Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Segui la storia  |      
Autore: Aluah    08/09/2015    3 recensioni
L'alba le era sempre piaciuta.
Più del tramonto, più del mare e più dei saldi di fine stagione, dove i negozi si tingono di scritte rosse tentatrici. Amava l'alba e i suoi colori, più tenui, definibili quasi docili tanto erano in alcuni casi appena accennati, come a voler far risaltare le nuvole bianche che disseminavano la linea immaginaria di orizzonte, dove cielo e mare si confondevano ogni giorno, ogni notte. Amava vivere sulla costa, il profumo della salsedine e le urla dei pescatori, la piccola cittadina dove si era rintanata e la famigliarità di quel luogo che l'aveva accolta quando nessuno l'avrebbe mai fatto.
Per loro era Nami, semplicemente Nami.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro | Coppie: Nami/Zoro
Note: AU, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
zonami new








Angolo dell'autrice:
 

Solitamente lo metto alla fine, quando ho ben sfornato la mia storiella e sono felice per non essermi arresa alle avance del divano.
Oggi lo metto all'inizio, perchè si.

Questa è un AU non AU: la definisco così perchè ho voluto stravolgere il mondo di One Piece, nessun migliore amico di Nami e Zoro tutto cibo e ingenuità e nessuna altra coppia canon, solo loro due e i loro problemi di comunicazione. La definisco non AU perchè semplicemente l'ambientazione nel villaggio semi disabitato vuole essere un richiamo a ciò che effettivamente troviamo nel manga, niente cellulari, niente internet, niente automobili: una vita in barca e il mare che tanto amano. Ho preso questa decisione semplicemente perchè ho cambiato il mio modo di scrivere, ho perso fiducia nel manga e smesso di seguire l'anime da tempo, leggendo solo gli Spoiler! per non rimanere indietro; inoltre noto sempre di più che ogni idea su Zoro e Nami viene presa e sciupata fino a che da quella, non vengono estratte tutte e dico tutte le possibilità che offre.
Ora, se per me al momento le idee basate sul mondo di One Pice puro e semplice sono finite, perchè le storie Momenti di vita - Missing moments mi hanno smaciullato le palle, quelle esterne al manga in contesto scolastico, lavorativo, lei assistente e lui datore di lavoro, non mi sono mai piaciute da scrivere, tanto che mi ritengo incapace di farlo, finendo a far conigliare 'sti due nelle peggio situazioni.
Oh una riunione! E trombano.
Ecco, quello volevo evitare.
Ecco perchè la scelta di un AU non AU, per conciliare un mondo che amo ma che credo ormai morto a livello di idee riguardo questa coppia per quanto mi riguarda, tanto è vero che ultimamente le Long con le contropalle come quelle di anni fa sono, a mio avviso, scomparse. E mi riferisco alle long vecchie, ma vecchie vecchie, di Shainareth ad esempio, la mamma dello Zonami. Ah, e giusto per la cronaca, so benissimo di non esser più vista di buon occhio qui, perché recensisco negativamente e dico ciò che penso, senza peli sulla lingua. Sappiate una cosa, amori miei, me ne sbatto le balle.
Sclero finito.
Buona lettura.












FAR


Capitolo 1







Go forth and have no fear
Come close the end is near








L'alba le era sempre piaciuta.
Più del tramonto, più del mare e più dei saldi di fine stagione, dove i negozi si tingono di scritte rosse tentatrici. Amava l'alba e i suoi colori, più tenui, definibili quasi docili tanto erano in alcuni casi appena accennati, come a voler far risaltare le nuvole bianche che disseminavano la linea immaginaria di orizzonte, dove cielo e mare si confondevano ogni giorno, ogni notte. Amava vivere sulla costa, il profumo della salsedine e le urla dei pescatori, la piccola cittadina dove si era rintanata e la famigliarità di quel luogo che l'aveva accolta quando nessuno l'avrebbe mai fatto.
Per loro era Nami, semplicemente Nami.
