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Autore: Illidan    07/02/2009    7 recensioni
Di come il principe Legolas fosse la disperazione di suo padre e come conobbe Aragorn, Gimli, Eomer, Faramir e Boromir dopo essere stato costretto ad andare a scuola da Elrond, e quel che ne seguì.
Genere: Comico, Commedia, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Aragorn, Gimli, Legolas, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Legolas camminava sulla strada sulle palafitte oltre la barricata

Spero che siate sopravvissuti tutti (in un modo o nell’altro) al quasi primo mese di scuola dopo Natale. In ogni caso io sono qui a divertirvi con un nuovo capitolo di questo parto della mia follia.

Ma prima rispondo ai commenti:

 

@Rakyr il Solitario: Già, Aragorn è forte, però qui avrà solo una particina.

 

@stellysisley: Ma certo, scusa, come vuole la tradizione dei Dunedain!

 

@Suikotsu: Sì, i nomi li ho inventati io (ti pare che Tolkien si sarebbe mai abbassato a simili livelli???). La parte di Melania ti era piaciuta?

 

@evening_star: Una nuova lettrice (anzi, nuova commentatrice)! Ti perdono tutto, purchè tu perdoni me per quella nefanda introduzione (non vorrei averti offesa, nel caso tu fossi una del primo gruppo). Ma no, Boromir non lo odio proprio, penso solo che sia un po’ (tanto) cretino. Poi ovviamente qui sono tutti cretini, quindi...

 

 

                                                                             Imlelil

 

Legolas camminava sulla strada sulle palafitte oltre la barricata. Si stava giusto chiedendo perchè mai ci fossero quelle guardie così poco svelte e quell’alto sbarramento, quando arrivò in uno spiazzo molto largo. Se lo ricordava: era la Piazza dei Mercanti Avvinazzati. A destra si trovava il lago e a sinistra la taverna del Totano Ciucco. Era attraversata da una delle vie principali, inizialmente dedicata a Elendil, il grande re di Gondor, ma poi si cambiò il nome, troppo lungo a causa della sfilza di antenati che dovevano comparire sulla targa secondo gli eredi del monarca. Così ora si chiamava Via Bard, che era il nome dell’eroe che aveva ucciso il drago Smaug alcuni anni prima e che non era così tanto interessato a tutti i suoi antenati, a eccezione di Girion, l’antico re di Dale. E comunque non aveva voluto quel nome sulla targa e quindi il governatore aveva deciso di intitolarla così, mettendoci la data di nascita e di morte di Bard, anche se era ancora vivo. Nonostante le proteste del re di Dale, il governatore aveva stabilito che così sarebbe rimasto e che si sarebbe cambiato solo dopo il suo decesso. Forse era per questo motivo che Bard non veniva spesso a Pontelagolungo, ma ufficialmente era perchè aveva troppo da fare.

Legolas guardò verso la taverna e rimase sbalordito nel vederla completamente ridotta in rovina. L’insegna, raffigurante un calamaro che teneva in una mano, pardon, in un tentacolo una fischetta di vino e che aveva uno sguardo vacuo negli occhi, si trovava per terra a due passi dall’elfo. Tutte le finestre erano spaccate e i frammenti dei vetri erano sparpagliati nella piazza. Insieme ad essi si trovavano per terra sedie e tavoli rotti, piatti e bottiglie in frantumi e cittadini e guardie storditi e ricoperti di bernoccoli e lividi. La porta era chiaramente scardinata, stava soltanto appoggiata sullo stipite. Parte dei muri laterali e del tetto erano sfondati. Regnava un silenzio di tomba. Legolas era molto perplesso.

“Chi può aver fatto una simile cosa? Un gruppo di nani ubriachi? No, ora starebbero gridando le loro canzoni da ubriaconi. Allora chi?... Beorn? Speriamo che ora si sia calmato, ma in ogni caso che cosa ci farebbe qui?”

Visto che i suoi ragionamenti non lo portavano da nessuna parte e che voleva sapere chi aveva distrutto una delle sue taverna preferite, decise di entrare. Si avvicinò alla porta, la aprì, o meglio la sollevò, e la spostò di lato. Fece un passo dentro il locale devastato. Tutti i tavoli e le sedie erano rovesciati o distrutti, così come le bottiglie e le lanterne. Il lampadario era crollato sul pavimento sfondandolo e facendo un grande buco da cui si vedeva l’acqua. Insomma, era uno scenario davvero desolante. Ma Legolas non potè osservarlo subito per bene perchè dovette gettarsi a terra per schivare una bottiglia che si infranse contro il muro.

