Da
dove si trovava aveva un’ottima visuale di tutta Amarantine,
e poteva veramente
constatare che quella città era un autentico gioiello.
Attualmente Warsman si
trovava in un albergo a quattro stelle, il più vicino alla
cima della rocca
dove era presente il Tempio della Costanza, e dalla finestra bifora
poteva
osservare buona parte della città e del deserto che la
circondava ora baciato
da un ancora prematuro tramonto.
I
caldi raggi solari si stavano tingendo di rosa, e i suoi riflessi si
stagliavano sulla sabbia del deserto tingendo le dune di un rosa simile
a
quello del quarzo e facendo brillare di luce tenue le guglie dorate dei
palazzi
sottostanti a dove si trovava lui. Non che tutte le strutture fossero
rivestite
d’oro, i palazzi più bassi sembravano essere
ricavati dalla roccia rosea della
rocca stessa, ma la cosa peculiare di quel prezioso metallo era di non
arroventarsi durante le calde giornate e di rimanere sempre freddo come
se
fosse immerso nelle gelide acque di un mare artico. Lasciando dunque
l’interno
di ogni edificio sempre fresco.
L’oro
amazzoniano era fatto così, e per quanto fosse svalutato nel
resto della
galassia il suo valore nel pianeta natale aveva la stessa importanza
del ferro
e del rame. Di importanza vitale dunque, anche perché quel
metallo luccicante
aveva la proprietà di tenere alla larga i giganteschi vermi
della sabbia dato
che, era risaputo, quelle stupide bestie avevano la vista di una talpa
e i
bagliori intensi davano loro un forte mal di testa. Magari era anche
per questo
che erano sempre di cattivo umore? In quello stesso momento
potè vederne un
paio saltare tra le dune del deserto con la stessa grazia e potenza di
una
megattera nel cuore dei freddi oceani terrestri… finendo poi
per inzuccarsi a
vicenda con un urlo beota e decisamente assordante.
Quella
scenetta lo portò a sorridere lievemente sotto la sua
maschera integrale,
l’unica cosa che indossava al momento dato che il resto del
suo vestiario era
composto unicamente da un candido accappatoio, ma questo non
bastò comunque a
stemperare l’inquietudine del loro prossimo incontro nel
tempio che dovevano
per forza di cosa visitare. La situazione era iniziata già
in modo pessimo fin
dal loro primo arrivo in città, venendo addirittura
arrestati per disturbo
della quiete pubblica e rissa aggravata, ed in effetti
quest’ultimo punto non
era poi tanto discutibile dato che lui e la marchesa Lancaster avevano
continuato a litigare dentro quella fontana anche ad
autorità sopraggiunte, e
dopo essere stati portati nella prigione ecco che il loro numero si era
notevolmente dimezzato.
Il
motivo del perché fuori dalla galera restavano solo lui, il
suo pupillo e Check
Mate oltre che ad Emerald stessa? A dir la verità stentava
ancora a crederci…
più dell’abuso di potere che era stato fatto.
“Non
potete tenerci qui!!” sbraitò
giustamente il principe dei kinnikku prendendo le sbarre della sua
cella con
ambo le mani “con quale diritto ci tenete qui dentro?! Ci
siamo solo
rinfrescati in una fontana, non distrutto l’intera piazza che
tra l’altro non
aveva neanche un chiosco delle bibite!”
In
effetti la polemica di Kid
Muscle non era fondata sulla pura banalità quanto
sull’effettivo fatto che le
loro gesta, appena giunti nella città di Amarantine, non
erano state poi così
clamorose da meritare il pugno duro. Ma a quanto pare per le presunte
guardie
effemminate, quelle armature dorate non lasciavano intendere quale
fosse
effettivamente il loro sesso e il loro elmo a forma di testa di leone
distorceva la voce rendendola atona e insensibile, sembrava non fare
nessunissima differenza il fatto di avere un re e un principe di un
pianeta
famoso o il fatto che il gruppetto avesse fatto una entrata in
città un po’
chiassosa.
Pertanto
il giovanotto dovette per
forza di cose calmarsi e lasciar perdere di strattonare una cancellata
che non
voleva aprirsi, mettendosi a sedere sulla brandina anche grazie agli
ammonimenti del suo allenatore.
