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Autore: Gwen Chan    07/09/2015    0 recensioni
"Hari Seldon ha previsto il futuro".
L'Impero cadrà e sarà il caos.
Cinque storie. Cinque storie per raccontare le vite di individui a volte straordinari, a volte semplici, ma ugualmente importanti. Il tutto durante il primo secolo della Fondazione.
Perché i singoli sono il punto debole della Psicostoria, il suo angolo cieco.
[CicloDellaFondazione!AU][Prima Classificata al Beware the warning contest/Second edition di Rota]
Genere: Generale, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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PARTE SECONDA
 
"VIAGGI SPAZIALI. Fin dalle origini, l'uomo ha mostrato uno spiccato interesse per il cosmo ... Tali esplorazioni furono però possibili solo quando l'uomo capì come viaggiare nell'iperspazio. La Fondazione iniziò presto a costruire le sue astronavi. Tra esse, le affusolate e veloci Pixie [...] si devono alla collaborazione di Arthur Kirkland e Francis Bonnefoy."
ENCICLOPEDIA GALATTICA
 
Francis Bonnefoy apparteneva alla prima generazione di giovani nati su Terminus. Il padre era uno degli enciclopedisti reclutati da Hari Seldon ed esiliati all'estrema periferia della Via Lattea perché considerati una minaccia alla già fragile stabilità dell'Impero. Il genitore, esperto in tecniche agricole, aveva cercato con ogni mezzo di trasmettere al figlio la passione per l'Enciclopedia e i valori a essa collegata, ma senza successo. Francis non era interessato a trascorrere la vita a trascrivere nozioni del passato per i posteri, di agricoltura o di qualsiasi altro argomento. Al contrario era entrato con entusiasmo in politica. Prima ancora era stato collaboratore del Quotidiano di Terminus e, indirettamente, di Salvor Hardin.
Al momento stava discutendo con un amico di infanzia e rivale nell'adolescenza a proposito della recente minaccia del neo indipendente regno di Anacreon.
"Arthur, se passassi metà del tempo che dedichi a quell'Enciclopedia a guardarti attorno, sapresti che lo status speciale di Terminus è carta straccia."
L'interlocutore, un uomo le cui spesse e scure sopracciglia contrastavano con la folta capigliatura bionda, sbuffò: "La Fondazione ha un unico scopo: l'Enciclopedia. E lo sai bene. Dovresti darci una mano."
"Trovo più utile dedicarmi al presente. Più piacevole e proficuo", ribatté il primo, soffiando un bacio a una ragazza carina seduta poco lontano.
Arthur fece schioccare la lingua in segno di disapprovazione. "Ricordami di segnare da qualche parte questa tua massima" disse sarcastico "così le generazioni che vivranno nel caos e nella barbarie sapranno chi incolpare."
Sbatté con rabbia una moneta d'acciaio sul tavolo e si allontanò. Rispetto a una cinquantina di anni prima, la Fondazione era profondamente mutata e con essa Terminus. Inizialmente composta da un nucleo di ventimila persone, donne e bambini compresi, aveva assistito al susseguirsi di almeno due nuove generazioni, delle quali solo una parte di sentiva ancora legata al grandioso Progetto Seldon. Gli altri avevano preferito dedicarsi alla vita del pianeta.
Arthur Kirkland osservò i libri che tappezzavano le quattro pareti del suo studio. Se li avesse illuminati con un apposito raggio, i testi in essi contenuti sarebbero diventati tridimensionali. Stava per iniziare la lettura di un vecchio volume di fisica quantistica, quando lo schermo per le comunicazioni incastonato nel muro, uno dei residui dell'Impero, si accese con un beep.
"Sì?"
"Il signor Francis Bonnefoy desidera vedervi."
Sì, e fare altro, quella sottospecie di maniaco che non sa tenere le mani al loro posto, pensò Arthur. Rispose: "Digli che sono occupato. Per sempre!"
Era passato circa un mese dal loro litigio. Nel frattempo le pressioni di Anacreon si erano fatte più insistenti, insieme alla popolarità di Hardin.