“Siete venuti con i rinforzi, eh? Quanti siete? Vi avverto che, se non siete almeno venti, io non mi muovo da qua!” gridò una voce allegra da dietro il bancone.

“Non sono una guardia degli uomini del lago, sono un elfo!” rispose Legolas alzandosi da terra.

“Certo, e pensi che ti creda? E quale sarebbe il tuo nome?”

“Beh, io sono...” Ma in quel momento saltò fuori dal bancone una figura alta e minacciosa. Veloce come un lampo, si lanciò contro Legolas e tirò un tremendo maglio destro. Ma lui si gettò di lato con un grido e non si prese quella botta tremenda. Subito lo sconosciuto si voltò e lo afferrò di scatto con la mano sinistra alla spalla destra. Alzò di nuovo il pugno, ma in quel momento i loro occhi si incontrarono.

“Per mille risse! Legolas!”

“Per mille foglie! Imlelil!”

Infatti era proprio Imlelil, il terzo compare di Legolas, quello che sapeva scrivere, ma adorava le risse, per capirci. Era un elfo poco più basso del principe, aveva i capelli più corti e leggermente più scuri ed era vestito certamente in maniera più semplice, cioè indossava solamente delle braghe e una giacca sopra una camicia e non aveva nè mantello nè nessuno di quei vestiti lunghi a strascico che erano soliti portare gli elfi come Berlond, ehm, volevo dire Elrond.

“Cosa ci fai da queste parti, Legolas? Non mi aspettavo di incontrarti. Ma sono felice che tu sia qui: un aiuto può sempre servirmi!” disse Imlelil abbracciando felice Legolas “Andiamo a sederci, così mi racconti.” E andarono verso il bancone. Cercarono due sgabelli ancora intatti e si sedettero.

“Non c’è molto da raccontare... Due giorni fa stavo tornando a casa per la Festa del Ringraziamento con un uomo e un nano...” iniziò Legolas.

“Un nano? Da quando frequenti quella gentaglia? A Gran Prigione cosa ti stanno insegnando?” esclamò stupito Imlelil.

“Credimi, se fosse stato per me non avrei mai fatto la strada con lui, ma, a quanto pare, dovevamo fare lo stesso percorso. Quindi purtroppo sono stato costretto a sopportarlo. E, come se non bastasse, si è mangiato un intero panino in cui avevo nascosto le foglie!”

“Ha, ha, ha! Che cretino! A proposito di pane, è quasi mezzogiorno. Vuoi fare uno spuntino?” chiese l’altro elfo tirando fuori da una tasca alcuni piccoli pan di via.

“Grazie, ma ne ho ancora un po’ del mio, senza ripieno, s’intende. Piuttosto, potresti cercare una bottiglia di vino ancora intera?” rispose Legolas prendendo il suo lembas (altro nome del pan di via) dalla tasca nel mantello. Mentre Imlelil si alzava e andava a frugare fra i cocci sui ripiani e sotto il bancone, il figlio di Thranduil riprese a parlare:“Poi siamo arrivati a Bosco Atro e lì ci è venuto incontro Adrenalin per darmi una lettera che diceva che a casa mia si festeggiava la Festa del Ringraziamento, ma era stata scritta da Araldin e perciò non c’ho capito assolutamente niente! Così, dopo che il nostro amico ubriaco se ne è andato, siamo arrivati a casa mia e mio padre e mia madre ci hanno costretti ad aiutarli nei preparativi. Sono riuscito a parlare con Araldin che mi ha detto che tu eri qui a picchiarti con il figlio del governatore.”

“Già, ma purtroppo lui non c’è più: l’ho steso quasi subito e i suoi amici l’hanno portato via privo di sensi. Ti va bene questo vino?” domandò Imlelil sbucando da sotto il bancone con una bottiglia di rosso e due bicchieri.

“Sì, versa pure.” Legolas bevve insieme al suo amico, poi mangiò un po’ del suo pane e coninuò:“Alla fine siamo scappati e siamo giunti alla diga, ma lì quell’idiota dell’uomo ha fatto capire a Digas che ho lasciato sua sorella e ha rischiato di farci ammazzare da quei tre pazzi. Poi io e lui abbiamo seminato il nano mentre correvamo e non l’ho più visto.”

“Oh, bene! Ma vai pure avanti!”