“è
inutile alzare la voce con
questi tizi, ragazzo mio… temo che non ci rilasceranno
così facilmente. Anche
se è vero che non abbiamo fatto nulla
per meritarci questo”
Il
folletto si ritrovò a sospirare
pesantemente mettendosi dunque a sedere sulla propria brandina, avendo
ormai
capito che quelle guardie stavano agendo per qualcun altro ben al di
sopra
delle comuni autorità della città. Come se non
bastasse l’intero gruppo non era
stato rinchiuso in un’unica cella ma in piccoli gruppetti
avevano occupato le
gabbie presenti lungo il corridoio, senza contare che Emerald Lancaster
non era
ancora ritornata dall’ufficio dello sceriffo del distretto e
questo poteva
voler dire altri guai in arrivo così come una possibile
negoziazione di un loro
possibile rilascio. Ma a parte questo piccolo dettaglio tecnico il
sospetto che
nutriva Meat si stava insinuando anche negli altri membri della League,
e la
loro prigionia doveva essere per forza di cose l’ennesimo
ostacolo alla loro
scalata per la vittoria. Potevano raccontarla come volevano, le care
sacerdotesse, ma già il fatto di farli penare lungo il
tragitto per ogni tempio
era un pratico esempio di volerli demoralizzare prima di ogni incontro
cruciale.
“dumm
wachen! Scommetto che
la sacerdotessa di questo covo di matti starà pensando a
qualche stupido piano
per intralciarci nel mentre che noi siamo qui a fare la
muffa!”
A
pochi passi da dove erano tenuti
la famiglia reale dei Muscle, con l’anziano re che fino a
quel momento aveva
russato della grossa sulla propria brandina, il giovane Jeager dette un
calcio
contro le sbarre della propria cella con l’unico intento di
smaltire la
frustrazione in eccesso. Il metallo si deformò, senza
però cedere, al pesante
colpo del tedesco, che avrebbe preso anche a testate il muro ma era
meglio non
rischiare visto che non aveva più il proprio casco, e per
quanto il suo
compagno di cella avrebbe ben volentieri voluto ricordargli di avere un
po’ di
decoro decise comunque di rimanere in silenzio.
Check
Mate lo nascondeva bene, il
suo lato gentiluomo gli imponeva una certa etichetta, ma anche lui
iniziava a
stancarsi di tutte quelle inutili beghe che non facevano altro che
aumentare il
malcontento e le tensioni all’interno dei membri della Muscle
League. Stava
anche iniziando a pensare per quanto ancora l’intero gruppo
sarebbe rimasto
unito prima di iniziare ad esasperarsi per tutta quella faccenda, senza
contare
che già gli sposi per conto loro erano tesi come corde di
violino pronte ormai a
spezzarsi, prendendo dunque in considerazione l’idea di
mollare tutto dato che
il trattamento che stavano ricevendo era pure peggio di quello ricevuto
durante
la Corona Chojin. Per quanto questo potesse essere un pensiero alquanto
ripetitivo, soprattutto per una persona esterna al gruppo, per il
lottatore del
Principato di Monaco era chiaro che si trattava di una questione tanto
delicata
quanto cristallina. Una matassa logorante e sfibrante, con la
capacità di
insinuarsi nell’intero gruppo come un cancro con
l’intento volontario di farli
cedere e dunque lasciar decadere l’impresa di ottenere un
divorzio tanto
assurdo, eppure tale veleno andava a scontrarsi con la determinazione
di ferro
dei due sposi per quanto loro stessi fossero il fulcro di un certo
disagio per
l’intera squadra.
Il
consueto giro di pensieri cupi,
del genere che ormai tutti quanti formulavano, si interruppe
nell’esatto
momento in cui la porta della prigione non si aprì per far
entrare un paio di
guardie che, a quanto pare, non erano da sole nell’incedere a
passo lento lungo
il corridoio.
Il
clangore metallico dei loro passi
destò l’interesse dei prigionieri, compreso re
Suguru che si svegliò dal suo
sonno pesante, ma solo Check Mate riconobbe il terzo uomo
dall’incedere
lievemente strascicato tanto da ritrovarsi a irrigidirsi
momentaneamente per la
sorpresa forse non del tutto piacevole.
“allora
signori cari, trovate di
vostro gradimento il soggiorno? Bwah-ahaha!”
E
se solo il lottatore gentiluomo
lo aveva riconosciuto già dai suoi passi
tutt’altro che incerti, gli altri
riconobbero chi li stava sbeffeggiando dalla sua voce rauca e distrutta
dalla
furia del sole californiano.
“Eh…?
Sunshine…?!”
borbottò
King Muscle avvicinandosi alle sbarre della propria cella “ma
non è possibile…
tu non dovresti essere, come dire… un po’
morto?”
