Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Soleil Jones    10/09/2015    0 recensioni
[ What if? - "E se fosse stato George a morire, durante la Battaglia di Hogwarts?" ]
George non ha mai lasciato davvero suo fratello, non lo farebbe mai. Cosa prova nei suoi confronti?
Sapendo quanto stia soffrendo, ma che non può sentirlo o vederlo, che farà?
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Fred, Weasley, George, e, Fred, Weasley, George, Weasley, Sorpresa
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Questa voleva essere una specie di risposta alla fanfiction di Word_shaker (sì, la nostra è una guerra di feels xD), una “What If?” in cui a morire durante la Battaglia di Hogwarts non è stato Fred, ma George.
Lo giuro, dopo questa la pianto con le cose Angst per un bel po’ di tempo perché, davvero, sono morta scrivendo. Piangevo come una fontanella! ç_ç
Spero vi piaccia e— e odiatemi pure, io stessa mi prederei a sberle da sola! E recensite, se vi va!
Buona lettura,
Soleil

PIESSE: è stata scritta con l’accompagnamento di “Time of our lives” di Tyrone Wells per cui vi consiglio caldamente di leggerla con questa bellissima canzone in sottofondo – ve la linko: qui.
 
 

Time of our lives


 

Per quanto fosse stato veloce, George ricordava in maniera anche troppo nitida il momento in cui era morto.
Perché non se n'era andato in un colpo. Era crollato a terra, gli occhi sgranati dall'incredulità, lungo disteso. E aveva cercato quegli occhi, quello sguardo, mentre il respiro gli moriva in gola e il sorriso rimaneva impresso su quel volto destinato a non cambiare mai.
Dopo si era alzato, senza davvero realizzare cosa stesse accadendo, sentendosi incredibilmente disorientato e leggero. Poi era avvenuto, l'aveva visto: il suo corpo, la sua famiglia, le loro lacrime.
E l'aveva sentito, George: un dolore lancinante, peggiore dell'incantesimo che lo aveva portato fin là. Aveva sentito qualcosa dentro Fred spezzarsi e, in automatico, un pezzo di sé andare in frantumi.
«No...» aveva mormorato, scuotendo la testa. Poteva, un morto, sentire un dolore?
«No, Fred, non... non piangere...» Ma nessuno l'aveva sentito, nessuno l'aveva visto inginocchiarsi affianco a suo fratello. «Ti prego, sono qui, Freddie... non ti ho lasciato solo!»
E il suo tocco, il suo tentativo di far sentire la propria presenza, era passato anch'esso inosservato.
Inconsistente. Ecco com'era diventato e come si sentiva.
Poi qualcosa l'aveva strappato a quel posto cui non apparteneva più, e si era ritrovato lì: soffici nuvole bianche, limpidi cieli azzurri, infiniti prati verdi, il paradiso.
Quel posto trasudava pace e serenità, lo si leggeva nello sguardo di chiunque fosse là. E c'erano state persone ad accogliere George, che aveva conosciuto: Lupin, Tonks, zio Bilius, Malocchio, Sirius... Gideon e Fabian Prewett.
E i genitori di Harry, anche. E Severus Piton, Colin Canon, il professor Silente... quel posto era anche troppo affollato e George non voleva restare lì.
Perché quello non era il suo posto, aveva detto furioso a Silente una volta.
«Se tornassi indietro non si sistemerebbe nulla, George, non torneresti in vita».
«Non mi importa niente, lei non può capire».
«Vero. E mi spiace molto, ma temo che nessuno possa farlo, ragazzo. Però puoi vederlo, se lo desideri».
Era meglio di niente, in fondo, e avrebbe aiutato a calmare i suoi bollenti spiriti. Così George aveva iniziato a passare intere giornate a vegliare su Fred dall'orlo di uno specchio d'acqua. E ogni secondo che passava si sentiva sempre peggio, eppure non riusciva a non farlo: voleva esserci, ogni secondo. Anche se Fred non lo vedeva, anche se non lo sentiva, George voleva stargli accanto.
