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Autore: GoldenKnight    09/09/2015    1 recensioni
Quando Otello sopravvive al massacro della sua famiglia decide di trasferirsi a Venezia e di condurre una vita tranquilla per rispettare il desiderio della madre, ma il sangue caldo della vendetta scorre ancora nelle sue vene e il destino ha in serbo per lui una battaglia che va ben oltre l'aspetto materiale della vita.
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Prologo
Il nido del Corvo

 
Correva l’anno 1582, fuori dalla giurisdizione territoriale della città di Milano sorgeva un paese con amministrazione di tipo feudale, la famiglia nobile di quel villaggio era ben voluta e non faceva mancare niente ai suoi cittadini. Tuttavia questa famiglia doveva sottostare alle leggi dell’Impero Spagnolo che controllava parte del Nord Italia.
Durante quell’anno il signore del castello e sua moglie ebbero un figlio, nacque forte e in salute. La famiglia e il villaggio furono entusiasti dell’avvenimento poiché ora c’era un erede per il governo della città che una volta cresciuto si sarebbe opposto alle discriminazioni spagnole come i genitori facevano ormai da anni. Ma qualcosa nell’ombra cominciava a muoversi.
Fin da giovanissimo il ragazzo si dimostrò generoso e di buon cuore. Il padre lo istruiva nell’arte della spada e della guerra con lezioni di strategia militare; la madre invece lo educava nell’etichetta nella letteratura e nella matematica. Ma il giovane gradiva di gran lunga di più i dolci della cuoca e le storie avventurose che ascoltava dal cocchiere del palazzo. Gli anni passarono e il bambino che giocava tra i campi di grano divenne un giovane di bell’aspetto dai capelli corvini e gli occhi del colore della terra argillosa di un fiume, i paesani del villaggio erano felici di vedere come quel ragazzo stesse diventando il sovrano che li avrebbe protetti dagli spagnoli. Questi ultimi non smisero di infastidire il paese, anzi, cominciarono con incursioni notturne per distruggere i raccolti e le scorte di cibo; il loro scopo era quello di costringere il nobile ad indebitarsi con la Corona per potergli sottrarre il paese, l’ultima spina nel fianco per il completo dominio spagnolo in quella regione.
La svolta arrivò quando un messaggero si presentò al castello con una missiva. In quel periodo il padre del giovane aveva fatto circolare diversi messaggeri con proposte di matrimonio per il figlio alle famiglie più potenti del Nord Italia per acquisire la forza necessaria ad opporsi al dominio spagnolo. La lettera conteneva la risposta dalla famiglia Colonna, una delle più influenti famiglie d’Italia, la quale doveva la sua ricchezza ad importanti scambi commerciali con l’Oriente. Il paese fu estremamente felice alla notizia dell’imminente matrimonio con la fanciulla più piccola della casata. Il giovane, sebbene non condividesse la scelta di un matrimonio combinato era disposto a sacrificarsi per il bene del suo popolo.
Arrivò il giorno del matrimonio, il paese era in festa, decorazioni e stendardi delle due famiglie venivano innalzati in tutte le piazze e le chiese. Arrivò quindi il corteo della sposa: una lunga fila di carrozze e uomini a cavallo con armature e lance alle quali erano fissate le bandiere sventolanti che recavano l’emblema di una colonna avvolta da rami di ulivo e quercia. Il corteo era capeggiato da una carrozza di color avorio trainata da due cavalli bianchi bardati e fregiati con piume candide. Questa si fermò davanti l’ingresso della chiesa del castello, nella quale lo sposo ed i familiari erano in attesa. Il resto della carovana si distribuì per il paese.
I valletti aprirono la porta della carrozza, e ne discese una giovane fanciulla di circa diciassette anni, aveva occhi del colore del ghiaccio, un naso minuto, lineamenti dolci come le timide labbra che mordicchiava nervosa; i capelli di un castano chiaro venivano illuminati dal sole di giugno producendo riflessi chiari e soavi. Elena Colonna era arrivata alle sue nozze con il primogenito unico erede del paese di Castel Alto, Otello Manieri.
La giovane iniziò a salire le scalinate della cattedrale con passi leggeri; lo strascico era sollevato da terra, tenuto da due giovani bambini con i capelli biondi tagliati a caschetto. Mentre percorreva la navata per la sua lunghezza era inevitabile che gli sguardi dei presenti si concentrassero su tanta beltà. Quando arrivò al cospetto dello sposo i due incrociarono gli sguardi ed il giovane rimase rapito dallo sguardo di quella ragazza.
Le nozze si celebrarono senza interferenze da parte degli spagnoli, così finita la cerimonia ci fu il banchetto, al quale era presente tutto il paese: c’erano musiche, pietanze, balli: l’atmosfera era gioiosa e felice. Scoccata la mezzanotte i due novelli sposi si ritirarono nelle camere private del castello mentre il padre di Otello iniziò un colloquio privato con un funzionario della famiglia Colonna inviato lì appositamente per discutere la situazione con il nobile insediato a Castel Alto.