Quelle
parole impastate e
noncuranti, tipiche dell’anziano regnante ancor prima che
diventasse un famoso
lottatore, toccarono l’animo del nuovo venuto in modo molto
vivo dato che non
ci pensò due volte a scansare le guardie che gli ostruivano
la strada e
palesarsi definitivamente di fronte ai prigionieri con fare alquanto
aggressivo. Brandendo con entrambi le mani le robuste sbarre in acciaio
della
cella dei Muscle, per digrignare sdegnato alla loro superbia quasi
infantile
fin tanto da spaventarli.
“razza
di vecchio deficiente!”
sbraitò l’anziano akuma chojin alto più
di tre piedi e vestito di un vecchio
spolverino che nascondeva in parte il suo corpo ingiallito dal
sole… almeno
stando a quello che credevano i giovani d’oggi “ti
devo forse ricordare chi ha
il coltello dalla parte del manico, ora?! Bah… sempre a
sparare scemenze, voi
Muscle. Anche da vecchi ritardati!”
“Non
intendeva offenderti! Non
intendeva offenderti!!!” urlò disperato il figlio
del re, mentre faceva da
scudo involontario al proprio padre “ti prego di lasciarci
andare e di non
avvicinarti troppo! Sei così brutto da vicino che rischio di
farmela addosso!!”
Le
parole concitate del giovane
principe non fecero altro che far innervosire ancora di più
un già irritato
Sunshine, che giustamente ruggì in risposta agli strilli
spaventati dei due
kinnikku che ben portarono Meat a massaggiarsi la tempia con una mano,
ma tutta
quella assurda scenetta caotica decisamente non piacque agli ultimi due
abitanti
di quelle celle decisamente scomode. Tanto da voler far sentire anche
la loro
di voce.
“Ehi,
nonnetti! Se avete finito di
bisticciarvi il pannolone pulito direi che dobbiamo tornare alla
questione
principale di questa visita”
Con
il suo proverbiale tatto Kyle
Mask era riuscito a far dimenticare ai presenti l’inutile
discussione appena
iniziata per potersi dunque concentrare su qualcosa di più
concreto. Inutile
dire che, con il suo stile irriverente, il lottatore di origini inglesi
aveva
dunque attirato le attenzioni di un già furioso
Sunshine… e nonostante tutto
parve non importargli molto della ramanzina che gli fu fatta.
“fai
a meno di dare aria alla
bocca, giovanotto! Qui avete niente meno che il sommo diacono del
Tempio della
Costanza!” lo disse con voce aspra nel mentre che si
avvicinava al lato opposto
delle celle dove erano tenuti i kinnikku molesti “e guarda
caso sono giunto
fino a qui per tirare fuori da questo buco umido chi può
essere idoneo a
parlare con i miei signori. Ma lasciate che ve lo dica, siete talmente
patetici
che, a parte il tuo allenatore e la sua donna per motivi logici, a mio
avviso
potete starvene rinchiusi qui in
eterno!”
A
quelle minacce non giunse
risposta dal giovane atleta, così come
nessun’altro chojin presente decise di
proferir parola, neppure Check Mate rimasto in un glaciale silenzio fin
dalla
comparsa del suo vecchio maestro, ma stranamente bastò lo
sguardo di Warsman a
decretare la fine di qualunque altra scemenza inutile.
Il
russo si era posizionato in
fondo alla cella che condivideva con il suo pupillo, con la schiena
appoggiata
al muro e le braccia incrociate in petto scrutava con sguardo selvatico
l’improbabile diacono standosene all’ombra della
propria posizione. Solo gli
occhi dalle iridi tinte di rosso scrutavano l’ambiente
malsano in cui era stato
rinchiuso, e la ferocia che riusciva a trasmettere
all’anziano Sunshine fu
sufficiente a farlo desistere da insultare pure l’ex membro
della Muscle
League.
“Attento,
morde”
Disse
ironicamente Kyle, dopo una
breve occhiata al proprio allenatore ormai decisamente stufo di essere
trattato
come una bestia sia dalle stramaledette autorità sia da chi
stava cercando di
riallacciare i rapporti anche se quest’ultima continuava a
fare l’altezzosa.
Stava ancora guarendo dalle ferite dell’ultimo scontro
avvenuto sulle gelide
montagne di Esto Gaza, e il trattamento ricevuto dalle guardie, nel
momento in
cui provò a ribellarsi mosso dall’esasperazione
all’assurdo trattamento offerto
dalla polizia, fu talmente violento da beccarsi delle ginocchiate allo
stomaco
e delle bastonate capaci di riaprirgli certi tagli profondi. Ovviamente
non ci
furono parole di conforto per lui da parte di tutto il gruppo, neppure
da parte
di Emerald che decise di risistemarsi gli occhiali scuri sugli occhi
come a
volersi estraniare dal mondo in un moto tanto istintivo quanto ben
voluto, non
le piaceva vederlo maltrattato ma era dell’idea che
continuare ad ignorarlo era
la cosa giusta per lui, e l’unico che lo aiutò ad
alzarsi una volta che fu
sbattuto in cella fu il suo stesso allievo.
