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Autore: lolasmiley    10/09/2015    1 recensioni
«Ma tu, chi cazzo merda sei?»
«Non ha importanza.»
Questa affermazione mi fa arrabbiare non poco.
«Senti, mi hanno sempre dato fastidio i figoni che se ne escono con queste frasi alla James Bond, anzi, ti dirò di più, mi sta abbastanza sulle palle pure lui» mi calmo per fare una breve osservazione a bassa voce «tranne in Casinò Royale, quel film mi piace.» poi riprendo il mio tono incazzato «Ha importanza eccome. Ho assistito ad un omicidio, mi hanno quasi rapita, sei arrivato tu, mi hai salvata e adesso mi porti non so dove e mi dici che non posso andare alla polizia. Ora, non si tratta di avvenimenti irrilevanti per cui chi sei potrebbe non avere importanza. Non sei sbucato dal nulla per comprarmi un gelato, cazzo. Quindi adesso pretendo delle spiegazioni perchè non ho capito assolutamente nulla di quello che è successo.»
Genere: Avventura, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Ashton Irwin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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While the rhythm of the rain keeps time

(4)

 

 

Mi ci vogliono qualcosa come tre secondi per decidere che lo voglio seguire. Cerco i suoi capelli tra la gente mentre mi dirigo verso la stessa direzione che ha preso lui poco fa. Vedo dei riccioli castani qualche metro davanti a me, e per fortuna man mano che procedo la folla si dirada, permettendomi di vedere meglio il mio obiettivo.

Il lato negativo è che adesso anche lui può vedermi più facilmente. Ho sempre sognato di pedinare qualcuno e afferrare da qualche bancarella lungo la strada degli accessori come un foulard, un paio di occhiali o un cappello per mascherarmi, come fa Tom Cruise in Mission Impossible. Tuttavia, mi sentirei in colpa per aver rubato qualcosa e inoltre non ci sono delle bancarelle qui. Quindi opto per prendere i miei occhiali da sole dallo zaino che ho ancora sulle spalle e li indosso; il problema principale potrebbe essere nascondere i capelli viola, che si fanno notare. Non ho un berretto con me, quindi decido di legarmi i capelli in una coda mentre cammino, senza perdere di vista quel ragazzo misterioso. Svolta a destra e io lo seguo mantenendomi a debita distanza. Improvvisamente riconosco il punto in cui ci troviamo: siamo sbucati accanto all’Abercrombie, e lui sembra seguire il percorso che porta al Thrinity College. Alla nostra sinistra le House of Parliament. 

Mi sbagliavo: il ragazzo anzichè svoltare a sinistra per attraversare e andare verso l’università, resta sul marciapiede seguendo il percorso verso destra, e così faccio anche io, una dozzina di metri dietro di lui. Ma quando svolto l’angolo non lo vedo più davanti a me. Rallento, confusa, e mi tolgo gli occhiali -come se servisse davvero a vedere meglio- e mi alzo in punta di piedi. Improvvisamente qualcuno mi tira verso destra, verso l’entrata di un palazzo, e inciampo sugli scalini, ma le braccia che mi hanno trascinata mi sorreggono per non farmi cadere. Mi ritrovo con la schiena al muro, il viso del ragazzo che stavo seguendo a poco più di dieci centimetri dal mio, e le sue mani sulle mie spalle che mi bloccano.

Lo guardo.

Mi guarda.

«Smettila di seguirmi» abbaia. Inarco un sopracciglio.

«Non ti stavo seguendo.»

Lui mi fulmina con lo sguardo e si allontana un po’ da me, lasciando la presa sulle mie spalle.

«Ho detto smettila di seguirmi, vai a casa, vattene. E cerca di non cacciarti nei guai, non ho tempo per farti da baby sitter...» non so se ha intenzione di continuare la frase, ma lo interrompo subito tirandogli uno schiaffo in faccia. Per un secondo credo di essermi fatta più male io di lui, perchè non ha nemmeno voltato la testa, si è limitato ad abbassare gli occhi. Serra la mascella, si morde il labbro e annuisce lentamente, poi solleva le mani in segno di resa e fa un passo indietro, mi lancia uno sguardo piuttosto duro, si volta, rimette le mani nelle tasche dei jeans e se ne va.