“Stamattina ho insultato non so bene come l’uomo e quello ha cominciato a inseguirmi minacciandomi di morte. Sono arrivato qua a Pontelagolungo circa un’ora fa e sono andato da Melania, ma sono dovuto scappare quando è arrivato suo padre. Mentre scappavo, mi ha raggiunto anche l’uomo e sono riuscito a sfuggire ad entrambi. Infine ho saltato le guardie e la barricata, sono arrivato qua e tu hai cercato di cambiarmi l’assetto facciale.”

“Pensavo che fossi un’altra delle guardie che vengono da ieri a cercare di arrestarmi.” si scusò Imlelil mentre mangiava il suo lembas.      

“Ma cosa ci fai tu qui? Che cosa è successo alla locanda?” chiese Legolas, anche se pensava di sapere la risposta.

“Beh, ieri l’altro di sera ero venuto qua con Adrenalin per farci una bella bevuta siccome lui doveva partire per Rohan per ritirare gli incassi e non ci saremmo visti per un po’. Stavamo brindando allegramente alla salute delle guardie di frontiera che non riescono mai a prenderci quando è entrato il figlio del governatore. Allora l’oste gli è venuto incontro e gli ha detto che gli faceva un grande onore con la sua visita nella sua umile taverna e mille altri salamecchi del genere. Poi gli ha dato il tavolo migliore e gli ha anche promesso uno sconto sulle sue consumazioni. Adrenalin mi ha guardato deciso e mi ha detto:- Shai cosha gli fascio a quel bellimbushto? Adescio lo prendo, lo avvolgo in un tappeto e lo butto sgiù da un ponte! Uha, ha, ha, ha!!!- Io ho cercato di fermarlo, ma lui si è alzato e ha spaccato la sua bottiglia di vino in testa al ragazzo. Poi ha chiesto all’oste se aveva un tappeto, ma in quel momento tutti gli sono saltati addosso per quello che ha aveva fatto. Sebbene controvoglia, dopo aver svuotato il mio bicchiere, ho sollevato il mio tavolo e l’ho tirato addosso agli uomini che avevano immobilizzato Adrenalin. Lui ne ha approfittato per scappare, dopo aver rubato un’altra bottiglia di vino, ma io non ho potuto perchè l’attenzione si era rivolta su di me. È scoppiata una rissa tremenda che è andata avanti fino al mattino di ieri. Ti risparmio i particolari cruenti, ma ti basti sapere che ho steso tutti quelli che non sono scappati subito a cercare rinforzi. Poi li ho buttati tutti fuori, compreso l’oste, e mi sono seduto sul bancone per riprendere le forze un attimo mangiando il lembas e bevendo qualche bottiglia. Ma a quel punto è iniziato il bello: sono arrivate le guardie per arrestarmi. Allora sono saltato dal bancone e mi sono appeso a una trave del soffitto. Da lì ho tagliato i sostegni del lampadario che è crollato colpendo una parte dei soldati e facendoli cadere nel lago attraverso il buco che si era formato per il colpo. Vedi, è quello lì.” e indicò lo squarcio nel pavimento “Poi ho spezzato con un’ascia presa dai soldati una colonna portante dall’alto e ho fatto crollare il tetto su un’altra parte degli uomini che volevano catturarmi. I restanti sono scappati in preda al panico portandosi via i feriti. Nel pomeriggio sono tornati con dei rinforzi. Li ho respinti fino a tarda sera lanciandogli addosso tutto quello che mi capitava sotto mano, perfino l’insegna della taverna. Poi hanno cercato di prendermi dal lato facendo un buco nel muro là a sinistra, ma io ho rotto gli ultimi sostegni e così la parete gli è crollata addosso, facendoli finire nel lago. Dopo non mi hanno più disturbato, si sono limitati a costrutire forificazioni per impedirmi di scappare. Ma ovviamente non basterebbero due barricate a intrappolarmi, se non fossi io che voglio vedere quanto tempo ancora quei cretini cercheranno di prendermi! Ha, ha!” concluse Imlelil cominciando a ridere.

“Credo che adesso sia meglio fuggire, in ogni caso. Ho sentito che il governatore sta radunando tutti gli uomini abili per arrestarti una volta per tutte.” lo informò Legolas.