Da
allora non una parola, ma il suo
sguardo era identico a quello di un lupo in gabbia tanto da portare
Sunshine a
deglutire e ad allontanarsi di un paio di passi da li prima di
borbottare la
sentenza definitiva della sua visita.
“Ehm…
bene allora! La somma sacerdotessa
del Tempio della Costanza mi ha incaricato di scegliere i lottatori
più attraenti
affinchè possano presentarsi domani a mezzogiorno al loro
appuntamento” disse
dunque il golem ormai decadente, sistemandosi meglio lo spolverino
“darò le mie
indicazioni allo sceriffo non appena avrà finito di
chiacchierare con la
ragazza, ma vi posso assicurare che non otterrete grandi
risultati!”
Sunshine
se ne andò via dalla
prigione, con sommo sollievo dei Muscle, senza aggiungere altro
facendosi
unicamente seguire dalle precedenti guardie in armatura dorata e
ignorando le
occhiate attonite dei poveri prigionieri trattenuti li da una giustizia
alquanto severa.
Non
dette una occhiata neppure al
suo ex allievo Check Mate, defilandosi silenzioso e scrutando
unicamente il
corridoio che aveva di fronte, dando quasi l’idea al
lottatore del Principato
di Monaco di volerlo ignorare quasi per non vedere una sua qualche
emozione in
viso.
L’ex
lottatore lo aveva allenato
anche a livello caratteriale, perché se non doveva mostrare
dolore sul ring
altrettanto doveva fare fuori, ma non avrebbe saputo dire se Sunshine
fosse al
momento deluso perché aveva abbracciato la Muscle League
oppure speranzoso che
il suo vecchio pupillo se la cavasse… non era
così empatico da capirlo.
Per
quanto riguardava Check Mate
tuttavia, lo strano miscuglio di sensazioni che provava in petto ancora
non
sapeva dargli un nome.
Ma
una cosa la sapeva bene, se il
vecchio golem fosse sceso sul campo di battaglia
allora in molti si sarebbero trovati in seria
difficoltà. Che fossero in pochi o l’intero gruppo.
Ed
ora eccolo li a sorseggiare un bicchiere di vodka con ghiaccio e menta
standosene pigramente appoggiato, quasi seduto, al davanzale
dell’elegante finestra
scrutando quel paesaggio che ora non faceva più tanta paura.
Era a dir poco una
assurdità che solo due individui potessero difendere
l’onore dei due futuri
divorziati, rispettivamente Check Mate e Kyle erano gli unici usciti di
prigione in base al loro aspetto fisico attraente secondo gli standard
i quei
folli cuktisti presenti nel tempio, ma quantomeno erano già
in due e il
servizio offerto loro una volta scarcerati era stato a dir poco
impeccabile. E
Warsman era troppo stanco per rinunciare a concedersi qualche coccola
pensando
che magari si trattava di una ennesima trappola, quindi che male
c’era a
rilassarsi un po’ prima che l’ennesimo inferno si
scatenasse sulla terra?
–
Ah… vedo che ti sei messo comodo! Stai scrutando
semplicemente l’orizzonte oppure
stai aspettando che Hammy ritorni dal suo shopping
compulsivo?!–
Ad
interrompere la sua linea di pensieri ci pensò il giovane
Mask di ritorno dalla
palestra presente all’interno dell’albergo, i due
dividevano lo stesso
appartamento per VIP, dallo stile elegantemente persiano con tanto di
narghilè
e triclini pieni di cuscini ricamati di seta, assieme
all’ex allievo di Sunshine, ed il
russo non se la sentì di smentire quella sua teoria anche
perché effettivamente
parlando non aveva tutti i torti.
Proprio
come se l’oracolo avesse appena cantato potè
notare la figura della Lancaster
di ritorno dal centro commerciale carica di sporte e aiutata da due
cordiali
ancelle che l’avevano aiutata con le spese allietandole anche
la giornata, a
giudicare dal suo sorriso nel mentre che saliva la scalinata
dell’albergo non
sembrava affatto stressata, e chiaramente anche quelle due giovani Deva
erano
state offerte dal Tempio della Costanza. Che fosse un modo come un
altro per
farsi perdonare i soprusi passati in centrale non era dato saperlo, a
quanto
pare gli uomini del tempio erano alquanto bizzarri, ma al russo poco
importava
anche perché la sua attenzione era ora concentrata sul lieve
senso di
malinconia che lo attraversò scrutando la ragazza a sua
insaputa. Incredibile
come tra le centinaia di persone presenti sotto di lui, a venticinque
piani di
distanza, fosse comunque riuscito ad individuare la giovane donna per
quanto
non spiccasse affatto tra le altre donne presenti… magari si
trattava di vista
particolarmente affinata, oppure di semplice istinto
come credeva lui.
