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Autore: Bruiburiburi    07/09/2015    1 recensioni
Allora prima di tutto: Ironia, ironia, ironia! il sogno di qualunque "Fan" di Xena, cadere in quel magico mondo e far andare un po di cose a modo nostro. E' ambientato alla fine delle serie ma non e' fedelissimo, cerchero' tanti espedienti per il puro gusto di ironizare. Ovviamente Xena non restera' dimenticata nell'oltretomba, tutt'altro..
Genere: Avventura, Azione, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altro Personaggio, Gabrielle, Xena
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Giusto per chiarire non ho modo di scusarmi ancora per i ritardi di aggiornamento. Spero per chi segue questa ff di non essere troppo deludente. Quando il blocco dello scrittore colpisce c’è poco da fare, i miei colleghi autori mi capiranno..per tutti gli altri bhe chiedo venia e basta.
Ps gia che questo è il mio angolino autrice e dunque non è proprio spam ne approfitto per pubblicizzare un’altra mia storia nella quale credo tanto, ma che ha subìto la manna di un fandom quasi totalmente inattivo.
 
-Questa è una fic su Tomb Raider il videogame, non so se qualcuno ci giochi ma se vi può ineteressare è basato sull’ultimo capitolo della saga.  È purtroppo in un fandom un po’ spento perciò chi avesse piacere di leggere ecco il link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3241584&i=1
(Ps: Yuri sarebbe Femslash)
 
Ok ora basta pubblicità a voi il capitolo scusate il dilungamento.
Enjoi it! J
 
 
Poco tempo dopo ci ritrovammo sdraiate sopra due tavoloni di pietra identici, fatti apparire dal nulla, (alla faccia del contadino) freddi come il ghiaccio.
<< Roba da David Copperfield >> mugugnai fra me, riferita all’apparizione dei nostri comodissimi giacigli.
<< Che? >> mi domandò Olimpia, voltando il capo verso di me
<< Nulla, sono nervosa..non mi fido di questo bastardo >> replicai.
<< Guardate che vi sento >> si lamentò rauco Mansante, dal tavolo di legno accanto, nel quale stava armeggiando.
<< Vai al diavolo maledetto vecchiaccio >> replicai ancora. Olimpia mi lanciò un’occhiataccia, e, se avesse potuto alzarsi, probabilmente mi avrebbe mollato un sacrosanto coppino.
<< Piuttosto audace da parte tua, contando che le vostre vite stanno per essere fra le mie mani >> mi rispose il vecchio. Io saltai su, mettendomi seduta.
<< Tu ammazzaci e stai tranquillo che il modo di ritornare dall’oltretomba anche solo per darti una pedata lo trovo >> ringhiai.
<< Vika >> mi richiamò Olimpia. Io sospirai, alzando gli occhi al cielo prima di voltarmi.
<< Si lo so, lo so…mi sdraio >> mi rimisi giù, incrociando poi le braccia, cercando di arginare preoccupazione, rabbia e nervosismo.
<< Brava ragazza >> mi voltai e la vidi sorridermi dolcemente. Quasi rassicurandomi. Ci riuscì, mi sentii leggermente meglio. Risposi al sorriso e mi stropicciai per un secondo gli occhi.
 
Per fortuna l’attesa non durò molto oltre. Mansante fu pronto e mi ritrovai a fissare il suo brutto muso dal basso.
<< Va bene. Ora con dei fumi vi farò calare in un sonno simile alla morte, non dovete preoccuparvi il sonno non vi ucciderà, ma vi farà calare nel limbo e da li non vi potrà proteggere. Quindi starà a voi poi uscirne di nuovo vive >> e dopo questo meraviglioso e convincente discorso d’incoraggiamento l’uomo cominciò ad imporre strane mosse sulle nostre fronti.
 
