indefinito con Nico che guardava la sabbia e Percy che pensava di dover dire qualcosa.
 
 Poi Nico sospirò e si coricò nella sabbia. Si mise con le braccia dietro la testa e chiuse gli occhi. Chissà a che stava pensando. Percy lo guardò. Che doveva fare? Andarsene e lasciarlo da solo? Fargli compagnia? Alla fine decise quello che andava più a lui, ovvero la seconda. Si coricò accanto a lui, in silenzio e si mise a fissare il cielo pieno di stelle. Non seppe dire per quanto rimasero così ma a un certo punto Percy si girò verso il minore. Non erano lontani, sarebbe bastato allungare un braccio per raggiungerlo e spostargli i capelli neri davanti agli occhi chiusi. Ha proprio un bel profilo. Pensò Percy mentre lo percorreva con gli occhi. Dai capelli neri scese sul naso e poi piano verso la bocca. Non seppe perché ma percorse le labbra con estrema lentezza, come se non volesse passare oltre. Deglutì. Che stava facendo? Il cuore gli stava battendo più forte nel petto. I battiti erano amplificati, li sentiva nelle orecchie, nella gola, nello stomaco, nelle punta delle dita…
 
“Puoi smettere di fissarmi? E’ irritante.” La voce del minore lo riportò bruscamente alla realtà come se fosse una pietra scagliata contro un vetro. Percy deglutì di nuovo e si mise a fissare di nuovo le stelle ma questa volta si sentiva parecchio agitato. Chissà se Nico era già stato con qualcuno in spiaggia, in silenzio a guardare le stelle. Se era stato fissato da qualcuno e gli avesse detto la stessa cosa che aveva detto a lui prima. Se magari in quella spiaggia avesse avuto il suo primo bacio. Che idiota. Si disse.  Smettila. Avete appena litigato perché sei un impiccione, vuoi proprio farti odiare? “Avanti sputa il rospo.” Disse all’improvviso Nico. Percy non l’aveva sentito che si sedeva. “Come scusa?” chiese. “Hai la stessa faccia di pomeriggio, quando ti ho detto che non mi andava di parlare di certe cose. Quindi avanti, chiedimi quello che vuoi e facciamola finita.” Percy si mise seduto. “Sul serio?” Nico lo stava guardando con i suoi grandi occhi neri. “Si. Basta che non siano cose troppo personali e che non mi chiederai più niente di simile, intesi?” Percy annuì. Certo, poteva dirgli che non faceva niente e che poteva anche vivere anche senza sapere quelle cose ma non ci sarebbe riuscito. Non senza insultare chiunque stesse accanto al minore. “Voglio che mi spieghi quello che ha detto Will ieri sera.” Ovviamente si riferiva a quando Solace aveva detto, davanti a tutta la mensa, che Nico era andato a letto con qualcuno. Il figlio di Ade sospirò esasperato. “Ma perché ti sei fissato con questa cosa?” Percy non ebbe il tempo di pensare una risposta decente che Nico disse: “Will ieri sera ha sparato la prima cosa che gli è venuta in mente. Stavamo parlando di tutt’altro ma siccome non ne poteva parlare con tutto il Campo si è inventato quella cosa.” “Ma oggi hai detto che non aveva mentito…” disse Percy, che ricordava bene quando il pomeriggio aveva chiesto a Nico se Will avesse mentito e lui aveva risposto di no, era tutto vero. “Credo che sia stata solo una casualità, non credo che Will sapesse davvero, altrimenti me l’avrebbe chiesto.” Il maggiore si morse il labbro. Moriva dalla voglia di chiedergli quella cosa ma non poteva… insomma era piuttosto personale. Prima che decidesse che fare Nico lo anticipò. “E ora, prima che tu me lo chieda: no, non sono fidanzato, Percy. Lo ero, fino a qualche mese fa ed è stato allora che ho…- lo vide arrossire- insomma, hai capito.” Finì il minore per poi buttarsi all’indietro sulla sabbia. Percy avrebbe voluto chiedergli altre cose ma decise che non era giusto forzare il minore quindi si limitò a un grazie appena sussurrato. Non seppe mai se Nico lo sentì. Si coricò di nuovo, ritrovandosi di nuovo sulla sabbia. Con la coda dell’occhio vide che Nico stava giocherellando con il suo vecchio anello d’argento. “Chi te l’ha dato?” chiese. Ricordava ancora quando si era ritrovato il figlio di Ade nella sua stanza, aveva all’incirca dodici anni e già possedeva l’anello.
 
