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Autore: Liris    06/02/2009    4 recensioni
Ricorderò sempre quel pomeriggio d’inverno.
Il sole faceva capolino a fatica dalle nuvole grigie che macchiavano il cielo bianco, mentre nell’aria si sentiva l’arrivo della neve.
Nell’inverno dei miei dieci anni, ero del tutto inconsapevole di ciò che sarebbe successo di lì a poco.
E di ciò che avrebbe cambiato la mia vita, e quella di mio fratello, per sempre.

Ecco la vostra Liris con una nuova fic a capitoli su un genere totalmente differente dalle prime.
Genere: Drammatico, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Edward Elric, Roy Mustang, Un pò tutti
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: Away from the sun
Categoria: FullMetal Alchemist
Autrice: Liris
Desclaimers: Tutti i personaggi contenuti non sono di mia proprietà ma di Hiromu Arakawa e la storia non è a fini di lucro
Genere: Drammatico, Guerra, Azione, Romantico
Raiting: Giallo






-Fuoco Nemico-





La fredda giornata di quel grigio inverno veniva vissuta dai componenti della nostra famiglia, più due estranei giunti nel pomeriggio, tutti seduti davanti al caldo camino che avevamo in casa.

I miei occhietti dorati non avevano lasciato per un solo istante il viso di uno dei due uomini, mentre il suo sorriso, a sua volta, non aveva smesso di rimanere finemente disegnato sulle sue sottili labbra.
Sembrava avere qualche anno in meno di quello con gli occhiali, che colloquiava familiarmente con nostro padre

Al tempo pensai subito che quel sorrisetto, su un viso decisamente da schiaffi, mi avesse preso per il culo fin dall‘inizio.


Ora penso di esserne certo.


Non era successo molto in quelle poche ore, a parte qualche parola detta fra “gli adulti“ mentre io e mio fratello sostavamo inconsapevoli di tutto in un angolo vicino al camino, sul caldo tappeto.
Esisteva da generazioni quel tappeto di un bel colore rosso fuoco

Ora era pieno di polvere, come il resto dell‘interno della nostra casa


Tutto quello che dovevamo sapere o comprendere era che nostro padre se ne sarebbe andato quella sera stessa, con i due uomini, per dovere
Dovere che papà a quanto pareva non voleva adempiere, e sembrava anzi camminare come un condannato a morte verso la forca.


Beh…..non è stato precisamente in quel modo che se ne è andato, ai nostri occhi innocenti.
Noi non eravamo ancora consapevoli dell‘avvenire.


Vi è una cosa che ricordo, con accurata chiarezza, di quei minuti che precedevano la partenza dei due militari insieme a papà

È forse il ricordo più forte e doloroso che potesse riaffiorarmi, soprattutto adesso.

Quel tale, occhietti furbi e sorriso da idiota, mi prese da parte guardandomi forse per la prima volta seriamente
Lessi una malinconia assurda in quelle pozze scure, che ora mi infiamma solo di rabbia repressa.
Penso che fosse una specie di passaggio doveroso, essendo il fratello maggiore e quello che aveva dimostrato subito l’indole predominante fra i due figli di Hoenheim.

Si chinò, o meglio, quasi inginocchiò davanti al mio sguardo di rimprovero.
Posò una mano sulla mia testolina dorata facendo riapparire quel sorriso sulle labbra ben disegnate.
Questa volta era un sorriso che mi rapì del tutto: semplice, pieno di certezza e promessa.
-Ehi piccolo- e già qui era iniziato il mio disincanto e una vena aveva iniziato a pulsare sulla mia giovane tempia
Va bene che ero alto come un topo e mezzo….
Non mi mossi, anche se qualcosa, oltre l’irritazione, aveva iniziato a saltellare nella mia anima.

Forse era quel tono così, di familiarità

Non avevo mai visto quel giovane uomo, prima di allora, ma dopo quelle due parole rivolte unicamente a me e per me (anche se leggermente offensive, dal mio punto di vista) avevano come risvegliato un ricordo lontano e dimenticato.

Di cui tutt’ora non ho mai capito la ragione.

-Facciamo un patto. Tu mi sorridi almeno una volta e io non ti chiamerò più tappo-
Lo disse tranquillo, con voce melodiosa e affettuosa che però non frenò la mia, come sempre, reazione esagerata.

Penso che persino mio padre e l’altro uomo, fuori in giardino e pronti per partire, avessero sentito la mia sfuriata.
L’uomo aveva riso, scuotendo la testa e osservando i miei dorati occhi pieni di collera e le guance imporporate di furia.

-Ti prometto che ve lo riporterò indietro-

Quell’unica frase aveva avuto il potere di farmi dilatare le iridi e aprire le labbra, perplesso.
Non me lo sarei aspettato, nel senso, una frase così seria e carica di significato, dopo l’idiozia di solo cinque secondi prima.
Ebbe il potere di lasciarmi basito.
Il giovane uomo si era alzato dopo l’ennesima pacca sulla mia testolina e un sorriso di nuovo strafottente dipinto sulle labbra.

Se ne era andato così, semplicemente portandosi via nostro padre ma lasciandomi nell’animo dei miei dieci anni quella promessa.
Sapevo, così piccolo, che quelle parole valevano troppo, più di ogni cosa perché dette da lui


Un perfetto sconosciuto.



Che non ha mantenuto la promessa.


Che solo vent’anni dopo mi avrebbe portato via l’ultimo pezzo della mia famiglia.



Pianura di South City, campo 12






Nel campo c’era agitazione, così palpabile nell’aria tanto da poterla toccare a mani nude.
L’arrivo di King Bradley aveva come risvegliato dal torpore in cui girovagavano ciondolanti da giorni, i soldati; la sua infine venuta sembrava aver riportato fermento e voglia di combattere nell’animo carico di adrenalina di ogni uomo.

Soprattutto uno di questi era invogliato dalla sua smania di finire una volta per tutte quell’inutile e stupido conflitto, perso nella contemplazione del nulla davanti a se
La frenesia di scendere in campo era tanta, che aveva ridotto ormai in briciole il pezzo di pane raffermo che teneva fra le mani, unico suo pasto per colazione.

Non era tempo per fermarsi a mangiare

Il piano era stato preparato in ogni più piccola parte mentre le truppe scelte sistemavano le ultime disposizioni prima dell’assalto.
L’artiglieria pesante, tanto attesa e agognata, ora sostava poco dentro dalla linea dell’accampamento, già mirata sulle “prede”.
Nessuno oziava più nel campo militare.
Dal più giovane al più anziano veterano aveva un mestiere ben preciso da portare a termine prima di mezzogiorno, orario prestabilito per l’attacco.