Del fumo denso cominciò ad uscire da giuro-non-so-dove, e io mi voltai a guardare Olimpia. La donna se ne accorse e mi restituì lo sguardo
<< Che c’è, sei preoccupata? >> mi chiese, dolcemente.
<< No è che non voglio questo schifoso vecchio rugoso come ultima immagine >> replicai. Ridemmo.
Il fumo si era fatto densissimo intorno a noi nel frattempo. La stanza si era dissolta, Mansante stesso, così vicino era sparito nella nube. Non smisi comunque di guardare Olimpia che, per altro, era rimasta l’unica figura nitida nella nebbia fumosa attorno a noi. Infine quel fumo cominciò a diradarsi.
Mi voltai e mano mano notai che lo scenario era cambiato.
 
Ero sdraiata su un pavimento di pietra simile in tutto a quello della casa di Mansante. Un po’ di nebbiola redisua stava a terra accanto a me. Mi issai sui gomiti guardandomi attorno. Sembravamo in un corridoio di una specie di grotta naturale.
Ero nel limbo…credo.
A chiarirmi i dubbi vidi entrare nella mia visuale la mano tesa di Olimpia, che mi offriva un aiuto per alzarmi.
<< Andiamo, siamo arrivate. >> disse solo. Io afferai la sua mano
<< Sei pratica di questi posti eh >> commentai ironica, issandomi.  Mi lanciò un’occhiata di finto rimprovero, sorridendo divertita. Poi ci trovammo a fronteggiare quel lungo e sinistro corridoio. Cominciammo a camminare.
 
La strada non fu poi lunghissima, camminavamo da qualche minuto, quando l’antrone buio e nebuloso svoltò e si aprì su uno stanzone. Ci ritrovammo come su una battigia, la stanza era enorme e più avanti, dritto in fronte a noi, si stagliava una specie di..bho..fiume?
Non ero troppo sicura quella fosse acqua, non si capiva di che diavolo di colore fosse, e comunque non ci avrei messo neanche un’unghia neanche con un fucile a canne mozze puntato alla nuca.
Olimpia andò verso la riva, io la seguii, riluttante.
<< Non ci vorremmo fare un bagnetto vero? >> domandai, così, giusto per essere sicura.
<< Oh no, non essere ridicola >> replicò la bionda. Feci spallucce come se me lo fossi aspettata ma dentro di me sospirai forte.
 
Olimpia svoltò percorrendo la riva di quelle acque per qualche metro, fino a giungere a una sorta di piccolo molo di legno. Ci salì sopra e comincio a scrutare il nulla buio all’orizzonte.
<< Cosa stai cercando? >> domandai ancora, sentendomi un po’ come un cagnolino sperduto che segue il suo padroncino.
<< Il traghettatore delle anime, il mitologico Caronte >> soffiò a voce più bassa del solito e con tono solenne.
In tutta risposta inarcai un sopracciglio. Poi mi misi a mia volta a guardare intorno
<< A me sembra che di anima non ce ne sia neanche mezz.. >>
 
<< Cosa fate voi qui. Non appartenete a questo mondo >> una voce mi interruppe rimbombante, rauca e spettrale e io, per la sorpresa, feci un balzo indietro con un piccolo strillo.
<< Occristosanto! >> esclamai portandomi una mano al petto. Eppure attorno non avevamo ancora nessuno.
<< Caronte...? >> chiamò Olimpia dubbiosa << Oh nobile traghettatore per favore, palesati a noi >> continuò, sempre solenne. Era una poetessa in fondo no?
 
Poco dopo, un ombra più densa si staccò dal buio e si fece sempre piu vicina. La prua di una barchetta piccola, e di legno semplice, divenne visibile e, infine, il tetro e terrificante traghettatore ci apparve sopra la sua imbarcazione.  Accostando vicino al piccolo molo.
Se sapevo chi fosse Caronte? Certo! Avevo studiato antologia e mitologia come tutti gli altri
Se lo avessi mai visto? Ovviamente no. E avrei felicemente continuato a vivere pure senza l’onore di vederlo.
 