Nico sollevò la mano, guardandola. “Questo?- chiese mentre le labbra gli si increspavano in un sorriso triste- Me l’ha regalato Bianca.” Questa era la prima volta che parlavano di Bianca da quando, l’inverno di sette anni prima, Nico aveva saputo che sua sorella non c’era più ed era scappato via. Percy riuscì a sentire la tristezza nella sua voce ma, a differenza di tre anni prima quando c’era tristezza ma sopratutto inquietudine, adesso c’era una quieta rassegnazione. Nico era davvero cresciuto. Prima che Percy riuscisse a dire qualcosa il figlio di Ade riprese. “Non riesco a capire perché ogni volta che penso a lei o alle cacciatrici, quelle stelle brillano di più.” Percy alzò lo sguardo cercando di capire che volesse dire con quelle parole. Quando i suoi occhi verdi incontrarono il cielo, capì che Nico intendeva proprio quello che aveva detto. E aveva ragione. C’erano delle stelle che brillavano di più e a Percy si seccò la gola quando ricordò di quale costellazione facevano parte. “Non te l’ha mai detto nessuno? Di quella costellazione, intendo.” Chiese ma non appena finì di parlare si sentì molto stupido. Le uniche persone presenti quando era nata la costellazione erano lui, Annabeth, Talia e Artemide. Le ultime tre non avevano abbastanza confidenza con Nico per dirgli della costellazione, così l’unico che rimaneva era lui. E lui non aveva mai passato del tempo con il figlio di Ade per raccontargli di quell’impresa e sinceramente non aveva molta voglia di raccontargli l’impresa dov’era morta sua sorella. “Che dovrei sapere?- chiese il minore- non è una normale costellazione?” Percy sospirò. Non voleva parlare con Nico di qualcosa che probabilmente gli avrebbe portato in mente brutti ricordi ma ormai era troppo tardi. “Ti ricordi Zoe Nightshade?” Percy capì subito che avrebbe dovuto tenere la bocca chiusa. Vide con la coda dell’occhio Nico stringere i pugni e spalancare leggermente gli occhi senza però spostarti di un millimetro. Prima di rispondere, il minore deglutì, facendo alzare il pomo d’Adamo. “Si.- disse- si, me la ricordo.” Questa volta toccò a Percy deglutire. “Beh.. credo che tu non sappia nemmeno che lei è-” “Morta?- lo interruppe il minore con tono duro e glaciale- ho incontrato la sua anima negli Inferi, la prima volta che ci sono stato.” Oh, giusto. Mi ero momentaneamente dimenticato che sei figlio di Ade… pensò. “Okay.. quindi: quando.. quando Zoe è morta, Artemide… diciamo che le ha dedicato quella costellazione. La costellazione della Cacciatrice. Infatti se guardi bene assomiglia a una persona con un arco.” “Non se lo meritava.” Percy strabuzzò gli occhi. Si sarebbe aspettato una qualsiasi reazione, anche il solo silenzio, ma mai e poi mai si sarebbe immaginato che Nico dicesse quelle parole. “Nico, Zoe si è sacrificata per l’impresa. Per salvare Artemide. Perché non-” “Tu vedi qualche costellazione dedicata a Bianca?- lo interruppe, di nuovo, Nico, facendolo ammutolire- anche lei, mi sembra, si è sacrificata per l’impresa che aveva come fine andare a salvare Artemide. Ha accettato l’impresa anche se sapeva che qualcuno doveva morire ed era entrata nelle Cacciatrici da un giorno appena. Dimmi quindi perché mia sorella non si merita un premio per il suo coraggio e invece una luogotenente che è in carica da non si sa quanti secoli, abituata alle imprese suicide, lo merita?” Percy lo guardò. Nonostante fossero ormai passati anni dall’impresa e Nico avesse superato la morte di Bianca, il figlio di Ade portava ancora rancore per le Cacciatrici e, presuppose Percy, per Artemide. “Nico, devi smettere di odiare le Cacciatrici loro non hanno colpa della morte di Bianca.” Il figlio di Ade scosse la testa, accennando appena un sorriso, poi girò la testa di lato facendo incontrare i suoi occhi neri con quelli verdi di Percy. “Tu credi che porto rancore per le Cacciatrici perché hanno convito mia sorella a diventare una di loro, non è vero?- disse Nico- Non è così, Percy. E’ stata Bianca a voler far parte di loro, è stata una sua scelta, ormai l’ho capito. Ma quello che non riesco proprio a mandar giù è il fatto che le Cacciatrici se ne vanno ad arruolare ragazze come se quelle che sono morte potessero essere sostituite, come se Bianca potesse essere sostituita, capisci? E lei non potrà mai essere sostituita perché Bianca era Bianca e non c’è ne sarà mai un’altra.” Nico sospirò e scosse ancora la testa. “Non posso non portare rancore per le Cacciatrici, Percy. Non posso. Non ci riesco. Non per niente è il mio difetto fatale.” E con questo ricaddero nel silenzio. Percy non sapeva, davvero, cosa dire. Pensava che Nico odiasse le Cacciatrici perché avevano fatto diventare Bianca una di loro. Non l’aveva mai vista nel modo in cui la vedeva il figlio di Ade, ma ora invece gli era chiaro e pensò che Nico non avesse tutti i torti. Non pensava che Artemide si dimenticasse di Bianca ma probabilmente se fosse successo la stessa cosa a sua sorella (se ne avesse avuta una) avrebbe pensato la stessa cosa.
 