“Oh, che peccato! Va bene, andiamo. Almeno stavolta non si potrà dire che il principe Verdefoglia e i suoi compari distruggono sempre le taverne dopo le risse, perchè, come vedi, questa è ancora in piedi.” disse l’altro elfo. Legolas scosse la testa pensando che sarebbe bastato un soffio di vento a buttar giù l’edificio in cui si trovavano. Così si alzarono dagli sgabelli, attraversarono il pavimento facendo attenzione a non cadere nel buco e sollevarono la porta per uscire. Quando furono fuori, Imlelil si girò un attimo per guardare la taverna del Totano Ciucco. Una lacrima gli scese attraverso la guancia. “Quante risse e quante sbronze ho fatto là dentro! Sob! Chissà se ne potrò fare ancora?”

“Smettila di fare il sentimentale! Ora andiamo di qua, verso Nord. Al porto prenderemo in prestito una barca, poi sbarcheremo più su e andremo ciascuno per la sua strada. Tu andrai a cercare Adrenalin per vedere che non si sia messo in qualche guaio, io farò perdere le mie tracce...”

“E poi andrai da Melania, eh?” chiese Imlelil ammiccando.

“Insomma, sono fatti miei o no?” domandò Legolas sbuffando.

“Come no? Però poi ci penso io a salvarti dai genitori e i fratelli infuriati!”

“Senti, è vero che mi hai aiutato un po’ di volte, ma non vorrai contare anche quella volta a Rohan...”

“Certo che sì! Ho anche rischiato di farmi calpestare da un cavallo! Quindi sono ben 236 le volte che ti ho salvato!”

“Ma tieni anche il conto? Che cosa vuoi? Che ti paghi?”

“No, vorrei che mandassi qualcun altro sulle tracce del nostro amico sempre ubriaco. È praticamente impossibile cercare di capire dove potrebbe essere!” esclamò Imlelil.

“Ma sì, sarà andato a stordire qualcuno, ad avvolgerlo in un tappeto e buttarlo giù da un ponte. Basta che lo aspetti sul ponte del fiume Selva e lui verrà da sè.” rispose Legolas “E adesso muoviamoci!”

Mentre loro parlavano, qualcosa si avvicinò dall’acqua alla palafitta. Si arrampicò su e mise sul legno della piazza la sua mano che stringeva un bastone preso in acqua e per questo completamente marcio. Poi salì e si trovò in ginocchio a pochi metri dai due elfi intenti a parlare. La figura grondante d’acqua si erse in piedi, si scostò i capelli castani dal viso e alzò la mazza fradicia.

“SEI MORTO, LEGOLAS!!! IAAA!!!” gridò lanciandosi alla carica. A quell’urlo i due elfi si girarono e si scansarono appena in tempo per evitare il colpo che si infranse per terra insieme al bastone.

“Un altro uomo che vuole botte, eh? Prendi questo!” fece Imlelil e lo colpì alla mascella con un tremendo gancio destro. L’uomo, colpito in pieno, volò per tre metri e poi atterrò svenuto.

“E con questa fanno 237, caro Legolas!” disse accarezzandosi il pugno destro. Il figlio di Thranduil si avvicinò all’uomo svenuto e lo osservò. Anche se era bagnato fradicio e leggermente più pulito, si riconosceva facilmente, almeno lo riconosceva chi lo conosceva.

“No, questa non conta. Non è un papà o un fratello infuriato! È Aragorn, quell’uomo del Nord che ho offeso senza accorgermene di cui ti ho parlato.” rispose Legolas.

“Ma che importa, ti ho salvato o no? Perciò...”

“Attenzione, Legolas figlio di Thranduil e Imlelil! È il governatore di Pontelagolungo che vi parla! Siete completamente circondati! Arrendetevi e dovrete solo pagare per i vari danni, ma non vi sarà torto un capello! Altrimenti farò andare all’attacco tutte le mie truppe!” tuonò una voce proveniente dalla barricata.

“Ehi, perchè hanno detto il nome di tuo padre e non del mio?” chiese Imlelil sorridendo.

“Boh, perchè forse il mio paga.” e aggiunse rivolto verso la barricata “Non pagherò una sola moneta per una rissa che avete iniziato voi! E inoltre prima dovrete prenderci!”

“È proprio quello che intendo fare! Avanti, prendeteli!” gridò il governatore, ma nessun soldato si mosse. “MUOVETEVI, RAZZA DI CODARDI!!!”

“Si muova lei, sor governatore! Siamo solo in trenta e ce ne vogliono almeno il doppio per fermare quel mostro e il suo amico principe!” disse un soldato sempre dietro la barricata. Allora gli uomini cominciarono a discutere animatamente sul come e sul quando attaccare i due elfi, senza però controllare se gli elfi fossero ancora là. 