Edward Elric mollò il rimasuglio ancora integro sulla cartina che era ben spiegata sulla cassa.
Piccoli e ordinati gruppi di miniature di due colori differenti erano disposte sul piano che riproduceva la carta della regione; raffiguravano il dispiegamento dell’esercito di ambedue gli schieramenti.
Una buona parte dei blu (esercito di Amestris) erano schierati sulla strada principale che portava all’ipotetico ingresso frontale della città, mentre il resto era ancora nel perimetro interno dell’accampamento.
Finalmente dopo tanto perdurare in quella posizione statica in cui erano stati per mesi, qualcosa si era mosso.


Doveva venire il Furher per cambiare le cose?


Doveva morire Alphonse per poter finalmente mettere la parola fine a quel conflitto?


Si portò una mano sul viso, il giovane Elric, spostandosi delle fastidiose ciocche ribelli dagli occhi brucianti di rabbia.

Non era il momento del compianto.


Non di nuovo.


Ora doveva essere forte e pronto all’azione per se stesso e i suoi uomini.
Mentre si sistemava la divisa guardò insistentemente l’orologio da Alchimista di Stato riposto anch’esso sulla cartina.

Mancavano ancora due buone ore piene.
Doveva calmarsi e darsi un contegno, fino all’orario prestabilito.

Non un minuto di più, non un minuto di meno.

Si lasciò cadere sulla cassa vuota che fungeva ormai da sgabello, guardando ancora la mappa.
I Ribelli non avevano scampo.
La loro azione sarebbe stata immediata e rapida.
La sua vendetta si sarebbe finalmente consumata nel sangue del bastardo che gli aveva portato via tutta la sua famiglia.

Posò la mano d’acciaio sulla gamba destra, osservando con occhi di quel miele in tempesta, la cartina ancora una volta.
E li si bloccò.

Come avevano fatto ad essere così ciechi?
E per di più non una volta!

Eppure quello successo ad Alphonse avrebbe dovuto farlo ragionare di più

Prese al volo la carta, lasciando che le pedine si sparpagliassero sul terreno, correndo fuori come un forsennato.
C‘era tempo, non doveva preoccuparsi.

L‘importante era essere chiaro, conciso e rapido

Arrivato davanti alla tenda di comando, dopo aver attraversato mezzo campo con il fiato in gola, aspettò che l‘ufficiale di guardia gli desse il permesso e dopo pochi minuti fu dentro.

Come pronti da sempre a riceverlo stavano King Brade e Frank Archer, chini anche loro su una cartina ben dispiegata su un tavolo.
-Colonnello Elric?- fece Archer alzando un sopracciglio perplesso, mentre quello preso in causa fece un veloce saluto militare.
-Chiedo scusa Signori, ma ci sono delle cose di cui vorrei fare presente alla vostra attenzione- fece impettito, notando come Bradley annuiva concedendogli così la parola.
-Dica pure Elric- disse, portando le mani dietro la schiena in una posizione attenta e statica.

Edward posò la sua cartina su una cassa libera, chiedendo ai due di avvicinarsi.
La sua era segnata in più punti e più vissuta di quella del Comandate Supremo.
-Il piano deciso è perfetto, Signori, e concordo con voi nell‘assicurare che i Ribelli verranno spazzati senza indugio. Tuttavia…- e qui il giovane fece una pausa, indicando dei punti sulla cartina -…questi come appurato dall’assalto al …. Maggiore Elric, sono probabili passaggi che portano alla città- si fermò lasciando che i due recepissero appieno le sue parole.

I due uomini sembravano soppesare silenziosamente i due segni indicati dal giovane Colonnello sulla carta.
-Con questo dove voglio arrivare. Se nel mentre che noi attacchiamo alle porte principali, i nostri nemici usassero questi passaggi a loro favore, in pochi secondi saremmo chiusi in un accerchiamento perfetto e le sorti dell‘attacco sarebbero capovolte.- spiegò Edward, notando in Archer una punta di irritazione

L‘Elric fece un piccolo sorriso nascosto, conscio del fatto di aver lasciato per una volta sconfitto il suo “rivale“.

King si chinò, puntando un dito sul punto dove Alphonse era caduto.
-Forse questo passaggio è ormai andato perso, ma l‘idea che ci potrebbe essere una falla nel piano, un punto debole, porterebbe comunque alla disfatta. Cosa propone Colonnello Elric?- chiese dunque il Furher, osservando con gli occhietti ora aperti, il viso del FullMetal.
Questo soppesò a lungo le parole, prima di esprimerle a voce.
-Metterei un piccolo contingente qui e qui.- indicò così i due punti strategici -In modo che i nemici non possano tentare una probabile fuga o attacco a sorpresa- concluse il biondo aspettando il responso del superiore.

Questo studiava con attenzione la mappa, passando a rassegna anche l‘altra dove erano posizionate le pedine dei due eserciti
-Bene. E sia! Generale Archer , lei guiderà un gruppo scelto sul lato ovest, mentre il Generale Milcherw sul lato est e….-
-Signore, mi permetta di partecipare al posto del Generale Milcherw- lo interruppe Edward, rimanendo fermo ed immobile quando gli occhi perplessi dei due uomini si puntarono su di lui.
Bradley sostò in silenzio per qualche minuto, soppesando la richiesta del giovane Colonnello.
Entrambi gli uomini di alto grado sapevano perfettamente perché l’Elric era tanto smanioso di entrare in battaglia, e in un primo momento il Furher era stato tentato di lasciarlo nelle retrovie, come una seconda o ultima carta da giocare.