"Lo manda Hardin in persona" lupus in fabula "un dignitario anacreoniano vorrebbe conoscere meglio il lavoro della Fondazione."
Arthur inspirò con forzata lentezza. Il cancelliere Lord Dowin aveva già fatto un giro turistico tra gli Enciclopedisti, ma era stato comunque un emissario dell'Impero, con interessi diretti nei riguardi della Fondazione. Ma Anacreon? No, doveva essere sicuramente una scusa.
"Scenderò tra cinque minuti."
La storia si rivelò vera e falsa allo stesso tempo. Francis era accompagnato da un anacreoniano, un certo Yao Wang dagli esotici occhi a mandorla, il quale pareva anche interessato all'Enciclopedia. Arthur, però, conosceva abbastanza il rivale da non fermarsi lì.
"Chi lo avrebbe detto che la corte di Anacreon avrebbe mandato una giovane così adorabile" esclamò Francis, esibendosi in un affettato baciamano. Wang si ritrasse di scatto, affrettandosi a pulire sulla giubba di velluto la zona di pelle sfiorata dalle labbra.
"Come già detto, temo che abbiate equivocato. Ripeto: sono un uomo."
"Ostacolo facilmente... " assicurò Bonnefoy, prima che Arthur gli impedisse di continuare con una pedata ben assestata, per quanto discreta, negli stinchi. Con il sorriso più falso che riuscì a produrre, Kirkland si voltò verso l'anacreoniano. "Siete interessato all'Enciclopedia?"
Wang annuì. Si teneva a distanza di sicurezza da Francis - un metro e mezzo - e continuava a lanciare occhiate sospettose in giro. "Ho sentito che possedete dei rari volumi di calligrafia, di quando l'uomo ancora scriveva a mano."
"Se volete seguirmi … "
Una settimana dopo, pur con Yao felicemente tornato sul suo pianeta natale con un paio di libri appositamente duplicati sottobraccio, Arthur non riusciva a togliersi dalla testa una frase del l'ospite: solo uno stupido non vedrebbe il sasso a pochi metri dai propri occhi perché troppo concentrato sulla lontana montagna. Di più, per quanto avrebbe preferito tagliarsi la lingua piuttosto che ammetterlo ad alta voce, Francis aveva ragione. Anacreon non considerava l'Impero una minaccia. A malapena lo considerava.
"Ma erano tutte cose che avrei potuto farti comprendere senza dover andare su Anacreon" osservò Francis.
"Dovrei apprezzare la tua dedizione nei miei confronti? Perché su alcuni pianeti le tue attenzioni sarebbero al limite della molestia."
"Suvvia, non esagerare. Mi piace la tua compagnia."
"E anche altro!"
Arthur era nervoso. L'apertura della Volta del Tempo si avvicinava, Hardin metteva il naso dove non avrebbe dovuto e il popolo non sosteva più gli Enciclopedisti come un tempo. Inoltre, memore dell'ultima volta, quando si era svegliato nudo in un letto non suo, con un dolore sospetto al fondoschiena- e non aveva voluto indagare oltre - Kirkland non aveva toccato un goccio d'alcool, il che lo rendeva ancora più irritabile. Francis che si ostinava a far scintillare davanti a lui un calice di vino di Smyrno era la ciliegina sulla torta. O la goccia che avrebbe fatto traboccare il metaforico vaso. Deglutì. rumorosamente. Quando riprese a parlare, la voce tradiva il nervosismo. Si trovavano ai confini della città. Al di là si estendeva una piana deserta, destinata a ospitare la base militare che Anacreon era riuscito a imporre.
"Se è una crisi, Seldon l'avrà prevista e con essa una soluzione."
"Conto di trovarti all'apertura della Volta."
"Non esserne sicuro."