“Perchè continuano a insultare me e non te?” domandò Imlelil un po’ arrabbiato.

“Sarà perchè sei tu che hai quasi distrutto la taverna!” rispose Legolas e bisbigliò “Ora mentre discutono, scappiamo, d’accordo?”

“Va bene, andiamo.” Si girarono e cominciarono a correre, ma ancora una volta un urlo di rabbia costrinse il figlio di Thranduil a fermarsi.

“MALEDETTO BASTARDO! Crepa, miserabile donnaiolo!” Bausciòn era appena salito anche lui sulla piazza dal lago e grondava d’acqua da ogni parte. I suoi baffoni si erano afflosciati sulla bocca e sul mento e tremava di freddo e di rabbia. Con un ruggito sollevò la lancia gocciolante e la scagliò verso Legolas. Imlelil, nonostante la sua grande abilità nel salvarlo, non si mosse. Neanche lui spostò un solo muscolo, rimase fermo e impassibile. Tutti e tre guardarono la lancia volare, ovviamente mancare sia Legolas che il suo amico di tantissimo e centrare in pieno la parete frontale della taverna. Ma la potenza con cui Bausciòn aveva lanciato l’arma era inversamente proporzionale alla precisione della sua mira e ciò significa che era stata gettata con una forza incredibilmente grande, poichè aveva mancato un bersaglio distante solo quattro metri di ben tre metri e mezzo. Quindi quando colpì il muro, quello scricchiolò in maniera sinistra, ondeggiò avanti e indietro e cominciò a crollare sulla piazza.

“Oh, no! Scappiamo!” gridò Legolas e Imlelil fu perfettamente d’accordo.

L’uomo invece non fece in tempo e la parete di legno cadde rumorosamente addosso a lui e a tutti quelli svenuti nella piazza. I due elfi fuggirono verso nord, ma subito si trovarono di fronte un’altra barricata. Alcuni uomini la stavano scavalcando domandandosi stupiti la causa del frastuono e non appena li videro, puntarono le lance e intimarono:“Fermi! Chi siete? Che cosa è successo? Cos’era quel frastuono?”

“Ma come, non lo sapete???” ribattè Legolas con voce dura.

“Ehm, no...” risposero i soldati un po’ intimoriti.

“E non sapete neanche chi siamo noi???” domandò Imlelil con lo stesso tono dell’amico.

“No... Ci potreste dire chi siete?” chiese il soldato più vicino osservandoli e cercando di ricordarsi se aveva già visto due persone simili.

“Già, chi siamo?” bisbigliò Imlelil all’orecchio a punta del figlio di Thranduil.

“Sono Turgon, il nuovo comandante elfico assunto dal governatore, e lui è il mio vice! Più rispetto quando ci si rivolge a un superiore e al suo luogotenente!!! Quel rumore è il segnale della carica! Sbrigatevi o l’attacco potrebbe fallire! All’attacco di corsa o vi affibbierò venti giorni di punizione ciascuno!!!” gridò Legolas battendo per terra i piedi. Nonostante non sapessero niente di un nuovo comandante elfo nè di un segnale così strano e rumoroso, le guardie partirono tutte di gran carriera, atterrite dal pericolo di beccarsi una brutta punizione mettendo in discussione l’ordine di un superiore che urlava così tanto. Quando rimasero soli, i due superarono la barricata e ripresero a correre.

“Sono davvero strani gli uomini: basta fare la voce grossa e subito credono a qualunque cosa e obbediscono a qualunque ordine. È davvero impressionante il senso di potere che si prova!” esclamò Legolas.

“Sì, però la prossima volta lo faccio io quello più importante. Sono stanco di fare il tuo vice! E poi, che nome sarebbe ‘Turgon’?”

“Boh! Mi è venuto in mente all’improvviso, mi sembra di averlo sentito in una lezione di Berlond, fra le centinaia di nomi e soprannomi. Speriamo che non sia ancora vivo questo signore, perchè non vorrei procurarmi un altro nemico nel caso in cui non capiscano che ero io e si mettano a cercare uno che si chiama così.”

“Già, sennò dovrei essere lì a proteggerti anche da lui. Ecco il porto!” esclamò Imlelil perchè erano arrivati al luogo di attracco settentrionale delle imbarcazioni del Lago Lungo. Era un porto abbastanza grande e costituito da una lunga banchina da cui partivano vari pontili. Erano attraccate molte barche che trasportavano beni di commercio da Dale e soprattutto pesce del lago e perciò c’era un gran puzzo. Tante persone erano occupate a scaricare le merci e a metterle su dei carretti o su delle bancarelle per venderle subito lì. Il porto era pieno di gente insomma, tra quelli che scaricavano, caricavano, vendevano e compravano.

