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Autore: Mark_Criss    07/09/2015    1 recensioni
Alex Stone è nato in una povera famiglia babbana, i suoi genitori sono due alcolisti e lui sta per frequentare il sesto anno nella scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. Tra misteri e magia, la personalità di questo strano ragazzo resta ancora coperta da un manto di fumo nero. Tante domande senza una risposta, tanti cassetti da rimettere in ordine e un amore da cui scappare. "Non dare mai la colpa al destino, perché il destino è il pretesto dei falliti."
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Minerva McGranitt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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Erano passate esattamente tre settimane dall’ultima aggressione, tre settimane da quando avevo deciso di connettermi con la testa di chissà chi, tre settimane da quando non era successo più un bel niente, tutto sembrava essere diventato misteriosamente piatto. La monotonia della scuola era iniziata. Lezioni tutti i giorni, ogni tanto qualche flash, tanto per ricordarmi che oramai non ero l’unico nella mia testa, le sigarette notturne con Tania, le chiacchierate nei corridoi con Justin e di Joan si vedeva solo l’ombra, anch’essa assente e cupa come lui. Alternava attimi di allegria ad eterni momenti di tristezza e desolazione, nei quali lo si vedeva solo durante le ore di lezione. Non ero mai riuscito a comprendere la psicologia di quel ragazzo, non era possibile conservare tanti stati d’animo tutti insieme, non capivo come riuscisse ad essere così freddo ed impassibile davanti a ciò che era successo qualche settimana prima. Ogni volta che si sfiorava l’argomento diventava stranamente cinico, come se quello senza cuore fosse lui. Nel frattempo i due ragazzini colpiti erano stati trasferiti al San Murgo e le mie ricerche continuavano imperterrite; nel giro di tre settimane io e Tania avevamo rivoluzionato tutta la biblioteca, compresa la sezione proibita, nella quale aveva cercato di capire a cosa potessero servire due giovani cuori umani, senza avere troppe risposte. Alcuni libri riportavano antichi rituali nei quali il sacrificio di un giovane cuore poteva bloccare i poteri di una strega, altri parlavano di invocazioni demoniache, ma nessuna ci sembrava abbastanza plausibile.
Una mattinata ventosa, alzarmi dal letto mi sembrava l’impresa più ardua da compiere. Una volta in piedi sperai con tutte le mie forze di non avere nessuna lezione troppo impegnativa quella mattina, ma i miei desideri furono subito smontati alla vista della bacheca. “Lezione di incantesimi Stone” disse una mia compagna di casa. “No, la Floorence no…” dissi io sbadigliando. “Invece si, ti consiglio di..” non le feci terminare la frase, la fulminai con lo sguardo e lei capì immediatamente che chiudere la bocca sarebbe stata la cosa migliore. Stavo passando troppo tempo con una Serpe e i miei atteggiamenti ne risentivano, non solo in positivo perché finalmente avevo una vita sociale e potevo gridarlo ai sette mari, ma anche in negativo, perché stavo assorbendo tutte le sue caratteristiche di Serpe, il che non era propriamente negativo, anzi a dirla tutta non mi dispiaceva troppo.
Presi un respiro e cercai di contare fino a dieci, ero stufo di dover subire i soprusi di quella megera, ma come potevo reagire? In fin dei conti era pur sempre un insegnante, di bassa lega, ma il coltello dalla parte del manico era il suo. Sorrisi ai miei compagni di stanza e sconsolato iniziai a scendere lentamente la scala a chiocciola della torre d’astronomia. I corridoi stavano iniziando a popolarsi, mi domandavo spesso come facessero ad essere così euforici a prima mattina, il mio status vitale era paragonabile a quello di un bradipo e tutto questo fino ad  un orario da destinarsi mentre loro, svegli da nemmeno mezz’ora, energici come folletti della cornovaglia. Roba da matti. Mi feci largo tra la folla e scelsi di scendere le scale, noncurante del cattivo rapporto, coltivato negli anni, con lo spostamento spontaneo di quelle maledette rampe. “Ma dico io, chi ha progettato queste scale doveva essere proprio un idiota!” sentii esclamare alle mie spalle. Che bello, qualcuno oltre me  di prima mattina riesce a non essere allegro. Mi voltai al suono della voce familiare e come ben avevo immaginato era proprio lui. Justin. Oramai soprannominato da ma e Tania come “Ombra”, non tanto per i colori scuri, quanto per il fatto che in qualsiasi posto io mi potessi trovare, anche in cima ad un albero, aveva la straordinaria capacità di trovarvisi anche lui. Casualità? Secondo me si, secondo Tania no. Ma onestamente, non sembrava affatto gay, quindi imperterrito dei segnali (facilmente fraintendibili) continuavo a ribadire alla signorina Poke che tra me e Justin poteva esserci solo amicizia. Anche perché sbagliato o giusto che fosse, nella mia testa c’era ben altro.
