Anime & Manga > Dragon Ball
Ricorda la storia  |      
Autore: Overlook    09/09/2015    5 recensioni
Dragon Ball Z/Super
-
La smeraldina pennellata d'improvviso data al cielo sovrastante non era da imputarsi ad una sosta involontaria sul pianeta Namecc[...]. [...]Vegeta s'era trovato invece quasi spiazzato dal binomio di tutto e niente che gli si era parato davanti agli occhi[...].
-
Majin Buu è stato già da qualche tempo sconfitto e la Terra gode nuovamente di una certa serenità. Presso la Capsule Corporation, però, l'abitudine tanto intima di osservare il cielo stellato porterà alla scoperta di qualcosa di decisamente inconsueto, come minaccia.
Genere: Azione, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Licenza Creative Commons
"Souvenir dallo spazio" di Overlook è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.

Souvenir dallo spazio

di Overlook, 2015©


_



La smeraldina pennellata d'improvviso data al cielo sovrastante non era da imputarsi ad una sosta involontaria sul pianeta Namecc, anche perchè di quello non ne era rimasta alcuna traccia già da parecchio tempo; piuttosto la causa di quella distorta percezione della realtà sovrastante la propria testa doveva ricercarsi nell'intimissima abitudine che aveva iniziato a concedersi ogni giorno, in quell'unica primavera che sino ad allora aveva visto avvicinarsi dapprima in punta di piedi, poi avvolgente, in tutto il suo quieto divenire. Il costante benchè non più ossessivo allenamento psicomuscolare occupava imperituro la mattinata, alle volte addirittura dalle prime luci dell'alba, specialmente se, aperti gli occhi e tornato in sé dal sonno più profondo, accanto a lui non scorgeva altro che un groviglio indefinibile di lenzuola, vestaglia in seta candida e pigiama over-sized. Si protraeva senza soste di alcun genere sino all'ora del pranzo, quando il figlio lo recuperava dalla stanza gravitazionale ormai barcollante, ancora con la cartella sulle spalle. Frequentemente i due s'arrangiavano tra precotti non del tutto soddisfacenti, ma almeno satollanti e prelibatezze confezionate in abbondanti porzioni dalla premurosa Bunny, che di certo il passabile vizietto di prodigarsi per Vegeta e nipote non l'aveva mai perso, neppure con il trasloco in tutt'altra parte, del tutto indipendente, della tenuta. Ciò poiché Bulma, frattanto promossa a capo dell'azienda familiare, si vedeva costretta a non svolgere più soltanto l'amato lavoro puramente tecnico all'interno dei laboratori, ma anche ad assolvere i doveri che un capace leader si presuppone porti a termine brillantemente. Così era, infatti e lo era talmente tanto che Vegeta, a differenza delle volte, anni addietro, in cui aveva assistito scocciato alla costante presenza nei propri paraggi di lei e del figlio in fasce, ora si trovava piuttosto spesso a cercarla non con la voce, ma con lo sguardo, ostentando una noncuranza ingannevole solo agli occhi altrui, non a quelli della propria coscienza finalmente riappacificatasi e ripulita per quanto possibile, con quel sacrificio di portata e valore incommensurabili. Silenziosi e sazi, muti complici di una comune e discutibile indole, padre e figlio si dileguavano quasi a tempo, ignorando bellamente posate e briciole sparpagliate sul tavolo. Dovevano pur far sentire ancora di casa la madre di Bulma, dopotutto.


Se Trunks, dopo la stravolgente vicenda legata al demone Majin buu, s'era semplicemente riadattato alla quotidianità precedente che lo aveva visto trascorrere ore ed ore sui Paoz o al parco in compagnia di Son Goten, sotto la sorveglianza dei giovani Gohan e Videl, Vegeta s'era trovato invece quasi spiazzato dal binomio di tutto e niente che gli si era parato davanti agli occhi, nel momento in cui s'era messo a valutare come avrebbe potuto occupare il tempo rimanente della propria giornata; in particolar modo quando non la mente, ma il corpo, gli impediva oltre ogni misura di ricacciarsi dietro al portellone blindato. Così, durante l'indolente passeggiare sul ciottolato che contornava l'intero perimetro del cortile esterno, il saiyan aveva alzato lo sguardo interrogativo in direzione del semisferico tetto della propria dimora, constatando come il sole del primo pomeriggio, da qualche tempo, riflettesse su di esso una luce a dir poco accecante, pareva di assistere all'implosione di un'aura divina. Per questo non ci aveva pensato due volte, a librarsi pacatamente in volo verso quella superficie scottante, rilucente ed assolutamente priva di qualunque minaccia alla propria quiete. Dapprima fermo, in piedi, volto al suggestivo panorama cittadino sino ai monti Paoz, s'era poi assiso comodamente in maniera che l'ampia schiena aderisse perfettamente al fusto del comignolo posto lì su un lato e le gambe fossero rilassate nella caratteristica alternanza d'una distesa e l'altra piegata verso il proprio addome. Era capitato però che quello stesso solleone tanto invitante e l'isolamento volontario che si era conquistato, l'avessero condotto pian piano a scivolare da così seduto a, infine, sdraiato in un sonno decisamente piacevole e ristoratore. Risvegliatosi un poco interdetto quando i raggi dell'astro già da qualche minuto dardeggiavano d'un rosso sanguigno, aveva dovuto ammettere che la sensazione di pace fuori e dentro sé, tale sconosciuta, l'aveva avvinto, riuscendo pure nella titanica impresa di slacciare il nodo ch'egli aveva tra occhi e labbra, restituendogli uno sguardo un poco più disteso ed una bocca non più contrita nel naturale disappunto, ma quasi, impercettibilmente sorridente. E se di primo acchito tutto ciò aveva destato in lui il pensiero che il rammollimento stesse incombendo, l'energia guizzante tra le lenzuola condivise la notte e lo stesso impeto d'altra natura riservato alle sessioni d'allenamento nella Gravity Room lo dovettero in assoluto far ricredere. Quel lungo momento, dopo il pranzo, non gli faceva altro che del gran bene.

Ecco dunque che il principe, riaperti gli occhi mai assopiti, quel giorno, s'era trovato a fare i conti con il fastidioso tiro mancino che la luce solare di quelle ore spesso gioca alle pupille, illudendole d'un cielo inspiegabilmente verdognolo e di sfocatissimi confini tra le componenti sottostanti ad esso.