Percy pensò che era troppo la tensione e cercò qualcosa da dire per alleggerirla o cambiare argomento. “Peccato, perché penso che ti troveresti bene con Talia.” Nico alzò un sopracciglio. “Tu pensi?” chiese stupito e il maggiore in tutta risposta, gli uscì la lingua, facendolo ridacchiare. “Guarda che dicevo sul serio. Pensa! Potreste fare gli emo depressi insieme, andare ai concerti, farvi tatuaggi assurdi  e piecirg di ogni genere!” Il figlio di Ade scoppiò a ridere. “E magari potremmo anche farci la cresta e tingerla di qualche colore da punk! Tipo rosa shocking o blu elettrico.” “Visto! Stai già entrando nella mentalità giusta!” Nico rise ancora e Percy pensò a quanto bella fosse la sua risata quando rideva grazie a lui.
 
[…]
 
La prima cosa che sentì Percy, quando si svegliò, fu il suono delle onde che si infrangevano sulla sabbia. Era un suono dolce, familiare, come una ninnananna che aveva sentito milioni di volte. Sbattè un paio di volte le palpebre prima di aprire gli occhi, e si rese conto che era in spiaggia. Si stiracchiò e sbadigliò mentre si ricordava della sera prima. Il litigio con Nico, il chiarimento con Nico, il discorso di Nico, la risata di Nico… Nico. Solo allora si rese conto che c’era qualcun altro accanto a lui. Al contrario di quello che aveva detto il giorno prima, Nico sembrava davvero un angelo, mentre dormiva. Non dormiva scomposto come faceva Percy ma in modo ordinato. Era girato su un fianco, verso Percy, con un braccio sotto la testa, come se fosse un cuscino. I capelli scuri che gli cadevano sugli occhi, erano in pieno contrasto con la sua pelle, bianca come la neve. Le palpebre, chiuse leggere, sembravano pergamena, le labbra leggermente dischiuse sembravano aspettare qualcuno che le baciasse. Il petto gli si alzava e abbassava ritmicamente in base al respiro, leggero anch’esso. Percy allungò una mano e gli spostò i capelli dagli occhi. Nico aveva un’espressione tranquilla, serena che lo faceva assomigliare veramente ad un angelo.
 