Ma osservare quegli occhi di miele puro che all’apparenza davano l’aspetto al volto del Colonnello tranquillo, erano animati da un lampo di sicura fermezza e determinazione.
Di sicuro non sarebbe riuscito a fargli cambiare idea.
-Mi dovrebbe dare un ottimo motivo per cambiare il posto del Generale con lei, Colonnello- fece poi Bradley, mentre Edward spostava il peso del corpo sull’altra gamba
Non ci fu tentennamento nella sua voce, come se fosse stato sempre pronto a rispondere ad una domanda del genere.
-Il posto del Generale Milcherw è di fronte, nell’attacco principale alla città. Non può sprecare un valente uomo per una minima parte come una missione di monitoraggio- fece, guardando davanti a se, in una posizione attenta. -Anche il Generale Frank Archer è sprecato in una posizione del genere, ma non saprei chi altro proporle Signore. Comunque, dovrebbe essere un Generale come Milcherw a guidare l’attacco, data la sua esperienza.- finì, attendendo la risposta del Furher, che non tardò ad arrivare, preceduta da uno scoppio di ilarità benigna.
-Così sia, Colonnello. Ha via libera- le parole furono seguite da una buona pacca sulla spalla sinistra, mentre gli occhietti piccoli e dal taglio particolare si puntavano sul viso del giovane -Guiderà un piccolo contingente di soldati sulla parte Est, mentre il Generale Archer porterà i suoi sul fronte ovest. Può andare Colonnello Elric- riepilogò il Furher, girando la schiena ad entrambi i due silenziosi e immobili sottoposti e dirigendosi a passo lento verso la cartina dove cambiò alcune posizioni scelte.

Edward fece un breve saluto militare ad entrambi, e si congedò uscendo velocemente.
Aveva risolto in un batter d’occhio il problema presentatosi, e senza neanche dover combattere verbalmente con quel presuntuoso di Archer.
La situazione quindi era cambiata anche dal suo punto: non sarebbe rimasto nelle retrovie, ma sarebbe stato un punto cardine nell’operazione, come sempre aveva sperato.
Non voleva farsi mettere i piedi in testa dagli altri commilitoni, soprattutto i due Generali in carica.
Certo, avrebbe dato più prestigio a Milcherw, mettendolo nella posizione frontale dell’attacco, ma lui…

Si lasciò cadere sulla brandina, una volta arrivato nella propria tenda, pensando alla sua strategia.
Quel codardo di Mustang, quell’essere che aveva prima fatto fuori suo padre e poi suo fratello, se la sarebbe di sicuro filata per una delle due vie.
Una era ormai distrutta, e se anche fosse stata ancora praticabile, c’era la consapevolezza da parte del Generale nemico che il loro esercito di sicuro non l’avrebbe lasciata sguarnita, dopo i fatti avvenuti ad Alphonse.

Chiuse per un momento gli occhi, calmando così la sua anima in subbuglio.

Doveva calmarsi.
Non era da lui perdere il suo proverbiale sangue freddo.
Ma…..era difficile non pensare al momento in cui si sarebbe ritrovato quel bastardo davanti agli occhi…

Finalmente di nuovo faccia a faccia.

E questa volta sarebbe stato lui a fargli una promessa, che avrebbe mantenuto.


La promessa di mandarlo al creatore con le sue stesse mani.



Ora però doveva riposarsi.
Non era ancora ora, e stare a rimuginare fino al tempo prestabilito gli avrebbe fatto solo male.
Doveva essere pronto sia per se stesso che per i suoi uomini che contavano sul suo giudizio e sulle sue azioni.
L’avrebbero seguito anche all’inferno se avessero potuto…
Edward era loro grato del sostegno e della fiducia che riponevano in lui…ma non li avrebbe mai sacrificati per una questione personale.

Per questo anche l’idea di far a cambio con il Generale.

Chiuse definitivamente gli occhi per recuperare almeno un ora di sonno, prima dell’attacco.
Ne aveva bisogno per quello che si stava preparando a mettere in atto.





Il picchiettio continuo del piede di uno dei suoi uomini sul terreno lo stava facendo diventare matto.

Era la terza volta che riprendeva quel soldato, chiedendogli cortesemente di farla finita, ma il messaggio sembrava non fosse arrivato bene nel cervello di questo.
D’altronde, come la maggior parte di quel gruppo scelto, l’uomo era in perfetta tensione per l’orario ormai imminente.

Edward e un gruppo di commilitoni del suo reggimento si erano spostati nel punto preciso dove dovevano stazionare durante l’attacco.
La boscaglia era fitta e perfetta per nascondersi da occhi nemici, mentre accovacciati dietro a tronchi caduti e cespugli, sostavano in silenzio intorno alla radura dove vi era la catapecchia che celava il passaggio.
Tutto taceva, e sembrava vigere in una calma innaturale.

Tutto tranne quel maledetto ticchettio.

-Brosh! Accidenti a te!- Edward bisbigliò infuriato contro il castano accucciato dietro di lui -Se non la finisci di tamburellarmi nelle orecchie, ti sparo all’istante!- inveì, fulminando il poveretto con uno sguardo di miele puro.
Il resto della truppa ridacchiò in sordina, mentre quello preso in causa, mortificato allo stremo, faceva un veloce gesto militare e si scusava.
Il Colonnello tornò a guardare avanti, puntando i suoi occhi sulla costruzione di legno decadente, studiandola nei minimi particolari.

L’attacco sarebbe partito fra qualche minuto, e stavano aspettando un segnale o un messaggio dal contingente maggiore per ulteriori istruzioni.
Il loro lavoro era di stare lì, per eventuali fughe o attacchi di sorpresa, ma come aveva ipotizzato Edward con un suo fidato sottoposto, poco prima di muoversi, il Furher poteva benissimo decidere di farli attaccare.

Tutto era in stallo su un “se”

Il Comandante Supremo aveva comunque l’ultima parola, come giusto che era.


L’agitazione nell’aria era palpabile, e la cosa metteva non in poca difficoltà il giovane Elric, che temeva ad una crisi di massa.
Bastava un unico ed insignificante suono per far saltare tutti sull’attenti, e questo sarebbe andato solo a loro svantaggio.
Se un piccolo animale della foresta avesse deciso di muoversi proprio in quel momento, di sicuro metà dei suoi uomini avrebbe sparato o si sarebbe semplicemente alzato dalla propria posizione, attirando un probabile fuoco nemico addosso.

Perché non erano sicuro che in quella capanna non ci fosse nessuno…

Non erano sicuri di niente!


Edward si asciugò una gocciolina di sudore dalla fronte, guardando i suoi uomini più di una volta.
Ci mancava solo l’umidità, mi sembra giusto.
Non erano già abbastanza nei casini loro, no…
Cercò di parlare alla sua truppa, nella maniera più bassa possibile, infondendo in loro calma e sangue freddo.
Nessuno doveva perdere la testa, altrimenti la loro posizione sarebbe andata al vento.

