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Autore: Pizee_01    06/09/2015    5 recensioni
[Tratto dalla storia]
Mi siedo sulla poltrona. Cigola.
Avvicino a me il fascicolo, lo apro e... no, non può essere...
“Imputato: Duncan Nelson
Accusa: omicidio di secondo grado.”
ATTENZIONE:
In questa storia si tiene in considerazione solo TDI, TDA, e TDWT
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Duncan, Gwen, Scott | Coppie: Duncan/Courtney
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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La legge del gioco
Capitolo 2: Innocenza parziale
Cammino, con passo stanco. I miei passi risuonano tra le pareti grigie.
L'unica cosa che stona è la mia tuta arancione. Ho le manette.
Continuo a camminare. Gli sbirri che mi scortano (neanche fossi una celebrità) hanno sguardi stanchi quasi quanto i miei. Immagino quanto amano il loro lavoro; hanno delle pance talmente grandi e tonde che mi stupisce il fatto che abbiano affidato un “omicida” a questi due.
Arriviamo alla fatidica porta. Come sono emozionato!! Certo, certo... scommetto che l'avvocato che mi hanno assegnato sarà il più merdoso di tutti.
Uno sbirro entra e scambia parole che non capisco con il mio avvocato. È la voce di una donna. Fantastico.
Lo sbirro mi dice di entrare, io vado verso la porta e lui mi spinge dentro. Inizia a ridere... se i maiali potessero ridere farebbero questo rumore. Giro lo sguardo verso il tavolo al centro della stanza.
… no, la cosa è talmente incredibile che inizio a ridere sguaiatamente. Ah, non ci credo che mi sia capitata proprio lei.
-Signor Nelson, la prego di mantenere un minimo di contegno.- dice in modo così formale che inizio a ridere ancora più di prima.
Lei storce la bocca. Sghignazzo, ma ho smesso di ridere.
Mi siedo in modo scomposto, come se mi fossi appena buttato sul divano.
-Bene, signor Nelson, io sono l'avvocato Barlow. La rappresenterò al...-
-Oh, andiamo, principessa, c'è bisogno di tutto questo tono formale? Noi ci conosciamo molto bene.-
Lei non lascia trapelare nessuna emozione, se l'era aspettato che avrei risposto così. Come ho già detto, ci conosciamo molto bene.
-La prego di chiamarmi avvocato Barlow. Il nostro passato non deve influire sul nostro rapporto professionale.-
Ricomincio a sghignazzare. È una situazione troppo divertente.
-Ok, ok, principessa. Tu continua a chiamarmi “signor Nelson”, io continuo a chiamarti principessa.-
La sua espressione muta spaventosamente dall'esasperato all'incazzato. Si alza. In un secondo il suo viso è ad un centimetro del mio.
-Senti bene, stronzetto. Se io perdo questo caso perdo il lavoro. Perciò vedi di fingere che della mia o della tua vita te ne freghi qualcosa.- sibila, incazzatissima.
Sono sorpreso. Ma sul mio volto si apre velocemente un ghigno.
-Ok, “avvocato Barlow”- dico, scimmiottandola.
Lei ringhia. Afferra il colletto della tuta arancione.
-Senti, stronzo, se non prendi la cosa seriamente io farò di tutto perché tu finisca con una siringa iniettata in quel tuo schifoso braccio.-
Lei non mi spaventa; però mi piace un sacco quando mi minaccia.
-Principessa, a me, ormai, non frega più un cazzo della mia vita. Però mi impegnerò, come vuoi tu; ma sappi che lo faccio solo per te.- dico, e le tocco scherzosamente il naso.
Mi ritrovo con la testa voltata verso la parete laterale, e la sua voce mi giunge all'orecchio sinistro.
-Bene, allora, signor Nelson, direi di iniziare a lavorare.-