Il figlio di Poseidone guardò il mare, con la brezza fra i capelli. Il sole era già sorto ma non sapeva che ore erano, non si era mai messo un orologio tranne quello regalatogli d Tyson. Chissà come se la passava… era da parecchio tempo che non lo sentiva. Non sentiva da parecchio anche Grover, Hazel e Frank.
 
Sospirò e si girò di nuovo verso Nico che dormiva beatamente. Fosse stato per lui, l’avrebbe lasciato dormire ma conoscendolo, preferiva sicuramente essere svegliato visto che quel giorno aveva lezione.
 
Gli mise una mano sulla spalla e lo scosse delicatamente. “Nico.- lo chiamò- Nico svegliati.” In tutta risposta il minore si girò dall’altra parte e riprese a dormire… sempre che si fosse svegliato prima. “Nico- riprovò- dai, svegliati.” Il figlio di Ade mugugnò qualcosa e Percy gli ripetè di svegliarsi. “Ancora cinque minuti.” Mugugnò il più piccolo con voce impastata. Il figlio di Poseidone sospirò. Una cosa che aveva imparato in quei pochi giorni e che Nico amava un’altra cosa come gli Happy Meal: dormire. Siccome il minore era girato di fianco dall’altro lato, Percy appoggiò una mano dall’altra parte del corpo di Nico, quasi intrappolandolo. “Nico Di Angelo, figlio di Ade, ti ordino di svegliarti immediatamente.” Il suddetto figlio di Ade mugugnò qualcosa tipo ‘Sei un vero guastafeste Perseus Jackson’, socchiuse gli occhi e poi se li stropicciò. Quando li aprì, diventò tutto rosso. “P-percy, che s-stai facendo?” balbettò. All’inizio il maggiore non capì a cosa si riferisse, poi notò la vicinanza col figlio di Ade e capì. Senza accorgersene aveva abbassato la testa per fargli sentire meglio che lo stava chiamando, così in pratica aveva intrappolato Nico sotto di sé e aveva il volto non molto distante da quello del minore. Poteva capire l’imbarazzo per il fraintendimento anche perché iniziò a sentire caldo senza motivo. Da quando era così timido? Si spostò subito, guardando tutto tranne Nico. Il figlio di Ade si schiarì la voce. “Quindi- fece- perché mi hai svegliato?” “Perché è lunedì e tu hai lezione e arriverai in ritardo se non ti darai una mossa.” Disse cercando di non far trasparire l’imbarazzo di poco prima.
 
Nico spalancò gli occhi, come ogni volta che gli si diceva di essere in ritardo. In un batter d’occhio fu in piedi e il momento dopo stava già correndo. Percy ridacchiò, Nico era davvero incredibile. Un attimo dormiva e quello dopo si metteva a correre. Percy si alzò  e si diresse verso la mensa.
 
[…]
 
Come immaginava l’ora della colazione era appena passata, infatti tutti i più piccoli non c’erano e gli unici che facevano colazione erano abbastanza grandi da permettersi di non andare a lezione.
 
Il ragazzo guardò il proprio tavolo. Non gli andava di stare ancora da solo. Sbuffò e si guardò intorno cercando con lo sguardo Chirone. Per fortuna lo trovò in fondo alla mensa mentre parlava con il signor D. Si avvicinò.
 
Non appena Dioniso lo vide, alzò le sopracciglia. “Perry Johansson.” Percy sospirò e, suo malgrado, si ritrovò a sorridere. Era rassicurante sapere che certe cose non sarebbero mai cambiate. Anche se riguardavano il signor D.
 
“Perry Johansson?” chiese Chirone confuso, poi si girò e vide Percy. “Oh, Percy!” Il figlio di Poseidone sorrise. “Chirone. Signor D.” li salutò. “Avanti ragazzo, dì quello che sei venuto a dire, non abbiamo tutta la giornata.” lo ‘spronò’ Dioniso. “Mi chiedevo se potevo sedermi con Nico e Jason, invece che stare da solo.” Il dio aggrottò la fronte. “E chi sono questi Nico e Jason? In questo campo non c’è nessuno che si chiama in questo modo.” Chirone si schiarì la voce. “In realtà sono rispettivamente i figli di Ade e Giove.” Spiegò. “Oh! Ma certo! Vuoi dire Nicholas e James?” Percy guardò il centauro. “Certo, che puoi sederti con loro Percy. Non c’è nessun problema.” Rispose quello sbrigativo. Sembrava un po’ agitato.
 
