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Autore: TimeKeeper    08/09/2015    2 recensioni
Freddo.
Fu la prima sensazione che lei percepì: l’ostile gelo di una notte d’inverno, senza luna né stelle.
Era distesa nella neve, sul ciglio di una strada, con i lunghi capelli rossi sparsi nel fango; catturava l’aria a fatica, con la piccola bocca semiaperta, e lacrime ghiacciate coprivano il suo volto latteo. Stringeva la neve nei pugni, in una lotta disperata, anche ora che il suo hakudo si stava lentamente spegnendo. Coperta di soli stracci sarebbe morta congelata.
Genere: Azione, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Urahara Kisuke
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
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6.
Thank You

 
Quando Ururu e Jinta accompagnati da Tessai, tornarono dallo spettacolo di fuochi d’artificio, trovarono il kompaku di Benihime aggrappato al corpo di Urahara, in un lago di sangue; fortunatamente, riuscirono a soccorrerli entrambi. Il direttore rispose prontamente alle cure, rimettendosi in poche ore; la ragazza invece, una volta riposta nel suo gigai, non accennava a dare segni di vita. Il suo hakudo era debole ed irregolare, tanto da non rispondere a nessuna medicina.
Da giorni, ormai, Urahara vegliava accanto al fouton di lei, accompagnato da un persistente senso d’impotenza e di colpa. Aveva meritato di essere salvato, lui che le aveva mentito sul perché l’avesse accolta a casa sua, lui che non aveva fatto nulla per aiutarla a capire chi fosse? Maledetto ipocrita: non era per nulla diverso da Kurotsuki. Dal primo momento aveva solo desiderato di conoscere il suo segreto: ora lo aveva scoperto, ma a che prezzo! Perderla per sempre era un conto troppo salato da pagare, non era pronto per farlo. Avrebbe dato qualsiasi cosa per riaverla indietro, qualsiasi.
Strinse forte la mano sinistra della ragazza nella sua, sperando che lei potesse sentirlo: «Svegliati, Benihime – sussurrò nel silenzio nella stanza vuota – Ci sono tante cose che dovrei dirti»
Un respiro flebile riempì l’aria: «Direttore – mormorò Benihime, senza riuscire ad aprire gli occhi – Riconosco il suo calore»
Il peso che gravava sulla nuca di Urahara di colpo scomparve, lasciando spazio ad un piacevole calore che gli invase il petto. Con la destra, strinse ancora più forte la mano della ragazza e con l’altra le carezzò dolcemente la fronte: «Come ti senti?»
Benihime aprì lentamente gli occhi, chinando la testa nella direzione del direttore: «Bene, davvero. Lei sta bene, direttore? Dovrebbe riposare con tutte quelle ferite! – Lo ammonì, guardando le bende che gli circondavano il petto e le braccia – Non si deve preoccupare per me, io starò bene»
«Sciocca e testarda. Ti avevo detto di restare nel magazzino. Come hai spezzato il mio incantesimo?» la rimproverò lui, continuando ad accarezzarle dolcemente la fronte.
«Io l’ho sentita urlare e ho avuto paura… – rispose Benihime, portando anche l’altra mano a cingere quella del direttore, che le teneva stretta la sinistra – Paura di perderla»
La ragazza si mise a sedere, incurante dei dolori che le percuotevano tutto il corpo; Urahara tentò di fermarla, ma lei gli afferrò entrambe le braccia: «Il mondo è così freddo e crudele senza di lei! E’ stato l’unico a provare compassione per me. Così con tutte le forze ho voluto salvarla. E allora ho sentito il fuoco dentro di me, nel mio petto, nelle mani… e quel fuoco è esploso, mi ha circondato, mi ha liberato»
Mentre parlava il suo respiro si faceva sempre più affannoso; Urahara la circondò con un braccio per sostenerla, avvicinando il petto al suo viso di lei. Benihime vi affondò dolcemente la testa.
«Che cosa sono io, direttore? Un mostro?»