Il mandorlo in fiore troneggiante sull'intera proprietà gli sarebbe parso ora un confuso ammasso di cirri e nembi, se solo non ne avesse potuto ben fiutare il delizioso aroma che questo sprigionava ad ogni flebile alito di vento. Era lo stesso mandorlo che gli aveva instillato tempo addietro la curiosità per quella nuova stagione* ed ormai, prima d'ogni suo nuovo sorgere, Vegeta ne prevedeva la rinascita solo osservando quei rami: da nodose braccia spettrali tramutavano in aromatici virgulti colmi di piccoli boccioli color pastello. Non che tutto questo lo avesse mai spinto a mutare la propria natura aliena insensibile a tali fenomeni, ma qualcosa, tutt'intorno a lui, proprio durante quel periodo dell'anno, cambiava e traduceva ogni insignificante manifestazione naturale in piacevoli spettacoli da osservare in totali silenzio e raccoglimento interiore.

Aiutato da un lungo sospiro a pieni polmoni, si riebbe completamente e issò le spalle sino ad una posizione seduta, ad occhi nuovamente chiusi, in attesa di debellare la sfalsatura nella visuale.

Lo spostamento dell'aria sino ad allora quasi immobile lo condusse ad osservare appena la traettoria in volo del piccolo Trunks, già impaziente di giungere nel più breve tempo possibile presso l'abitazione di Son Goten.


Ehi, Trunks!”. Il ragazzino dovette frenarsi all'istante, inchiodando i propri movimenti piuttosto sorpreso.

Eh..? Ah! Eccoti, ciao papà!”, gli si rivolse gioioso.

Trunks, vieni qui un momento”. Non era tipo da farsi ripetere le cose due volte, specialmente dal proprio maestoso ed adorato genitore. Non dopo quella stupenda prova d'amore racchiusa in un solo, semplicissimo abbraccio.

Gli stivaletti poggiarono su quella stessa superficie lucida e candida.

Che c'è? E dai, papà, Goten mi sta aspettando!”, si lagnò il piccolo guerriero, imitando le movenze di una corsa sul posto.

Ora ti lascio andare, dimmi solo una cosa: il tuo amico sta seguendo qualche allenamento con Goku, che tu sappia?”. Trunks spesso si domandava il perchè suo padre dovesse ogni tanto uscirsene con certi tipi di interrogativi, o meglio, non è che non ne indovinasse totalmente il motivo, ma la tangibile apprensione del suo tono nei confronti di un potenziale netto sorpasso da parte degli altri due compagni, gli pareva a tratti esagerata.

Ma no, figurati! Goten non si allena praticamente più. Goku sì, l'ho già visto tutto affacendato tra le rocce mentre vado a casa sua, ma non ci sono né Gohan né Goten con lui. È proprio come te, papà. Anzi, no, un po' meno bravo...”, rimarcò ammiccante, conscio del buon servizio reso al padre.

Vegeta abbozzò quel che poteva passare per un sorrisetto agli occhi dei più scettici e congedò sommessamente il ragazzino, aggiungendo:

Puoi rimanere là, questa sera, se lo desideri”.


Finendo per far del bambino la preda di un motto d'eccitazione assolutamente sincero. Era in effetti parecchio tempo che le nottate di veglia dei due amici s'erano dovute far da parte in favore degli immani sforzi per far fronte alla terribile minaccia color rosa confetto.

Osservandolo ancora distrattamente allontanarsi, Vegeta s'alzò infine in piedi, deciso a terminare quell'oziosa pausa con una doccia fresca e magari, perchè no, con una fugace capatina tra i corridoi dei laboratori di Bulma, giusto per sincerarsi ch'ella davvero non avesse fatto ancora ritorno o se avesse potuto invece ostacolarne momentaneamente il lavoro nelle maniere che loro due soli conoscevano assai bene.





_





La schiuma soffice ed avvolgente che gli aveva accarezzato le spalle cesellate scivolava ora in un turbine infinito verso le tubature più anguste, raccogliendosi in parte ai suoi piedi e circondandolo come un sottile piedistallo. L'aroma dolciastro sprigionatosi non lo rendeva poi così soddisfatto, ma d'altra parte nessuno gli aveva imposto di gettarsi sotto l'acqua della doccia di quella cabina, anziché di quella all'angolo sinistro del bagno comunicante alla propria stanza. Se ora si trovava ad annegare residui di spossatezza e impensierimenti inutili proprio lì, era soltanto perchè qualcosa, in lui, gli aveva suggerito che l'impalpabile peso dell'assenza di lei si sarebbe sicuro placato definitivamente, cingendosi i fianchi con il suo asciugamani e rinvigorendosi con l'odore del suo bagnoschiuma. Tutto talmente automatico, era stato, quel susseguirsi di azioni intenzionali, che quasi ora era allibito. Da quando s'era fatto così mollaccione? Era o non era pur sempre il grande principe dei saiyan, dal passato di stragista e dalle radici belligeranti e nobiliari? Sì, lo era, lo era stato da sempre, ma quella sua stessa identità gli pareva adesso stargli addosso un po' stretta, s'era evidentemente plasmato qualcosa, in aggiunta a quel suo essere, che non aveva poco a poco più permesso alla sua tunica di statuaria alterigia di calzargli come una seconda pelle e per la primissima volta nella sua singolare esistenza, l'esserne pienamente consapevole non soltanto non lo amareggiava, ma ne aizzava anzi il sempre vivo fuoco d'orgoglio interiore.

Non s'era mai sentito più vivo d'allora.