“Signore va tutto bene? C’è qualche problema?” “Non sono affari che ti riguardano Peter Johnson.” Gli rispose sgarbatamente il dio del vino. Percy si trattenne dal rispondere che quella domanda non era rivolta a lui. “Abbiamo dei problemi con un mezzosangue.” spiegò invece il centauro. Percy fece una faccia confusa. Ovviamente con i semidei si avevano sempre problemi e  il figlio di Poseidone non capiva dov’era l’anomalia. “E’ un semidio o semidea, davvero particolare.- aggiunse Chirone- abbiamo già mandato un satiro ma ci sono parecchi problemi.” Percy cercò di non far trasparire la propria perplessità ed essere incoraggiante. “Non si preoccupi. Sicuramente tutto si aggiusterà.” Il centauro annuì non molto convinto e Dioniso sbuffò. “Bene, ragazzo, ora che sai qual è il problema, sparisci.” Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, salutò e andò verso il tavolo di Zeus dove Jason faceva colazione tranquillamente.
 
“Allora ti hanno dato l’accordo?- chiese il figlio di Giove- per sederti con noi, intendo.” Percy sentì uno strano pizzicolio a sentire la parola ‘noi’ usata per Jason e Nico, ma fece finta di niente. “Si.. aspetta ma tu come fai a saperlo?” Lui ridacchiò, mettendo più in evidenza la cicatrice sul labbro. “Avete parlato forte.” Percy alzò un sopracciglio. “Hai origliato.” “Diciamo che ho casualmente ascoltato la vostra conversazione.” Ribattè l’altro, facendo alzare un angolo della bocca a Percy. “Diciamo che hai volutamente ascoltato la nostra conversazione.” Jason scosse la testa. Dalla mano del biondo, appoggiata sul tavolo, sfavillarono delle scintille.  Percy sospettò che era più per fare scena che per intimorirlo. “Comunque non importa. Quindi: posso sedermi con voi?” Jason sorrise. “Ma certo!- disse gioviale- Nico ne sarà felice!” poi si zittì subito come se avesse detto un sacrilegio. Percy alzò le sopracciglia. “E perché Nico ne dovrebbe essere felice?” “Perché… perché ultimamente, emh.. lui pensa che.. umh… siamo troppo soli a questo tavolo. Eh, già è proprio così.” Disse Jason non guardando volutamente Percy negli occhi. “Strano- ribattè lui, guardando il piatto dove comparvero dei pancake blu- con voi c’è sempre Solace.” Il figlio di Giove ridacchiò mentre l’altro iniziava a fare colazione. “Sei geloso di Nico?” Percy si sentì avvampare. “Perché dovrei? Voglio solo proteggerlo!” Jason ridacchiò ancora. “Comunque, che avete fatto tutta la notte tu e Nico?” chiese il biondo e Percy sentì chiaramente il pezzo di pancake fermarsi in mezzo alla gola. “Io… noi.. Niente!” balbettò mentre iniziava a sentire parecchio caldo, a suo parere, senza motivo. Perché era imbarazzante pensare che lui e Nico avevano passato la notte insieme? Non avevano fatto niente se non parlare e dormire! “E’ stata la stessa cosa che mi ha detto Nico prima di prendere un toast e sparire alla velocità della luce- disse Jason- non è che mi state nascondendo qualcosa?” Percy strabuzzò gli occhi.  “Cosa ti dovremmo nascondere? E poi mi sembra che Nico ti racconti abbastanza di quello che gli succede.”
Prima che Jason potesse rispondere sentì una voce, arrabbiata, chiamarlo. “Perseus Jackson!” il figlio di Poseidone si irrigidì, quando qualcuno lo chiamava per il nome intero non era mai una bella cosa… beh, Nico a parte. Il ragazzo si girò ed ebbe un po’ di paura quando incontrò gli occhi grigi di Annabeth. “Si può sapere dov’eri finito?!?” disse furiosa. “Io-” “Sei sparito tutta la notte, senza avvisarmi, mi hai fatto morire di paura!” solo allora Percy si rese conto che gli occhi di lei erano lucidi e pieni di preoccupazione, anche se rabbiosi. “Annabeth, io…-” provò ma la ragazza lo interruppe ancora. “Pensavo che fossi sparito di nuovo- disse lei con voce flebile- e..” questa volta fu Percy a interromperla perché si alzò e la prese per le braccia e la avvicinò per poi stringerla a sé. Le passò una mano sui capelli biondi mentre il respiro di lei tornava normale. La figlia di Atena si staccò di poco per guardare in faccia il suo ragazzo. Poi gli prese il volto fra le mani e premette le sue labbra su quelle di lui. Percy provò lo strano impulso di allontanarla. Non sapeva dire perchè ma trovava più giusto, più naturale abbracciarla che baciarla. Il figlio di Poseidone era consapevole che Jason era ancora lì, ma la ragazza non sembrava farci caso quindi decise di far finta che ci fossero solo loro due.
 