Nessuna spogliarellista scappata dalla città, nessuna mutanda troppo stretta per il suo fondoschiena e nessun tacco troppo alto per la sua dignità di donna; era una semplice ragazza dai capelli biondi platino con qualche strana mania di persecuzione, timida, dannatamente timida verso il genere maschile e con un pesce rosso che presentava quasi fosse suo figlio. Amava quel pesce, lo sentiva suo, se ne doveva occupare. Riversava su quell'essere tutta la sua attenzione, l'amore che era certa non provare e la frustrazione di essere rimasta sola, senza più nemmeno un padre, senza un tetto e senza una reputazione al di fuori del luogo semi deserto dove si era rifugiata; che poi era una semplice omissione, il fatto che non avesse ancora effettivamente ammesso che se era venuta in quel villaggio per aprire un negozio di fiori, lo aveva fatto solo per lo schifo che provava nel guardarsi allo specchio ogni mattina.
Non era mai stata fidanzata e non le era mai passato per la testa di esserlo, non le piaceva l'impegno di vivere in funzione di ciò che una persona, estranea alla sua famiglia, avrebbe potuto offrirle a livello affettivo; non voleva dipendere dai sentimenti di nessuno, nessuno a dirle che era importante prima e morta dopo, nessuno a ricordarle che c'era la lavatrice da fare, il bucato da stendere, la cena da cucinare, nessuno che le rinfacciasse che come massaia era pure brava ma non si applicava come avrebbe dovuto, come le avevano sempre detto. Che poi, non era mica una legge lei, per cui quel termine - applicarsi - stonava proprio, ma proprio tanto.
Ogni mattina sedeva sul tetto della sua casetta, comprata con quel che le rimaneva della borsa di studio per il college e guardava lontano, il sole che piano piano si stiracchiava e carezzava con i suoi raggi le colline e il circondario, illuminando i muri colorati delle case, le insegne degli sporadici negozi del centro, le barche ormeggiate e quelle che facevano rientro dopo la nottata di pesca, seguite dai gabbiani che danzavano nell'aria, sincronizzati nei movimenti. Con il naso all'insù dava poi uno sguardo al cielo che piano piano di schiariva, attraversando tutte le gradazioni di lilla, azzurro ed ocra, quasi stesse scegliendo l'abito da indossare.
Quel giorno aveva scelto un incredibile color turchese pastello, in perfetta tinta con le sue ciabattine.
Stretta nel suo poncho respirava piano, timorosa di spezzare quell'attimo perfetto che ogni mattina le metteva la pelle d'oca, convincendola sempre più che forse lasciare la città non era stata una così cattiva idea; dal suo appartamento non si vedeva nemmeno una stella, le uniche luci erano elicotteri o laser pronti a richiamare con le loro colorazioni sgargianti ragazzi in cerca di divertimento, sballo, oblio. Per quasi due anni aveva vissuto in simbiosi con quelle luci tanto false, regalando tutto ciò c che ogni spettatore, uomo o donna, si aspettava di vedere da lei, bocca sensuale e sedere tonico, la rossa più rossa del locale.
Amava l'alba e la sensazione della brezza sulla pelle, il canto dei pescatori che ritiravano le reti e il rumore delle onde contro gli scogli.
Era innamorata di ogni cosa riguardasse il mare, del suo aroma pungente e dei suoi colori; che poi forse avrebbe dovuto amare il cielo per quelle sfumature, ma l'acqua le era sempre sembrata più bella, più colorata, più vera seppur conscia che non fosse altro che un semplice riflesso di altro. Alle volte pensava a come aveva fatto a vivere senza, a crescere lontana dalla natura più violenta dell'oceano, dal vento potente e dai flutti spumosi; se prima i saldi le sembravano tutto ciò che avrebbe mai potuto desiderare, ora erano il superfluo, l'inutile, l'eccesso di cui non aveva bisogno per essere felice.
Era cambiata ed era felice.
Il sole stava ancora sorgendo quando chiuse gli occhi per sentirne l'odore: lo chiamava il sapore del sole e sosteneva potesse essere solo annusato, perchè era particolare, e si poteva sentire solo con tutto il corpo, attraverso il corpo, con le cellule di ogni apparato e i nervi di ogni sistema, gli occhi chiusi e le labbra serrate, le braccia aperte assieme alla mente e al cuore.
- Ti hanno mai detto che sono i gatti a stare sul tetto, e non le persone? -
Amava l'alba tanto da odiare chi interrompeva il suo momento magico, la sua ricerca di quel grammo in più di completezza che ancora le mancava; sentiva che c'era vicina, ogni giorno sempre più, vicina alla realizzazione completa di sè e alla felicità, quella vera, quella dei bambini che scartano i regali a Natale convinti di trovare il trenino a vapore che tanto desiderano, che lo montano con mamma e papà assieme ai binari colorati e alle stazioni rosse e gialle.
