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Autore: MCR_24_9    10/09/2015    5 recensioni
Daimonas è un bambino speciale. Non è un bambino come tutti gli altri. Lui è figlio di un demone e riesce a vedere i demoni che ogni persona ha dentro di sé. La sua vita è molto dura e ben presto si renderà conto che non esistono santi, ma solo malvagità da estirpare. E questa è la sua storia.
Genere: Horror, Sovrannaturale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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                                   Capitolo 7






Daimonas guardava la bambina che non smetteva di volteggiare. Sembrava felice, ma lui sapeva che era una felicità apparente. Poteva sentirlo, quel maledetto demone. Lo sentiva succhiare energia e linfa vitale, come una sanguisuga attaccata ad una vena importante. Succhiava avidamente, non si sarebbe fermato fino a che a Sara non fosse rimasta neanche una goccia. Prosciugarla fino a portarla alla morte, al suicidio. 'Lo devo evitare' pensò stringendo ancora di più i pugni. Si avvicinò un po' ad uno dei pali della terrazza. Voleva provarci. Mise in avanti il braccio destro, concentrandosi.... Niente, non successe niente. Si concentrò ancora di più,  e alla fine lo sentì. Era doloroso, tanto doloroso. Bruciava, bruciava tremendamente. Sentiva le corna allungarsi piano piano, faceva male. Era troppo da sopportare. Era come se lo bruciassero vivo, sia da dentro, sia da fuori. Sentiva la carne, che bruciava dall'interno. 'Non ce la faccio più,  fa male'. Perse la concentrazione e cadde a terra, perdendo l'equilibrio. Si guardò la mano, esaminandola. Niente. Nessun segno, non era successo niente. Era la prima volta che provava spontaneamente ad evocare i suoi poteri. Di solito uscivano quando era arrabbiato, quando reagiva, solo quando perdeva il controllo diventando.... un mostro. Si perse nei suoi pensieri, non si accorse di Sara. La bambina era dietro di lui, preoccupata. "Stai bene?" gli chiese, riportandolo alla realtà. "Si, sto bene" disse alzandosi. Sentiva ancora quel bruciore, che ormai stava sparendo nell'oscurità del suo cuore. "È meglio che andiamo" le disse. "Torneremo qui domani". Sara annuì, scendendo per prima le scale. Camminarono per i corridoi in silenzioso, immersi nei propri pensieri. Ad attenderli c'era Suor Cecilia, Daimonas entrò nella sua cella senza rivolgerle nemmeno uno sguardo. Si sdraiò sul letto, guardandosi ancora la mano. Si sentiva strano, non voleva diventare un mostro. Eppure, era la prima volta che era felice. 'Mancava poco, ne sono siciro. Proverò ancora fin quando non ci riuscirò'.

Passò così una settimana, spendeva la sua unica ora libera cercando di evocare i suoi poteri. Era difficile resistere a quel bruciore. Era come se una parte di sé stesso non volesse che ci riuscisse. Ci andava sempre vicino, ma ogni volta arrivava al limite. E ogni volta, era sempre più stanco. Ma non si voleva arrendere, ogni volta che cadeva si rialzava e provava ancora e ancora fino a che non era esausto. Ogni sera rifletteva su quello che stava facendo. Era veramente quello ciò che voleva? Diventare il mostro che lui ha sempre odiato, che ha sempre negato. Quella natura che suo padre gli aveva dato. Ma non poteva tirarsi indietro, era ad un passo, lo sapeva. Ogni volta sentiva l'energia che si avvicinava sempre di più alla sua mano. Non poteva arrendersi.