Il due giovani nel frattempo erano in procinto di consumare il loro matrimonio. Entrarono nella camera da letto privata di Otello, Elena si diresse al tavolo nell’angolo della stanza e versò due calici di vino, i due bevvero dalle coppe e si coricarono a letto. Lui si sdraiò sopra di lei e cominciò a baciarla su quelle delicate labbra. In quel momento il campanile rintoccò l’una. La ragazza afferrò Otello e con un movimento improvviso si girarono e il ragazzo si ritrovò disteso sotto la fanciulla. Le sue mani si mossero come da sole e iniziarono ad accarezzare le gambe della ragazza, quando all’altezza della coscia le sue dita toccarono qualcosa di freddo e liscio. Elena improvvisamente strinse la mano sinistra sul collo di Otello e con un rapido movimento della mano destra afferrò la lama che celava nella giarrettiera e colpì il fianco del ragazzo che involontariamente emise un sibilo strozzato dalla mano che la ragazza gli premeva sulla gola.
Otello reagì d’impulso e colpì con un potente pugno la testa della ragazza che cadde e sbatté la nuca sul comodino adiacente al letto. Il ragazzo sfilò il pugnale dal fianco e fece una fasciatura veloce per fermare l’emorragia. Legò Elena alla sieda e mentre stava finendo la medicazione notò un rotolo di pergamena caduto da una tasca del soprabito dell’assassina; nella lettera era scritto che gli spagnoli, venuti a conoscenza del matrimonio avevano intercettato la famiglia Colonna e mandato un plotone del loro esercito al posto del corteo nuziale; gli ordini erano chiari: eliminare ogni singolo abitante del paese.
Otello prese la spada, uscì dalla camera da letto e si diresse dal padre ma affacciandosi al cortile del castello vide le guardie in armatura giunte con il corteo attaccare ed uccidere brutalmente i paesani che stavano festeggiando le nozze. Il ragazzo corse verso le stanze dei genitori, ma si trovò la strada bloccata da due soldati; intraprese uno scontro contro i due che una stoccata alla volta misero il giovane all’angolo. Ad un tratto si vide uno spruzzo di sangue che uscì dalla nuca di uno dei due soldati che cadde in ginocchio decapitato; l’atro non fece neanche a tempo a girarsi che la lama di una spada gli trafisse il cranio fuoriuscendo dall’occhio sinistro. Quando il cadavere cadde, Otello vide il padre dietro ai due assalitori che impugnava il suo stocco.
Il giovane fu sollevato nel vedere il padre ma durò poco, infatti subito dopo si accasciò a terra, sopraffatto dalle ferite riportate nei combattimenti. Otello si avvicinò a ciò che restava del vecchio, che gli disse di andarsene e portare con sé la madre, la quale era rimasta nelle sue stanze nel tentativo di sfuggire all’assedio nemico; infine prima di spirare donò la sua spada la figlio come ultimo lascito. Il giovane lasciò la salma piangendo e corse verso l’ala sud del castello annientando ogni soldato invasore, mosso da una furia cieca. Arrivò davanti alla porta delle stanze dei sui genitori, ma ormai era troppo tardi, sua madre era stata stuprata e pugnalata dagli stessi soldati che aveva appena dilaniato nella sua folle corsa. La nobildonna teneva stretto in mano un pendente d’argento sul quale era incisa una croce. Otello afferrò il pendente e si diresse all’uscita, lì incontrò il cocchiere che lo implorò di salire sulla carrozza per andarsene da quell’inferno, ma il ragazzo voleva solo vendetta e così si girò e si diresse verso il cortile, dove si stava consumando una carneficina. All’improvviso l’uomo colpì il ragazzo alla schiena tramortendolo, poi lo caricò sulla carrozza e si allontanarono passando per il folto della foresta.        
Quando Otello rinvenne, il cocchiere l’aveva ormai portato a molti chilometri di distanza dal Castel Alto, e continuò a cavalcare senza sosta per tutta la notte e la per la mattina seguente. I due si erano rifugiati in una radura del bosco, e una volta che il giovane si riprese dal trauma, il vecchio si avvicinò a lui e gli porse una pergamena, sigillata dalla cera lacca che portava impresso l’emblema della sua famiglia. Quel rotolo conteneva le ultime parole della madre, parlava di una proprietà e di alcuni fondi che la donna aveva mantenuto nella sua città natale e che sarebbero stati utili al figlio perché potesse vivere al sicuro dai loro nemici. Le ultime parole della lettera erano un invito al figlio nel desistere nel cercare vendetta ma al contrario vivere come una persona normale la vita che gli si prospettava davanti. Otello, rassegnatosi alle parole della madre e per onorare la sua memoria, si diresse nella città indicata nella lettera…Venezia.
 
   
 
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