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Autore: Prue786    07/02/2009    1 recensioni
Il sole, il mare, il relax... ci sono davvero tutti i presupposti per una splendida crociera, ma non è così che la pensa Nathan, in vacanza con i genitori. Sarà costretto a cambiare idea quando si ritroverà a scontrarsi con qualcosa che crede al di sopra delle proprie possibilità... e allora la noiosa crociera sarà solo un bel ricordo.
Genere: Generale, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 9- False speranze

 

La piccola imbarcazione si muove rapidamente sull’acqua.

“Ehi! Qua! Siamo qua!” Urla Nathan non riuscendo a non ridere. Si sbraccia e più avverte il rumore del motore farsi vicino, più non riesce ad aspettare. Cammina nell’acqua fin quando questa non gli arriva ai fianchi.

L’imbarcazione sembra puntare proprio nella loro direzione.

“Sono i soccorsi… sì, sono venuti a prendere noi!” Sussurra il giovane continuando ad agitare le braccia in aria.

“È la mia mamma?” Chiede Isabel con aria impaziente, ma il ragazzo non le risponde, impegnato a tener d’occhio l’oggetto azzurro che ogni minuto si fa sempre più vicino.

Riesce quasi a distinguere le persone a bordo… riesce quasi a contarle quando l’imbarcazione vira leggermente.

“Ehi!” Esclama indignato il giovane: “Dove diavolo vanno? Siamo qui!... Ehi, siamo qui! Da questa parte!” Urla Nathan muovendo qualche altro passo nell’acqua.

“Nathan…” Sussurra la bambina dietro di lui: “La mia mamma viene a prendermi, vero?”

“Ehi! Aiuto! Aiutateci! Siamo qui!” Il ragazzo avverte il panico farsi strada quando l’imbarcazione continua per la sua direzione e le persone a bordo non danno alcun segno di averli visti.

“Dannazione!” Strilla il giovane picchiando con i pugni sull’acqua e facendola sollevare e schizzare ovunque.

“Quando arrivano?” Isabel cerca di avvicinarsi all’altro, ma l’acqua le arriva subito alle ginocchia e la bambina si ferma, rimanendo a guardare Nathan che ha ormai smesso di urlare. 

Il ragazzo stringe forte i pugni senza riuscire a smettere di guardare l’imbarcazione che li ha palesemente ignorati e che ora è diventata un puntino che a malapena si distingue dall’oceano circostante.

Digrigna i denti e cerca di ricacciare indietro le lacrime di rabbia che oscurano leggermente la vista: “Maledetti…” Sibila abbassando lo sguardo sull’acqua.

“Nathan, quando arrivano mamma e papà?”

Il giovane chiude gli occhi ed inspira profondamente l’aria salmastra prima di girarsi e tornare lentamente sulla spiaggia, senza guardare la bambina.

In silenzio si lascia cadere sulla sabbia, rimanendo con lo sguardo fisso nel vuoto.

“Voglio andare a casa mia…” Pigola Isabel avvicinandosi al giovane e sedendosi accanto a lui. La bambina piega le ginocchia le circonda con le braccia guardando le onde che si infrangono a riva: “Perché non sono venuti qui? La mia mamma e il mio papà dovevano venire a prendermi… dove sono andati ora?” La piccola si zittisce per qualche secondo e con una mano muove la sabbia vicino a lei: “Nathan…” Chiama il ragazzo e si volta a guardarlo.

L’altro continua ad ignorarla, con gli occhi rivolti al cielo cristallino: “Erano qui! Erano arrivati fin qui! Perché non sono venuti a prenderci? Perché hanno girato? Se avessero proseguito… forse non ci hanno visti… forse il motore faceva troppo rumore e non hanno sentito la mia voce… se solo… se solo…” Nathan si copre gli occhi con un braccio, sbuffando.

“Non era la mia mamma…” Piagnucola Isabel.

L’altro stringe forte le palpebre.

“La mia mamma mi vede sempre… quando sono sulle giostrine e lei è lontana, lei mi vede sempre e mi chiama... “Isabel” e io non voglio scendere dall’altalena, ma poi vado da lei…”

Nathan fa una smorfia a quella frase e toglie il braccio dal viso per poter guardare la bambina. Isabel ha l’aria imbronciata e guarda la sabbia che ha in mano.

Un lieve sorriso increspa le labbra del giovane che si tira su a sedere: “Hai ragione!” Esclama rivolto alla bambina: “Sì, la tua mamma e il tuo papà non ti lascerebbero qui!... non ti lascerebbero qui… “ Abbassa un po’ la voce e accarezza la testa di Isabel.