<< Non traghetto le anime dei vivi. >> rispose lapidario. La voce era tanto rimbombante che non pareva nemmeno provenire dalla figura in particolare ma dai muri stessi.
<< Lo so, ma se solo poteste fare un eccezione! Ragioni alte ci portano a viaggiare su questo suolo. Se fosse stato possibile evitarlo lo avremmo fatto >> insistette la bionda. Però! C’era da dire che la dialettica di Olimpia non era una fandonia, avrebbe tranquillamente potuto vendere del ghiaccio a degli eschimesi.
Ma con Caronte non parve funzionare
<< Ah davvero, giovane Olimpia? E chi mi dice, invece, che non vuoi semplicemente ricongiungerti con l’anima persa, di Xena? >> replicò. Olimpia abbassò lo sguardo, e, per un istante si fece più cupa, come le succedeva sempre quando si parlava di Xena. Feci un passo avanti portandomi alle sue spalle, forse per darle il mio “sostegno”
<< Xena fa parte di un più grande disegno..non sto disturbando il sonno di un’anima per interessi meramente personali. >> rispose poi, appena più fiacca, la voce più bassa di un semitono buono.  Caronte parve scrutarci, un istante di più. Cambiò idea, lo potei notare dall’atteggiamento, tanto che sia io che la mia compagna ci illuminammo per una frazione di secondo.
Ma poi voltò le spalle, risuonò nel buio una risatina agghiacciante, poi nuovamente la sua voce
<< Spiacente giovani, avrei voluto aiutarvi >> commentò, poi l’imbarcazione ripartì.
 
Ma si era allontanata di poco quando, dopo un sospiro frustrato, i miei occhi calarono su un luccichìo nella tasca della donna.
Danari.
Ma certo! Olimpia non poteva non averci pensato, ma il suo rispetto verso le divinità e il mondo che conosceva era troppo per poter fare quello che stavo per fare io.
 
Infilai la mano nella bisaccia dell’altra, ne pescai due monete d’oro (belle pesanti fra l’altro), e mi sporsi oltre la figura di Olimpia.
<< EHI, AMICO! PRENDI QUA! >> con una schicchiera precisa feci volare le monete verso la figura poco lontana di Caronte.
Fu un attimo. Le monete luccicarono nei suoi pressi, poi, quella che doveva essere una delle sue mani le afferrò e spense quella luce.
Bingo.
 
Il traghettatore cominciò a tornare indietro ma Olimpia si voltò furiosa
<< Ma sei impazzita?! >> mi sibilò contro
<< Che c’è, sta tornando indietro! >> risposi allargando le braccia e indicandolo
<< Ti sembra il modo di rivolgerti a un’entità simile? >> continuò. Io feci per replicare, ma poi ci rinunciai, capendo che nulla sarebbe servito a niente. Feci un verso come a dire “non sei mai contenta” poi la oltrepassai e saltai sopra l’imbarcazione. Lei mi seguì a ruota. La barchetta partì.
<< Come volevasi dimostrare >> dissi in risposta.
<< Non era comunque il modo, avresti potuto metterci nei guai >> replicò ancora Olimpia, ma stavolta con meno convinzione, cominciando già a guardarsi attorno. Io feci spallucce, indifferente, incrociando le braccia.
<< Non è altro che un tassista pretenzioso >> replicai, seppur conscia che l’altra non avesse idea di cosa fosse un tassista.
 
Quando giungemmo all’altra sponda io scesi senza una parola, cominciando a esplorare e a muovermi cautamente. Olimpia si soffermò a ringraziare poi mi raggiunse.
 
<< Andiamo, di qua >> mi afferrò per la maglia e mi tirò verso destra. Pochi passi nella battigia e ci reimmergemmo in un altro corridoio come quello di prima. Se non avessi seguito l’altra riva fino all’utimo avrei detto che Caronte ci aveva fatto fare un giro e poi riportato alla stessa riva. Era tutto dannatamente uguale. Ma Olimpia si muoveva in modo sicuro e spedito e io capii che evidentemente eravamo davvero dall’altra parte.  Per un secondo incontrammo sulla sinistra un corridoio sicuramente secondario, ma la mia compagna e guida tirò dritta per altro muovendosi velocemente. Stetti al passo senza troppi problemi ma non mi convinceva lo sguardo della bionda.
 