Alcuni soffusi passi dietro di loro li fecero girare in simultanea, mentre un messaggero direttamente dal campo si faceva largo, arrivando fino a Edward.
-Signore, l‘azione è cominciata- riferì questo, dopo un veloce saluto militare, ricevendo dal giovane Colonnello un unico cenno d‘assenso.
-Ordini dal Furher?- domandò, studiando il volto dell‘uomo che aveva di fronte, mentre alcuni dei suoi uomini impugnarono i fucili che portavano a tracolla.
Il messaggero scosse la testa -Nessuno, Signore. L‘ordine rimane quello prestabilito-

Dunque non dovevano lasciare la posizione.

Edward valutò la possibilità di un contrordine, mentre il soldato si congedava, sparendo nella vegetazione dietro di loro con passo veloce ma silenzioso.
Sbuffò impercettibilmente il biondo, mentre tornava seduto e con l‘animo in subbuglio.
D‘altronde si era fatto mettere lui in quella situazione, e ora doveva ubbidire da bravo cane dell‘esercito.
Non dovevano lasciare la postazione o tentare attacchi, per il momento, mentre il grosso dell‘esercito muoveva sulla città dal davanti.

I primi colpi di artiglieria risuonarono nella radura, facendo risalire ad ogni uomo un brivido sia di eccitazione che di timore lungo la spina dorsale.
Dunque era iniziata.
Anche se in modo soffuso e poco chiaro, le urla dei Generali arrivavano fino a li, mischiate a quelle degli uomini che molto probabilmente stavano avanzando, e dei colpi che si infrangevano sui muri della cinta esterna della città

Edward chiuse per un momento gli occhi, ringraziando forse per un momento un Dio a cui lui non credeva, per averlo sottratto all‘avanzata principale.
Forse non era ancora pronto, in realtà.
O forse non lo era mai stato

Come quando partecipò alla guerra dell’Ovest e fu temprato dalle urla dei soldati feriti e dei colpi soffusi dei corpi nemici che cadevano a terra.
Della vista del sangue che schizzava dai tagli profondi o dall‘esplosioni che li circondavano da ogni dove.

-Signore!- la voce incrinata e bassa di Brosh lo richiamò all‘attenzione, facendogli aprire gli occhi di nuovo e risvegliandolo forse dal lento perdersi nei ricordi dolorosi.
Puntò le polle dorate sul soldato, che con sguardo perplesso indicava qualcosa al di là del tronco dove si trovavano loro.

Seguì la traiettoria da lui indicata, e rimase immobile.
Gli occhi si sgranarono e la bocca rimase per metà aperta.
Il cuore forse per un momento si bloccò, perdendo un battito.

Proprio là in mezzo alla vegetazione, davanti alla porta aperta del capanno stavano due bambini di spalle.

Piccoli di statura, biondi di capelli e coperti in giacconi identici e sporchi di terra.
La cosa che lasciò senza fiato Edward fu la somiglianza di spalle di lui e suo fratello.
Sembrava quasi di vedere se stessi all’età di 6 anni, che esploravano il mondo circostante senza paura.
-Che diavolo ci fanno due bambini qui?- sussurrò un soldato alle sue spalle, mentre Brosh proferì ancora -Colonnello. Cosa dobbiamo fare?-

Che cosa dovevano fare?

Se lo chiedeva anche l’Elric, mentre lentamente i due avanzavano con il capo chino, tutti interessati ora a qualcosa ai loro piedi.
Abbassando anche lui lo sguardo, il FullMetal Alchemist poté constatare che i marmocchi stavano seguendo con tanta attenzione una rana saltellante, che vuoi il caso e vuoi la sfortuna, stava zompando allegramente verso il punto dove era nascosta tutta la truppa di Amestris.
-Che nessuno si muova..- bisbigliò perentorio Edward, mentre studiava i piccoli passi concitati dei due bambini che senza volerlo stavano andando precisamente a parare dove era accucciato l‘Elric e il soldato Brosh.

Il Colonnello alzò gli occhi al cielo, chiedendo a qualche Dio esistente che quei due si allontanassero di propria iniziativa o che la rana decidesse di cambiare percorso
Ma sembrava che quest’ultima avesse tutta l’intenzione di incappare nell’ira del biondino.

“Stupido bozzolo saltellante, va a infilarti da un’altra parte!“ erano questi i pensieri del giovane, mentre l’animale ignaro anche lui, o con forse una vena di malcelata bastardaggine continuava il suo lento zompettare

Tre balzi separavano i divertiti bimbi dal nemico


Edward ribadì in modo ancora più soffuso di non muovere un millimetro del proprio corpo o del proprio cervello ai suoi uomini.


Due balzi…


Un imprecazione mentale da parte dell’Elric mentre cercava di appiattirsi ancora di più dietro a quel tronco, suo unico nascondiglio


Un balzo…


I risolini dei due bimbi sfiorarono le orecchie di tutti, mentre il respiro veniva trattenuto a fatica o a stento da molti.


La rana si fermò, guardando con occhi annoiati e senza un barlume di intelligenza il tronco che gli si parava davanti, forse conscia del fatto che era un ostacolo troppo alto per le sue capacità
Edward spiò da un piccolo foro del legno, leggermente nascosto dalla vegetazione, i bimbi fermi e immobili
Sembravano trattenere anche loro i fiati, come in trepida attesa di una mossa dell’anfibio.
Pochi millimetri separavano i piccoli dalla truppa nemica, mentre l’Alchimista sentiva un brivido risalire lungo la colonna vertebrale che gli fece chiudere gli occhi per un singolo secondo



Dopo di che, fu tutto un susseguirsi confuso di azioni.


Un piccolo gracidio
Una pressione leggera sulla gamba destra di Edward
Un fruscio alle sue spalle
Il piccolo tonfo di quattro piedini sul tronco

E tutto fu silenzio

Edward si era ritrovato così la stramaledetta rana addosso che lo guardava con espressione quasi derisoria, mentre riprendeva a gracidare contenta del balzo compiuto.
I due bimbi invece avevano puntato prima gli occhietti ceruli sul biondo sotto di loro e non più nascosto alla loro vista dietro al tronco e poi verso il resto degli uomini in divisa

Tutto era immobile

Finché il Colonnello Elric non alzò il viso per incontrare con le sue polle ambrate quelle azzurre e sgranate di stupore misto a paura dei due piccoli.