“Buongiorno anche a te” dissi.
“No, non è un buongiorno, non lo è”
“Problemi con le lezioni?” chiesi osservando i movimenti isterici del ragazzo. Sì, magari qualche movenza, ma da lì a sottintendere un omosessualità repressa c’era differenza.
“No, problemi con il mondo” affermò arrabbiato il ragazzo stringendo un libro al petto.
“Posso aiutarti?”
“Magari stasera, ora devo davvero scappare, scusa Alex” mi riservò un sorriso finto, forzato e di circostanza, un modo carino per dirmi che la mia appendice nasale doveva rimanere fuori dai suoi affari personali. Non insistetti, ricambiai il sorriso e lo guardai andare via. 
Finalmente arrivai in sala grande, dopo una decina di minuti passata a litigare con le rampe, ero finalmente seduto in santa pace a fare colazione. Un po’ di dolci caramellati, caffè babbano, qualche zuccotto di zucca e per finire un ottimo Tè alle ortiche. Da lontano lanciai un occhiata al tavolo dei Grifi, come ogni santa volta, non lo facevo con l’intenzione di farlo, solo che il mio occhio, correva lungo tutto il tavolo e come ogni volta non incontrava mai lo sguardo del riccio misterioso. “Chissà come starà oggi..” mi chiesi tra me e me.
“Sicuramente meglio di noi dopo la lezione di incantesimi Alex!” tuonò la voce di Tania.
“Dovrei smetterla di parlare ad alta voce” scoppiai a ridere.
“Parlando di cose serie, andiamo a lezione insieme o la tua ombra ci tormenterà anche oggi?”
“Tania, quante volte devo ripeterti che non è la mia ombra ?” Fece spallucce alla mia domanda e mi tese la mano per farmi alzare dal tavolo. Mancavano più di quaranta minuti all’inizio della lezione, ma avevo imparato a conoscere la mia Serpe preferita, aveva troppa ansia di arrivare tardi a lezione, soprattutto con la professoressa Floorence. Quindi masticando ancora un dolce caramellato, le presi la mano e mi alzai dal tavolo. Sembrava che nemmeno il caffè avesse fatto effetto quella mattina e non riuscivo a capire il perché, mi sentivo stranamente fuori dal mondo, debole. “Tania, credo di non sentirmi troppo bene” dissi poggiandomi ad una parete. Tania mi si avvicinò con la faccia quasi più pallida della mia, mi osservò dalla testa ai piedi e dopo aver riflettuto per un istante esclamò “Sei pallido e per di più hai delle occhiaie assurde, ma non hai dormito bene stanotte?”
“Si, stranamente non sono stato tormentato da incubi, ma mi sento fuori dal mondo in questo istante, stanco e spaesato come non mai.” Le dissi massaggiandomi la testa.
“Potrebbe essere un effetto collaterale della connessione?” chiese in tono indagatorio.
“Si, teoricamente si.” Risposi io mentre rapido, forse troppo, mi scostai dal muro per riprendere il viaggio verso l’aula d’incantesimi.
“Non sei costretto Alex, non devi per forza” Avevamo fatto quel discorso mille volte, non avevo nemmeno voglia di ripetere i soliti concetti per cercare di tranquillizzarla, perché tanto non avrebbe capito. Non ero costretto da nessuno, se non da me stesso, dovevo farlo. Per obbligo morale, potevo essere utile e volevo essere utile. Per una volta l’eroe volevo essere io, per una volta avrei voluto poter fare qualcosa senza essere necessariamente costretto a osservare in silenzio la scena.
Per tutto il percorso restammo zitti, scambiandoci pochi sguardi minatori e qualche sorriso, però sapevamo entrambi che quella era la cosa giusta da fare quella mattina. Varcammo l’aula con dodici minuti di anticipo, un record, ma sembravano essere quasi tutti lì. Infatti, eravamo gli ultimi due ad essere entrati in quella trappola mortale.
“Bene, bene, bene…” disse la Floorence sbattendo velocemente la bacchetta nella sua mano sinistra.