Se l'era ripromesso, di far rimanere il Molliccio di entrambi una stupida paura insensata, no? E aveva fallito su tutta la linea.
Ma se poteva, in qualche modo, non avrebbe lasciato che Fred fosse effettivamente solo.
«George,» esordì un giorno Fabian Prewett, poggiandogli una mano sulla spalla. «devi lasciarlo andare».
«Io lo farei» rispose a bassa voce il rosso, con un sorriso amaro e anche un po' stanco. «Davvero, vorrei che lui vivesse!»
«E che non soffrisse?»
«Non sarebbe possibile in ogni caso, ma se ridesse... se ridesse di nuovo...» Sul viso lentigginoso di George si dipinse un sorriso diverso: dolce, a tratti, e pieno di affetto. «Mi basterebbe, perché ogni volta che lui sorride il buio scompare. Ma... l'ho ferito, zio, Fred sta male. A causa mia! E io odio vederlo così, l'ho sempre odiato. Cerco ogni notte di dirglielo, ma lui... non mi sente, capisci? E allora fa più male».
«Io e Gideon siamo gemelli, piccoletto: posso capirti, a grandi linee» annuì Fabian.
«Ma voi vi siete ritrovati qui insieme»
«Già, e non immagini che sollievo!» Ribatté ironico Gideon, sorridendo. Si avvicinò ai due e si inginocchiò vicino al nipote. «Una vita intera a sopportarlo e un'eternità da scontare sempre con chi? Con lui, con Fabie!»
«Gideon»
«Cosa?»
«Chiudi il becco.»
«Quello che voglio dire, George, è che in realtà tu non lo vuoi qui, vero?»
«Certo che no!» rispose subito il ragazzo, sgranando gli occhi con decisione. Ed era vero: gli mancava sentire la voce di Fred rivolta a lui, ma ciò non significava che volesse averlo lì.
Morto.
No, no e poi no.
«Allora... che ne dici di farglielo sapere?» domandò Gideon con un sorriso ammiccante, guardando il gemello con un pizzico di incertezza. «È possibile, no?»
Fabian guardò prima il viso speranzoso di George e poi il gemello e, alla fine, sorrise con altrettanta malizia. «Non vedo perché no!»
E così George si era ritrovato, non molto tempo dopo, a commettere un peccato in paradiso. Che proprio peccato non lo si poteva chiamare, in quanto aveva semplicemente usufruito della sua natura di mago.
Fatto sta che pochi giorni dopo quell'episodio si ritrovò con una luminosa fiala di cristallo in mano.
«Ne basta un solo, piccolo sorso» gli disse Gideon.
«E tu come lo sai?» domandò sospettoso Fabian, guardandolo. Il castano scrollò il capo, ribattendo: «Segreto! E tu come lo sai?»
Fabian roteò gli occhi e tornò a concentrarsi sul nipote: «George, ti ricordo che Fred non potrà vederti. Sei sicuro di quello che fai?» 
George stappò l'ampolla e, senza esitazione, ne bevve un sorso.
Poi avvertì la stessa sensazione provata mille volte prima con la Materializzazione. Ed eccolo lì; fuori era buio, la pioggia batteva sui vetri della finestra e il silenzio era rotto dal suono sommesso del respiro di una persona.
George avrebbe saputo orientarsi nella sua vecchia stanza anche in completa mancanza di luce, per questo raggiunse il letto del gemello senza difficoltà. 
Nella sua nuova condizione non poteva toccare nulla che fosse mortale, ma poteva avvertirne il calore se lo desiderava. E quelle lenzuola erano gelide.
Trattenne impercettibilmente il respiro, o meglio l'avrebbe fatto se avesse potuto, con consapevolezza e ascoltò il respiro frammentato e inquieto alle sue spalle.
Si voltò, dunque, e con uno schiocco di dita la lampada a olio sul vecchio comodino posto tra i due letti si illuminò quel tanto da permettergli di vedere Fred.
Dire che faceva spavento sarebbe stato un eufemismo; più magro di quanto ricordasse, sciupato, pallido... 