Un singulto uscì dalle labbra di quello che sembrava avere un anno in meno, mentre l’altro si parava davanti al fratello, facendo mancare un battito al cuore di Edward ad una scena tanto familiare quanto lontana.
Non diedero il tempo a nessuno di reagire, scappando poi con una velocità inaudita, data dalla loro tenera età e dalle gambette di bimbi, dentro al capanno lasciando dietro di loro la porta aperta.
-Signore!- uno dei soldati raggiunse Edward rimasto immobile chiedendo subito consiglio, mentre gli altri si alzavano in piedi con i fucili alle mani, ma senza la reale intenzione di sparare contro due innocenti.
-Colonnello Elric, se quei due raggiungono le truppe nemiche potrebbero benissimo indicare la nostra posizione!- tutto d‘un fiato l‘uomo cercò di risvegliare il suo superiore da quell‘apparente stato di shock in cui era rimasto dalla fuga dei due infanti.
L‘Alchimista si riprese con tanta veemenza da far indietreggiare il soldato quando si ritrovò le due polle dorate del biondino addosso.

Bisognava agire e in fretta.

L‘attacco principale era già stato sferrato e la loro maggiore forza era l‘effetto sorpresa dato da quello stanziamento davanti all‘unica apparentemente via di fuga segreta praticabile dalla città
Ma ora per colpa di uno stupido animale e dalla sfortuna che si era abbattuta su di loro, i due bambini potevano benissimo fregarli come aveva detto il soldato.

Se Mustang fosse venuto a conoscenza della loro posizione, non ci avrebbe messo che un barlume di secondi ad arrostirli per liberarsi la strada.
La sua nomina di Flame Alchemist era ben meritata, da quanto aveva letto Edward nel fascicolo datogli dal Furher.
E la prova era stata la morte di Alphonse.
Stringendo un pugno d‘acciaio, con il sangue che ribolliva nelle vene, il giovane Colonnello prese l‘unica decisione possibile.

Dovevano prendere in contropiede Mustang e il suo gruppo di ribelli e attaccarli per primi.

Un fuoco incrociato, come si diceva.
Un attacco rapido in due direzioni.
L’unico problema era che King Bradley non sarebbe stato entusiasta della presa di posizione di Edward.

Soprattutto se la cosa non fosse andata a buon fine

Dopo pochi secondi di indecisione, finalmente il biondo chiamò a raccolta i suoi uomini e li divise in due gruppi.
Il primo con lui sarebbe entrato nel capanno e nel passaggio, e dopo un venti minuti l’avrebbe seguito il secondo gruppetto.
Voleva un attacco piccolo ma decisivo.
Sarebbe avvenuto in due ondate e per questo perfetto.
In questo modo i ribelli non avrebbero avuto scampo: un attacco sul davanti dal grosso dell’esercito, e un attacco veloce e a sorpresa che non si aspettavano, dal lato est mentre l’ovest (se il passaggio era ancora praticabile) sarebbe stato bloccato.

Una tattica senza punti deboli.
A meno che i due bambini non avessero già avvertito i concittadini.

Ma in guerra c’erano sempre dei rischi.



Bisognava correrli.


***




Era da un venti minuti buoni che stavano percorrendo quel cunicolo praticabile, tra curve e piccole discese, ma ancora nulla per quanto riguardava una via d’uscita.
Edward, in testa al gruppo di commilitoni, studiava con leggero interesse e con rapide occhiate il soffitto sostenuto da travi e le pareti sgocciolanti umidità.
Aveva un aspetto consunto ma ben tenuto quel percorso, segno che doveva esistere già nel passato e che magari era stato costruito apposta come via di fuga dalla città per un probabile assedio.
Quelli di South City avevano avuto un ottima idea nel lasciarlo intatto.

Davvero perfetta

-Signore- Brosh richiamò il Colonnello Elric poggiando una mano sulla sua spalla, indicando poi con un cenno della testa il cunicolo che si apriva davanti a loro.
Uno spiraglio di luce sembrava filtrare da dietro una curva a circa due metri di distanza.
“Finalmente…” pensò stringendo leggermente il pungo chiuso il giovane Elric, tornando ad avanzare insieme ai suoi uomini.

Dopo aver girato la fatidica curva, si ritrovarono davanti ad una porta in legno massiccio mezza aperta, da cui appunto filtrava una luce.
Edward cautamente sospinse il legno, allargando così il passaggio e sorpassando con passi misurati la soglia.
Si ritrovò in un piccolo locale sotterraneo dal basso soffitto a botte.
L’umidità e l’odore di chiuso impregnava il luogo, unendosi anche ad un vago profumo di vino.
Botti vecchie e impolverate erano ben accatastate lungo la parete occidentale, mentre in quella orientale erano inclinate e sistemate, in maniera rigorosa, delle bottiglie lungo degli scaffali di legno.

Con prudenza e velocità Edward fece passare per la massiccia porta i suoi uomini, guidandoli poi su per delle scalette di legno poste sulla parete più lontana.
I rumori che mano a mano proveniva da sopra quella cantina erano confusi e molteplici: ordini urlati, esplosioni più o meno vicine, grida di bambini e donne, pianti e macerie che cadevano con pesanti tonfi a terra.
Sbucarono i soldati, con sempre i loro Colonnello in testa, in una stanza piena di cianfrusaglie e vecchi oggetti di antiquariato mentre del fumo entrava lento da uno spiraglio di un’altra porta, lasciata aperta forse per il passaggio sempre dei due bambini.

Ed uno di questi, per l’appunto, entrò trafelato guardando l’uomo che stava letteralmente trascinandosi dietro.
Questo, sporco di sangue e fango sui vestiti e dall’aspetto sciupato cercò di calmare il ragazzino
-Ma almeno avete richiuso il passaggio come vi ho insegna…- stava per finire la frase.
Avrebbe voluto farlo
Se non fosse, che, alzati le iridi dal bimbo incontrò quelle di quattro soldati più un Colonnello, pietrificati nell’attimo che aiutavano gli altri compagni a risalire la scala di legno.
Li osservò con occhi sbarrati dalla sorpresa e dalla consapevolezza, mentre il piccolo lasciava la sua presa e usciva urlando dalla “casa” il pericolo agli altri abitanti.

Edward non aspettò oltre, e prima che l’uomo potesse anche solo pensare di prendere la pistola dal fodero che portava alla cinta, lo atterrò con un perfetto calcio allo stomaco.
Questo scivolò a terra privo di sensi e il biondo richiamò i suoi uomini ormai tutti con in mano i fucili e chi pronto all’alchimia, mandandoli all’attacco.

Questi si riversarono insieme al loro giovane Colonnello nelle strade gremite di gente comune e uomini della Resistenza pronti a difendere il tutto per tutto.
Esplosioni si ripetevano oltre le case della prima via, mentre le madri trascinavano via i figli piangenti da tutto quel inferno, nelle abitazioni ancora integre.
Chi fuggiva e chi cadeva, mentre il sangue usciva copioso da piccole o grandi e mortali ferite.

