Bravo, guardami.
Guarda quello che sei diventato. Un patetico cliché, nient’altro.
Guardami.
Sono proprio qui, nello specchio.
Dai, lavati quello schifo dalla faccia e togliti quei vestiti ridicoli, voglio che guardi te stesso.
Perché sai, per quanto quei vestiti e quel naso rosso possano far ridere gli altri, per quanto possano ispirare fiducia e ilarità, quello che sei davvero non può cambiare.
 
Ecco, bravo, spogliati di questi orpelli. E guardami.
 
Chi sono io?
 
Sono la tua coscienza.
Il tuo vero io.
Io sono te.
No, non sono quello che ogni sera entra in scena e fa divertire il pubblico ignaro.
Sono la tua essenza. Sono la verità.
Sei davvero un cliché, lo sai anche tu. Il povero pagliaccio triste, che fa sorridere tutti ma non se stesso.
 
E dimmi, perché sei così triste?
 
Va bene, non rispondere. Io lo so.
Sei solo, non è vero?
Nessuno noterebbe la tua mancanza.
Perfino quei bambini che tanto hanno riso grazie a te si dimenticheranno di te non appena ci sarà qualcos’altro che li farà ridere più di quanto ci sia riuscito tu.
 
Bravo, il bourbon ti farà bene. Ti aiuterà a dimenticare, per un po’.
Ma per quanto?
E sarà abbastanza?
 
La risposta la sappiamo entrambi.
Guardami, non distogliere lo sguardo.
Odi quello che vedi, non è vero?
Fai bene.
 
Oh, smettila. So a cosa stai pensando, ci pensi quasi ogni giorno.
Ma sai bene, così come lo so io, che da vero cliché quale sei, non avrai mai il coraggio di metterlo in pratica.
Mi disgusti.
Ti disgusti.
Ma non c’è niente che puoi fare a riguardo. Ed è questo che odi.
La tua inerzia.
 
Oh, sono quasi le 7.
Tra poco si torna in scena.
E’ ora di indossare un nuovo sorriso che, di tutto il trucco che hai sulla faccia, è quello meglio riuscito.
 
Che maestro di recitazione che sei diventato.
 
E ora vai, parleremo di nuovo al tuo ritorno.