“..Signorina Poke, mi meraviglio di lei, l’ultima Serpeverde ad arrivare ad una mia lezione, che vergona!” Vidi Tania stringere i denti per la rabbia di non poterle rispondere a tono, poi abbassò la testa e si andò a sedere. Lo sguardo della donna passò presto su di me, mi scrutò dalla testa ai piedi e poi mi disse “Corvo, di te m’interessa relativamente poco, fa il tuo compito da secchia, siediti e segui la lezione con particolare attenzione, perché la prossima volta dovrai ripetere tutto quello che io spiegherò oggi.” Sorrise e mi indicò il posto accanto a quello di Tania.
“La lezione di oggi tratta di un argomento particolarmente interessante; si tratta degli incantesimi evanescenti, qualcuno sa cos’è un intanto evanescente?”
Tutti i corvi presenti in aula alzarono la mano, insieme a qualche serpe e a Tania, che come sempre fu la prima ad alzare la mano. “Bene, signor Stone?” Ma guarda un po’, l’unico corvo a non aver alzato la mano e anche l’unico corvo a cui la domanda viene posta. “Un incantesimo che nasconde” risposi io. “Risposta sciatta, ma andiamo avanti con la lezione.”
Iniziò a spiegare vari tipi di incantesimi evanescenti, partendo dalla magia che nasconde agli occhi, arrivando ad uno degli incantesimi evanescenti più forti l’incanto FIdelius. “Questo incantesimo ha origini antiche, nasconde agli occhi qualcosa o qualcuno, vincolando il rifugio ad una sola persona che ne custodisce il segreto.”
La spiegazione continuò, interrotta di tanto in tanto da qualche domanda e qualche fredda e seccata risposta da parte di quella donna evidentemente frustrata dalla vita. La mia testa iniziava a non seguirla più tanto bene, sentivo il mio respiro affannarsi e la nitidezza dell’immagini diventare sempre minore, tutto girava intorno ed io non riuscivo a fermarlo. Un sussulto, sentivo le gocce fredde del mio sudore segnarmi il volto come lacrime, o forse erano lacrime, ma non ero abbastanza lucido per capirlo. Tutto diventò buio, per poi scoppiare in una grande luce abbagliante.
Ero in uno dei corridoi del castello, non riuscivo a capire quale fosse però, perché non c’erano punti di riferimento. Camminavo a passo molto lento, a cinquanta metri da me una ragazzina, mai vista prima, che camminava agitata, sicuramente per aver ritardato ad una lezione. Non riuscivo a capire cosa mi stesse succedendo, finché non presi piena coscienza della questione. Non era il mio corpo quello, stavo guardando con gli occhi della persona con la quale la mia testa aveva istaurato una connessione e quella persona stava per attaccare. Riconobbi un quadro appeso sulla parete di sinistra  e capii subito che quello era il corridoio del quarto piano. Dovevo fare qualcosa per fermarlo, ma il corpo non rispondeva ai miei comandi. Cercai di interrompere il collegamento, ma con scarsi risultati. La persona si nascose dietro una colonna, evidentemente la ragazzina si era accorta della sua presenza. Dovevo agire in fretta. Con uno sforzo immane riuscii a interrompere la visione e quando la mia mente tornò nella classe ero steso su un banco e avevo gli occhi di tutti puntanti addosso.
“Alex!” tuonò Tania.
“Devo correre, sta per succedere, quarto piano, io devo..” dissi cercando di alzarmi il più velocemente possibile.
“Lei niente signor Stone!” interruppe la professoressa Floorence.
“Lei finisce di seguire la mia lezione, ora” e si voltò di spalle ritornando a scrivere schemi sulla sua lavagna.
“Professoressa lei non capisce..!” non mi fece finire la frase, punto la bacchetta sulle mie labbra e dalla mia bocca non riuscì più ad uscire parola. Mi aveva silenziato. Provai ad alzarmi, ma fu un tentativo vano tanto quello di provare a parlare, perché ero immobile, totalmente paralizzato, costretto a restare fermo in quella stramaledetta classe mentre lì fuori, chissà chi stava per stappare un altro innocente cuore. Cercai lo sguardo di Tania, ma non riuscivo a muovere nemmeno la testa. Sentivo borbottare qualcosa, ma non capivo cosa diavolo stesse facendo e qualsiasi cosa fosse, non stava funzionando. Il borbottio finì e insieme ad esso anche le mie vane speranze di potermi tornare a muovere prima della fine di quell’inutilissima lezione. Il mio sguardo era rivolto suolo ed unicamente verso la lavagna e la vedevo, lì seduta sulla cattedra, rigida e soddisfatta e avevo una dannata voglia di schiantarla sul muro, che il solo pensiero mi faceva venire voglia di distruggerla dall’interno.
La lezione finalmente finì, lei congedò la classe che lentamente si alzò ed andò via. Rimanemmo solo io, Tania e la professoressa più odiata del mondo magico.