–
Da dopo l’interrogatorio che lo sceriffo ha voluto farci a
turno non ha più
detto una parola a momenti… immagino che voglia che tutta
questa faccenda
finisca al più presto per tornarsene sana e salva, e da sola, in Inghilterra – disse
piano Kyle, salendo i due scalini che
portavano al piccolo piano rialzato della stanza in cui era presente un
Lord
Flash ancora in fase contemplativa – ad ogni modo, non le hai
ancora parlato,
vero? –
–
No… non l’ho ancora fatto – lo
mormorò quasi con un sospiro, nel mentre che
continuava ad osservare il paesaggio esterno – ho intenzione
di darle un po’ di
respiro e di riprendere il discorso una volta che ci saremmo lasciati
alle
spalle anche questo tempio… a quel punto sarà
più che sollevata di sapere che
manca poco a questo dannato divorzio–
–
E cosa ti fa pensare che riusciremo a vincere anche la prossima sfida?
Scusa se
te lo chiedo ma non sei mai stato un maestro di ottimismo–
Il
giovane allievo di Warsman lo disse con una punta di ironico cinismo,
per
quanto non si fosse allontanato troppo dalla realtà dei
fatti, ma il maestro si
voltò con sguardo decisamente serio verso il giovanotto di
origini inglesi
tanto da fargli notare una cosa alquanto importante.
–
Noi dobbiamo vincere, ragazzo mio!
Altrimenti non solo perderò ogni possibilità di
comunicare con Emerald, ma non
avrò neppure il coraggio di rivolgere la parola alla mia
unica figlia…–
poi abbassò gradualmente la voce come se
stesse parlando più verso se stesso che con il proprio
allievo, distogliendo lo
sguardo da lui per osservare la stanza dai muri tinteggiati di un tenue
color
pesca– ho già vissuto troppo a lungo
nell’infamia per poter sopportare un altro
colpo–
Era
logico che il suo pensiero andava anche ad Alya, attualmente al sicuro sulla Terra e con tutta
probabilità anche ignara del pseudo torneo in cui era
invischiato, nonostante
la poca loquacità Emerald aveva affermato che il marchese
Lancaster era
riuscito a bloccare la programmazione sul loro pianeta di origine, e il
pensiero che comunque certe notizie fossero trapelate non lo faceva
sentire del
tutto a proprio agio. Per un breve momento si sentì uno
sciocco a non aver
ancora contattato la sua primogenita in quei giorni nefasti, per quanto
fosse
sua abitudine farsi sentire poco, sempre e comunque convinto di fare la
cosa
giusta, senza contare che solo in quel momento un lampo gli
attraversò la testa
avente il nome di “Katya”.
Sapeva
che la sua ex compagna non possedeva un televisore in casa, non tanto
perché
non poteva permetterselo quanto perché nessuno della sua
famiglia aveva
l’abitudine di guardare la televisione da tanto lavoro
avevano da fare ogni
giorno alla fattoria… e comunque possedevano la rete
internet, e per quanto
fosse sicuro che ormai fosse giunta sulla Terra per assistere Alya nel
parto
forse aveva sbagliato a non farsi sentire neanche una volta. Aveva
intimamente
sperato che tutto quell’odioso torneo si sistemasse nel giro
di qualche giorno
ma la stavano tirando lunga, già per il fatto che domani
pomeriggio avrebbero
dovuto recarsi al Tempio della Costanza anziché il giorno
stesso in cui erano stati
scarcerati, e dunque questo particolare di far perdere loro del tempo
gli stava
stimolando il cervello su possibili scenari in cui sua figlia aveva
ormai
partorito da tempo senza riuscire a contattare il padre.
Tutti
questi problemi però non avrebbero risolto il fatto che la
metà di loro era
attualmente in prigione, e per quanto fossero stipati dentro un albergo
di
lusso e coccolati dal servizio in camera con la possibilità
di andare ovunque,
se Hammy aveva fatto shopping Check Mate era andato nella biblioteca
cittadina
per fare alcune ricerche sugli abitanti del tempio, nulla toglieva che
erano
comunque dei topi dentro una vaschetta ben controllata dagli scienziati.
L’ultima
volta si erano salvati per il rotto della cuffia, sarebbe stato
così anche questa
volta?