“Come faremo a ‘noleggiare’ una barca? Ci vedranno tutti!” domandò Imlelil facendosi largo fra la folla.

“Non c’è da preoccuparsi, basterà usare la nostra solita abilità, astuzia e intelligenza per fare un lavoretto pulito senza che nessuno si accorga di noi, come quella volta che rubammo tre cavalli a Rohan.” rispose Legolas molto sicuro di sè.

“Ti ricordo che quella volta ci riuscimmo perchè c’era Adrenalin a distrarre tutti con i suoi vaneggiamenti da ubriaco. Ma qui non c’è nessuno che possa distogliere l’attenzione di tutti e permetterci di prendere una barca.” Mentre parlavano, un personaggio di alcuni capitoli fa si faceva largo tra la folla. Per definirlo si potrebbe usare l’espressione ‘ombra del passato’, sia perchè certamente apparteneva al passato di molti, sia perchè sembrava un po’ un’ombra da quanto era magro. Era un uomo vecchio, esile come un fuscello e magro fino alle ossa, anch’esse assai sottili. Aveva un po’ di gobba sulla schiena, coperta da un mantello nero che scendeva fino agli stivali troppo larghi e che aveva anche un cappuccio che nascondeva completamente il suo volto. L’unica cosa che si intravedeva era una fioca luce gialla verdognola. Nella mano destra, bianca e scheletrica, teneva l’impugnatura di un bastone così corto che non arrivava neppure a terra.  

Osservava i due elfi insistentemente, soprattutto quello con tutti i capelli in ordine, e a quanto pare doveva averlo riconosciuto. Infatti sollevò il bastone e, mentre un lampo di luce gialla brillava sotto il cappuccio, lo agitò nella direzione degli elfi pronunciando parole incomprensibili. Ma in quello stesso istante un tizio piuttosto corpulento lo spinse con una spallata e lui cadde di lato. Perciò l’incantesimo che stava lanciando non colpì Legolas, invece centrò in pieno un carretto pieno di pesci poco distante. Ci fu una piccola esplosione e il suo intero contenuto volò sopra il porto. Tutti guardavano stupiti la scena, compresi Legolas, Adrenalin e il vecchio stregone, che borbottò qualcosa come “Dannazione, ho sbagliato di nuovo l’incantesimo! Non doveva esplodere e neanche colpire il pesce!” Passato lo stupore, la gente cominciò a chiedersi cosa fosse successo. Specialmente il proprietario del carretto era interessato a scoprire chi aveva mandato in cielo l’intera pesca della mattinata. Scese dalla sua barchetta e gridò:“Chi è stato? Dov’è quel vandalo maledetto?”

Il vecchio cominciò a strisciare nel tentativo di allontanarsi inosservato, ma una donna con una cesta con tre pesci lo indicò dicendo:“Lui! É stato quel vecchio con il bastone!”

“Dev’essere uno stregone!” fece un signore con una canna da pesca.

“No, è un ladro!” gridò un giovanotto che stava sfilando il portafogli dalla tasca dei pantaloni dell’uomo con la canna da pesca.

“A me sembra tanto un evasore fiscale!” disse un ramingo che portava ricamato sulla manica della giacca la sigla ATA (“Agenti delle Tasse di Arnor”).

“È un maleducato che spinge le persone.” suggerì il tizio piuttosto corpulento che lo aveva spinto prima.

“A me ricorda mio zio.” borbottò un tale.  

“È la copia del mio defunto marito! Ahimè!” si lamentò una vedova tutta vestita di nero con un terribile nasone.

“È un poveraccio senza un quattrino, un miserabile senza dignità!” sbottò un barbone che faceva l’elemosina in un angolo della piazza.

“È un vecchio cretino: alla sua età fa ancora scherzi così deficienti!” commentò un anziano signore ben vestito che faceva lo sgambetto a un ragazzo che correva.

“È comunque meglio di quel fallito di mio marito! Sigh! Me lo aveva detto la mamma!” disse una donnona tirando un pugnone sul capo del maritino.

“Spero che sia uno che sappia spiegarmi cosa è successo!” gridò il proprietario del carretto afferrandolo per il collo e sollevandolo da terra. Nel compiere questo gesto il cappuccio del vecchio calò giù e tutti videro che indossava una maschera di metallo con due fori per gli occhi.