Quando si staccarono, Annabeth aveva ripreso contegno, anche se si vedeva che era un po’ tesa. “Allora- fece la ragazza con un sorriso- dove sei stato tutta la notte Testa d’Alghe?” Percy si morse il labbro, che senso aveva dirle una bugia? Non aveva fatto niente di male. Così cercò di essere il più disinvolto possibile mentre le diceva “Sono stato in spiaggia con Nico.” La figlia di Atena sollevò le sopracciglia sorpresa. “Ti va di farti una passeggiata?- chiese la ragazza- in questi giorni non ci siamo visti per niente.” A dir la verità, lui aveva pensato in modo diverso la sua mattinata, ovvero andare a guardare Nico che insegnava ai mini-semidei ma Annabeth era la sua ragazza… non gli poteva dire di no. “Certo… ma prima posso finire la colazione?” La figlia di Atena scoppiò a ridere, annuendo.
 
[…]
 
“Ho notato che passi molto tempo con Nico.” Disse Annabeth.
Stavano camminando mano nella mano nel boschetto, vicino al piccolo lago. Era un posto tranquillo, si sentivano solo il fruscio del vento tra le fronde degli alberi, e dell’acqua che scorreva, le risate delle ninfe e gli schiamazzi delle naiadi che giocavano con l’acqua.
“Già… in questi anni non gli sono stato molto… vicino.” Rispose Percy. La ragazza si sistemò una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio. “Beh, non credo che se la sia cavata male anche senza di te, no? Nonostante sia figlio di Ade, credo che ormai non abbia problemi di nessun genere.” “Così sembrerebbe.” Sospirò Percy facendo aggrottare la fronte ad Annabeth. “C’è qualcosa che non va?” Il figlio di Poseidone si morse il labbro. “No, o almeno, non proprio… il fatto è che lui è cresciuto ed è riuscito ad essere felice anche senza…- senza di me, pensò ma non lo disse- senza il mio aiuto.” E non sapeva perché tutto questo gli dava fastidio. Non che Nico fosse felice, perché probabilmente il figlio di Ade era il ragazzo che si meritava di più di essere felice, ma quello che infastidiva Percy era che Nico fosse felice senza di lui.
 
Annabeth, nel frattempo, lo guardava con i suoi intelligenti occhi grigi. “Senti, Percy, capisco che come difetto fatale hai la lealtà e gli amici per te sono tutto, ma ogni volta che un tuo amico ha un problema non significa che devi risolverlo per forza tu. E poi Nico è sempre stato un tipo solitario, quelli che i problemi se li risolvono da soli.” “Forse hai ragione.” Rispose, senza crederlo veramente. “Comunque- cambiò discorso la ragazza- ricordo che fra poco hai un esame. Come ti sta andando?” Percy ricordò che il giorno prima si era addormentato dopo aver letto solo due righe. “Emh… bene.” Disse con quella che doveva essere una voce sicura “Percy- fece Annabeth in tono scettico- lo sai che ti posso dare una mano, vero? Non è mica una novità che non sei una cima nello studiare!” “Ti ringrazio- disse Percy- ma non ho bisogno di aiuto.” In effetti ho bisogno di un miracolo. Pensò.
 