I ribelli davano il loro bel da fare ai soldati di Amestris che presi in contropiede dalla furia e dalla determinazione di questi, arrancavano sul lastricato. Lo spirito di sopravvivenza dei primi era qualcosa che i secondi temevano, mentre colpi di artiglieria e alchimia sembravano sovrapporsi in un gioco confuso.

Edward teneva testa ai nemici che gli si buttavano addosso con tutta la sua esperienza e la sua tattica di combattimento mentre i suoi uomini venivano spinti dalla sua forza d‘animo, tornando ad avanzare compatti e morendo, se necessario, per dovere e lealtà verso il loro Colonnello.
Il biondi colpiva solo per ferire con l’auto-mail trasmutato, mentre atterrava e metteva fuori combattimento i ribelli che lo attaccavano con ogni altro mezzo.

Non voleva uccidere.

Non voleva che anche questa guerra fosse solo una carneficina dei piani alti, come l’ultima su a Ovest.
Quella gente non erano militari addestrati alle armi come il suo plotone.
Erano uomini, persone comuni che un pazzo aveva scatenato per il proprio tornaconto personale.

Era questo il punto.

Scivolò più volte, rischiando di cadere sulle pozze di sangue e fango a terra, mentre si abbassava per non venir colpito dai nemici che si ritrovava davanti.
Un proiettile aveva sfiorato il suo braccio di carne, lasciandogli un leggero e per nulla preoccupante graffio bruciante sulla pelle.
Cadde poi, per colpa del pantano che si trovava ai loro piedi, finendo quasi con il muso su un cadavere imbrattato del suo stesso sangue.
Rialzatosi in ginocchio, sentì e vide l’altra ondata del suo reggimento sbucare fuori dalla casa da dove lui stesso con il primo gruppo era venuto fuori, mentre un fischio e uno scoppio vicino gli fecero abbassare la testa al riparo.
Le esplosioni erano sempre più vicine e pericolose, mentre gli ordini dei “comandanti” ribelli si ovattavano in tutto quel frastuono fatto di grida.

Non voleva una carneficina?

Vi era purtroppo dentro.

La cosa peggiore era la consapevolezza di averla guidata lui.
Ma d‘altronde non poteva impedire ai suoi stessi uomini o a quelli nemici di ammazzarsi fra loro
Ed ecco dove la gloria e l‘onore portava i valorosi soldati.


Arrancò per fuggire da due ribelli agguerriti, atterrandoli una volta al ripario dietro ad un carro con la propria alchimia.
Si prese un secondo, uno soltanto, per riprendere tutto il fiato perso mentre le gambe sembravano urlare il loro disappunto.
Una mano posata sullo sterno e l‘auto-mail trasmutato e sporco del sangue nemico abbandonato su una coscia fasciata dai non più blu pantaloni.
Un piccolo respiro poco più in là, seguito da un singulto e un rumore strisciante gli fecero riaprire le iridi ambrate e puntarle verso la sua destra, verso qualcosa che gli fece perdere due battiti del cuore.

Un bambino.

Un piccolo essere vivente dai capelli scarmigliati e del colore del grano, lo guardava con orrore e paura.
Si teneva una mano su una gamba da cui fuoriuscivano copiosi fili vermigli di sangue, cercando inutilmente con l’altra di allontanarsi e nascondersi sotto al carro.
Uno dei due bambini che li avevano scoperti.
Il più giovane.

Il più pericolosamente simile ad Alphonse.

Arretrò con fatica l’infante, quando Edward cercò di paralisi vicino con la sola intenzione di curarlo.
Aiutarlo
Fare qualsiasi cosa.

Mentre l’infero si sparpagliava oltre quel carro abbandonato, dietro ad esso occhi infantili e lucidi di lacrime osservavano occhi d’ambra pura attraversata da spille di sofferenza.

-Aaaal!- il richiamo non provenne dalla sua gola, come pensò Edward come folgorato da quel nome, bensì dal gemello del bimbo che lo guardava con preoccupazione e insicurezza mentre si chiedeva inconsciamente perché quel soldato si era strappato un pezzo della sua divisa per legarglielo intorno alla gamba.
Il fratello di questo sbucò in un baleno da dietro il carro, ora mangiato lentamente dal fuoco che l’aveva preso in un secondo.
-Alan! Presto vieni!- il bambino però osservò il giovane accanto al fratello, puntando subito i suoi coscienti occhi sulla divisa che indossava e gridando aiuto.
Mettendosi poi davanti al fratello, riaprì una troppo fresca ferita nel cuore del FullMetal che dovette rialzarsi in un baleno e fuggire di lì.

Si sentì scoperto e di nuovo braccato mentre usciva di nuovo sulla strada, coprendosi il viso con un braccio per colpa del fumo della polvere da sparo e degli incendi.
Suoi commilitoni e cittadini di South City giacevano senza vita insieme sul lastricato, mentre Edward cercava qualcuno in quel disastro, sentendo ancora risuonare spari ed esplosioni regolari.
-Colonnello!- Brosh spuntò davanti a lui dalla coltre di fumo, con viso sollevato e segnato da una scia di sangue che partiva dalla testa e attraversava tutta la guancia sinistra fino al mento.
Non ebbe il tempo di sentirsi almeno in parte sollevato per aver trovato qualcuno dei suoi, Edward, perché furono circondati.
Non ebbe il tempo di imprecare e maledire la propria sfortuna.

Non ebbe il tempo di difendersi mentre entrambi venivano colpiti e scivolavano nell’incoscienza…



….che fu buio in un secondo…..



***




-Signore..-
Voci confuse e bisbiglianti si spandevano nel buio in cui era circondato.
Non sapeva dov’era, o cosa era successo.
L’unica cosa di cui era totalmente sicuro?

La testa gli faceva maledettamente male.