“Ho capito chi è: un matto! Portiamolo al manicomio!” gridò un tizio che camminava sulle mani.

“Io credo che potrebbe essere il fratello gemello di uno fra i più importanti re della Terra di Mezzo e che gli potrebbe essere stata messa questa maschera perchè non ci siano guerre civili nel suo regno.” ipotizzò un signore grassoccio con dei baffoni e folti capelli ricci.

“Che idea balorda! Ma come t’è venuta?” gli riposero tutti eccetto il vecchio e i due elfi.

“Volevo farci un romanzo...” borbottò quello allontanandosi.

“Ehm, caro signore, sono molto dispiaciuto per i suoi pesci, ma posso spiegare...” disse lo stregone ancora sollevato qualche metro da terra.

“Bravo, e sarà anche meglio che ti sbrighi!” sbraitò il proprietario del carretto. In quel momento tutta l’attenzione della gente era rivolta a quei due e nessuno faceva caso ai due elfi che confabulavano.

“Imlelil, mi pare di averlo già visto quel tale, ma te lo dico io chi è per noi: il diversivo che ci serviva!” bisbigliò Legolas all’amico. Poi salirono con movimenti furtivi sulla barchetta del proprietario del carretto, staccarono gli ormeggi e salparono del tutto inosservati. O meglio li vide solo il vecchio stregone che gridò:“Attento! Quei due elfi ti stanno rubando la barca!”

L’uomo lasciò la presa e si voltò insieme a tutti quanti soltanto per vedere la sua barca allontanarsi.

“La mia barca!!! Maledetti ladri!!!” urlò per la rabbia e poi si voltò verso l’incappucciato “Sono tuoi complici vero???”

“Noooo! Non sono miei complici, anzi li detesto! Dovreste inseguire loro, non perdere tempo con me!” rispose cercando di allontanarsi.

“Che razza di verme traditore! Accusa i suoi complici pur di salvarsi!” gridarono tutti.

“Prendiamolo!” urlò la donna con una cesta con tre pesci.

“Catturiamolo!” gridò il signore con una canna da pesca.

“Borseggiamolo!” esclamò il giovanotto che aveva sfilato il portafogli dalla tasca dei pantaloni dell’uomo con la canna da pesca.

“Controlliamogli la dichiarazione dei redditi!” urlò il ramingo che portava ricamato sulla manica della giacca la sigla ATA.

“Spingiamolo!” ordinò il tizio piuttosto corpulento che lo aveva spinto prima.

“Facciamogli uno scherzo cretino!” propose l’anziano signore ben vestito che aveva fatto lo sgambetto al ragazzo che correva.

“Bastoniamolo!” gridò la donnona tirando un altro pugnone sul capo del maritino.

“Ricoveriamolo!” berciò il tizio che camminava sulle mani.

“Ricaviamo un romanzo dalla sua storia!” suggerì il signore grassoccio con dei baffoni e folti capelli ricci.

“No, la cosa migliore è una soluzione non violenta che accontenti tutti!” sentenziò l’ex proprietario del carretto e della barca “Uccidiamolo!!!”

E così tutta la folla, urlando per mostrare che era d’accordo, cominciò a inseguire il vecchio che scappava a perdifiato. Lui correva e correva incespicando per via del mantello e degli stivali troppo larghi. Poi si disse:“Un momento! Io sono Atragulaiuniliantauthro-Pant! Pant!-nounatraono-Puff! Puff!- waìseskolirfrà Rauthr, sì insomma, Alcarin, e sono uno stregone! Non è decoroso che fugga così! Ora userò un incantesimo di teletrasporto. Mi funziona quasi sempre e mi porterà in un luogo relativamente sicuro.”

Agitò il bastone mentre era ancora in corsa e, sotto gli occhi della gente ancor più sbalordita, scomparve in una nuvoletta di fumo.

Riapparve molte migliaia di miglia lontano in una caverna sulle Montagne Nebbiose. Alcarin, dopo aver ripreso fiato, pensò:“Non sono riuscito a prendere quel maledetto imbroglione di Legolas! Ma lo troverò! Oh, se lo troverò! Lo cercherò ovunque vada! Sarò la sua ombra!” Spinto da questi pensieri, gridò:“E QUANDO LO TROVERÒ ME LA PAGHERÀ CARA!!!”  