Si strinse ancora un po' nelle spalle, il poncho fin sopra al naso e le ciglia a solleticarle le guance, le unghie a darle la sensazione di non essere in uno dei suoi incubi, dove ad ogni voce maschile era associato un gesto più o meno denigratorio, le mani nei capelli, la bocca sul collo, le gambe aperte e le urla di dolore che suscitavano quei ghigno che ancora temeva, sempre. Se suo padre l'avesse vista l'avrebbe stentata a riconoscere, lei,  quella fiera con la lingua più lunga delle gambe, con il coraggio di respingere i maschietti prepotenti e dirgliene quattro anche al portinaio che fissava tanto le gambe della sua sorellona quando stavano crescendo. Lei che si era spenta come una candela e che non aveva voglia di riaccendersi, che alla fine le bastava l'alba e qualche fiore venduto alle signore tanto romantiche e ai loro mariti rispettosi, quelli anziani che la pagavano con le monetine di rame del secolo scorso senza che lei dicesse loro nulla, perchè vederli felici con le rose rosse era più importante che vedersi le tasche piene.
Anche in questo era cambiata: taccagna, tirchia, spilorcia più di Zio Paperone con la Banda Bassotti, strozzina anche per quel centesimo che il negoziante non si premurava di dargli quando pagava.
Ora regalava rose ed era bionda, platino, come le Barbie che si divertiva a vestire da bambina cambiandole sempre d'abito, perchè non erano mai abbastanza belle per i suoi standard tanto alti; una ragazza bionda, timida, generosa e restia ad avere contatti con il mondo esterno, amante del suo simpatico pesce di nome Rufy e del succo di frutta al mandarino, senza zucchero, che troppo dolce non la rappresentava per nulla. Della sua vita precedente rimaneva solo lui, l'agrume della sua infanzia, sempre presente nel cestino del pranzo dalle elementari al college, accanto alla matita e al blocco da disegno.
Scosse la testa mentre con la coda dell'occhio guardava alla strada che diventava sempre più chiara per via del sole nascente.
Al centro della carreggiata, una testa verde si allontanava in direzione opposta a quella dove sorgeva il villaggio, verso la collina, dove aveva imparato vivessero i pescatori più solitari, quelli burberi amanti solo del mare e di loro stessi, del sakè e del pesce fresco appena pescato con la loro barca. La perseguitava da quando era arrivata, un buzzurro incapace di capire cosa rappresentasse per lei l'alba ed il sole nascente all'orizzonte sconfinato, che non le aveva mai chiesto nulla di concreto riguardo le sua vita se non il perchè si ostinasse - come una gatta disorientata - ad appollaiarsi sul tetto di casa sua sempre alla stessa ora, a guardare sempre lo stesso sole, anche quando c'erano le nuvole, anche quando pioveva.
Che il sole nasceva lo stesso anche dietro la tempesta, lo sapeva, e magari poteva sperare arrivasse anche nella sua vita, con quei raggi caldi e le ricordavano l'abbraccio di Bellemere, quando la mattina guardava i cartoni animati con Nojiko bevendo la spremuta fresca, e mangiava quei biscotti allo zenzero che facevano tanto Natale, con le gocce di cioccolato e le decorazioni con i canditi colorati. Amava l'alba perchè la riportava indietro ai giorni felici, prima dell'alcolismo e della solitudine, prima del matrimonio di sua sorella e della realizzazione che Phoenix le faceva schifo tanto quanto sè stessa, che l'abito bianco di Nojiko la ingrassava solo perchè era già incinta e che senza un diploma o esperienza poteva contare solo sulla sua bellezza, e non di certo interiore.
Guardava ancora verso la collina quando la testa verde aveva cambiato strada, due volte, forse anche tre.
- Ti hanno mai detto che casa tua sta alla terza via da destra? -
Questo lo sussurrò, stretta nel suo abbraccio.
Amava l'alba, eppure se la stava perdendo mentre guardava fissa verso le alture verdeggianti.
Le veniva da ridere ed era felice.
Sempre di più.







Running wild and running free
Two kids, you and me







Non le dispiaceva in fondo, vivere in un posto tanto bello.