Era passata una settimana dal suo primo tentativo, ed era ancora lì, in quella terrazza a riprovare. Sara era sempre lì, che lo guardava, anche lei speranzosa. Daimonas si mise in posizione, come faceva ogni volta, allungando il braccio verso il palo. Si concentrò,  più determinato. 'Devo resistere!'. Il bruciore non si fece attendere, ma questa volta era più intenso. Si fece strada tra le carni, come il fuoco che divora il legno. Le corna si erano allungate, sentiva l'energia arrivargli alla mano. Si concentrò maggiormente. Faceva male, molto male, ma lui restiteva. Stava per riuscirci, mancava poco. Ad un tratto, qualcosa lo bloccò. Fu in un attimo. Un pensiero gli balenò in mente. 'Fermo! Vuoi davvero diventare il mostro che tutti odiano? Vuoi davvero peggiorare le cose?'. Perse la concentrazione e ci fu come uno scoppio. Daimonas fu scaraventato a terra con violenza, dalla mano usciva un po' di fumo. Era affannato e confuso. Sara gli si avvicinò. "Che è successo?" gli chiese. "Stai bene?". Daimonas annuì con la testa, cercando di calmarsi. Cos'era quella voce? Quella che lo aveva fermato, che lo aveva sempre fermato. Era forse paura? Erano forse i sensi di colpa? Scosse la testa, non poteva fermarsi. 'La devo ignorare'. Si alzò da terra, con la determinazione negli occhi. 'Questa è la volta buona'. Si mise di nuovo in posizione.  'Questa volta nessuno mi fermerà!'. Questa volta non ci fu bisogno di chiudere gli occhi. L'energia fluiva molto più velocemente,  arrivando alla mano in poco tempo. D'istinto, rilasciò l'energia. Dalle dita uscì un piccolo e flebile raggio violaceo. Non potè trattenere il sorriso, dietro di lui anche Sara esultava. Ma i sorrisi svanirono. Fu in un secondo: la botola si aprì e spuntò la testa di Suor Agatha, la sua espressione cambiò drasticamente.  Da stupore a puro terrore. Emise un lungo acuto urlo quando il raggio colpì di striscio il palo lasciando un piccolo alone nero. La suora scese le scale, urlando in preda al panico. Daimonas prese Sara per mano e si precipitò giù per le scale e per i corridoi. "Veloce, dobbiamo correre veloce!" urlò il bambino accelerando il passo. "Non ci devono prendere!". Correvano a perdifiato, ma qualcosa lo fece fermare bruscamente. Sara urlava, Ada l'aveva presa. Stava cercando di separarla da Daimonas. "Ferma! Stai buona, ormai è tutto finito". Daimonas cercò di aiutarla, ma un pugno violento lo atterrò facendogli perdere la presa. Si ritrovò a terra, bloccato dalle mani di Suor Brunilde. "Porta la mocciosa lontano da lui e chiudila a chiave" disse rivolgendosi ad Ada. "Dobbiamo toglierla dalla sua influenza". Dopo quelle parole, Ada scomparve tenendo saldamente la bambina. Daimonas cercò di reagire, ma altri pugni lo stesero a terra. "Sei solo un lurido, schifoso mostro. Meriteresti ben altro di quello che ti accadrà,  dovresti ringraziare la nostra bontà". Lo prese per un braccio e lo scaraventò a terra con violenza facendolo atterrare di schiena. A Daimonas mancò il respiro. Annaspò tossendo violentemente. Brunilde lo prese per i capelli, stando attenta a non toccare le piccole corna e lo trascinò. Daimonas cercò di divincolarsi, davanti a sé c'era il suo amato cappello. Cercò di prenderlo, ma la suora strinse ancora di più la presa, trascinandolo più velocemente. Alla fine, il bambino si rassegnò. Guardò ancora davanti a sé. C'era una bambina, teneva in mano il suo capello, gli sorrise salutandolo con la mano. Daimonas la riconobbe subito: era Sandy, la bambina muta. Non capiva il senso di quei gesti, ma una cosa era certa: ciò che lo attendeva lo terrorizzava.