Dovete sapere, cari lettori, che è molto importante conoscere il significato delle parole. Se uno vi sfida a un duello di fioretto, non vuol dire che lui vi voglia sfidare a una gara di botanica. Allo stesso modo è utile conoscere che cosa significhi la parola “relativamente”: significa che qualcosa è qualcosa rispetto a qualcos’altro. Ad esempio, Gimli è basso paragonato ad Aragorn, ma è alto paragonato a... Ops, ho sbagliato esempio! Beh, comunque avete capito, no?

Perciò Alcarin era in un posto relativamente sicuro, perchè non c’era nessuna folla inferocita che voleva ucciderlo. Però la relatività della sicurezza non era legata anche al gridare a voce alta. Infatti dopo che ebbe gridato, la caverna si trasformò in un luogo relativamente insicuro a causa del fatto che si svegliò la famiglia di orsi in letargo. Mentre attaccavano Alcarin uno di loro commentò:“Roar moar broan! Frof ras bon? Moan!” (Traduzione dall’orsesco:“Questo è troppo magro, deve far schifo come la carne secca di qualche giorno fa! Perchè non ci sveglia mai qualcosa di più buono? Uffa!”)

Lo stregone non sapeva bene la lingua degli orsi, ma fuggì comunque a gambe levate (perdendo tra l’altro uno stivale), poichè aveva intuito che la situazione era decisamente pericolosa.

Intanto Legolas e Imlelil navigavano sul Lago Lungo, o meglio, remavano.

“Quindi quel vecchio che ci è servito come diversivo era uno che non avevi pagato?” chiese Imlelil muovendo il remo nell’acqua.

“Sì, ma non c’è problema: stando a quello che mi ha raccontato potrebbe benissimo diventare un nostro cliente! Da giovane era davvero molto più allegro rispetto ad ora. Comunque se si ripresenta a Bosco Atro, fagli la mia offerta.”

“Non sarebbe ancora meglio se facessimo pagare il conto a tuo padre?”

“Meglio di no, credo che gli arriverà una richiesta di risarcimento spaventosa dopo quello che è successo a Pontelagolungo!”

“Guarda che la taverna l’ha distrutta completamente quel ciccione del papà di Melania, non io!”

“Eh, che ci vuoi fare! La legge è ingiusta. Il governatore dovrà per forza trovare una fonte di risarcimento e un capro espiatorio o stasera non sarà più governatore. Vedrai che prenderà un povero cretino che non c’entra niente e lo getterà in pasto alla folla infuriata.” concluse Legolas.

“Dove andrai ora?”

“A Dale, penso. Dopotutto i conti con gli abitanti lì sono stati saldati e non hanno motivo di avercela con me, giusto?” chiese guardando interrogativamente Imlelil.

“Perchè me lo chiedi? Saranno mesi che non ci metto piede!” rispose offeso “Io invece non ho la minima intenzione di cercare Adrenalin! È adulto e sa cavarsela da solo!”

“Ti devo ricordare quella volta ha dato tutta la merce a una famiglia di tassi perchè era così ciucco da non accorgersi della differenza tra loro e gli uomini del Dunland?”

“Ma anche tu avresti potuto fare confusione: sono tutti coperti di peli allo stesso modo! E poi non ci voglio andare, voglio fare quel che mi pare durante queste vacanze, come te!”

“Non è che queste siano le mie migliori vacanze... Allora dillo ad Araldin di trovare Adrenalin.” acconsentì Legolas.

“Bene! Allora andiamo a riva, io devo scendere per tornare a Bosco Atro.” 

Girarono la barca con i remi e si diressero alla riva del Lago Lungo. Imlelil tirò una tremenda pacca sulle spalle a Legolas e poi scese salutandolo.

“Ah, già: se incontri i guardiani della Diga, potresti dirgli che sono da tutt’altra parte, in un posto lontanissimo e sperduto?” domandò il figlio di Thranduil all’amico che ridacchiò.

“Sì, ma certo. Meglio che li mandi fuori strada, altrimenti dovrò salvarti la vita la duecentotrentottesima volta!” rispose ridendo mentre si allontanava sulla riva sabbiosa.

“Uffa! La duecentotrentasettesima non contava!” gli gridò Legolas, ma ormai era lontano e non lo sentì. L’elfo prese i remi e ricominciò a navigare sul lago e sul Fiume Fluente fino ad arrivare l’indomani, dopo aver fatto una tappa a riva durante la notte, a scorgere la città di Dale all’ombra della Montagna Solitaria quando il sole iniziava a sorgere.  

 

   
 
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