Non le dispiaceva nemmeno la gente del posto, arretrata in termini i tecnologia, affezionata alla cabina telefonica di paese, ignoranti in materia di computer o di qualunque diavoleria costruita fossero quelle cose senza tasti da tocchicciare, come le definiva quell'adorabile vecchietta sempre in compagnia della sua nipotina, un po' stramba ed attaccata alla bottiglia. Secondo i suoi nuovi compaesani bastavano gli spicci, e lettere e i francobolli per tenersi in contatto con chi amavano dall'altra parte del mondo; ci mettevano più tempo per avere notizie, ma sostenevano che l'attesa era semplicemente meravigliosa, cogliere le sfumature tra le righe. L'aveva letta, una di quelle risposte romantiche dei tempi della guerra, i ricordi che quella simpatica signora tutto pepe custodiva gelosamente. Diceva che si chiamava Tom il suo amato, che le scriveva di tempi migliori e delle armi che utilizzava, delle promesse di felicità futura e dei suoi meravigliosi capelli biondi tendenti al verdognolo che l'avevano fatto impazzire. E tanto altro, che aveva volutamente rimosso.
Viveva di risparmi, di fiori e di qualche mancia.
Aveva un negozio semplice, un chiosco dalle pareti rosa di non più di dieci metri quadri, pieno di vasi, mensole e piante che pendevano anche dal soffitto, rendendolo più simile ad una giungla fitta, seppur estremamente ordinata. Orchidee di mille colori stavano ad ogni angolo, il fiore della bellezza, per far sentire bella chi l'avrebbe ricevuta in dono, per regalare oltre che un po' di amore anche un sorriso ed u po' di autostima. Amava le orchidee proprio perchè le ricordavano che l'amore aveva il suo modo per esistere, attraverso un fiore che, ne era certa, doveva essere stato tanto amato dal sole per poter sbocciare tanto delicato, seppur magnifico.
- Dimmi un po' cara, cosa hai da offrirmi oggi? -
Ogni giorno la vecchietta comprava un mazzolino di fiori, sceglieva sempre gli stessi tulipani rossi e bianchi, ma voleva sempre vedere tutto ciò che offriva il negozio, nessun fiore escluso; diceva di dover scegliere accuratamente cosa avrebbe dovuto portare al suo Tom, che lui voleva solo il meglio del giorno, che altrimenti l'avrebbe punita mettendole il broncio e non avrebbe più creato quelle onde che tanto le piacevano, alte fino a metà scogliera per ricordarle che nulla avrebbe potuto vincere la forza del loro amore. Voleva i fiori più belli per ricordarsi prima che la mente l'abbandonasse che era stata una donna innamorata, felice, che le ricordava tanto Ellie delle Pagine della nostra vita.
- Ortensie azzurre, tulipani gialli, margherite giganti... -
Come ogni giorno ripeté l'elenco, sorridente, con i fiori freschi tra i capelli e il sorriso bianco e smagliante, sapendo che però lei aveva già scelto, come ogni giorno, per andare a buttare il mazzo in mare dall'alto della scogliera in fondo alla strada. Mentre parlava le preparava il mazzolino, stringendolo con del nastro rosa e azzurro, perchè Tom amava i colori vivaci e lei non voleva farlo arrabbiare, che le onde le facevano compagnia la notte; quando glielo porse, la nonnina sorrise, come ogni giorno, pagandole il disturbo e promettendole un paniere di dolci appena sfornati per l'indomani.
Nami sorrise, bonaria, salutandola.
Si era creata la sua isola felice, quel mondo dove per tutti era la fioraia del posto che trascorreva la giornata in negozio e la serata ad accudire altre piante, nel giardino di casa sua, piene di frutti succosi e maturi, arance, pesche, albicocche e mandarini, le più belle e rigogliose, le più invidiate. Sorrideva ogni volta che pensava a come era passata dall'amare incondizionatamente il caos della città ad essere altrettanto attratta dalla tranquillità, dal silenzio e dalla famigliarità; i saluti dei pescatori, le raccomandazioni delle signore, di mangiare, di rimanere in forma, che era tanto magra a detta loro, che quel biondo la faceva sembrare così sciupata, così spenta, e le sarebbe stato meglio un bel rosso fuoco, per la vita che emanava. Dicevano che aveva riportato il sole in quel posto, dove il pesce era padrone delle giornate e non c'era nessuna bella ragazza a disposizione per i loro figliuoli, e le chiedevano se sapesse cucinare, spazzare, fare da moglie.