Invece, quattro giorni dopo erano entrambi seduti in trepidante attesa che Hari Seldon, o meglio, il suo ologramma parlasse, rivelando la via per uscire dal labirinto. Arthur si guardò attorno, ignorando con ostentazione i tentativi di Francis di attirare la sua attenzione. La sala era semi-vuota: il Consiglio dei fiduciari, Salvor Hardin e il suo braccio destro, chi, come egli stesso, era riuscito a ottenere un permesso speciale. Poi la Volta si aprì. Il pubblico trattenne il fiato, all'unisono.
Quando il messaggio cessò, Arthur seppe di dover abbandonare Terminus e fuggire, fuggire lontano, correre all'estremità opposta della Via Lattea, dove si mormorava Seldon avesse posto la Seconda Fondazione, e là chiedere asilo. Avrebbe elaborato un motivo plausibile durante il viaggio.
Altrimenti, ora che era stato rivelato come l'Enciclopedia fosse solo una gigantesca farsa, Francis lo avrebbe tormentato, prendendosi gioco di lui, fino alla tomba.
Nella mente sfilarono in bell'ordine le continue frecciatine dell'amico-rivale, gli anni passati sui libri, le occasioni sprecate, il visetto gonfio di risentimento di suo fratello Peter, quando non poteva giocare con lui, ovvero quasi sempre. La certezza del proprio operato, dell'importanza di preservare le tradizioni, la gloria del passato, si frantumarono. Fu vittima prima dello sconforto, quindi di un violento desiderio di bruciare tutti i volumi già pubblicati o in lavorazione. In preda alla nausea, premette la faccia contro le ginocchia.
A pochi metri di distanza, Francis sorrideva sornione da un orecchio all'altro.
Non credeva che quel sorriso, capace di risvegliare i suoi più profondi istinti omicidi e di annodargli le viscere allo stesso tempo, potesse diventare più ampio. Evidentemente si sbagliava.
Arthur incrociò le braccia al petto, a difendersi dal mondo, e attese che Francis finisse di leggere un plico di fogli che gli aveva passato. Erano scritti nella sua scrittura piccola e nervosa. "Dunque, cosa ne pensi?"
A tre mesi dall'apertura della Volta, con la sua sferzante verità, si ritrovava a chiedere aiuto alla sua nemesi, la quale non riusciva proprio a non gongolare.
"Sono misure e calcoli... " rispose Francis, incerto. "Lo sa che la matematica non è mai stata il mio forte."
Questa volta fu Arthur a concedersi il lusso di un ghigno beffardo: "Nemmeno il vecchio Beilshmidt è riuscito a inculcarti qualcosa."
"Non farti sentire da lui!"
A settant'anni e passa, Gilbert Beilshmidt non solo aveva ancora una mente arzilla, ma sembrava non essersi accorto che il suo corpo era invecchiato, ignorandone i nuovi limiti e gli acciacchi. "È la teoria per la costruzione di un'astronave, per viaggi rapidi e in solitaria. Sai disegnarla?"
"Terminus riesce a malapena a riparare le astronavi dell'Impero, le rare occasioni in cui riesce ad averle. Non ha le risorse per costruirne di nuove."
Eppure Francis, a dispetto delle sue parole, aveva già aperto un cassetto alla ricerca di un foglio e di una penna. Gli piacevano il fruscio della carta e l'odore dell'inchiostro, le tradizioni, il gusto dell'antico.
"Le risorse arriveranno."
Arthur aveva bisogno di certezze. Per ventitré anni l'Enciclopedia era stata la sua certezza, insieme alla convinzione che la missione della Fondazione non sarebbe fallita, nonostante gli ostacoli che si sarebbero frapposti lungo il cammino. Privato della prima ancora, aveva un bisogno quasi fisico di credere che Terminus sarebbe cresciuto. Si sarebbe espanso. Avrebbe riportato la civiltà dove la barbarie aveva già diffuso le sue tossiche radici.
"Nel frattempo, come deve essere lo scafo?"
Francis lo strappò dai suoi pensieri. Succhiava la punta della penna, tracciando con eleganza ghirigori distratti. "Dovrebbe essere... " e cominciò a descrivere.

   
 
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