“Bene, ora sei libero” disse muovendo la bacchetta. Sentii un piccola scossa elettrica pervadermi, ma piano piano le articolazioni ripresero quello che erano le loro naturali funzioni. Mi alzai, la guardai con sdegno e non dissi niente, anche le mie parole sarebbero state troppe. Con un cenno della testa feci capire a Tania che avremmo dovuto mettere la quinta per arrivare sul posto. Così fu’, non appena fuori dalla classe, iniziammo a correre come due ossessi, non avevo ancora spiegato della visione a Tania, ma aveva imparato a conoscermi così bene in quelle settimane, da capire al volto la gravità della situazione. D’un tratto un filmine mi attraversò la testa, sentivo un rumore, troppo forte, troppo strano per essere definito, così intenso da costringermi a portare le mani alle orecchie e piegarmi in due dai dolori.
“Alex che sta succedendo?” domandò la mia amica con il cuore in gola. Stavo cercando di capire a cosa appartenesse quel rumore. Quando finalmente ero riuscito a scindere la mia mente dalla sua, mi concentrai, cercai di ascoltare con le orecchie intere. Quello che sentivo non era un semplice rumore, non era un rumore qualunque: era un cuore che batteva.
Mi alzai, senza risponderle, che orami in quella giornata era diventata quasi un abitudine, per riprendere la folle corsa contro il tempo. Gira a sinistra, poi subito a destra, spallata contro un ragazzo e poi via ancora, sembrava un labirinto senza uscita, avevo la strana sensazione di smarrimento, ma non potevo fermarmi per prendere le scale, sarebbe stato totalmente controproducente.
Arrivai finalmente all’ingresso del quarto piano, ora il problema era se andare a destra o a sinistra. Fortunatamente essendo due ci dividemmo, io ero a destra e lei a sinistra. Avevo la bacchetta salda nella mano, pronto a schiantare quell’essere nel momento in cui si fosse fatto vedere. Arrivai quasi al quadro e dall’angolo sporgevano due piedi, capii subito che si trattava del corpo della ragazzina vista nella mia visione, presi un respiro profondo e rallentai il passo. Avevo paura, non so precisamente di cosa, ma avevo paura, il mio cuore aveva paura. Girai l’angolo ed era lì, stesa per terra con gli occhi sbarrati, proprio come gli altri due ragazzini. Gettai un pugno al muro imprecando, ero arrivato troppo tardi. Odiavo la Floorence, odiavo me stesso per non aver fatto nulla, odiavo tutto e tutti e quindi piangevo, piangevo lacrime amare come il veleno. In un attimo di lucidità mi accorsi che Tania non era ancora arrivata, il che non sarebbe stato strano solo nel momento in cui.. “Porca Morgana!” gridai. “TANIA!”.
Mi alzai in fretta e iniziai a correre nella direzione opposto rispetto a quella da cui ero venuto, speravo con tutto me stesso di non trovarla nelle condizioni dei tre ragazzini, perché altrimenti non me lo sarei mai perdonato.
Infondo al corridoio vedevo lampi di luce colorata che potevano essere il segno di un'unica cosa: una battaglia.
Corsi ancora, arrivai alla fine del corridoio e la vidi, era lì, impegnata più che mai a contrastare gli incantesimi di un essere incappucciato, che sembrava  quasi uno dei Mangiamorte di Colui-che-non-deve-essere-nominato raffigurati nei libri di storia della magia. Nessuno dei due si era accorto della mia presenza. Ebbi un attimo di smarrimento, nel quale la mia mente e quella di quell’essere erano troppo vicine per riuscire a sentire solo il flusso dei miei pensieri, quindi cercai di silenziarmi la testa e poi puntai la bacchetta alle spalle del mago incappucciato. Tania si accorse della mia presenza e sorrise vincitrice, mentre quella creatura sembrava essere ancora all’oscuro di tutto. “Petrifi..” una risata demoniaca non mi permise di continuare, proveniva dalle mie spalle, mi girai il più rapidamente possibile, ma non fui abbastanza svelto. L’ultimo ricordo fu quello, un lampo di luce verde. 


Chiedo scusa per il ritardo a tutti, ma tra esami e studio ho avuto davvero poco tempo per scrivere, giuro mi farò perdonare in questi giorni cercando di pubblicare al più presto il prossimo capitolo! Ringrazio per le recensioni e spero di riceverne ancora! Tante sorprese nel prossimo capitolo (come sempre). Il nostro piccolo Alex sta per incontrare qualcosa di più forte di lui, cosa gli sarà successo ? Al prossimo capitolo!
  
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