Ovviamente
Warsman non poteva saperlo, pertanto, per stemperare la tensione, non
gli
rimase altro da fare che far tintinnare il ghiaccio
all’interno del proprio
bicchiere per segnalare la necessità di farsi un altro
goccio di vodka.
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Quella
mattina aveva avvertito una fitta al ventre nel momento esatto in cui
si era
messa a sedere sul letto. Non si trattava di dolori di stomaco, e non
le servì
usare il proprio intuito per capire che il problema era dovuto alla
placenta
stessa.
Una
fitta rete di invisibili nervi si erano tesi nello spasmo di una
piccola
lacerazione in quel molle guscio in cui la sua bambina stava solo
aspettando di
poter uscire.
Ma
nonostante fosse ormai da poco passata l’ultima settimana di
gravidanza non era
ancora arrivato il momento del parto, per quanto quel breve momento di
dolore
atroce la portò drammaticamente a pensare che forse la
piccola Vivienne, così
avevano deciso di chiamare
la loro piccola lei e Robin, probabilmente non sarebbe mai nata.
Quel
mattino la giovane dottoressa si era morsa il labbro inferiore a sangue
pur di
non lasciarsi scappare un grido di dolore, cercando di trattenere il
panico che
le attraversò le membra con una ventata di caldo improvviso
che la portarono a
perdere l’equilibrio e ad inginocchiarsi sul tappeto presente
sul lato in cui
era solita dormire.
Persino
la sua creatura provò dolore tramite il cordone ombelicale,
dimenandosi
brevemente preda di una placenta che si stava lacerando sotto il peso
di uno
stress solo in parte placato. Era anche vero che quei crampi non
durarono a
lungo, riportando Alya a rialzarsi in piedi a fatica e con un velo di
sudore a
circondarle la pallida fronte dopo quello che era stato un secondo di
puro
terrore.
Per
quanto fosse tratta bene senza che le fosse mai fatto mancare nulla,
addirittura il suo carceriere le aveva assicurato che un team medico
era a
disposizione per lei ben camuffato da comuni dipendenti, era logico che
lo
stress per una donna incinta piena di ormoni la portasse ad aggravare
ulteriormente la sua salute fisica. Ma non era solo quello…
quanto il pensiero
continuo che alimentava la sua angoscia di non conoscere il proprio
futuro e
quello della sua bambina. E tale angoscia era logico che, almeno nella
fisionomia delle amazzoniane, si trasmettesse anche da madre a figlia.
Howard
Lancaster aveva dimostrato in passato di essere un uomo pronto a tutto
ed era
certa che non si sarebbe fermato di fronte ad una donna incinta,
prendeva molto
seriamente il motto di famiglia anche nei casi più
disperati, e dunque il suo
istinto la metteva in guardia di non mostrarsi troppo debole ai suoi
occhi per
non finire col fare un passo falso.
–Va
tutto bene, dottoressa? La vedo un po’
pallida…–
Ad
interrompere la sua linea di pensieri inquietanti ci pensò
la voce del marchese
Lancaster, suo carceriere nonché suo ospite al momento, con
solo una punta di
vera preoccupazione nel tono di voce indifferente. Attualmente i due si
trovavano nel salotto della piccola prigione lussuosa a degustare un
tè portato
li da Turbinskii, e il nobile Howard aveva notato che la Deva teneva la
propria
tazza di caldo tè verde con entrambe le mani.
Un
atteggiamento inconsueto, sebbene non le fosse sfuggito il suo lieve
tremore, e
tuttavia poteva anche trattarsi di semplice tensione dovuta agli ormoni
in
circolo e allo stress a cui era sottoposta per quanto lui fosse stato
attento a
non farle mancare niente. Persino il paesaggio fuori dalle finestre con
eleganti
sbarre in ghisa era stato ben riprodotto, e per quanto non fosse
possibile
aprire le ante, non poteva mica permettersi che la sua
“ospite” cercasse di
attirare l’attenzione di qualcuno, non dava comunque
l’idea di una vera e
autentica prigionia.
Tuttavia
Alya non era in vena di dialogare troppo con il suo scomodo
interlocutore,
irrigidendosi lievemente mentre sorseggiava la propria bevanda cercando
di
scacciare scomodi pensieri dalla testa. Non aveva intenzione di
comunicare il
proprio stato fisico al Lancaster, e quest’ultimo si era
risparmiato di mettere
dei sensori termici nella stanza per monitorare costantemente il suo
status di
salute sapendo bene che se ne sarebbe comunque accorta, sia
perché temeva una
sua reazione, magari non trovandola più
“utile” al suo ricatto, sia perché non
aveva intenzione di darla vinta al malessere che stava iniziando a
prenderla da
quando era stata imprigionata dentro quelle quattro mura. In parte
perché era
ancora sicura di potercela fare, si trattava solo di avere fiducia in
Robin e
quella non le mancava, ed in parte perché era logico che si
trattava di una
condizione dettata anche dal suo stato fisico.