Si limitava sempre a sorridere e rispondere che era impegnata con l'alba, che non poteva tradirla, perchè l'avrebbe fatta arrabbiare.
E poi aveva Rufy, lui le bastava.
- Non pensavo ti piacesse anche il pavimento oltre al tetto. -
Ovunque andasse, provocazioni.
- Desidera qualcosa? -
Si era riscoperta cordiale, capace di intrattenere una conversazione anche senza alzare la voce, di sopprimere quel lato tutto pepe che faceva tanto eccitare quegli uomini del locale, perchè loro volevano il fuoco e lei doveva esserlo, ardente, piccante, indomabile come ciò che loro si immaginavano lei fosse. Dicevano fossero i suoi capelli, che quella cascata di magma rovente non poteva certo celare una suora tutta casa e chiesa: era consapevole che il biondo la sbiadisse, celasse la sua vera natura, che quegli uomini vedevano tanto bene anche da lontano, ma stava bene così, tenue, poco appariscente, anonima.
- Dei fiori. -
Di buona lena iniziò ad elencare le varie tipologie,  dalle rose alle viole, con un particolare accento alle orchidee, perchè ne era certa, i fiori erano sempre per qualcuno di speciale, e non voleva certo farlo sfigurare nonostante i modi rudi con cui le si rivolgeva. Che poi quella zazzera verde somigliava tanto all'erba, poteva pure avere qualche affinità con mondo del pollice verde.
- Voglio quelli. -
Decisamente, nessuna affinità con piante e affini, almeno per quanto concernesse le occasioni più opportune per utilizzarle.
- Quello è agrifoglio, siamo a Settembre, è una pianta tipicamente natalizia, non adatta a questa stag...-
Odiava anche essere interrotta, sopratutto quando ce la metteva tutta per essere gentile, per tenersi la lingua tra i denti e reprimere la voglia di tornare indietro, comprare una tinta rossa all'emporio della città più vicina e tornare rossa, psicologicamente instabile e impaziente, collerica e violenta. Solitamente respirava, piano, fino a che la calma serafica non la tornava a pervadere, pensando all'alba che l'avrebbe attesa il giorno dopo, ricordandole che ora era una bionda gentile, che si appiattiva il seno e vestiva sempre con dolcevita leggeri in estate e maglioni in inverno, perchè bella non lo era e non lo voleva essere.
- Non mi interessa, va bene lo stesso. -
Credeva quasi stesse arrossendo mentre le parlava, ma la carnagione abbronzata, scottata dalle lunghe giornate di sole, non le lasciava la certezza di nulla, se non che quel cespuglio voleva una pianta natalizia, sicuramente errata per qualunque ricorrenza autunnale. In paese aveva solo notato che tutti lo evitavano, dal primo all'ultimo, e che solo una ragazza dai capelli neri e corti sembrava propensa a rivolgergli la parola per più di qualche minuto; forse perchè lavorava alla tavola calda del porto, e quindi lo incrociava, o lo vedeva sempre, ma le sembravano affiatati quei due, o almeno, con caratteri tali da potersi permettere una conversazione civile senza particolari pretese.
Non gli chiese il colore del nastro da avvolgere attorno ai gambi recisi del sempreverde, e nemmeno di che colore volesse le perline che era solita mettere alla fine di ogni fiocco, perchè il regalo fosse più bello, e il volto di chi l'avrebbe ricevuto più solare, felice: quell' uomo era troppo burbero per apprezzare quelle piccolezze, per cui un semplice fiocchetto rosso ed un sorriso potevano bastare a rendere quella giornata meno pesante e strana, che un pescatore che compra agrifoglio ancora non se lo era visto, sopratutto a Settembre, con la pioggerellina autunnale a rendere più vivaci i colori delle piante colorate.
- Arrivederci e buona giornata. -
Cordiale, gli porse il mazzo, allungando una mano per avere il compenso.
Quando quello se ne andò gettandole addosso tre monetine arrugginite in croce, senza salutare, l'idea di tirargli un sandalo l'aveva, oltre che sfiorata, apertamente abbracciata.
- Buzzurro. -
Sbattè la porta.
Immaginandosi la sua faccia.






It’s our time to break the rules
Let’s begin…







Chiudeva alle sette, quando il sole tramontava.