_




Chi non s'aspetta granchè o non spera più nel proprio successo professionale, si ritrova impreparatissimo nel momento in cui questo, invece, si manifesta nella sua concretezza. Posto però che Bulma, per carattere e preparazione, da una vita era al corrente che presto o tardi avrebbe sostituito il padre, aveva preso l'intero cambiamento con estrema naturalezza, come logica conseguenza di anni ed anni di duri studi ed esperienze pratiche sul campo scientifico e meccanico. Era trascorso qualche mese, non di più, dalla sua ufficiale promozione a capo della Capsule Corporation, ma lei, a differenza di chiunque altro fosse stato ingaggiato al suo posto, era rimasta la stessa donna particolarmente bella, dal fascino fuori dal comune, dal carisma ben marcato; anche con tutti i relativi difetti imputabili, quali l'essere eccessivamente linguacciuta e pure un po' capricciosa in quel che la mai abbandonata vanità le serbava, anche se il trascorrere degli anni non le aveva aggiunto peso alcuno, anzi. La maternità ne aveva arrotondato le forme già generose, conferendole un'irresistibile allure del tutto imperscrutabile; ella stessa infatti, ad ogni sospetto di avances da parte di un qualunque collega, ribadiva fermamente di non stare a sforzarsi inutilmente, che lei apparteneva ad uno ed uno soltanto ed era pure ben voluta, l'omissione del termine “uomo”, giacchè effettivamente di uomo non si poteva di certo parlare. Ma che ne avrebbero capito loro, tutti quanti, dal collega al parrucchiere, dall'idraulico al muratore intento a ritinteggiare la facciata frontale esterna di casa sua. Assolutamente nulla. Banalissimi Terrestri. Perciò, benchè il vago piacere di sapere d'essere osservata come oggetto del desiderio assoluto da gran parte del proprio staff -e non solo- non l'avesse abbandonata praticamente mai, Bulma Brief manteneva un profilo assolutamente basso, affabile e ridanciano, pur sapendo essere davvero intransigente, molto più del padre, con l'incompetenza occasionale dei propri sottoposti. Non a caso, proprio quel giorno, dopo una sfilza davvero infinita di richiami scritti e verbali, aveva fatto convocare nella sede amministrativa dell'azienda, in centro città, l'irriverente Satomi Kuraro; giovanotto imbruttito dai vizi di alcool e fumo, egli aveva qualifica di carpentiere, ma era dedito più che altro al disturbo dell'altrui lavoro, specialmente quello delle scosciate modelle che quotidianamente posavano accanto agli ultimi modelli di autovetture volanti per essere immortalate sulle copertine di riviste prettamente maschili. Purtroppo, il marketing, chiedeva anche quel tipo di collaborazione, per garantire il primato all'azienda e comunque Bulma aveva con quelle ragazze un buon rapporto professionale, ne aveva selezionate di assolutamente serie nelle proprie intenzioni. All'ennesima interruzione dei suoi lavori con la saldatrice, con cui si stava tenendo occupata, a causa dell'improvvisa entrata in laboratorio di Stacey Tenzake -biondissima stangona d'origini Anglosassoni-, urlante ed esasperata nel lamentarsi di un'inopportuna manata sul fondoschiena a fine rullino, Bulma s'era ritrovata costretta nemmeno troppo a malincuore ad impartire subito la convocazione del giovane Kuraro nel suo studio in città, per l'indomani mattina. A nulla erano prevedibilmente valse le mille e più scusanti estrapolate dai balbettanti tentennamenti, lei senza mezzi termini gli aveva posto davanti il foglio di carta prestampata e una penna nera, in attesa che siglasse il ritiro dalla prestigiosa azienda.


Ma... Signora Brief, questa è la più famosa azienda di produzione tecnologica a livello mondiale, come farò a trovare un altro posto?”, s'era rivolto forse più risentito che mortificato.

Non credo proprio siano problemi dei quali io debba farmi carico, signore, non posso più ammettere un tale comportamento presso la mia azienda! Ora firmi o chiamerò chi di dovere, avanti!”.
Da colpevole e quasi disperato, il grugno del ragazzo s'era trasformato lento in un ghigno insolente, mentre poggiava nuovamente la penna sulla scrivania, dopo aver firmato.

Beh, comunque... Sarà davvero un peccato, d'ora in poi, non godermi più quel suo bel corpo di fronte a me, mentre lavoriamo i laminati, signora!”.
Furente ed indignata, le bastò solo serrare le palpebre per richiamare un'ombra di autocontrollo:

FUORI DI QUI!”.

Dopo aver così fatto comunicare alle modelle che il disturbatore era stato messo al bando, s'era concessa uno spuntino veloce, in linea con i dettami che la recente dieta scovata tra le pagine di riviste di gossip imponeva: una mela matura ed un vasetto di yogurt magro. Doveva resistere, o quel paio di chili messi su durante la gravidanza e per forza di cause maggiori mai più smaltiti, avrebbero davvero messo le radici in quel suo corpo tanto prezioso; ed il girotondo di pensieri non potè finire su altri che Vegeta. S'era domandata in che modo trascorresse le giornate dopo gli allenamenti quando lei era assente, ora che la pace s'era messa a regnare sovrana in quel mondo. Chi sa se lo stesso accadeva in quello dentro di lui. Scorgeva di tanto in tanto la luce d'un sorriso accennato, andandogli incontro alla sera dopo ore di lontananza. Le pareva d'avvertire, nel tocco irrinunciabile delle mani di lui intrecciate alle proprie, nell'intimità della propria camera da letto, un calore simile a quello crescente di pochi anni addietro, ma non uguale; qualcosa di più premuroso, di più naturale, s'era impossessato di quelle dita, che pure riuscivano a liberarsi e a tornar abilmente avide e torbide al sopraggiungere di quella passione rovente che da sempre, o quasi, li teneva attanagliati. Non era la stessa nemmeno quella, a dir la verità. Sembrava essersi dileguata, la smania di possesso fisico fine a sé stesso, pur flebilmente condita negli anni precedenti da un accenno d'attaccamento. S'era seriamente sorpresa quando, la notte seguente al ritorno a casa dal Palazzo del Supremo, lui le aveva poggiato sul comodino la solita bottiglietta d'acqua che lei nuovamente s'era dimenticata di portarsi in camera per la notte. Insieme alla bottiglietta, soprattutto, le aveva portato egli stesso, intriso di un nuovo sguardo. Era sempre severo, corrucciato, fiero, ma in quelle iridi ebano riluceva qualcosa di simile ad un'incontrastabile sentimento d'intesa, di silenziosa complicità in tutto quel che loro due sapevano aver passato, da soli ed uniti e tutto questo, rincarato dall'impellente bisogno di tornare a fare l'amore insieme, davvero insieme, rivestiva quel corpo irrobustito di nuova luce assolutamente mozzafiato. Benchè lui non se ne andasse più dalla stanza, al momento del sonno, o la invitasse senza mezzi termini a tornare alla propria, una volta satollato, i caratteristici silenzi e ritiri in solitudine all'avvicinarsi di una terza persona che non fosse il figlio rimanevano ben piazzati al proprio posto d'onore e, a ben vedere, a Bulma ciò non dispiaceva affatto, anzi, erano proprio certi suoi tratti del carattere tanto complesso a ricordarle, con malizia, cosa svariati anni prima l'avesse indotta ad interessarsi assai poco innocentemente a quel tenebroso, eroico guerriero.