Poteva
farcela, insomma. Doveva farcela.
–Non
è nulla… non si preoccupi– disse infine
la dottoressa, posando la tazza sul
tavolino dal ripiano in cristallo – gradirei una tisana
rilassante però, magari
verso sera… in fin dei conti in televisione hanno detto che
il prossimo
incontro sarà domani–
Ed
indubbiamente era vero anche questo, e la strategia della giovane donna
aveva
avuto il potere di far passare l’attenzione del marchese su
altro che non fosse
lei stessa.
–Interessante
appunto in effetti! Forse sarà il caso che la prenda anche
io… visto che ancora
non si sa nulla sul
prossimo incontro! –
Dannatamente
vero, e tuttavia più che per il prossimo incontro disputato
da Warsman ora ad
Alya interessava solo la sensazione di sollievo nell’essersi
liberata dallo
sguardo insistente del proprio carceriere.
Doveva
solo continuare ad avere pazienza… solo quello!
-
- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
La
notte stessa in cui Emerald Lancaster e Warsman, completamente ubriachi
come il
resto della squadra della Muscle League, decidevano di andare nel
Tempio
dell’Amore per chiedere un matrimonio in stile amazzoniano,
la madre di Alya,
ossia Katya, prendeva la prima navetta disponibile per lasciare il
pianeta e
dirigersi dunque verso la Nebulosa di Ercole.
Da
quando Kevin Mask aveva vinto la Corona Chojin il lavoro per lei era
decisamente aumentato, poiché per quanto potesse sembrare
strano molte
emittenti televisive, forse euforiche per quella vittoria clamorosa,
avevano
cercato anche lei per strapparle qualche intervista sulla
“nuova matrigna del
campione indiscusso”. Pertanto la sua piccola
attività di sarta aveva visto un
boom di richieste da parte di quei curiosi che, visti i servizi
televisivi dove
si mostravano anche i suoi lavori al telaio che normalmente vendeva al
mercato
di paese, avevano deciso di farsi confezionare capi di abbigliamento
direttamente da lei.
Non
era comunque raro che Katya lasciasse il pianeta natale per rifornirsi
di
determinate stoffe in giro per l’universo tramite voli
commerciali, ma
ultimamente stava viaggiando molto spesso anche per portare i suoi
manufatti
direttamente ai suoi clienti. Per strano che fosse le costava meno fare
così,
piuttosto che spedire pacchetti in giro per mezza galassia.
Ed
inoltre poteva approfittare per un viaggio su una nave commerciale,
decisamente
meno costosa di una nave passeggieri, per raggiungere Alya per vedere
la sua
nipotina a magari ormai nata nonostante il tempo di gestazione
ufficiale fosse
appena concluso.
Attualmente
la sarta si trovava all’interno dell’affollato
spazioporto presente sul pianeta
Kinnikku, sua ultima meta di lavoro ufficiale dove aveva effettuato
l’ultima
consegna, ormai esausta dopo una settimana impegnativa e decisamente
entusiasta
di giungere finalmente sulla Terra. Non era riuscita a contattare Alya
per
tutto quel tempo, non era facile avere a che fare con le interferenze
dovute a
tempeste elettromagnetiche o con il semplice fatto che stranamente le
comunicazioni verso il telefono di sua figlia fossero impossibili da
raggiungere a causa di scariche elettrostatiche che le giungevano
all’orecchio,
e ciononostante era troppo stanca per insospettirsi di
quell’insolito silenzio.
Come
se non bastasse il volo che le interessava era in ritardo di ben 45
minuti, e
questo la portò a sospirare con stanchezza nel mentre che si
sedeva su di una
panca nell’affollato terminal pieno di viaggiatori e operai
che la ignoravano
bell’amente.
Lei,
e colui che le sedeva accanto.
–
A quanto pare sembra essere una fortuna che anche il suo volo non sia
stato
cancellato… ma quaranta minuti di ritardo sono troppi per
passarsi il tempo a
rigirarsi i pollici, non crede? –
Di
norma Katya avrebbe risposto in modo adeguato, seppur con educazione,
alle
provocazioni di un maschio particolarmente molesto… ma
questa volta non seppe
dirsi cosa la portò a rimanere quasi pietrificata di fronte
a colui che aveva
pronunciato quella frase.
