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Autore: hapax    07/02/2009    1 recensioni
Fanfiction ispirata ai romanzi della serie Mallory di Carol O'Connell. Kathy Mallory, giovane, bellissima e sociopatica detective della sezione Crimini Speciali della polizia di New York, indaga sulla morte di un senzatetto in uno dei quartieri più eleganti della città. Quello che sembrava un caso di poca importanza porterà Mallory a scontrarsi con persone intoccabili e insospettabili, trascinando lei e chi le vuole bene in un gioco molto pericoloso.
Genere: Azione, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mallory 7 Capitolo Settimo

Il senatore Porter sedeva alla sua scrivania, incerto se essere contento o meno dell'assenza di Mallory; alla fine decise che era meglio trovarsi di fronte al sergente Riker e a quell'uomo dal naso imbarazzante che agli occhi senz'anima della detective: la paura aveva prevalso sull'ammirazione per le fattezze di Kathy.
- Non credo di aver capito bene il suo ruolo, signor... -
- Butler, Charles Butler. Sono qui come consulente del sergente Mallory, senatore. - rispose Charles educatamente.
Riker si chiese se Charles fosse in grado di mandare qualcuno a quel paese.
- Consulente? Io non mi fido dei consulenti. - affermò Porter con una nota di disprezzo nella voce.
Charles si limitò ad un sorriso imbarazzato, che lo fece sembrare ridicolo: no, Charles non avrebbe mai mancato di rispetto a un senatore.
- Senatore - cominciò Riker bruscamente - stiamo indagando sulla morte di suo figlio e vorremmo farle qualche domanda. -
- So che avete insistito tanto per avere l'esclusiva di questa indagine. Mi commuove tutto questo interesse per la vicenda di mio figlio, ma sappiate che rischiate grosso: ho molte amicizie ai piani alti in polizia, e al primo passo falso lei e la sua collega finirete a dirigere il traffico. -
Riker non si aspettava un attacco.
- Non capisco senatore, devo ancora cominciare e lei già mi minaccia. Sta forse nascondendo qualcosa? -
- No, era solo per mettere in chiaro come funziona. -
Riker capì che il senatore lo sottavalutava, e che non avrebbe mai parlato così in presenza di Mallory. "Bene, senatore, se vuole giocare sporco ci sto."
- Allora in questo caso sarà meglio concludere qui: non voglio finire a dirigere il traffico prima che lei sia coinvolto in uno scandalo che le potrebbe costare tutto quello che ha... -
Il senatore Jacob Porter divenne improvvisamente di ghiaccio.
- Che intende dire? -
- Ci sono state delle strane fughe di notizie ultimamente: temo ci sia qualche talpa in dipartimento. Non voglio tediarla con le mie domande, tanto nel giro i pochi giorni leggerò tutto sui giornali... Andiamo Charles, qui abbiamo finito. -
Riker si alzò, subito imitato da Charles, e fece per andarsene.
- Un momento! -
Riker e Charles si voltarono: il senatore era in piedi, un'espressione allarmata sul viso.
- A cosa vi state riferendo? - chiese mantenendo basso il tono di voce.
Riker tornò a sedersi: - Vedo che abbiamo raggiunto un'intesa. -
- Voglio sapere di cosa mi accusate! -
- Le piacciono i bambini? -
Il senatore si accasciò sulla sedia.
- Non ho mai fatto del male a nessuno. -
- Ne è sicuro? Perché mai suo figlio, rampollo di una delle famiglie più in vista della città, che poteva avere tutto, si è ridotto a fare il barbone? Scappava da qualcosa, forse? Magari da lei... -
L'aveva in pugno.
- Va bene. Che volete sapere? -
Riker si rilassò sullo schienale della poltrona.
- Sam venne da lei a chiederle dei soldi: sappiamo dai rapporti dell'FBI che la ricattò, e possiamo immaginare con cosa. Lei gli diede trecentomila dollari, ma a quanto ammontava in realtà la cifra richiesta? -
- Sì, mi ricattò per quella storia: minacciò di andare a dirlo ai giornali, per cui gli diedi tutti i soldi che mi aveva chiesto. -
- Cioè trecentomila dollari? - chiese Charles.
- Sì. Trecentomila me ne chiese, e trecentomila gliene ho dati. -
Riker decise che era giunto il momento di sfoderare la seconda sorpresa: Mallory aveva trovato qualcosa di interessante anche nell'archivio di Robin Duffy.
- E che mi dice del testamento di Sam? -
- Testamento? State scherzando? -
Riker mostrò al senatore la fotocopia del testamento di Sam Porter.
- Qui dice che il ragazzo possedeva ben due case, per un valore totale di oltre settecentomila dollari, e che alla sua morte questi immobili sarebbero andati ai parenti più prossimi, in questo caso lei, con la clusola di venderli nel caso non ci dovesse andare ad abitare nessuno. -
- Dove vuole arrivare? -
- Mi chiedo perché Sam non abbia mai vissuto in una di queste due regge. Lo sapeva di essere ricco? -
Rike fissò il senatore negli occhi : - No, non credo...chissà chi ha firmato quel testamento al posto di Sam. L'avvocato Duffy ci ha descritto suo figlio come un giovane alto e moro, ma sul tavolo delle autopsie Sam era piuttosto basso, e aveva i capelli castani. Bella mossa attribuire quelle proprietà ad un senzatetto! Quelli del fisco staranno ancora impazzendo cercando di capire a chi appartengono! -
Il senatore scosse la testa: - Io ho perso mio figlio, e lei mi viene a raccontare queste storie? -
- Andrebbe ad abitare in quelle case? No, vero? Allora sarebbe costretto a venderli e a guadagnarci oltre settecentomila dollari. Certo che lei è proprio sfortunato! -
Jacob Porter fissò Riker con odio.
- Se ne vada. Andatevene! -
Riker si voltò proprio sulla porta.
- Che strano senatore, lei avrebbe due moventi: un ricatto che la accusa di pedofilia, e la faccenda del testamento. Doveva voler molto bene a suo figlio! -