Nathan si lascia sfuggire un sospiro tutt’altro che allegro e sposta lo sguardo sull’oceano: “Sì, forse non ci hanno visti… anzi, sicuramente non si sono accorti di noi… se sono venuti qui a cercare noi faranno sicuramente il giro dell’isola e noi saremo qui ad aspettarli…” Il giovane sospira nuovamente mentre sente sciogliersi il nodo alla gola che lo aveva infastidito fino ad allora: “Dobbiamo solo aspettare un altro po’… sì, solo un altro po’…” Nathan si volta a guardare la spiaggia; la scritta SOS lasciata a metà: “Forse a questo punto è anche inutile, però…” Respira a fondo e si alza quasi di malavoglia, muovendo qualche passo incerto. 

“Dove vai?”

“Uhm… mi sgranchisco le gambe…” Sussurra accigliandosi. 

“Che significa?” 

Nathan apre la bocca e si volta a guardare Isabel: “Vuoi aiutarmi a finire la scritta che stavamo facendo prima?” Domanda con un lieve sorriso.

L’altra annuisce con la testa e si alza cominciando a correre in direzione del mucchio di tronchi e sassi.

“E va bene!” Esclama Nathan: “Mettiamoci al lavoro!”

 

Il sole ha passato il punto più alto del cielo da un bel po’, e ormai è sul punto di tramontare quando Isabel si accascia pesantemente sulla sabbia: “Sono stanca!” Si lamenta.

“E riposati!” Nathan sbuffa rumorosamente e si allontana per osservare meglio le lettere in rilievo sulla sabbia.

“Nathan, ho sete… voglio l’acqua!” La bambina si alza, avvicinandosi al giovane che continua a guardare il lavoro con aria critica.

“Nathan…” Isabel strattona il giovane per la maglia : “Ho sete! Dammi l’acqua!”

“Hai sete…” Ripete l’altro fra sé, come riflettendo su quelle parole. 

“Sì, ho sete! Tanta…” La bambina continua a stringere la maglia del giovane tirandola con forza.

“E va bene! Torniamo indietro… ritorniamo al fiume!” Sospira massaggiandosi distrattamente un braccio e lanciando un’ultima occhiata alle tre lettere. Afferra Isabel per una mano e punta verso gli alberi: “Andiamo!” Sussurra guardando la sabbia ai suoi piedi. Il verso di un uccello lo fa fermare di nuovo. Si gira lentamente verso l’oceano, cercando con lo sguardo qualcosa sulla superficie calma per poi riprendere a camminare scuotendo la testa.

Quando raggiungono il fiume è quasi buio. La bambina al vedere il corso d’acqua si libera dalla presa del ragazzo e comincia a correre.

“Isabel, ferma!” Urla più del dovuto Nathan, con un’espressione improvvisamente dura in volto.

Le sue parole hanno l’effetto di far bloccare la bambina che rimane lì dov’è.

Il giovane annuisce: “Vuoi cadere di nuovo in acqua?”

Solo un movimento di testa risponde alla sua domanda.

Il ragazzo raggiunge Isabel e la prende per un braccio : “Vieni!”

Si avvicinano lentamente all’acqua che scorre velocemente producendo un piacevole rumore.

“Ho sete! Posso bere, Nathan, per piacere?” Chiede la bambina con voce lamentosa voltandosi a guardare il ragazzo che le lancia solo un’occhiata un po’ imbarazzata prima di rispondere: “E… si, certo, bevi, ma fai piano!” Lascia andare il piccolo braccio e si siede sull’erba rimanendo a guardare l’altra mentre immerge le mani nell’acqua  e si disseta.

“Hai fame?” Chiede quasi senza volerlo, guardando un punto imprecisato fra gli alberi.

“Sì! … vai a prendere le banane?”

Nathan inspira profondamente e sorride: “Certo! Vuoi venire con me?”

“Sì!” Quasi urla la bambina.

“Va bene!” Esclama l’altro sempre evitando di guardarla: “Però dobbiamo camminare un po’… non ti stancherai, vero?”

Un breve silenzio precede la risposta dell’altra: “Ma se poi mi fanno male i piedi… io sono piccola e mi fanno subito male i piedi e pure le gambe… il mio papà mi prende in braccio quando sono stanca! Se mi stanco mi prendi in braccio?”