 “Annabeth! Percy!” gridò la voce di una ragazza dietro di loro. Quando si voltarono Percy la riconobbe subito: Juniper. Non appena arrivò correndo da loro li abbracciò. “Non sapevo che eravate tornati!” disse allegra. Non era cambiata molto in quegli anni, aveva sempre il solito delicato e gentile viso verde ma c’era qualcosa nel suo atteggiamento a farla sembrare più matura. “Siamo tornati solo qualche giorno fa- rispose Annabeth- e siamo stati parecchio impegnati.”
 
In realtà era stata la figlia di Atena ad essere impegnata, anche se Percy non sapeva per cosa. Lui invece aveva passato quei giorni a perseguitare Nico e a fingere di studiare. “Capisco- disse la ragazza con un sorriso per perderlo subito dopo- un attimo… Percy, non ti sarai portato dietro quell’enorme cagnolone, vero?” Il semidio la guardò confuso. “Enorme cagnolone? Oh, aspetta! Vuoi dire la signora O’Leary?” L’ultima volta che l’aveva vista era stato più o meno a Marzo quando era passato per un saluto veloce con Annabeth. Si chiese chi si occupava di lei quando lui era via. “Si, lei! Intendiamoci è carina ma, anche se Nico dice che innocuo, alle mie sorelle fa un po’ paura.” Percy alzò le sopracciglia sorpreso così come Annabeth. “Nico viene qua con la signora O’Leary?” chiese la figlia di Atena e Juniper annuì con un sorriso. “Quando voi non ci siete se ne occupa lui, e molto spesso la porta qui a fare una passeggiata anche se spaventa un po’ tutti quel cane.” “E allora perché glielo fate portare?” chiese ancora Annabeth. “Oh, beh- rispose quella ridacchiando- diciamo che alle mie sorelle piace la compagnia di Nico.” Percy sentì un lieve fastidio insinuarsi nel petto mentre la sua ragazza si metteva a ridere. “Comunque Juniper- disse Percy per cambiare discorso- sai dov’è Grover? E’ da un po’ che non lo vedo.”  Lei sospirò. “E’ andato a prendere un mezzosangue da qualche parte a Brooklyn.” Percy aggrottò la fronte. “Sul serio?” “Si- rispose lei-  Chirone ha chiesto a Grover se poteva andare lui, visto che ha più esperienza. E lui ha accettato.- sospirò- sono settimane che non lo vedo.” Al figlio di Poseidone corse un brivido lungo la schiena. Ricordò le parole che aveva detto la mattina. E’ un semidio o semidea, davvero particolare. Tutto questo non prometteva niente di buono. “Da quand’è che sanno di questo semidio?” le chiese Annabeth ma la driade scosse la testa. “Non lo so, Chirone non né parla mai e Grover preferisce non parlane troppo.” Annabeth fece per dire qualcosa ma fu interrotta dagli schiamazzi delle driadi che chiamavano Juniper. “Arrivo!- gridò- vabbè ragazzi ci vediamo!” e con un sorriso si voltò e corse dalle sue sorelle.
 
“Questa storia non mi piace -disse Annabeth pensierosa- quella del semidio, intendo.”  “Non ti preoccupare- rispose Percy-  di sicuro si risolverà tutto, non è il primo mezzosangue con cui hanno problemi.” La figlia di Atena annuì senza troppa convinzione. “Andiamo?” chiese prendendolo per mano. Percy guardò le loro dita intrecciate e per un momento una parte del suo cervello si chiese Perché ci stiamo tenendo per mano? Poi il momento passò e ripresero a camminare mano nella mano.
 
   
 
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