Abbassava la saracinesca e prendeva le chiavi dalla tasca dei pantaloncini, quella posteriore destra, come ogni giorno; metteva il lucchetto e lo agganciava, assicurandosi con uno strattone che nessuno potesse forzare la sua piccola isola felice, fatta di germogli da accudire e piante da annaffiare, potare, bagnare con quell'annaffiatoio rosso e piccolo che le ricordava i tempi di Bellemere, quando giardinaggio lo facevano assieme, con quell'annaffiatoio altrettanto rosso e carino, forse più grande, o forse era lei piccola che lo vedeva gigantesco.
Pochi chilometri più a monte stava casa sua, sulla via nemmeno un lampione ad illuminarle il tragitto, ma non aveva paura lì, si fidava dei pescatori che la salutavano lungo la strada, delle vecchiette che incrociava di ritorno dal cimitero, delle donne che invece tornavano a casa con i loro bambini ed i cani che correvano loro dietro, tutti sorridenti, pure gli animali a guardarli bene. Si sentiva in paradiso, i fiori a farle compagnia al ritorno, mentre leggeva ciòc eh avrebbe dovuto preparare per la festa di paese che si sarebbe tenuta di lì a qualche settimana, fatta di lanterne e scambi di doni: le avevano chiesto di partecipare, e sebbene avesse gentilmente declinato l'invito non aveva saputo resistere quando le avevano commissionato le decorazioni floreali che avrebbero abbellito la piazza del paesino, e i bracciali che ogni fanciulla avrebbe indossato, dello stesso colore di quello del proprio amato.
L'anno prima aveva partecipato, se lo ricordava, con delle piccole rose rosse legate al polso in una delicata ghirlanda, perchè il rosse le piaceva, parecchio; ma quando si era resa conto che l'attenzione di metà della popolazione maschile del villaggio era rivolta a lei, chi adornato con i medesimi fiori, chi perchè aveva colorato quelli che già portava, aveva deciso che no, quella festa non faceva decisamente per lei e per la sua voglia di estraniarsi dalle relazioni sentimentali, in ogni loro forma. Non voleva inimicarsi le ragazzine sognatrici, nè attirare su di sè più sguardi di quanto non facesse normalmente, per questo aveva deciso che questa volta, più per rispetto verso la sua decisione che per convinzione vera, sarebbe rimasta a casa, con Rufy, a sorseggiare the e leggere Orgoglio e Pregiudizio, per la quarantesima volta, senza mai stancarsene.
Una sagoma poco distante da lei la colpì, capelli verdognoli e pelle abbronzata, stretta nella maglia bianca con cui era solito girare anche in pieno inverno; si chiedeva spesso se non fosse imparentato con un orso, per non sentire il freddo ed essere così scorbutico , perchè non se lo spiegava altrimenti perchè fosse così chiuso e restio al contatto umano, dato che suo padre le era sembrato un così brav'uomo. Koshiro la salutava sempre, le sorrideva, comprava fiori per la figlia defunta da bambina, e forse la perdita di una sorella poteva averlo trasformato in un lupo di mare.
Cominciava ad avere freddo, mentre il sole abbandonava definitivamente il cielo e si immergeva oltre l'orizzonte, a salutare chi dall'altra parte del mondo si sarebbe svegliato di lì a poco; stringendosi nel suo maglioncino rovinato, camminava spedita, persa nei suoi pensieri e giri mentali, senza rendersi conto di aver accelerato il passo al punto da aver quasi raggiunto l'uomo che le stava davanti, e che si trascinava con passo stanco.
- Buonasera! -
Salutò cordialmente, ormai certa che lui si fosse accorto della sua presenza, dato che aveva voltato leggermente la testa nella sua direzione; era certa si soffermasse spesso a fissarle i capelli, una sensazione, nemmeno troppo sbagliata dato che anche quando l'aveva salutato lui non l'aveva guardata negli occhi, ma in testa. Se non avesse avuto la certezza che lì nessuno l'aveva mai vista del suo colore naturale probabilmente avrebbe sospettato che lui qualcosa sapeva, riguardo il suo cambio di identità.
Un grugnito.
- Ti hanno mai detto che esistono le felpe? -
Incapace di fare conversazione.