-Colonnello!- ancora la voce di prima cercava di riportarlo alla realtà, e lentamente la seguì, aprendo gli occhi quel tanto che bastava per mettere a fuoco il viso preoccupato del soldato Brosh che lo studiava insistentemente.
-Colonnello Elric, si sente bene?- domandò con sguardo indagatore, mentre le figure più lontane e mischiate prendevano forma pian piano rivelando i suoi uomini anche loro lì riuniti.
Portandosi una mano alla testa, Edward cercò di muoversi, ma l‘indolenzimento al corpo dovuto forse ad un trasporto poco “comodo“ gli dava qualche problema.
Rimase così seduto, appoggiando con la schiena al muro gocciolante di umidità, mentre sentiva bisbigli e sospiri pesanti da parte del suo reggimento.
-Dove siamo?- riuscì a dire, mentre metteva insieme le idee, trasmutando di nuovo in mano l‘auto-mail rimasto fino ad allora in forma di arma.
-In una specie di prigione, Signore- rispose Brosh, guardandosi intorno, mentre il resto dei suoi uomini annuiva senza fiatare.

Edward, riprendendosi lentamente, fece una veloce stima delle perdite notando come una ventina al massimo degli uomini ivi riuniti rappresentavano tutto ciò che era rimasto del suo battaglione.

Che diavolo era successo?

Nei fumi dell’incoscienza gli era sembrato che i colpi dell’artiglieria del loro campo fossero cessati in un momento.
Aveva il ricordo frammentario di strascichi di conversazioni veloci e ordini su ordini, un colpo ancora alla gamba sana, ma non capiva.
Anche se il suo reggimento era stato decimato, l’affondo dell’esercito di Amestris non era continuato?
-Qualcuno sa cosa è esattamente successo?- domandò verso i suoi uomini, leggendo negli occhi stanchi e pieni di immagini di morte soltanto dolore e confusione.
Di sicuro lui aveva lo stesso sguardo spento.

Quella giornata era stata l’equivalente di una settimana su ad Ovest.

Brosh si alzò facendo qualche passo per andare verso la porta sbarrata dove i loro carcerieri passavano di tanto in tanto a controllarli per il piccolo spiraglio
-Sono più di due ore che ci hanno sbattuti qui dentro e tutto tace- borbottò, più a se stesso che al suo Colonnello.
Nessuna notizia
Niente di niente.

Edward, ancora leggermente intontito, osservò il soldato picchiettare con la punta dello stivale sporco sul muro, così per fare.
La giacca aperta sul davanti e macchiata in più punti di sangue nemico ma anche di sicuro dell’uomo, i capelli scarmigliati e gli occhi puntati nel vuoto.
Due ore di pesante silenzio..

Che ne avrebbero fatto di loro?

Il giovane FullMetal passò a rassegna ogni viso, studiandone i tratti segnati e le espressioni di ognuno dei suoi commilitoni.
Erano dei bravi ragazzi, degli ottimi soldati e poteva contare sulla loro lealtà avendoli avuti sotto addestramento personalmente.
Fra quei visi avrebbe voluto vedere anche quello di Havoc, sempre pronto a scherzare.
Se lo immaginò in una situazione del genere: si sarebbe alzato, sbuffando irritato della mancanza di sigarette o avrebbe calciato il suo pacchetto ormai vuoto guardandolo con aria contrita e annoiata.
Avrebbe di sicuro riso, facendo una delle sue battute idiote e fuori luogo, cercando di alzare il morale degli uomini e soprattutto quello del loro Colonnello.

Se lo immagino anche dalla parte negativa.

Forse era stato un bene scoprire che aveva tradito l’esercito prima di quel maledetto attacco.
Socchiuse gli occhi Edward, appoggiandosi con fare stanco e spossato alla parete; vide con gli occhi della mente Havoc alzarsi, ridere e andare verso la porta uscendosene con un “mi spiace Capo, così va la vita” e richiudendosi alle spalle il pesante battente.
Sospirò l‘Elric, chiudendo gli occhi e scacciando quell‘immagine dai suoi pensieri come anche il fastidioso dolore alla gamba destra, di sicuro ferita.

Scoprirlo in un contesto del genere l‘avrebbe solo di più distrutto e lasciato lì come una bambola di pezza.
Non l‘avrebbe sorretto di certo il pensiero che il suo miglior uomo, ma no ….il suo miglior AMICO e compagno era sempre stato dalla parte del nemico.


Passò di sicuro un’altra ora, anche se il giovane Elric non aveva più l’orologio lo sentì sulla pelle lo scorrere del tempo.
Forse era una cosa che capitava quando ti ritrovavi in una situazione così…disperata?
Mah, neanche tanto, a parte forse essere completamente tagliato fuori dal resto del tuo esercito, nelle mani della fazione avversaria, con metà del tuo plotone fuori uso, ferito e col morale sotto i piedi.
Brosh si era seduto accanto ad uno degli soldati più “vissuti” e avevano parlottato per un po’, mentre Edward se ne era stato sulle sue, senza uno straccio di parola per i propri uomini.
Aveva la netta sensazione che questi stavano covando un leggero risentimento nei suoi confronti.
Dopotutto era colpa sua se erano lì

Lui e la sua testaccia dura.

Portò le ginocchia piegate quasi al petto, poggiandovi sopra i gomiti, mentre le mani affondavano nelle ciocche dorate e libere.
Chiuse ancora gli occhi, sentendo ancora i brividi addosso per lo scontro avvenuto solo tre ore prima.
Cosa aspettavano a fare qualcosa?
Avevano deciso di abbandonarli lì sotto a marcire nella muffa della piccola e fredda cella?

Non fece neanche in tempo a finire quei pensieri che il chiavistello scattò e un cigolio accompagnò l’apertura della massiccia porta.
Sentì i suoi soldati trattenere impercettibilmente il respiro e alzare, come lui, la testa verso i loro carcerieri.
Due uomini sulla quarantina entrarono, studiando attentamente tutti i volti silenziosi i tirati in una maschera di astio.
Si mossero poi verso il punto dove stava Edward, senza dire una parola, ma facendo scattare in piedi più di un soldato.

Fu tirato su di peso senza protestare, il giovane Elric, mentre puntava i dorati occhi sui suoi commilitoni che, a differenza di quanto aveva pensato, cercarono in tutti i modi di ostacolare i due uomini.
-Colonnello!- gridò qualcuno, mentre un altro inveì in maniera alquanto fiorita.
Più di uno fu atterrato con un colpo del calcio del fucile al petto, mentre Brosh fu tirato per i capelli e allontanato brutalmente.

In quel momento Edward sentì come un peso maggiore nell’animo, con la consapevolezza di quella lealtà mai persa.