Questa volta l’idea di seguirlo non mi attira. Lo osservo allontanarsi, ancora appoggiata al muro, finchè scompare alla mia vista. Resto lì ancora un minuto buono, poi torno sui miei passi, attraverso la strada e vado verso il Trinity perchè dalla parte opposta del College c’è la stazione di Pearce, dove posso prendere la Dart per tornare a Bray. Affretto il passo, desiderosa di tornare presto a casa.

 

 

Mi abbandono sul primo sedile libero che trovo vicino al finestrino -ormai ho una fissa di sedermi sono vicino al finestrino per osservare il mare durante tutto il tragitto da Dublino a Bray- ancora scossa.

Dall’ultimo incontro con quel ragazzo, non ero riuscita a pensare a nulla. Mi ero limitata a mantenere lo sguardo fisso davanti a me, senza emozioni, in attesa di arrivare a casa, al sicuro, per poter mettere a fuoco la situazione. O quantomeno, per esplodere rannicchiata nella mia coperta e non nelle strade affollate di Dublino.

Appoggio la fronte contro il vetro freddo e umido, e il treno parte. Mi lascio cullare dal movimento rassicurante e familiare, chiudendo gli occhi.

I pensieri cominciano a voler venire fuori e prendere forma, e ho paura di iniziare a farmi domande prima di arrivare al mio appartamento, così tiro fuori l’mp3 dalla borsetta e infilo le cuffiette. Premo il tasto play e parte Jet Pack Blues dei Fall Out Boy e alzo il volume, forse anche troppo, per distrarmi.

Mimo le parole con le labbra, socchiudo gli occhi e osservo il mare scuro e le sue onde, i graffiti sul muretto un tempo bianco che traccia il confine tra il piccolo lembo di sabbia scura e il percorso monotono del treno, il cielo cupo. Forse pioverà di nuovo.

 

“She’s in a long black coat tonight, 

waiting for me in the downpour outside.

She's singing, "Baby, come home" in a melody of tears,

while the rhythm of the rain keeps time.”

 

 

 

Infilo le chiavi nella porta del monolocale, con le mani tremanti. Dopo due tentativi riesco a fare centro e quando giro la chiave la serratura scatta. Entro in casa e mi chiudo la porta alle spalle, appoggiandomici contro. Resto così per un paio di minuti, forse di più, poi mi giro e non solo chiudo a doppia mandata, ma inserisco anche il chiavistello.

Mi tolgo gli anfibi neri, lasciandoli vicino alla porta, e appendo la giacca. Lancio lo zaino sul divano e mi dirigo in cucina, dove riempio il bollitore per il tè e lo metto sul fuoco. Nell’attesa che l’acqua bolla, vado in bagno a farmi un doccia, come sempre quando cerco di tornare lucida. Resto sotto il getto dell’acqua abbastanza a lungo e decido di uscire solo per bere il tè. Come immaginavo, il bollitore sta fischiando, così infilo l’accappatoio e vado a spegnere il gas in cucina. Tiro fuori una tazza e ci metto dentro una bustina di tè nero, verso l’acqua e torno in salotto, prendo dall’armadio un paio di leggins e una felpa e li indosso, completando con un paio di calzettoni che tiro su sopra i pantaloni quasi fino al ginocchio. 

Vado in cucina a prendere il tè, ormai pronto, ci verso del latte, due cucchiaini di zucchero e poi mi ricordo delle ciambelle che mi aveva portato Miss Sullivan, così afferro anche quelle e porto tutto in salotto. Mi butto sul divano e mi infilo sotto la spessa coperta. Addento una ciambella e finalmente mi permetto di analizzare quello che è successo.

Quel ragazzo mi ha salvato la vita da dei tizi che non conosco, ma da come ne ha parlato e a giudicare dai riferimenti, che non mi erano sembrati inventati, ai poliziotti corrotti, sembrava che lui sapesse perfettamente di che cosa stava parlando. Tre uomini. Ben vestiti, uno di loro con una borsa maschile dove poteva esserci il mio portatile, ma a questo punto comincio a dubitarne. Perchè rubare il computer di una “ragazzina”? Però prima di uscire dal bar ci aveva infilato qualcosa, ne ero certa.

A questo punto il mistero del portatile resta irrisolto. Prendo mentalmente nota di denunciare il furto alla polizia.

Dunque, tre uomini. Ben vestiti. In un vicolo. Uno di loro ha ucciso un uomo. Una borsa.