Trangugiato avidamente l'ultimo morso selvaggiamente inferto alla mela giallognola, aveva nuovamente aperto il computer portatile nel tentativo di portare a termine alcuni calcoli; un paio di sere prima aveva notato un particolare, attraverso la potentissima lente del telescopio posto al di sotto della calotta decapottabile della propria dimora, che l'aveva lasciata perplessa. Ancora non poteva definirsi davvero un'esperta in fatto di pianeti, stelle o semplici nebulose; era suo padre, ad esser stato un vero pioniere in quel campo, lei poteva dirsi la migliore nella costruzione di tutto il necessario al raggiungimento fisico, di quei corpi celesti, ma davvero la loro reale composizione, formazione e storia non erano il suo pane quotidiano e le riminiscenze dal remoto viaggio verso Namecc erano state insufficienti a delucidarla in merito a quel piccolissimo punto di bagliore non segnato sulle cartine astronomiche a sua disposizione, ovvero le più recentemente aggiornate ed accurate.

Per la verità non era mai stata tanto interessata alla volta celeste e a tutto quel che sopra di essa stava come da quando aveva intravisto nelle iridi funeste del proprio ospite alieno un velo di tristezza, in mezzo a tanto fangoso cinismo e altezzosità. Da quei giorni erano davvero trascorsi molti anni, ma di tanto in tanto a lei non dispiaceva riprendere quella rilassante abitudine di sedersi, dopo cena, davanti alla magnificente lunetta in vetro temperato e trascorrere in quel modo anche un paio d'ore, se quelle fossero state necessarie a placare la sete di scoperta del momento.

Un tempo Vegeta era stato sempre altrove, in quei frangenti; che fosse stato col figlio all'interno della Gravity Room ad allenarsi per il torneo che avrebbe visto il ritorno sulla Terra di Son Goku o che si fosse trovato abarbicato su un albero del giardino al pari d'un puma per godersi il pungente venticello serale in solitaria, mai aveva mostrato interesse per dove lei si recasse al termine del pasto. Ora, certo, le cose erano un tantino diverse, dovette ammettere sorridente e purpurea in viso come una ragazzina, il suo principe dei saiyan l'era venuta a cercare più volte, sin lassù, dissimulando poi quella stessa intenzione con silenziosa noncuranza, lasciando lo sguardo libero d'addentrarsi negli enormi fogli zeppi di scritte ed illustrazioni, distesi sulla grossa scrivania in laminato; era malcelatamente incuriosito dalla sempre sorprendente abilità ingegneristica di lei.

Tra l'altro era proprio grazie a queste incursioni che per la prima volta Bulma aveva avuto l'occasione di notare come anche il compagno avesse una generale infarinatura su temi scientifico-meccanici, ma soprattutto una buona preparazione astronomica. Beh, certo, perchè stupirsi? Dopotutto, Vegeta era stato a capo del più scellerato e capace gruppo di astronauti fosse mai esistito.

Avrebbe provato a domandare a lui, aveva già pensato, a proposito di quella luminescenza sospetta.

Non le rimaneva quindi che riporre tutti propri effetti personali sparpagliati in giro all'interno borsetta verniciata di bianco e far finalmente ritorno a casa, forzatamente decisa a non mettere piede in cucina, dove avrebbe divorato qualunque cosa avesse trovato a portata di bocca.


Il tacchettio sul selciato che conduceva al portone d'ingresso s'era fatto porporzionalmente più pesante all'avvicinarsi progressivo alla meta. L'indice sinistro si pose ben fermo dinanzi al sensore ad infrarossi e qualche secondo dopo, a seguito di un “bip” fin troppo acuto, finalmente le vetrate si scostarono, dandole modo di entrare e levarsi immediatamente quelle odiosissime scarpette decolletées. Lei era tipo da scarpa sportiva, da stivaletto, al massimo, quando si trattava di dover stare fuori di casa per più di tre ore!

Nemmeno le pantofole in spugna riuscirono a catturare la sua attenzione e, a passo nudo e spedito, si diresse verso quell'unica stanza s'era precedentemente imposta di non considerare: la cucina.



_


Riuscire a radersi di fronte a quel fastidioso specchio per tre quarti occupato dal riflesso di innumerevoli flaconi di qualsivoglia diavoleria per viso, collo, cosce, spalle, labbra e compagnia bella, gli stava risultando assai problematico e un minuscolo, ma irritante taglio sulla porzione di collo nascosta dall'ombra del mento, segnava la difficoltà dell'impresa. D'altra parte era stata solo pigrizia, la sua, quella d'essersi portato dietro dal proprio bagno l'occorrente per la rasatura che avrebbe invece potuto benissimo effettuare nella più completa libertà di visuale offertagli dalla sterilità del suo spazio più privato.

Pazienza, ormai il lavoro era praticamente completato, il taglietto da nulla si sarebbe rimarginato spontaneamente in meno di un'ora e in cambio i suoi zigomi gli avrebbero restituito la liscezza necessaria a non irritare la pelle già madida durante gli allenamenti.

Gettata la lametta monouso nel cestino appena sotto al lavabo, Vegeta riuscì a procurarsi dall'armadietto lì vicino un asciugamani abbastanza ampio da fasciarvi il bacino possente, ma non senza difficoltà: in giro per quella stanza aveva scorto solo salviette in lino in grado forse -forse- di contenere la pienezza dei seni di Bulma e il suo stretto vitino da vespa, ma sicuramente non la troneggiante massa muscolare che si mostrava con indecente arroganza su tutto il suo corpo. Con un lievissimo incremento della propria aura, capelli e membra furono subito asciutti e si sarebbe diretto, ben spedito, verso la propria stanza in cui avrebbe trovato biancheria ed abiti sportivi puliti, se solo alle sue narici aliene non fosse d'improvviso giunto un aroma tale che, a confronto, il mandorlo ora pareva esser divenuto un insulso ippocastano.