Fu trascinato per i capelli lungo tutto il percorso, comprese le scale, fino ad arrivare alla cantina. Suor Brunilde aprì la grossa porta di legno e ferro facendola cigolare. Lo trascinò ancora per un lungo corridoio che conduceva ad un'altra porta massiccia, aprì anche quella. Daimonas conosceva bene quell'oscura stanza. Nella parete difronte c'era un grosso crocifisso di legno marcio, come se in quella stanza Dio non ci fosse. Alle pareti delle fiaccole accese, unica fonte di luce. Al centro vi erano un grosso tavolo e una sedia di ferro dove molto spesso lo legavano. Nella stanza c'era la Madre superiora, con una lunga frusta attorcigliata tra le mani, lo guardava con odio. Insieme a lei c'erano anche Suor Cecilia, che stringeva in un abbraccio Suor Agatha,  confusa e in lacrime. Farfugliava strane parole, sembrava impazzita. Brunilde lo appoggiò al tavolo,  legandogli le mani. Daimonas aveva paura, ma rimase calmo, non doveva cedere al loro volere. La madre superiora si mise dietro di lui, srotolando la frusta. "Sono stufa di te!" urlò dandogli una prima frustata. Il dolore era molto forte, ma lui non emise nessun lamento. Strinse i denti. "Cos'hai fatto a quella povera bambina! Rispondi, mostro!". Arrivò un'altra frustata, seguita da un'altra e un'altra ancora. Era terribile. Il dolore era acuto, la schiena era come in fiamme, ma lui non disse niente. Gli unici rumori che si sentivano erano la frusta e i lamenti di Agatha che si facevano sempre più forti. "Basta!" urlò all'improvviso staccandosi in malomodo da Cecilia. Prese la frusta dalle mani della madre superiora e gliela strinse al collo guardandolo negli occhi. Il suo sguardo era come quello di un folle che aveva perso il lume della ragione,  tra il panico e la pazzia. "Basta! Smettila di parlare nella mia testa! Sei il male! Sei il demonio! Sei Satana! Smettila di parlare nella mia testa! Smettila!". A ogni parola, stringeva di più la frusta. Daimonas non respirava più. Cercò di liberarsi, ma le mani erano strettamente legate. Si guardò attorno chiedendo aiuto con lo sguardo. Brunilde rideva vedendolo agonizzante. La madre superiora lo guardava severa, con l'odio negli occhi. Suor Cecilia non lo guardava nemmeno. 'È la fine?' pensò senza più ossigeno.  La vista divenne sempre più nera, stava perdendo i sensi. In quel momento, la porta  cigolò e si spalancò. Davanti a loro c'erano due bambini, erano Leonard e Nicolas. Al loro arrivo tutto si congelò, sembrava che passassero minuti, invece erano solo pochi secondi. I bambini spalancarono la bocca mostrando quel poco di lingua che gli era rimasto. Emisero delle urla forti e gutturali. Facevano ghiacciare il sangue. Di colpo, le suore si mossero tutte andando verso i due bambini. Loro scapparono facendosi inseguire. Cecilia prese con sé Suor Agatha,  che allentò la presa. Daimonas cadde a terra, tossendo e respirando affannosamente. Era rimasto solo, ma era troppo debole per muoversi. Sentì dei passi venire verso di lui, mani che lo aiutavano ad alzarsi ed infine qualcosa che gli copriva la testa. Era Sandy, lo stava aiutando.  Gli mise un braccio attorno al collo e lo aiutò per camminare. Percorsero i corridoi, ma Daimonas non capiva dove stessero andando. "Dove mi stai portando?" chiese. Sandy cercò di farsi capire a gesti, ma era difficile. Così Daimonas ebbe un'idea. Si fece aiutare per arrivare nella sua cella, una volta arrivato aprì il suo baule prendendo una decina di album da disegno e tante matite. Glieli regalava Albert ogni anno, ma lui non li aveva mai usati. "Sai scrivere?". La bambina fece si con la testa. "Allora scrivi qui le risposte". Sandy prese un foglio e una matita e cominciò a scrivere, quando ebbe finito glielo mostrò. -È meglio che non rimani qui, ti porto nella nostra stanza. Lì sarai al sicuro-. Daimonas annuì e si fece condurre. La stanza era nell'ultima porta a destra del corridoio del terzo piano. Era una normale stanza: tre letti, tre picoli comodini e tre bauli. Sandy lo fece sedere su uno dei letti e cominciò a scrivere.
-Stai bene?-. "Si, tranquilla. Adesso mi sento bene".
-Sono felice che siamo arrivati in tempo. Volevamo tanto aiutarti-. "Perché? Pensavo che anche voi mi odiavate".
-No al contrario. Noi ti stimiamo molto, volevamo aiutarti in diverse altre occasioni, ma non ci siamo riusciti.  Adesso si e ne sono felice-. Daimonas la osservò, aveva i capelli neri e lunghi e gli occhi azzurri. "Grazie" le disse e lei sorrise. In quel momento, la porta si aprì ed entrarono gli altri due fratelli. Sandy diede l'uno un album ed una matita.
-Ci siamo fatti rincorrere per tutto l'edificio, le abbiamo seminate- scrisse Leonard.
-Adesso sei fuori pericolo- aggiunse Nicolas. "Grazie ragazzi, vorrei tanto potervi aiutare ed uccidere il maledetto che vi ha mutilati". I tre si guardarono, a scrivere fu Sandy.
-Non fa niente, a noi ci va bene così.  Le suore ci lasciano in pace, ci reputano dei buoni a nulla, dei dementi che non hanno futuro. Possiamo andare dove ci pare. Abbiamo le chiavi di ogni stanza, tranne la tua purtroppo-. "Perché non avete detto niente riguardo all'assassino? Lo conoscevate?"