Urahara, la strinse dolcemente a sé, cercando le parole giuste: «Sei l’anima del sokyoku, il patibolo doppio utilizzato per uccidere gli dei della morte traditori. La tua potenza è pari a mille zampakuto – rispose semplicemente, senza riuscire a trovare spiegazione migliore – Quell’uomo che hai visto ti liberò dal corpo di ferro per sfruttare la tua forza in battaglia. Probabilmente quando rimosse il sigillo, qualcosa andò storto e tu fosti catapultata nel mondo terreno, dove io ti trovai»
Benihime trattenne un gemito di sofferenza: «Quindi io non sono una persona… sono uno strumento per uccidere»
Urahara l’afferrò per le spalle e l’obbligò a guardarlo negli occhi: «Tu provi dei sentimenti: rabbia, affetto, dolore, amore. Hai messo in pericolo la tua stessa vita per salvare la mia! Sei una persona molto migliore di altre che conosco. Sei umile, gentile, altruista…»
«Non è vero! – rispose Benihime, senza poter trattenere le lacrime – Sono egoista ed ingrata perché non riesco ad apprezzare tutto quello che ho; e al posto di ringraziare riesco solo a desiderare qualcosa che non potrò avere mai»
Urahara allargò i piccoli occhi azzurri, incapace di capire a cosa la ragazza si stesse riferendo: «Ma cosa dici, Benihime? Tu puoi avere tutto quello che desideri»
Benihime abbassò gli occhi, imbarazzata per ciò che stava per dire: «Anche il tuo amore, Kisuke?»
Il respiro gli si mozzò in gola. Fu il suono del suo stesso nome a scuoterlo ed immobilizzarlo, rendendo il suo raziocinio denso e instabile. La sua maschera di fredda indifferenza si frantumò davanti al furore di un sentimento così puro e brutale.
Con la punta delle dita alzò il mento di lei, osservando i grandi occhi verdi colmi di lacrime. Ora lo poteva vedere chiaramente, il segreto nascosto tra le screziature delle sue iridi, il motivo per cui, in tutti questi mesi, non aveva potuto scacciarla dai suoi pensieri neanche un istante. L’aveva svelato, il vero segreto. Ed era così ovvio, adesso che poteva guardare il suo volto, libero da ogni inganno, da ogni falsa pretesa.
Lentamente si avvicinò al viso di lei, trattenendo il respiro. La luce del tramonto illuminava i suoi zigomi di riflessi violacei, rendendola simile ad una statua d’alabastro: così bella ed immutabile. La desiderava, voleva stringerla a sé e dimenticare ogni cosa del mondo, lei che le aveva donato tutta se stessa in una sola frase. Le chiuse le labbra in un bacio struggente e dolce, gustando fino all’ultima goccia il suo ardore, così puro e sincero.
Benihime non aveva mai provato l’emozione di un bacio: superata la confusione iniziale, si rese conto che ogni movimento le riusciva naturale. Affondò istintivamente le mani nei lunghi capelli biondi di Urahara, stringendo la sua nuca tra le dita; era come se avesse avuto paura che lui scomparisse in una nube scarlatta, come un sogno alle prime luci del mattino. No, non l’avrebbe permesso; non ora che finalmente poteva annegare tra le sue braccia.
L’uomo copriva di baci leggeri, il corpo di lei che liberava pian piano. La sua pelle era serica e lattea, della consistenza di una nuvola; e proprio come una nube sospinta dal vento, gli veniva incontro, cercando il suo contatto, come se il fatto stesso di stargli lontano potesse ferirla. La intrappolò a terra con il suo stesso corpo, insinuando delicatamente la testa nell’incavo del collo di lei, alla ricerca del suo calore.
In quell’istante, lei cominciò a tremare: «Va tutto bene?» chiese lui, teneramente.
«Sì – rispose Benihime, imbarazzata – Io credo… credo sia l’emozione»
Un’ammissione tanto limpida e dolce, lo colpì direttamente al cuore. La baciò con tutto l’amore e la tenerezza che era in grado di esprimere: «Io ti proteggerò da ogni male, te lo giuro» le sussurrò, a pochi centimetri dal viso.
Benihime pianse.
Il suo sogno più grande si stava realizzando: sprofondava delicatamente in un’ebbrezza silenziosa, avvolta dall’acre profumo di limone e cedro. Il freddo? Non ricordava neanche più cosa fosse, ora che affrontava la notte, riscaldata dal corpo di lui. Quelle mani che tanto aveva desiderato, accarezzavano dolcemente i suoi lunghi capelli rossi; il petto asciutto, fasciato dalle bende, era adagiato sul suo seno, come se non avesse potuto staccarsene mai.
«Kisuke… – lo chiamò lei, in un sospiro mozzato – Grazie»
L’uomo appoggiò la fronte a quella di lei: «Grazie a te, Benihime»
   
 
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