_



Quanto aveva fatto penare, quella donna, con le sue viziate pretese. Non aveva mai voluto assaggiare più di un pasticcino dei quintali che portava a casa sua madre, da anni, ogni giorno quasi. Bunny aveva trovato di sicuro la pace dei sensi, dopo una vita di delusioni in quel senso, quando la figlia aveva recato al proprio cospetto il principe Vegeta. Silenzioso, ingrato, cafone in quel trangugiare, era riuscito in poco tempo a conquistare ogni suo favore, fosse stato anche soltanto per la soddisfazione di veder sparire avidamente tutti i dolcetti che lei acquistava, giuliva peggio di un'oca. Per non parlare dell'arrivo di Trunks con la sua veloce crescita; lui che allo stesso modo paterno faceva scorpacciate di quei dolciumi, aggiungeva pure molti “Grazie, nonna!” ed altrettanti “Buonissimi!”, che la mandavano letteralmente in visibilio.

Bulma proprio non riusciva a comprendere cosa ci fosse di tanto fantasmagorico nel dedicarsi alla sola ricerca di leccornie e, ancor più, cosa trovassero gli altri due di tanto appagante nel divorarne interi vassoi quotidianamente. Quei maledetti saiyan, non hanno nemmeno la più pallida idea di cosa voglia dire il rischio di perdere il peso forma!, biascicava tra sé e sé, tutta assorta nella preparazione di una gran tazza di cioccolata calda. Al diavolo la dieta, per uno sgarro non sarebbe crollato il mondo, di certo. I piccoli piedi pallidi a contatto con l'impiantito scuro le parevano cadaverici, tutti segnati dall'orlo smerlettato di quei tacchi terribili. Quand'è che avrebbe potuto infilarsi nuovamente l'adorata divisa da lavoro e dedicarsi con gaudio ad avvitamenti, bulloni e grassi lubrificanti? Suo padre possedeva ancora tutte le piene facoltà di sé e avrebbe potuto tranquillamente rimanere un altro paio d'anni a reggere l'intera baracca, ma figurarsi, pigro era e pigrissimo sarebbe rimasto! I grandi occhi azzurri truccati appena da un velo di mascara nero, così concentrati sulla superficie marrone della tazza colma di cioccolata, non si avvidero subito della presenza scultorea del principe dei saiyan, piazzato sfacciatamente sul ciglio dell'ingresso della stanza, coperto dal solo asciugamani legato in vita. Era stata una delle sue più martellanti fantasie, quando ancora altro non erano che coinquilini, trovarselo lì di fronte, seminudo, ma quei pensieri avevano dovuto attendere pazientemente la nascita di una passione, un abbandono funesto, un ritorno combattuto, un'epica battaglia ed infine... Il trasloco altrove di Bunny Brief.

Ciao tesoro! Scusami, non ti avevo proprio notato”.

S'era illusa profondamente di sentirsi rimandare un saluto, un cenno, un tiepido sorriso, ma ciò che ricavò fu un solo sguardo, talmente enigmatico, così profondo e indicibilmente magnetico e seducente in quel suo naturale modo di porsi, prima di spostarsi nella stessa direzione che i passi avevano ripreso, fuori di lì, da lasciarla praticamente squarciata a metà, tra il senso di disincanto per la delusione appena incassata e l'attanagliante desiderio di sostituirsi  completamente all'asciugamano che, nemmeno troppo, lo copriva. Quel fare, però, Bulma lo sapeva ormai interpretare alla perfezione; racchiuso in esso stava il concetto "Desidero essere lasciato da solo, per ora" e non vi sarebbe stato nulla di strano, alcunchè di cui preoccuparsi o da cui rimanere ferita, essendo quello uno dei segni distintivi della propria indole, senza che a pagarne il prezzo fosse il loro rapporto... Se solo questa consapevolezza tanto intima fosse risultata sufficiente ad estinguere l'incendio divampato nell'area del basso ventre, da dove fulmineamente era riuscito a protrarsi sino alla punta dei piedi, ora quasi violacei.
Altro che cioccolata, quella non sarebbe mai bastata a placarle... L'appetito.


_



Malgrado l'avesse cercato in camera sua ad intervalli regolari, tutto ciò che era riuscita a trovare era stato il suo telo, appena umido, poggiato ordinatamente alla spalliera del letto di Vegeta. Non è possibile, non posso averlo lasciato senza asciugamani!, si era domandata retorica ed infatti dopo un rapido controllo all'interno della sua stanza da bagno aveva constatato che lì, di asciugamani e salviette, ve n'erano in abbondanza. Non importava, in fin dei conti; quel che ora le premeva era piuttosto sapere dove si fosse cacciato lui e pure Trunks, che invece non aveva più visto dal mattino presto, in procinto di recarsi a scuola.

Nessuno di loro, però, si trovava nelle rispettive stanze e Bulma francamente aveva già messo a dura prova la propria pazienza e le proprie meningi, quel giorno, perciò si risolse a pensare che quei due scellerati avessero tagliato la corda per qualche ora di caccia e di lotta chissà dove, azionando il portellone d'ingresso all'osservatorio astronomico all'ultimo piano; vi si sarebbe serrata ben lieta, specialmente per non dover piazzarsi davanti ai fornelli nel tentativo di soddisfare quei due stomaci impudenti.


Era ora, un altro po' e avrei concluso fossi svenuta davanti alla tazza di cioccolata, a giudicare dal rossore che t'era preso alle guance...”, sibilò sarcastico Vegeta, stagliato come un'ombra satanica di fronte all'ampia vetrata, accanto al telescopio principale. Il tono di voce con cui proferì quella frase che l'aveva fatta trasalire era smaliziato ed estremamente confidente, a nessun altro avrebbe mai rivolto una tale intimità verbale, questo lei lo sapeva bene, ma ciò nonostante non potè esimersi dallo sbottare in rimando:

Quando la smetterai di cogliermi così alla sprovvista?! Ti ho già detto che sono molto delicata, io... Non posso rischiare un infarto tutte le volte che tu vuoi giocare a nascondino!”.


Piantala. Piuttosto, mostrami quel che volevi io ti chiarissi”. Il tono di lui si fece serio, ma non irritato, anzi, come incuriosito.

Ma di che cosa stai par-...A-aspetta un momento... E tu come fai a saperlo, scusa?”.

Sarebbe servito a qualcosa risponderle che da quella stessa vetrata su cui lei puntava il telescopio, lui la osservava al pari d'una stella splendente, assiso alla penombra di una luna pallida e traslucida? Soltanto a tirare una bella pugnalata al proprio orgoglio, perciò no, non le rispose affatto così.