-Era il nostro fratellastro. Soffriva di una qualche malattia psicologica. Era paranoico e violento- rispose Leonard, guardando a terra.
-Pensava che mamma e papà fossero spie delle strane entità che vedeva solo lui. Pensava che lo volessero uccidere- scrisse ancora Sandy.  Nicolas fissava la matita, era quasi sul punto di piangere, scrisse solo tre parole: -Li ha uccisi-. "Mi dispiace, ma non capisco. Perché non lo avete fatto sapere alla polizia".
-Lui ha promesso che ci avrebbe ucciso, noi non vogliamo morire. Vogliamo solo vivere in pace-. A scrivere fu Sandy.
-Abbiamo paura, capisci? Paura di ciò che ci potrebbe fare. Abbiamo solo paura- aggiunse Leonard. Daimonas li guardò,  provò una tremenda tristezza per loro. Voleva aiutarli. "Grazie per avermi aiutato, ma è meglio he io vada da loro". I tre lo guardavano mentre lui si avvicinava alla porta. "Se volete la pace, allora loro non devono scoprire che mi avete aiutato. Grazie, adesso tocca a me. Vorrei solo chiedervi un favore. Sono preoccupato per Sara, potete vedere dove si trova e come sta?". I tre fecero si con la testa all'unisono. Daimonas sorrise e uscì.  Si fece trovare dalle suore, Brunilde fu pronta a prenderlo a calci prima di sollevarlo e trasfinarlo via. Questa volta, Cecilia e Agatha non parteciparono. I tre si misero vicino alla porta. Sentivano lo schioccare della frusta,  le urla di rimprovero della Madre Superiora e le risate di Brunilde e Ada. Daimonas non emetteva neanche un lamento. Ogni tanto diceva qualche parola, ma niente di più. Contarono le frustate. 1.... 5.... 10... 20...40... ad ogni frustata loro trasalivano, ma non potevano fare niente. Si allontanarono da lì, con la preoccupazione nel cuore.

Daimonas fu trascinato di nuovo per i corridoi e lanciato da Brunilde nella sua cella. Non riusciva a muoversi. Strisciò verso il letto e ci salì aiutandosi con i gomiti. Gli era impossibile usare le mani. A ogni minimo movimento,  provava un dolore lancinante. Erano ancora ricoperte di tagli e sangue. Cinquanta frustate, gli avevano dato cinquanta frustate nelle mani. Volevano continuare, ma capirono che era tempo perso, Daimonas non avrebbe mai parlato. Apriva la bocca solo per dire la stesaa identica frase: "Potete insultarmi, picchiarmi, fustigarmi, torturarmi in ogni maniera. Ma non riuscirete a torcere un singolo capello a chi sarà sotto la mia protezione, a chi mi sta a cuore". Daimonas era stanco. Ormai era notte inoltrata. Era preoccupato per Sara e per i tre fratelli, ma almeno era più rincuorato.'Ho pagato il prezzo anche per loro'. Cercò di tirarsi la coperta verso di sé,  usando il meno possibile le mani. Alla fine si addormentò, stremato.

Daimonas guardò fuori dalla finestra. Era notte e la luna era piena. Ma lui guardava oltre. Guardava le luci della città. Ormai si era ripreso dalla punizione del giorno prima. La mattina si era svegliato vedendo Suor Cecilia che gli curava le mani. Grazie a lei, adesso non sentiva più dolore e riusciva a muoverle. Non la capiva, non capiva perché lo curasse. Ma non gli importava più di tanto. Aveva anche avuto notizie di Sara. Era stata chiusa a chiave nella sua stanza, era spaventata, ma stava bene. Secondo Sandy, l'avrebbero fatta uscire fra un paio di giorni. Daimonas ne fu felice, e adesso era lì a contemplare le luci della città.  Si chiedeva come fosse camminare per quelle vie, tra tutte quelle persone. Forse lì fuori era un mondo migliore di come quello in cui viveva. Era curioso di saperlo, dopotutto cosa aveva da perdere?  Nessuno lo avrebbe mai saputo.  Era la sua unica opportunità di uscire fuori da quell'inferno. Aprì la finestra e si calò dalla grondaia andando verso il muretto di cinta. Lo scavalcò, per lui non era così difficile. Quando fu veramente fuori dalla proprietà dell'orfanotrofio, fece un lungo respiro, si calò la visiera del cappello il più possibile in modo tale da nascondere di più il viso e si mise a camminare verso un altro mondo da scoprire.
  
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