Rimase in religioso silenzio, troppo preso ora dal pensiero di dove sarebbe stato portato.
Lasciatosi alle spalle la cella dove erano rinchiusi i suoi uomini, lo fecero fermare davanti ad un tavolo di legno, dove un altro ribelle gli legò le mani dietro la schiena.
Le corde erano strette e sfregavano fastidiosamente contro il suo polso di carne, ma stette in silenzio.
Con passo veloce e cadenzato gli fecero risalire delle strette scale di pietra, fino a ritrovarsi un un’altra stanza mezza distrutta su un lato per colpa di un esplosione recente.
Un altro uomo lo prese in custodia; giovane e alto, dal taglio d’occhi orientali e dai lunghi capelli neri raccolti in una coda.
Il ghigno disegnato finemente sulle sue labbra gli fece per un momento gelare il sangue nelle vene.

Non gli piaceva.

Aveva le mani guantate, ma quando gli afferrò il braccio di carne strinse così tanto che poté quasi sentire le pieghe della pelle sotto di essi.
In modo violento fu spinto fuori, ricadendo malamente sul lastricato, ma senza fiatare.
Avrebbe risparmiato le parole per dopo.
Dopo un calcio allo stomaco e un ennesimo colpo alla gamba ferita, fu tirato su per la coda dall’uomo, di nuovo in piedi.

Fu spinto in avanti e costretto a camminare zoppicante, velocemente secondo le istruzioni poche e spicce del ribelle.
Studiò con occhi attenti il percorso che stava facendo, guardandosi di tanto in tanto intorno e notando la popolazione di South City collaborare in silenzio a risistemare il caos creato dall’attacco.
C’erano donne che portavano l’acqua ai lavoratori, che curavano i feriti con diligente pazienza, e bambini che correvano sui lati delle strade con scatole malconce fra le mani.

Nessuno, tranne i feriti gravi e i vecchi malfermi chini sui cigli delle vie, stava senza nulla da fare.

E questo Edward non lo comprendeva.

Cosa spingeva gli abitanti di South City ad aiutare i ribelli nella loro assurda lotta?
Cosa li spingeva ad unirsi alle loro schiere e controbattere l‘esercito di Amestris.
Cosa spingeva tutti verso uno stupido conflitto?


Senza risposte apparenti, fu condotto davanti ad una costruzione miracolosamente in piedi, dove un uomo faceva la guardia davanti all’entrata.
Edward fu sicuro di essere finalmente arrivato a destinazione, e prendendo un bel respiro silenzioso e lasciando correre l’ennesima spinta del suo aguzzino, varcò la soglia della tenda che stava al posto della porta originaria.




Finalmente la meta.













Note d‘Autrice:

Non ho neanche più il cervello per commentare questo capitolo XD son messa bene v.v
Devo dire che stranamente negli ultimi tempi è venuto fuori O.O cioè….mi ero bloccata mica da ridere v.v acciderba v.v
Sarò spiccia XD…..spero di avervi accontentato almeno un po’ con questo nuovo chap A__A e di avervi lasciato di M… come al solito a fine capitolo XD muahauhauaah sono infame lo so v.v ecco ghghghg

Dunque….beh, dai, almeno un pezzettino di Roy s’è visto XD *si rifugia sotto al letto* penso che qualcuno mi ucciderà v.v

Vaaa beh, signori miei v.v vedrò di rifarmi nel prossimo XD e di far contente le fan sempre nel prossimo XD abbiate fede, e vedrete comparire Roy



Mi raccomando *-* più commenti e più mi sentirò spronata a continuare XDD(se sarò ancora viva v.v)
Gni *-*




Ringraziameti:


nemesi06: eh si! Ormai il confronto è quasi giunto alle porte! Ma bisognerà attendere ancora un pochino (il ritorno del mio unico neurone vagante ç_ç) anche se penso qualcuno mi ucciderà prima che possa postare il seguito XD
Eh, Edward è solo e si sente la mancanza di Havoc ……perché il Colonnello combina casiniii XDD che ci dobbiamo fare v.v
Grazie tata *_* spero continuerai a seguirmi ^^ un bacione


saku_chan the crazy dreamers: hai fatto preoccupare anche me O-O muahauahau XD eh shi ç-ç povero povero Alphonse v.v Roy dovrà trovarla bella grande la scusa v.v anche perché se no viene ridotto in bricioline +.+ (dimmelo che lo fai apposta v.v n.d.Roy)(me ti vuole bene +-+ n.d.me) ghghhgghgh
Tranquilla *-* l‘importante è che ci sei *_* bacio!



Rinalamisteriosa: Ma tao *-* uhh, una nuova persoccia che mi segue ^^ awww contenta che hai scoperto la storia *si gongola* (XD) e contenta anche che ti sia piaciuta *-* Grasie cara, eh, mi piace descrivere certi temi….secondo me son tutti i giochi strategici che mi hanno cresciuta v.v‘ mi hanno rovinata XDD Alphonse Alphonse….Al….purtroppo shi v.v povero piccolo Al ç__ç e qui Ed ha anche dei momenti critici con i due pargoli che cavoleggiano e hanno qualcosa di troppo familiare per il suo cuorinino ç_ç povero Edward v.v (e il bello è che è lei che scrive!!>.< N.d. Ed )(mauahahaua *__* n.d.me)



Aki_: muahuahauahauahua XD tata me ti adora *-* …..mi fai anche paura O_O *fugge per il cambio di personalità della Aki* XDD cmq ^^’’’ ehm….doveva morire v.v pardon *fa cerchietti a terra* purtroppo era necessario ç_ç (per cosa? N.d. Ed)(Per far scattare la tua stupidità v.v n.d.me-che-fugge-da-Ed) Beh, fai conto che Edward ha giurato fedeltà al suo Furher e non ha mai dubitato di lui, come hai potuto leggere ^^ infatti ha sempre pensato ad altri traditori, ma mai il Furher ^^ ehh si v.v grassie cmq tata *_* me ti adora shi shi



My Pride:La Nee-chaaaaaaaaaaaaan *__* ammmoraaa! XD ahhh, siam messi bene se hanno cambiato anche giro XD +_+ è un complimento essere peggio di te, cara +_+ uahauahuahauaha me molto infame v.v ecco
Povero Alphonse……v.v il nostro gattaro di fiducia XDD cmq mi hai tartassato su msn visto? Visto che ho aggiornato?? Eh?? XD voglio un “brafa Nee-san” v.v ecco! (eh, adesso pretende lei…n.dEd)(certo v.v n.d.me) XD ho lasciato anche con questo capitolo l’amaro in bocca, mi sa XD e la gente mi ucciderà O-O ci sentiamo se mi salvo tesora +-+’’’ bacio!


   
 
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