Li ho visti, quei fogli, laggiù, l'altra sera. Se non avessi dovuto domandarmi qualcosa in proposito, perchè mai ci avresti scritto sopra tutti quei punti interrogativi insieme al mio nome?”.

Sostò per la durata di un attimo, nella testa di Bulma, il pensiero che, sì, lui avesse ragione, ma nomi di ragazzi accanto a svariati ghirigori erano stati, al tempo delle scuole superiori, alcuni dei suoi più frequenti scarabocchi. Incredibile come per quelle cosucce da nulla, l'abissale distanza tra le loro nature si facesse sentire infingarda.

Beh, sì, per la verità ci sarebbe, una cosetta... Ma prima, hai idea di dove possa essersi cacciato Trunks?”

“Gli ho detto che questa notte avrebbe potuto rimanere dal suo amico”.

“Intendi dire Goten? Ah, ecco! Bene, benissimo, dovrò preparare solo a te allora, la cena, che sollievo!”, squittì lei emettendo un sospiro.

Avanti, non perdiamo altro tempo, dimmi che c'è che non ti torna”.


Così Bulma scostò la sedia girevole, che in quel divampante buio aveva perduto ogni suo confine materiale, facendole venire il timore di non centrarla e finire perciò col sedere a terra. Vegeta s'era avvicinato alle sue spalle, felino, ma le diede tutto il tempo di avvedersene e rimase lì fermo, ben diritto.

Aspetta, fammi mettere bene a fuoco... Dunque, quarantadue gradi a ovest della Costellazione del Carro... Mmmh... Oh, eccola lì! M-ma, un momento, la notte scorsa non era tanto grande! Accidenti!”.
Spostandosi per dar modo di osservare anche al compagno, gli afferrò delicatissima la mano e in un naturale susseguirsi di gesti, lui non s'era affatto ritirato, ma s'era anzi fatto accompagnare sin assiso, lasciando che lei posasse infine le proprie mani affusolate sulle sue spalle.


Riesci a mettere a fuoco? Vuoi che ti aiuti?”, gli aveva alitato dolce all'orecchio, già pronta a prodigarsi.

Fammi il piacere, Bulma. So manovrare questo tipo di aggeggi da prima che tu nascessi!”

Il che le era suonato piuttosto antipatico, da dirsi, dato il paio d'anni scarso che li distanziava.


Un buon minuto era trascorso e di Vegeta non s'era più udito nemmeno un sospiro. Bulma, per non disturbarne lo scrutare della volta celeste, era rimasta muta a sua volta, ma quando il principe si fece scivolare le mani in tasca alzandosi quasi di scatto, non le riuscì più di trattenersi:
“Allora? Che cos'è, secondo te?”, ma in rimando, prima di tutto, ebbe solo uno sguardo di quelli che sapeva lui avrebbe riservato solo ad un certo tipo di questioni, non certo a quelle relative ad una quasi romantica osservazione degli astri insieme.


Bulma... Non provare a seguirmi, mi sono spiegato?”.


_


Quand'era stata l'ultima volta che aveva dato fiato alle corde vocali? Le pareva fossero trascorsi eoni, perchè quando aveva richiuso le labbra, il sapore impastato e secco tra la lingua ed il palato le era giunto su tutte le papille gustative.


E-E ora dov'è andato?!” s'era domandata ad alta voce, come risorta da uno stato di trance mistica. Non s'era nemmeno del tutto accorta della partenza in volo supersonico di Vegeta, verso quel manto ormai del tutto nero, puntellato di minuscole stelle. Per la verità, una di esse pareva esageratamente grande, per essere definita come le altre ed in quel momento a Bulma tornarono in mente il discorso lasciato in sospeso solo qualche istante prima, ma soprattutto gli occhi scuri di lui congelati nei suoi. Quello sguardo, gliene aveva scorto uno assai simile al tempo della caccia al cyborg C20, alterego del malefico Dottor Gelo, tra le rocce; quell'analogia le aveva provocato i brividi, si mosse in fretta verso la vetrata aperta da cui era schizzato letteralmente via Vegeta e in apprensione si mise a scrutare l'orizzonte più lontano.


Oh, Vegeta... Amore mio”.



_



Il pungente vento notturno sferzava sul suo volto come un'infinito susseguirsi di schiaffi improvvisi, gli occhi ancora preoccupati guardavano ora avanti a sé, ora verso la propria destra, in alto, ben attenti a monitorare che la situazione non peggiorasse troppo in fretta. Come aveva fatto a non accorgersene, dannazione, lo sapeva bene che un Saiyan che si trovi influenzato dal precipitare di meteoriti, ovunque egli si trovi, è al contempo facile preda di istinti improvvisi, quali quello di farsi attrarre il più possibile dai raggi solari. Altro che primavera, ecco perchè quella superficie tanto lucente ed accogliente gli era sembrata il perfetto giaciglio, per tutto quel tempo. A furia di non aver più alcun modo di sfogare la propria natura aliena, aveva finito per, praticamente, dimenticare ciò che questa portava con sé. Non ne era dispiaciuto, per la verità, però adesso la questione andava risolta, almeno arginata, o per una buona porzione del pianeta Terra, un po' troppo attigua all'area della sua dimora, sarebbe stata la fine.

Abbassandosi di quota sino a raggiungere la fumiga fuoriuscente dal comignolo della casetta, Vegeta riuscì quasi subito a scorgere le zazzere scompigliate di Son Goku e Son Goten e pure il chiaro violetto della chioma del proprio figlio. Gli parevano intenti a cercare di impaurire l'un l'altro con smorfie e qualche chiacchiera, attorno ad un flebile falò in via di spegnimento.


Tsk, non cambieranno mai...”.




P-papà? Sei tu?”, balbettò il giovane Trunks, concitato.

Kaharot, smetti di fare l'idiota con i ragazzi e seguimi, adesso”, tuonò invece il principe dei saiyan, perentorio.

Ehi, ma, aspetta un momento, Vegeta! Io ho un sonno terribile, voglio andare a dormire e qui dobbiamo ancora terminare la... Sfida dell'orrore!”, gli aveva risposto candidamente lui, arricchendo le ultime parole di una espressività che avrebbe dovuto essere lugubre e spaventosa. Uno sforzo squallido ed inutile, insomma, era ovvio.