- Che ne pensi? -
Charles ci pensò un po' prima di rispondere.
- Penso quello che pensi tu: il senatore avrebbe avuto dei buoni motivi per amazzare suo figlio, ma tutto quello che abbiamo si basa su delle supposizioni. Non ci sono prove concrete per incastrarlo, a parte il testamento, ma anche con quello l'unica cosa per cui possiamo trascinarlo in tribunale è di aver raggirato il fisco. -
Riker posò il bicchiere vuoto sul tavolo.
- Già. Sai che ora è? -
- Le otto. Mallory deve incontrarsi con Ross fra mezz'ora. -
Riker capì immediatamente di aver fatto una mossa sbagliata: doveva capirlo che Charles si era fermato a bere con lui solo per non pensare all'appuntamento di Mallory.
- Kathy ti ha detto come intende muoversi per incastrare l'assassino? - chiese Charles con evidente preoccupazione.
- No. Quando decide di muoversi da sola tiene la bocca cucita anche con me. E non guardarmi con quella faccia: so benissimo che finirà per farsi male, ma per stasera possiamo stare tranquilli. Non è mica da sola, c'è... - Riker si interruppe. Un altro sbaglio.
- Sì, è vero. Non può andare a mettersi nei guai finché è in compagnia di Ross. Devo andare. Grazie della compagnia Riker. -
Charles Butler lasciò una mancia molto cospicua alla barista e se ne andò in fretta. -

Kathy Mallory si chiese se uscire con un federale non fosse cosa disdicevole per una poliziotta. Lo era, ma non poteva fare altrimenti: era solo un inconveniente del mestiere.
"Almeno è carino" pensò. Poi scacciò quel pensiero dalla testa e diede la colpa al vino.
Ross prese la mano di Mallory, che tentò di sottrarsi senza riuscirci.
- Kathy - le disse - è stata una bellissima serata. -
- Non ti ho dato il permesso di chiamarmi Kathy. - rispose lei con uno sguardo di ghiaccio.
- Va bene, continuerò a chiamarti Mallory. -
Kathy si alzò troppo in fretta e si sentì girare la testa.
"Maledizione, il vino. " pensò risedendosi. Kathy non reggeva l'alcol, e sapeva bene che bere le ottenebrava la mente, per questo aveva appena assaggiato il costoso spumante che riempiva ancora quasi mettà dal calice.
Squillò un cellulare: era quello di Ross.
- Scusami. - disse allontanandosi.
Kathy osservò le mosse dell'uomo, ma non riusciva a concentrarsi. "Non posso aver bevuto così tanto. "
Ross si girò verso di lei a guardarla, e i loro occhi si incontrarono. Kathy toccò la pistola di ordinanza dentro la borsetta, e si pentì di non aver portato la sua Smith&Wesson solo per non rovinare il vestito.
Frank Ross tornò al tavolo con un sorriso sulle labbra: - La vedo stanca Mallory. Vuole che la accompagni a casa? -
- No. Me ne torno da sola. - rispose Mallory, che si diresse verso l'uscita senza dire altro.

- Accidenti! -
Mallory si appoggiò al lampione. Uscita dal ristorante si era accorta di aver perso le chiavi della macchina, e il cellulare era scarico, perciò aveva deciso di andare a piedi confidando che l'aria della notte l'avrebbe fatta riprendere, ma l'aria della notte si era fatta piuttosto umida e l'unica cosa che avrebbe ottenuto sarebbe stato un rafreddore.
"Non può essere, non a me." pensò "Calma, respira, riprenditi."
- Stupida! Che errore stupido! - disse al palo che stava abbracciando.
Sentì un rumore alle spalle.
Non c'era nessuno.
Si staccò dal lampione e riprese il cammino in direzione di casa: mancavano solo un paio di isolati.
Improvvisamente Kathy sentì qualcosa afferrarla alla gola.
Non riuscì ad urlare: il laccio di cuoio la stringeva sempre più forte, mozzandole il fiato.
Le ginocchia cedettero, cadde in avanti, con le mani tentò di togliere il laccio, sempre più stretto.
Sentiva il fiato del suo aggressore sul collo, e la paura fece spazio all'istinto: sopravvivere.
Tentò di divincolarsi, i muscoli tesi nell'estremo sforzo di lottare, ma ormai mancava poco. "Muoio".
Credette di essere già morta sentendo pronunciare il suo nome. Era la voce di Charles, ma era così distante...
Poi, senza capire come, Mallory sentì i polmoni espandersi ad accogliere l'aria umida della notte: era viva.
Due braccia possenti la alzarono da terra, e perse i sensi.
  
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