–
Ehm… ecco… anche lei deve andare sulla Terra?
–
Si
sentiva come una ragazzina alle prime armi con una cotta devastante,
proprio
come le era capitato con Nikolai, nonostante avesse più di
cinquanta anni e
quell’uomo avesse uno sguardo talmente freddo da essere fatto
come di puro
ghiaccio. Di quelli che bruciano però.
Era
forse il maschio più affascinante che avesse mai visto, e il
fatto che fosse
vestito in modo elegante, quasi “rigido” tanto da
sembrare una sorta di
avvocato o manager, forse non faceva aumentare quella sua aura di
mistero che
tanto la stava catalizzando verso di lui.
–
Avevo un volo diretto in prima classe – spiegò
l’uomo, avente sul volto l’ombra
di quello che doveva essere un sorriso – ma è
stato cancellato e ora mi tocca
aspettare il prossimo che è tra circa un paio
d’ore… un periodo decisamente
lungo in cui annoiarsi diventa qualcosa di davvero insopportabile, non
crede? –
Katya
si ritrovò ad emettere una breve risata stanca,
nell’atto di distogliere lo
sguardo da quello di quell’uomo che la stava spogliando con
gli occhi, per l’ovvio
imbarazzo dato che si sentì come bruciare dentro e non di
vergogna, prima di
tornare a rivolgergli la parola cercando di non balbettare.
–
Oh, non lo dica a me! È tutta la settimana che viaggio da un
pianeta all’altro
e ora che dovrei andare finalmente da mia figlia mi trovo con questo
spaventoso
ritardo… un mucchio di tempo sprecato in effetti–
Ella
stessa era stupita di come stesse volutamente allungando la mano verso
l’esca
che quell’uomo le aveva lanciato con l’inizio di
quella discussione, facendosi
ben intendere verso quell’uomo misterioso che era ben
disposta a continuare la
chiacchierata seppur timidamente. Diamine, sapeva di dover raggiungere
Alya al
più presto poiché a breve avrebbe partorito, ma
come poteva resistere a quello
sguardo freddo come il ghiaccio e caldo come il fuoco? Ed inoltre era
anche
vero che aveva bisogno di stendere un po’ i nervi
e… ah, stava proprio pensando
come una ragazzina!
–
Bene allora…– fece l’uomo misterioso,
avvicinandosi di più a lei ed allungando
il braccio destro lungo lo schienale dove era appoggiata la schiena di
Katya –
quindi che ne dice se andiamo a rilassarci un po’ altrove nel
mentre che
aspettiamo che passi il tempo?! –
Più
che una domanda quella di Spectrus Specter sembrava essere un ordine
bello e
buono, ma era anche vero che da dopo il suo brutto soggiorno su Amazon
aveva
bisogno di cambiare aria e la Terra sembrava fare al caso suo.
L’avvocato
che aveva tradito la propria amante, quella Morrigan che logicamente
non
avrebbe preso bene la notizia della sua sparizione, aveva sentito il
bisogno di
lasciar perdere ogni cosa da dopo il disdicevole appuntamento avvenuto
al
Crocevia. Attualmente non aveva idea dove miss Alana e il suo
disgraziato
compare fossero, si erano lasciati la sera stessa in cui lui le aveva
spifferato
notizie alquanto importanti, ma se avesse saputo che attualmente aveva
di
fronte la zia di quella donna alquanto stramba allora molto
probabilmente si
sarebbe messo a ridere sarcastico.
I
casi della vita, o forse anche il fatto che la signora non sembrava
essere
molto interessata a parlare delle rispettive famiglie visto che
accettò di buon
grado di farsi accarezzare la coscia sinistra, coperta da una lunga
gonna nera
che arrivava fino alle caviglie, da lui lasciarono da parte ogni tipo
di
convenevoli per potersi occupare di ben altro.
Probabilmente
Katya sarebbe arrivata decisamente tardi per assistere sua figlia in un
avvenimento tanto importante come la nascita della bambina, ma come
poteva
resistere allo sguardi quell’uomo a cui neanche avrebbe
chiesto il nome nelle
prossime due ore…?!
E
rieccomi anche con questo capitolo. Ok, forse è un
po’ un capitolo di mezzo ma
direi che ci può stare e se volevate sapere che fine ha
fatto Katya… beh,
eccovi accontentati xD
Inoltre
perdonatemi se in alcuni punti sembro un po’ ripetitiva, ma
il fatto che
aggiorno molto lentamente mi fa dimenticare, alle volte, cose che ho
già
scritto in precedenza!
E
poi niente, forse la prossima cosa che aggiornerò
sarà la raccolta. Per il
resto alla prossima!