Penserai dopo, a dormire e a... a fare quel che accidenti stavate combinando, ora Trunks e Goten filano diritti in casa e ci restano, mentre tu vieni con me, avanti!”.

Le lamentele lagnanti dei due ragazzini si interruppero all'unisono nonappena lo sguardo scocciato e intransigente di Vegeta si posò su di loro e, ad occhi bassi e coda tra le gambe, si dileguarono in fretta chiudendosi il portoncino alle spalle.

Si può sapere che ti prende, Vegeta? Ti pare questo il momento di ingaggiare uno scontro? Se mi scopre Chichi... Mi uccide lei!”, proferì Son Goku, prefigurandosi la sceneggiata di portata apocalittica di cui si sarebbe reso vittima se avesse sgarrato.

Ah, Kaharot, come puoi essere così stupido da pensare io non abbia di meglio da fare che scontrarmi con te a quest'ora! Guarda lassù, alla tua sinistra. Non ti sei accorto che una pioggia di meteoriti giganteschi si sta abbattendo proprio verso questa parte del pianeta?!”


Urca! Hai ragione, caspita! Dobbiamo assolutamente provare a distruggerli o almeno a deviarli fuori dall'orbita terrestre! Ma tu come hai fatto ad accorgertene in tempo?”, s'interrogò lui, seriamente incuriosito.

È stata Bulma, non io”, bofonchiò vagamente rosso in viso; condividere certe informazioni non strettamente necessarie con gli altri, specialmente poi con lui, lo infastidiva da sempre, ma pur di non rischiare fosse poi Bulma, a raccontargli come nel mentre di un incontro notturno assai sospetto all'interno dell'osservatorio, entrambi avessero condiviso quel telescopio, aveva trovato molto più comodo rispondergli così.


Quella donna è veramente una bomba, eh?”, si propose squillante Son Goku e se Vegeta non avesse saputo fin troppo bene dell'innata innocenza di quell'affermazione, non si sarebbe certo trattenuto dal mettergli le mani al collo.


Bene, si parte, allora!” squittì nuovamente, pronto a decollare insieme al saiyan verso la parte più esterna, ma ancora respirabile, dell'atmosfera terrestre.



Trunks, dici che i nostri papà sono andati ad allenarsi?”, domandò innocentemente il giovane Son Goten.

Yaaaawn, io credo di no, non credo che Goku sarebbe tanto contento di farsi prendere a calci a quest'ora della notte!” lo rimbeccò il più grandicello, sbadigliando rumorosamente ed affettandogli un gran ghigno di sfida.

Ehi, non è affatto vero!”

Mh, come vuoi, ma sarà meglio fare come ha detto mio padre, altrimenti sicuro i calci ce li beccheremo noi!”.
Son Goten deglutì spaurito, ricordando il prezzo pagato per l'ardire di aver preso Vegeta a deboli pugni sulle gambe, disperato, quand'egli aveva assestato a Trunks un colpo netto al collo per farlo svenire.

Ha-hai ragione tu, mi sa, eh eh! Forza, andiamocene a letto”,si risolse quindi a sibilare.



_



Non era ancora il momento, di tenere le finestre aperte durante la notte, eppure quel cielo così luminoso e buio al tempo stesso non permetteva a Bulma di chiudere occhio, facendola rimanere lì, in piedi, di fronte alle imposte scostate anch'esse, struccata, accaldata d'apprensione e vestita solo del proprio intimo. Per la precisione di un completo serbato proprio per la prima occasione in cui il figlioletto fosse rimasto a dormire dall'amichetto Goten, benchè lei stessa sapesse bene che l'effetto seducente di quegli indumenti avrebbe avuto la durata di uno schiocco di dita e di uno strappo ben assestato.

Senz'altro non era quella, la nottata più adatta per farne sfoggio, ma lei aveva sperato nel ritorno del proprio principe nel più breve tempo possibile, ora che le possibilità di riportarlo in vita con le Sfere del Drago, nel peggiore dei casi, s'erano azzerate. L'espressione seria, impaziente e assolutamente assorta nella più totale preoccupazione nei confronti dell'amato compagno stonava davvero, con quel grazioso taglio corto rinnovato da poco e con quel corpo affusolato e morbido, indifeso nella propria seminudità.

Sarebbe rimasta lì, immobile, ad aspettare che almeno qualcosa in quel cielo tanto pauroso le desse motivo di placarsi.




_



M-ma è... È spaventoso! Guarda quante sono, avremmo fatto meglio a far venire con noi anche i ragazzi!”, gemette impressionato il saiyan più giovane, alzando il proprio tono di voce nel tentativo di rendersi udibile nel mezzo di tanto frastuono.

Non dire fesserie, Kaharot. Tu forse non hai mai avuto a che fare con niente del genere, ma dallo spazio aperto in cui sono cresciuto io, fenomeni del genere erano praticamente all'ordine del giorno e la chiave è lo schema d'attacco. Se riusciamo a far sì che alcuni di questi massi vengano deviati anche solo parzialmente, potremo occuparci dei più grossi, distruggendoli in un solo colpo ciascuno. Poi penseremo a quelli che abbiamo deviato, spazzando via anche quelli. Hai capito?”

C-certo, sì, almeno credo...”, bonfonchiò l'altro, in apparenza non troppo sicuro della sua stessa affermazione.

Forza allora, non c'è un minuto da perdere!”.


Così, come due aghi sottili rilucenti in un lago di petrolio infuocato, i due saiyan ammantati d'oro s'erano stagliati di fronte a quella pioggia di meteoriti ardenti e pantagrueliche, scaraventandovi addosso le proprie forze fisiche e le proprie armi d'energia migliori. Ciò non faceva che aggiungere altri lampi di luce a quelli ormai ben visibili dalla superficie terrestre, dove Bulma, al riparo nella propria stanza, osservava sbigottita lo scenario, quasi non avesse mai vissuto situazioni del tutto fuori dal comune. Se lì per lì proprio non s'era ancora riuscita a spiegare un bel niente, di quel che stava accadendo, un lampo di genio attraversò la sua mente in simbiosi con quello che ne aveva illuminato il profilo, proveniente dal cielo. In fretta e furia si fiondò oltre il comodino, laddove teneva una sorta di baule, in legno chiaro, contenente perlopiù cimeli e ricordi di gran parte di quella sua vita ormai definibile straordinaria. Ne estrasse dopo tanto rovistare un aggeggio impolverato, sì, ma conservato come fosse nuovo; non era sicura funzionasse ancora, ma sarebbe stato l'unico modo per verificare d'aver afferrato quel che si stava consumando tra quelle nubi, o almeno, comprenderne il significato in parte.