Mi pulsa la guancia.
Lei si è già ricomposta. Lo noto solo adesso: gli occhi sono vuoti, i capelli trasandati e i vestiti, stranamente, non sono di marca.
Di sicuro non se la sta passando bene.
-Allora, signor Nelson, prima di tutto: lei è colpevole o innocente?-
-Innocente.- dico.
-Non le credo.- dice.
-Be' dovresti, dato che è la verità.- sto iniziando ad innervosirmi, io non ho ammazzato nessuno.
-Signor Nelson, le voglio spiegare una cosa.- dice, parlandomi come se fossi un ritardato.
-Ormai i processi si sono trasformati in squallide recite scolastiche. Vince quello che recita meglio. O chi ha la storia più commuovente, dipende.-
Conclude. Non sono stupito, mi sento come se lo sapessi già: io non mi sono mai fidato del sistema, degli sbirri, benché meno degli avvocati.
-Lei mi deve spiegare perché ci sono le sue impronte sull'arma del delitto.-
Sospiro. Sono quasi tentato di dichiararmi colpevole. Velocizzerebbe le cose.
-Volevo rubare qualcosa, e le luci di quella casa erano spente. Sono entrato, ero in cucina, stavo per andare nel salotto, che era adiacente, poi ho sentito degli strani rumori metallici, come di catene, venire verso di me, così ho preso un coltello dal mobile che mi stava vicino.- mi interrompo un attimo. -Poi ho sentito una donna urlare, e un uomo dire: stai zitta, troia. Ho lasciato cadere il coltello e sono scappato.-
Questo è quanto. Da quando vivo tra i vicoli bui ed il mercato nero, ho imparato a non farmi domande.
-È quello che hai detto ai poliziotti?-
-Sì.- questa volta, non ho avuto bisogno di mentire.
-Bene, allora credo che ci sia qualche possibilità che lei ne esca vivo.-
Attira a sé il fascicolo che è stato lì sul tavolo grigio ad ascoltarci per tutto questo tempo.
Tira fuori una foto e me la mostra. Ho un sussulto, ma niente di più.
È una donna, il volto è coperto di lividi e sangue, i capelli rossi quasi si mischiano con la pozza in cui la sua testa è immersa; e sul petto e sullo stomaco ci sono evidenti segni di accoltellamento.
-Lei è... era... Zoey Humble, la vittima. La conosceva?- mi chiede.
-No, mai vista prima.-
Sono stanco, me ne voglio tornare in cella.
Lei sembra notarlo, perché chiude il fascicolo dopo averci reintrodotto la foto e si alza.
-Bene, signor Nelson, comincerò a lavorarci immediatamente. Si prepari, il primo processo è tra una settimana.-
La vedo andare via, e rivivo nella mia testa tutta la nostra conversazione: il volto pallido, gli occhi vuoti, tristi... ora lo capisco... intrisi di nostalgia.
-Courtney.- la chiamo, io sono ancora seduto.
Lei si ferma, dandomi la schiena.
-Sì?-
Prendo fiato.
-Mi dispiace.- non so di cosa mi sto scusando, sento solo che lo devo fare.
Lei inizia a ridere, sarcasticamente.
-Ah, Duncan, tu tendi a prendere la strada più facile.- tace per una manciata di secondi.
Poi parla:
-È facile scusarsi davanti ad un cadavere.-
Se ne va.
Mi brucia ancora la guancia.
 
 
 
 
ANGOLO DELL'AUTRICE
Ok, scusate se ci ho messo un po' ad aggiornare, ma questo capitolo è stato molto difficile da scrivere.
Bene, come molti di voi avranno capito, il capitolo è stato narrato da Duncan. Non ho messo nessuna avvertenza nel capitolo precedente, ma il narratore dei vari capitoli si alternerà tra Courtney e Duncan.
Come vi è sembrato? Fatemelo sapere con una recensione. E se notate qualche errore, vi prego di dirmelo.
Be', ci vediamo al prossimo capitolo!
 
 
Pizee_01
   
 
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