<< C’è qualcosa che non va? >> domandai. L’altra scosse il capo
<< No, ma in questi posti è meglio essere veloci..non dovremmo essere qui, non sono luoghi sicuri per due anime vive >> replicò pratica. Annuii. Non avevo finito di dare il mio assenso alla frase che un nuovo rumore si instaurò nella nostra calma.
 
Era come rumore di rocce spostate, in lontananza, proveniva dal corridoio alle nostre spalle. Ci fermammo in sincrono, guardando dietro di noi. Il rumore si fece più forte. Accigliata cercai risposte nello sguardo dell’altra. Lo trovai dilatato e preoccupato.
<< Ehi, che succede? >> domandai, stavolta più allarmata.
<< Siamo nei guai >> disse solo.
Il rumore si fece assordante, e, mentre rialzavo lo sguardo sulla curva alle nostre spalle capii. Capii che il rumore ormai assordante all nostre spalle non erano solo rocce, che crollavano e si spostavano..erano passi. Passi di qualcosa di terrificante e pesante.
 
<< CORRI! >> la bionda mi afferrò al bavero e mi strattonò via spiccando una corsa folle. Io cominciai a correre a mia volta, e l’ultima micro frazione di secondo nella quale il mio sguardo fu alle nostre spalle, potei scorgere di sfuggita, una specie di mostro scuro grosso quanto il corridoio arrivare di corsa.
 
Diedi uno sprint tanto forte che mi parve di non toccare il terreno coi piedi. Non avevo mai avuto una botta di adrenalina simile. E avrei preferito non averla mai. Sfrecciammo per i corridoi, correndo come forsennate.
<< COSA DIAVOLO È??!! >> strillai, sopra il frastuono delle rocce, del ringhiare di quel coso e dei nostri respiri.
<< È CERBERO! IL.. >>
<< STAI SCHERZANDO, SIAMO INSEGUITE DA UN CANE A TRE TESTE?! >> completai per lei.
<< SI, NON SPRECARE RESPIRO, CORRI! >> completò e diede un ulteriore accellerata. Riuscii a tenere il passo, non senza fatica, ma cominciavo sentire tutto bruciare come se al posto del sangue mi stesse scorrendo fuoco nelle vene. Pregai che non mi abbandonassero le gambe, non ancora. Poi un impiccio si mise di mezzo.
 
 
Cerbero batté più forte le zampe, nella sua corsa, e degli stralci di roccia cominciarono a franare dal soffitto.
Così ci ritrovammo a correre e schivare. Fissando davanti a noi e in alto a fasi alterne. E io stavo per cedere, me lo sentivo. Non ero per nulla abituata a muovermi in quel modo e per ora mi stava salvando solo l’adrenalina e il mio fisico ben allenato da fissata con lo sport quale ero.
L’ennesima roccia cadde proprio davanti a me, feci giusto in tempo a piazzarci una mano sopra e a scavalcarla con un balzo. Olimpia faceva più o meno lo stesso accanto a me.
<< CI SIAMO QUASI CREDO >> urlò la bionda << RESISTI! >> aggiunse, senza però potermi guardare. E io avrei anche obbedito ma..
 