Dormiva, ma non doveva star facendo bei sogni.
George si umettò le labbra e si inginocchiò all'altezza del letto. Con una mano accarezzò i capelli del gemello senza davvero toccarli o sentirli sotto i polpastrelli; con una dolcezza che raramente gli era appartenuta.
«Mi dispiace così tanto, Freddie...» mormorò costernato. «Se solo fosse possibile darei qualsiasi cosa per sistemare le cose! O per poter parlare con te... qualsiasi, davvero».
«George...» 
Fu un sussurro, quello di Fred, probabilmente nella sua mente erano insieme; ecco cosa credette George: che suo fratello stesse sognando loro.
Ma dalle labbra del più piccolo uscì un singhiozzo incontrollato e le ciglia gli si bagnarono di lacrime.
Era sveglio, più o meno.
«Sì, Freddie...» rispose piano George, affrettandosi ad aggiungere: «Non aprire gli occhi, non mi vedresti, solo... solo sappi che sono qui».
«Non è vero» mormorò Fred con voce roca. 
«E invece sì!» annuì George. Mosse la mano, continuando a passarla tra i capelli rossi del fratello. «Questo sono io. Probabilmente tu sentirai qualcosa come una brezza, e mi dispiace: deve essere fredda».
«Non lo è» sorrise Fred. «Anche se non è la stessa cosa».
George rimase in silenzio, la mascella serrata e la gola in fiamme. Si sentiva uno straccio, avvertiva il suo cuore contorcersi furiosamente. 
«Georgie?»
«Sono qui» Esalò il rosso. «E ci rimarrò, Freddie, hai capito? Non te l'ho mai detto, ma... grazie».
«Per cosa?»
«Perché hai riempito la mia vita per tutto questo tempo, e perché continui a farlo ancora».
Sorrise e si sporse verso il viso del gemello, posando le proprie labbra sulla sua fronte. Quando si allontanò di pochi centimetri, sentì la voce assopita di Fred dirgli: «Mi manchi, mi mancherai sempre. Te l'ho detto una volta: io non so come fare senza te...»
«Nemmeno io, ma...» George deglutì, passandosi una mano sul volto. Faceva male, faceva così dannatamente male! «Ma io ci sono, Freddie. Qualsiasi cosa tu farai, falla anche per me. E sorridi, ridi, scherza, combina un guaio dopo l'altro!»
Perché quando lo fai - avrebbe voluto avere il coraggio di dire George - il mondo diventa un posto più bello.
«E un giorno ci rivedremo».
«Mi aspetterai...»
E la sua non era una domanda, ma bensì una constatazione, una consapevolezza.
«Ovvio, zuccone» ridacchiò George, con gli occhi lucidi. «Ti aspetterei anche per trecento anni e passa, se fosse necessario. E, a proposito, azzardati a trapassare prima del dovuto e ti rispedisco indietro a calci, intesi?»
«Che sdolcinato...!»
Dalle labbra di Fred uscì una risata sommessa. Fioca, certo, ma pur sempre una risata!
Era inutile sperare che quel semplice scambio di parole potesse riportare indietro il vecchio Fred, perché non sarebbe successo. Tutto quello che George voleva, in effetti, era abbastanza egoista: aveva voluto sentirlo rivolgersi a lui, parlargli... fargli capire quanto l'affetto taciuto che li legava superasse persino la morte...
Le prime luci dell'alba iniziarono a filtrare dalle tende; George le guardò e poi vide il suo corpo iniziare a illuminarsi.
«Sto per andare» disse, più a se stesso che a Fred. «Ora puoi aprire gli occhi, Freddie».
Mentre spariva, inghiottito dall'alba, George fu certo di essere stato intravisto dal gemello.
E dunque gli sorrise, sia con la bocca che col cuore.
Sul comò, nella lampada a olio, la fiammella solitaria continuava ad ardere indisturbata, come a voler dire a Fred che non aveva sognato.
E nella stanza aleggiava un curioso profumo speziato misto alla polvere da sparo, oltre che a un ineguagliabile, insolito calore.
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Soleil Jones