Dei trafficanti? Di cosa? Droga? Organi? Esseri umani?

Non mi vengono in mente molte altre idee. Mafiosi? Da quello che sapevo la mafia irlandese operava di più all’estero, come a New York o a Boston, che qui. 

Non mi sembrava neanche avessero l’aspetto di una gang.

Poi c’è lui che decido di chiamare momentaneamente SI -Soggetto Ignoto- in onore di Criminal Minds. Mi ha salvata. Ma: uno, non credo fosse lì per caso, citando uno dei tre uomini che avevano cercato di rapirmi; due, anche se fosse stato lì per caso, sarebbe molto improbabile che per caso un uomo come lui, sì insomma, con le sue capacità da karate kid, si trovassi lì in quel momento; tre, anche ammesso che io avessi questo grandissimo culo e che un esperto di combattimento -perchè doveva saper combattere- fosse per caso lì per salvarmi, è ancora più improbabile che conoscesse quegli uomini. Quindi se li conosceva, potrebbe essere un membro di una famiglia mafiosa rivale? Di un’altra gang?

Eppure anche lui aveva un aspetto... non saprei, da persona per bene. D’accordo che le apparenze ingannano, ma preferirei avere ragione su di lui perchè, per quanto possa essere stronzo, mi ha pur sempre salvato la vita, e preferirei essere riconoscente a un onesto cittadino piuttosto che a un capo mafioso.

Un’idea si insinua nella mia mente.

E se fosse un poliziotto sotto copertura? 

Scarto subito questa ipotesi, perchè parlare male della polizia non mi sembrava poi così un gran metodo per mantenere la sua copertura. Sarebbe stato meglio non nominarla o mostrarsi neutrale, per non dare nell’occhio.

Sorrido. E se fosse un agente segreto? O un investigatore privato, magari.

Soffio sul tè per raffreddarlo e ne bevo un po’. Dei colpi alla porta mi fanno sobbalzare.

«Ali? Sono io, Niamh!» 

Scatto a sedere e a momenti mi rovescio addosso la bevanda bollente.

Niamh, cazzo! L’appuntamento! 

Mi sbatto la mano in fronte. Me n’ero dimenticata completamente.

«Sei in casa?» alza la voce per farsi sentire.

«Sì, sì» rispondo, senza alzarmi «io... non mi sento molto bene, scusa se non sono venuta!»

«Che cos’hai? Comunque tranquilla, se stai male non fa niente... Posso entrare?»

Appoggio la tazza sul tavolino da salotto e sospiro, non posso lasciarla lì dopo averle dato buca. E in fondo, mi farebbe piacere che ci fosse qualcuno in casa insieme a me. Mi avvolgo stretta nella coperta e mi alzo, vado verso la porta, armeggiando un po’ per riuscire ad aprire il chiavistello.

«Scusami» sussurro, facendola entrare «ti va un po’ di tè? Dovrebbe esserci ancora acqua calda nel bollitore» propongo.

«Volentieri!» sorride raggiante, poi si incupisce un po’ e aggrotta la fronte «ma tu che cos’hai?» 

Cerco una scusa plausibile. Penso di adottare la linea dell’influenza, ma ho paura di non riuscire a fingere un naso chiuso senza tradirmi, prima o poi.

«Mal di testa, e anche mal di stomaco... Credo che sia perchè mi sta per scadere l’abbonamento all’essere donna» butto là, scrollando le spalle. La mia amica ridacchia, avvicinandosi per abbracciarmi -probabilmente perchè adesso è sicura che io non sia contagiosa. 

«Mi dispiace! Posso farti compagnia questa sera, se vuoi!» propone, allontanandosi e slacciandosi la giacca che appoggia subito sull’appendiabiti vicino alla porta.

«Certo!» annuisco, improvvisamente sollevata. Non mi ero resa conta di avere paura a stare da sola, non mi ero ancora resa conto di tutto quello che era successo oggi. Sbianco, pensando che mi hanno davvero rapita e chiusa in un bagagliaio. Non è una delle mie storie, è successo davvero. E’ successo a me. 

«Ehi, tutto okay?» chiede Niamh, notando il mio cambiamento di colore.

«Sì, sì» balbetto «mi è solo girata un attimo la testa» mento.

«Va’ a sederti, riesco a fare da sola» cerca di tranquillizzarmi. Mi mette una mano sulla spalla.