Una roccia cadde e invece di bloccarsi a terra con un tonfo rotolò improvvisamente indietro, provai a evitarla alla bell’e meglio ma, nella velocità della corsa mi spostò il baricentro e io finii a terra, dopo aver perso l’equilibrio. Olimpia inchiodò voltandosi subito. Un altro spuntone franò dal soffitto e rischiò di cadermi addosso. Rotolai di lato e gli sfuggii per un soffio, tanto che le schegge mi ferirono il viso. Mi voltai pronta a rialzarmi, ma Cerbero nel frattempo era giunto. Una testa morse alla cieca l’aria vicino a me, ma nella fretta l’operazione non riusci, giacché era anche ancora troppo lontano. Però un canino bavoso agganciò un angolo dei jeans al livello della caviglia. Cercai di stracciare via con foga, ma non fu facile, il tessuto era ben incastrato nel dente, e dovevo anche avere un bel taglio insaguinato nella caviglia. Giunse Olimpia e mi aiutò a tirare via la gamba dalle fauci di quel mostro. Con un ultimo strattone il jeans si lacerò e io fui libera. La bionda mi aiutò a issarmi e insieme riniziammo a correre, ma non fu per molto.
 
Cerbero, furioso, si era fermato e aveva battuto fortissimo le sue zampe al suolo. Il terremoto fu tanto forte che fummo costrette a fermarci per un istante se non volevamo capitombolare. Poi ripartimmo. Cerbero si lanciò ancora all’inseguimento ma finì imbrogliato dalla sua stessa furia. Il soffittò cominciò a crollare. E infine vedemmo una muraglia di rocce appena cadute davanti a noi. Altre si prepararono a staccarsi. Cerbero era proprio dietro di noi. Senza nemmeno consultarci accellerammo un’ultima volta, alla massima potenza. Le ultime rocce enormi si staccarono dal soffitto. Noi scavalcammo quelle gia a terra con un balzo, tanto azzardato da diventare un tuffo. Subito dopo il passaggio dei nostri piedi in volo anche l’ultimo masso cadde e sbarrò la strada. Cerbero fu bloccato dall’altra parte.
 
Attutimmo la caduta come meglio potevamo. Olimpia fece una capriola, ma lo slancio era tanto e ruzzolò comunque più del voluto. Io mi voltai da un lato e rotolai fino a che la parete non mi bloccò, andandoci a sbattere forte di schiena. Restai per un tempo indeterminato li, a occhi chiusi, respirando malissimo e dolorante. Ero ricoperta di polvere, impastata col mio stesso sudore, che ricopriva ogni centimetro del mio corpo dolorante. Ero tutta sfregiata dai detriti, e la calza nelle mie All star era zuppa di sangue nel punto in cui mi aveva morso Cerbero. Sarei rimasta li all’infinito, forse, ma la voce di Olimpia mi riscosse
 
<< Ehi..ehi, tutto bene? >> era ancora lontana il che voleva dire che neanche lei si era ancora alzata.
<< Una..meraviglia >> risposi io a fatica. La sentii sorridere, affannando.
<< L’umorismo non ti manca mai eh >> e stavolta la sentii alzarsi mentre parlava. Aprii gli occhi e vidi che era gia arrivata da me, una mano su un fianco, anche lei con qualche graffio qua e la. Allungò di nuovo la mano tendendola verso di me
<< È andata, ce l’abbiamo fatta >> commentò, guardando la parete di roccia dietro il quale avevamo lasciato la bestia.
<< Ma è meglio se ce ne andiamo da qui >> completò. Io annuii. Afferrai il suo avambraccio e stavolta dovette darmi un bello strattone per aiutarmi a tirarmi su. Una volta in piedi mi posai al muro, finendo di riprendere fiato. Olimpia mi diede una spolveratina amorevole e totalmente inutile, la mia maglia bianca ormai era diventata marrone ed era da strizzare, sembrava mi fossi buttata in piscina vestita tanto era inzuppata di sudore.
<< Okay..ok, andiamo>> sospirai infine, mi staccai dal muro e affiancai la donna.
 
Nella fretta non ci eravamo accorte che il corridoio svoltava poco piu avanti, e, da quella svolta, proveniva uno strano bagliore. Ci guardammo poi arrivammo li in fretta. Una volta svoltato l’angolo vedemmo qualcosa che ripagò tutta la fatica. A una decina di metri di idstanza il corridoio si interrompeva bruscamente, e lasciava il passo a uno spazio sconfinato, luminoso, coperto di erba e con qualche albero. Una sorta di paradiso.
Erano gli Elisi, ce l’avevamo fatta.
 