Nathan socchiude le labbra chiudendo gli occhi e sospirando rassegnato: “Va bene…”
Isabel si alza  e ridacchia: “Così facciamo che tu sei il papà e io sono la figlia piccola!”

Il giovane si volta di scatto a quelle parole e sorride: “Figlia piccola? Perché, ho anche altri figli?”

L’altra lo fissa per qualche istante e poi alza le spalle: “Sì, facciamo che hai anche una figlia grande!”

“E come si chiama?”   

“Si chiama Desirèe e lei mi fa giocare sempre, però certe volte mi fa piangere perché si prende i miei giocattoli!”

“Davvero?” Nathan si alza  e prende per mano la bambina.

“Sì, però poi me li dà di nuovo!”

“Allora è brava!”

“Sì, è brava!” Isabel cammina in silenzio per un po’ prima di aggiungere: “Ma tu poi devi venire a casa mia!”

“Perché?” Nathan sorride, guardando fra gli alberi.

“Perché tu non la conosci…”

“Chi è che non conosco?”

“Desirèe!”

“Ah…”Il giovane scuote la testa: “E chi è?”

“La mamma dice che è la mia babysitter… io mi diverto con lei!”

“Ah, è la tua babysitter! Va bene, allora dovrò sicuramente venire a casa tua!” Il giovane sospira  e aumenta leggermente il passo prima di fermarsi di fronte ad una mezza dozzina di alberi di banane.

 

I due ritornano nei pressi del fiume con un casco per uno e si siedono vicino ad un albero prima di cominciare a mangiare in silenzio.

“Domani mangiamo ancora banane?” Isabel mastica velocemente il frutto che ha fra le mani.

Nathan guarda la bambina e stringe le labbra abbassando lo sguardo: “Io… non lo so…” Sussurra con aria improvvisamente tetra.

“Ma tanto non fa niente… le banane mi piacciono!” Esclama la bambina guardando attentamente il frutto che ha in mano.

Nathan alza nuovamente lo sguardo su di lei e con un sorriso le accarezza la testa: “Sì, sono buone!” Sussurra prima di poggiare la schiena contro l’albero alle sue spalle, sospirando. Chiude gli occhi e rimane fermo, cercando di svuotare la mente da qualsiasi pensiero.

“Nathan, voglio dormire!” La voce gli fa aprire lentamente gli occhi e quasi con sorpresa si accorge dell’oscurità che li circonda.

“Se hai sonno, dormi!” Si limita ad esclamare guardando la bambina che sbadiglia e si sfrega gli occhi.

Isabel si alza, avvicinandosi al ragazzo, e si siede accanto a lui.

Il giovane le lancia una rapida occhiata per poi girarsi da un’altra parte: “Verranno a cercarci qui?” Si domanda all’improvviso socchiudendo gli occhi: “E se ci avessero dati per dispersi in mare o… o per morti?” I battiti del cuore aumentano d’intensità. Scuote la testa aprendo gli occhi. Si guarda intorno; l’acqua del fiume riflette la luce della luna spandendo intorno deboli luccichii. Al di là del corso d’acqua vi sono solo alberi immersi nel buio e più nulla. Un brivido corre lungo la schiena del ragazzo che deglutisce e sposta lo sguardo sulla bambina al suo fianco: “Isabel…” Sussurra piano, ma l’altra non dà segno di averlo sentito. “Isabel?” Prova di nuovo, senza alcun risultato: “Stai già dormendo?” Nathan  abbassa di poco la testa verso la bambina che, con la bocca leggermente aperta, dorme placidamente, gli occhi chiusi e il respiro regolare.

Il giovane si lascia sfuggire un sospiro e muove lentamente il braccio destro a circondare le spalle di Isabel: “Così è quasi sicuro che mi accorgerò se si allontanerà di nuovo… non ho intenzione di tuffarmi di nuovo nel fiume…” Nathan sorride suo malgrado e poggia a testa all’albero chiudendo gli occhi.

 

 

 

 

per Araluna: ciao… chiedo umilmente scusa… non ho mai aggiornato con tanto ritardo… la tesi mi sta davvero prosciugando le energie-_-;;; ma per farmi perdonare in questi giorni mi sono messa d’impegno^^ per il prossimo capitolo non ci sarà molto da aspettare^^

Forse il nostro Nat sta cominciando davvero a rassegnarsi alla presenza di Isabel… non so chi dei due mi faccia più tenerezza XD Poveri!!!

Ti ringrazio per la pazienza e la costanza con la quale segui la mia storia^^ Alla prossima! Baci!

   
 
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