Posò la sezione più pesante, biancastra, sull'orecchio destro, avendo cura di centrare con la visuale corrispondente l'esatto centro della lente verdognola collegata.


Perfetto, ora vediamo se sai ancora fare il tuo lavoro...”.


Con l'indice ben teso, premette il bottone incastonato nello scomparto bianco, mirando per bene il proprio sguardo verso l'orizzonte lampeggiante.

Un veloce susseguirsi di acuti impulsi sonori ne uscì fuori e davanti all'occhio velato di verde comparve una sorta di mirino digitale, con accanto il nome del compagno e quello originario dell'amico, Kaharot.

Si affacciò sulle labbra quasi tremule un ombra di sorriso, complice e finalmente pago della risoluzione di quell'enigma: ancora una volta, Vegeta e Son Goku stavano salvando lei e l'intera popolazione.



_



L'ennesimo lampo distruttore fu scagliato in simbiosi dai due guerrieri.
Scemato il boato assordante cui aveva fatto seguito la polverizzazione dell'ultimo gigantesco asteroide, il cielo ritrovò la più serena delle oscurità notturne, lasciando soltanto che qualche infinitesimale scheggia di quella minaccia sventata finisse ad incenerirsi contro l'atmosfera terrestre.

Fece appena in tempo, esausto, Vegeta, ad afferrarne una non più grande d'un palmo di mano, osservandola severo e contrito, quasi incredulo d'aver in poco più che qualche ora preso a cuore gran parte dell'esistenza umana. Non intendeva quella di Bulma e di suo figlio, quella dei suoi cari. Quelle, di vite, le avrebbe sempre e per sempre anteposte alla propria. Intendeva quelle di qualunque altro essere umano, che in qualsiasi altra situazione avrebbero avuto ai suoi occhi l'importanza che si da' ad una mosca morta riversa a terra.



Ce l'abbiamo fatta, a quanto pare”.


...Già”.


Ehi, ti ringrazio, Vegeta, se non fosse stato per te e per Bulma, a quest'ora saremmo stati davvero nei guai fino al collo, sai?”, gli si rivolse Son Goku, ritrovato tutto il proprio candore.

Risparmia il fiato Kaharot, non avevi detto di avere un sonno terribile?”, fu pronto a rispondere il principe dei Saiyan, assolutamente contrario a perdersi nei convenevoli.

Sì, beh, in effetti è così... M-ma che ci fai con quella pietra in mano?”, lo interrogò l'altro, sperando di ottenere soddisfacente risposta.

Sorprendentemente senza riserve, nella maniera più composta e naturale potesse pensare d'esprimersi, Vegeta gli rispose:

Dici questa? È per Bulma”.




_




Allora... A presto, amico”, gli si rivolse Son Goku una volta giunti dinanzi alla casetta di montagna di lui.


Io non sono tuo amico, cerca di non dimenticarlo”-ma subito il tono si rabbonì, congedandosi “...E vedi di non mettere in testa troppe idiozie a mio figlio, non voglio rischiare di ritrovarmi una femminuccia in giro per casa!”.

Eh eh, ci proverò...”, aveva risposto ormai solo al vento, il saiyan più giovane, inspirando l'aria freschissima ed aprendo il portoncino d'ingresso.




_




Uscì dalla stanza da bagno già vestito dei pantaloni del pigiama, ampi e scuri. Finalmente l'aroma pungente e muschiato del suo, di sapone, gli si palesava alle narici ad ogni movimento verso l'ampio letto sul quale giaceva, prona, la sua Bulma, terribilmente invitante avvolta in quel mezzo metro di stoffa sottile appena. Tutto ciò che però lui fece, disteso nello sguardo e ai lati della bocca, fu sistemare il proprio cuscino dietro il capo e provare ad afferrarle delicato la mano morbida accanto al suo fianco destro. Riuscendo però ad avvertire per prima una durezza ben tangibile, come metallica, tra quelle dita affusolate, aprì meglio gli occhi per verificare con cosa fosse venuto in contatto. Il respiro gli si mozzò in gola, facendolo scattare ben seduto sul materasso, in preda ad uno sbalordito osservare ora il familiare attrezzo, ora la figura di lei, tanto innocentemente assopita.

Non poteva essere che un rilevatore di potenza, dannazione, era proprio quello di Radish! Come aveva fatto a finire lì, tra le mani di lei, poi?! Ma fu questione di un attimo, perchè alla mente gli tornasse il ricordo della sfrontatezza intraprendente con cui Bulma aveva palesato il proprio desiderio di quantomeno osservare da lontano, ma di persona il temibilissimo Freezer e dunque non gli ci volle molto altro per indovinare come ella si fosse procurata lo scouter. Con tutta probabilità se l'era fatto portare dai superstiti di quella prima battaglia, se addirittura non fosse che vi si era recata proprio lei, preda della sua incessante ed incosciente curiosità. Quella donna era davvero, una bomba.

Così, lasciando che il principe Vegeta e l'adorata consorte godessero delle rimanenti ore di sonno profondo, la notte s'era insinuata in ogni angolo ed in ogni pensiero, abbandonando dietro di sé un unico ricordo, solo quella piccola pietra, ancora tiepida, ora al centro della gran scrivania dell'osservatorio, sopra alle tante carte astronomiche.


Fine


*: Rif. all'episodio XIII contenuto in “Convivendo in... Capsule” ad opera di Lilly81 (qui presente in EFP).



N.B.: Ovviamente, il fatto che i Saiyan siano in qualche modo influenzabili dalle correnti meteoritiche è una licenza poetica personale. Con una buona dose di orgoglio voglio ricordare al lettore che abbia gradito il mio lavoro di sbirciare tra le recensioni da questo ricevute: E' grazie alle annotazioni di Lilly81 che sono riuscita ad affinare alcune imprecisioni, migliorando la qualità dello scritto. Le imprecisioni di cui parlo sono confrontabili col lavoro finito nella stessa recensione della Magistrale autrice, a cui va sempre la mia più profonda devozione.

  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dragon Ball / Vai alla pagina dell'autore: Overlook