Facemmo qualche passo, poi però avvertii la mia compagna fermarsi di botto. Io non capendo feci qualche altro passo poi mi fermai e mi voltai a guardarla, interrogativa. Ma Olimpia non ricambiò il mio sguardo.
In realtà non penso vedesse più nient’altro attorno a lei.
Seguii il suo sguardo e capii perché tutto si era annullato tranne quello che stava fissando. Anzi, quella.
Al di la del limitare di quel paradiso, a pochi passi dal confine netto col corridoio buio, stava Xena, la principessa guerriera.
 
La donna era immobile e guardava a sua volta Olimpia dritta negli occhi. L’una tuffata nell’altra, sembrava parlassero, seppure a dieci metri di distanza.
Io dal canto mio, fui presa dall’entusiasmo e dall’impazienza. Feci per colmare la distanza verso quella parete, ma l’ennesimo dannatissimo ostacolo mi si parò davanti. Una specie di omuncolo, alto su per giu un metro e dieci, si mise davanti a me bloccandomi
<< Cosa fate qui, siete delle anime vive, non potete accedere agli Elisi >>
E questo, fu definitivamente troppo, per i miei nervi gia provati. Sbroccai.
<< Sentimi bene razza di umpa lumpa, sono stata attaccata da un orda di pazzi, raggirata da un maledetto vecchio di merda, presa per il culo da un traghettatore schizzinoso e inseguita e quasi SBRANATA da un dannato cane a tre teste che ha fatto uno spuntino con il mio piede! Tutto questo solo per arrivare fino qui. Quindi se questo non è abbastanza per farti capire che non è proprio il momento adatto per farmi saltare ulteriormente i nervi, ti consiglio di lasciarci passare, o giuro che il passaggio lo libero a modo mio. Ho appena combattuto con un Cerbero far volare via il tuo culo da nanerottolo non dovrebbe essere così difficile! >> quando finii avevo fatto fare un altro metro buono all’indietro al poveretto che, se possibile, si era fatto ancor piu piccino e mi guardava, un po’ disarmato.
<< Ma..ma..>> balbettò. Col senno di poi quasi mi dispiacque per lui. Ma che ci vuoi fare..persona sbagliata nel momento sbagliato, capita. Non fece più storie, ma comunque non credo ci avrebbe potuto fare molto
 
Avevo appena finito la mia sfuriata quando vidi Olimpia sfilare di fianco a noi. Non ci degno di uno sguardo, camminava con lo sguardo fisso, come ipnotizzata, il passo calmo e gli occhi incatenati a quell’azzurro per lei così familiare. A quelli della sua anima gemella. Tirò dritta. L’omino la guardò ma non disse nulla, me ancora davanti a lui. La lasciai andare avanti, e seppi che quello che stavo per vedere mi avrebbe ripagato di tutto. Mi spostai guardando la scena.
 
Olimpia continuò il suo incedere sicuro, fino ad arrivare al limitare degli Elisi, lo oltrepassò senza neanche farci caso e, per la prima volta da che eravamo giunte, Xena parlò.
<< Olimpia >> la chiamò solo, gli occhi quasi lucidi. Olimpia arrivò davanti a lei e, tutto senza fermarsi, sospirò, sbattè le palpebre per la prima volta dopo minuti, due lacrime le ruzzolarono giu lungo le guance e si tuffò a capofitto tra le braccia di Xena.
L’altra donna la strinse forte a sua volta e chiusero gli occhi. Riunite. Ritrovate. Complete.
 
Non mi sbagliai. Tutta la fatica il dolore e la preoccupazione volarono via, sferzate dalla loro folata di amore.    
 
Autrice: scusate la lunghezza ma era necessario. Xena è finalmente di nuovo fra noi!!!! :D
   
 
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