Guardandosi, effettivamente, era vestita leggera per la stagione imminente; eppure lui, con la sua maglia maniche corte perennemente abbinata ai jeans neri, aveva poco da commentare, sebbene non sentisse mai il minimo freddo, nè tremasse, nemmeno a dicembre, nemmeno con la neve. E lì nevicava tanto durante l'inverno, tanto da bloccare la porta di casa sua, le strade, ghiacciare il torrente che costeggiava le colline e far scappare ogni animale sano di mente: gelava tanto da vivere in simbiosi con il camino, sempreverdi e tazze di the fumante. L'anno prima l'aveva visto correre lungo la via, più volte a distanza di qualche minuto, avanti e indietro, fino a che non era stata costretta a uscire di casa, chiedendogli se avesse bisogno, o se avesse perso qualcosa di importante.
L' aveva visto storcere il naso ed andarsene, ancora una volta, nella direzione da cui era venuto; non l'aveva più visto, ma le orme lasciate nel suo giardino, disordinate e labirintiche, sicuramente maschili, le avevano fatto credere che probabilmente non aveva trovato pace, quel pescatore tutto matto.
Sorrise alla provocazione.
- Sono appena uscita dal negozio, stamattina faceva un bel caldo, non pensavo che la sera sarebbe stata così fresca! - si giustificò, stringendosi ancora un po' nel maglioncino leggero, mentre affrettava il passo per raggiungere casa.
Ora gli camminava accanto, e poteva guardarlo da vicino rendendosi conto che alla fin fine, non era affatto male. Alto, muscoloso, abbronzato, slanciato e lunatico, tempo addietro ci avrebbe perso sia testa che verginità, mentre ora il suo autocontrollo le imponeva serietà verso la promessa fatta a sè stessa, il cui monito erano i suoi nuovi biondissimi capelli: ora era una fioraia bionda, amava il mare, l'alba e il suo pesce rosso, nulla a che vedere con l'ossessione maniacale che poteva aver avuto per i belli e dannati, che dannata poi avevano reso lei. Si era ripromessa di evitarli tipi del genere, scappare lontano, senza nemmeno farci conversazione, che poi lo sapeva, nasceva sempre altro.
Aveva deciso che per la sua sanità mentale sarebbe rinata, platinata e felice, lontano dal suo I-Phone perennemente scarico e dalle bretelle rosse che indossava sempre, che la facevano sentire tanto fuori dagli schemi, quando invece lei stessa era uno schema.
Aveva grugnito.
- Turisti. - aveva poi aggiunto, iniziando a correre lungo il lieve pendio che l'avrebbe portato a casa.
Aveva svoltato tre o quattro volte, sempre di corsa, prima di decidersi ad imboccare il sentiero giusto; lo faceva ogni volta, provare diversi sentieri per poi ritornarsene sui suoi passi sbuffando, scalciando sassolini invisibili e maledicendo santi inesistenti. Non sapeva se lo facesse per abitudine o per divertimento, se dovesse controllare qualcosa in quelle varie vie o se solamente fosse curioso di vedere se tutte le luci fossero già accese per le cene, o spente per la notte; non si erano mai parlati troppo se non da qualche mese a questa parte, quando sporadiche battute e brevi intermezzi li avevano visti protagonisti. Nulla a che vedere con conversazioni vere, quelle forse non le aveva nemmeno mai avute se non con suo padre.
Le avevano sempre chiesto quanto costasse l'ora, mai rimproverata per il freddo, al massimo perchè era poco scoperta, non perchè lo fosse. Quella era sua madre, che si preoccupava delle sue condizioni di salute, che anche in estate le ricordava il golfino, quando l'asfalto delle strade si scioglieva e lei con lui. Era assurdo come le ricordasse sua madre quel modo di fare, così supponente, come se lei non potesse capire il meteo da sè, e avesse bisogno della guida costante di qualcuno: non era una bambina da qualche anno oramai, aveva tette, cuore e cervello dalla sua, ed un' innata propensione a capire le previsioni, tanto da percepire la neve con qualche giorno, se non settimana d'anticipo. Era sempre la prima a tirare fuori la giacca a vento pesante, i moon boot fucsia lasciati in eredità dal suo passato e quelle meravigliose calze tutto pelo, verdi, che a lei il verde era sempre piaciuto.
- Buzzurro! -
Questa volta, l'aveva urlato però.
E quella vena pulsante che da quasi due anni non vedeva era tornata a farle visita.
Perchè lei aveva i capelli rossi e si chiamava Nami.
Che il biond, proprio, non faceva per lei.




   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: Aluah