«Vuoi un po’ di tè anche tu?» chiede.

«In realtà l’ho già fatto per me, ma se ne fai dell’altro...» abbozzo un sorriso «ci sono anche delle ciambelle in salotto!»

Lei ricambia il sorriso e due fossette spuntano sulle guance spruzzate di lentiggini. Niamh è lo stereotipo della ragazza irlandese. Pallida, lentiggini, capelli biondi con sfumature rossicce e occhi azzurri.

«Perfetto!» corre in cucina, mentre io mi trascino di nuovo in salotto. Mi butto sul divano, mi rannicchio in un angolo e accendo la televisione.

Il canale su cui era sintonizzato sta mandando in onda il telegiornale. Odio il telegiornale, quindi istintivamente sto già per cambiare canale, ma il servizio che sta annunciando la speaker attira la mi attenzione. Alzo il volume.

«Risale a mezz’ora fa il ritrovamento del corpo di un uomo in un vicolo vicino a Wellington Quay, Dublino. L’uomo, sui trent’anni, è stato pugnalato sedici volte. Gli inquirenti non hanno ancora concluso le indagini, ma si pensa ad una rapina finita male: l’uomo, infatti, non aveva con sè cellulare o portafoglio o altri oggetti di valore che hanno reso impossibile l’identificazione...»

 

 

 

 

 

 

 

 

❀❀❀ ciao leopardi nebulosi ❀❀❀

Mi sorro con tutti perrchè nello scorso capitolo lei aveva una borsa e adesso ha uno zaino, ma sono stupida e non avevo pensato che una volta caricata in macchina nessuno avrebbe fatto attenzione a prendere anche la sua borsa :( però se lo zaino ce l’ha in spalla neanche avrebbero fatto attenzione a strapparglielo di dosso... spero

Anyway, un anno fa anche io ero in Irlanda.

A Bray. Nella famiglia più gentile di tutto il paese. Ieri ho riguardato le foto...........

*piange l’anima*

COMUNQUE RALLEGRIAMOCI UN PO’: LUNEDI SI TORNA A SCUOLA E POI SE ANDIAMO AVANTI VELOCI CI SARANNO DI NUOVO LE VACANZE ESITVE.......

Vi giuro è l’unico pensiero che mi trattiene da scavare un tunnel per Dublino. 

Vabbe’, tornando alla storia: ho sistemato (riscritto) il “canovaccio” di tutta la trama a grandi linee ed è venuto fuori un foglio a4 avanti e retro, che dio ci aiuti. Comunque sì, ormai l’avrete capito tutte quindi il tipo misterioso è mio marito aka Ashton Fletcher Irwin. Vi spoilero che ci saranno anche Louis Tomlinson, Calum e forse anche Luke... e se metto Luke ci sarà anche Mike perchè non lo posso mica escludere così dalla storia ahahah

Poi volevo dirvi che siete reattivi come me alle sette di domenica mattina.  :)

((tranne quella santa ragazza che recensisce, a cui faccio un ringraziamento speciale))

Mi farebbe piacere leggere qualche vostro commento, non solo per sapere cosa pensate della storia, ma anche per conoscere le persone che stanno leggendo :) La prima storia che avevo postato qui aveva raccolto molti commenti e la cosa bella era il rapporto che c’era tra me e le lettrici, cosa che ho perso abbandonando il sito così a lungo... Adesso che sono “tornata” con questa storia, mi piacerebbe molto riuscire a riavere qualcosa del genere. 

Forse dovrei iniziare “aprendomi” un po’ di più negli spazi autrice, ma vi assicuro che leggendo questa storia, conoscendo Alice conoscerete anche me, forse più di quanto potreste fare di persona. 

A ME PIACEREBBE CONOSCERE VOI PERO’. 

chiudo la parentesi sui cazzi miei dicendo che SONO TERRORIZZATA perchè tra poco vado dalla parrucchiera e voglio tagliarmi i capelli di tipo 20+ centimetri........ dovrei venire fuori con quella specie di caschetto che aveva miley cyrus prima di farsi il taglio alla maschietto (non so se si dice davvero così ma comunque è una cit di mia mamma) poi colpi di sole o tinta viola (adoro) o tinta cioccolato? aiut

 

 

a prestooo ♥

ps. scusate lo spazio autrice infinito

 

 

-lola

 

  
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