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Autore: Psk    10/09/2015    0 recensioni
Aveva diciassette anni e non aveva imparato a sorridere. Aveva diciassette anni e non aveva imparato a vivere.
Genere: Malinconico, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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C'erano i silenzi. Flebili, intensi, un susseguirsi di parole che se fossero state pronunciate avrebbero perso valore, sarebbero diventate delle frasi, dei periodi e per quanto parlare sia fondamentale per gli umani, il capirsi mentre si tace non sarà mai così poco reale.
Ricorda il vento, freddo; il classico gelo dei primi giorni di settembre, quando hai addosso ancora i vestiti leggeri dell'estate che sta finendo ma non hai voglia di accettarlo e di darti l'ennesimo colpo di tristezza; i brividi ti percorrevano il corpo, non capivi più se fossero la reazione a quelle labbra dolci sul tuo collo o il clima sgradevole. Sapevi solo di avere freddo, di stare bene e in un certo senso di voler tornare a casa e sdraiarti sotto le coperte insieme a lui, perché senza quel vento la situazione sarebbe stata più dolce, saresti riuscita a concentrarti più sulle sue labbra morbide, sulla sua pelle calda, sui suoi ricci teneri, su quello sguardo che veniva abbassato ogni volta che scontrava il tuo come se ci fosse imbarazzo e in realtà era solo il terrore inconscio sommata al peso di brutte memorie tenute dentro, cicatrici sull'anima a indebolirla. Voi eravate tutto ciò e tanto altro: due persone divise che avrebbero dovuto stare solo insieme per raggiungere una vaga forma forse etichettabile come nirvana. Non eravate quella coppia che continua a ripetersi smancerie e nemmeno le sente davvero, eravate l'insieme di totali dolcezze pronte a sfiorarsi ogni volta possibile e, poiché il fato non avrebbe mai potuto rendervi almeno decente la vita, quelle occasioni erano più scarse dei sorrisi fatti in contesti separati. Perché non riuscivi a sorridere se lui non ne era la causa; sapevi ridere, ma è tutt'altra cosa. Vedi le due come separate a prescindere eppure sempre piazzate insieme: la risata è quel suono che talvolta ti fa star male perché non respiri più e inizi ad avvertire dolori allo stomaco, il sorriso è quell'incondizionato gesto che ti scalda il cuore e ti fa da antidolorifico alle ferite della te astratta e fisica. 
Quella volta ce l'avevate fatta, la vostra era una lotta continua contro la sfiga, ogni volta che si presentava l'occasione di saltare quei chilometri e di passare un giorno o una notte insieme facevate di tutto pur di riuscirci, non gettavate via le armi con la convinzione di aver terminato una battaglia che era ancora agli inizi. Voi lottavate, al prezzo di arrivare alla fine con le ginocchia sbucciate, con i lividi un po' ovunque, perché se eravate riusciti a fare l'impossibile, quanto poteva essere complicato disinfettarsi qualche graffio? Era una filosofia un po' masochista, basata sul non arrendersi nonostante gli eccessi di dolore. Però andava bene, perché se i drammi sono ricompensati da quelle ore insieme, con i casini lasciati alle spalle e che continuano a diventare problemi sempre più grossi, non importa altro che essere felici insieme, coccolarsi quanto basta - anche se poi non basta mai -. 
Eri claustrofobica tu, prima, ma con lui spariva ogni tua paura e rinchiudersi in un tunnel per bambini alle undici di sera in un parchetto pure chiuso, era un'azione normale. Non c'era spazio, sentivi il suo respiro e il suo battito cardiaco pronto a scandire i secondi e ad avvicinarvi sempre più al mattino seguente, quando il pullman sarebbe arrivato proprio davanti a te e ti avrebbe trasportata via, a chilometri e chilometri di distanza. Eppure andava bene. Andava tutto bene se c'era luì lì, a darti un bacio e poi altri cento, ad abbracciarti e farti sentire completa dopo un'esistenza vissuta con un vuoto nello stomaco quasi surreale. C'era lui a tenerti la mano e a camminare i peggiori chilometri per accompagnarti alla fermata dall'altra parte della città, c'era lui a bloccarti prima di attraversare e farti investire dalla prima auto perché a cosa ti circonda non riesci a pensarci se la tua testa continua a parlare e non ti lascia mai tregua. Nemmeno se hai lui accanto ti lascia in pace, soffochi fra le infinite paranoie e il dolore e il terrore, ma è comunque diverso, perché con uno sguardo minimo lui sa cosa stai pensando e con un bacio ti comunica che sente lo stesso, che capisce, e allora quel dolore lo senti già meno perché è come una spugna e lo allevia, lo tira via e lo assorbe, lasciandolo marcire dentro se stesso finché non toccherà a te prendere i suoi demoni.

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Mi scuso per l'orribile grafica, purtroppo pubblico dal tablet e mi torna abbastanza complicato, ma cercherò di fare l'impossibile per renderla più carina. La raccolta è una serie di non-so-quante os che mi riguardano, perché mentre parlo e mi rivolgo ai lettori narro quella che è la mia vita, le piccole e assurde cose che combino per amore, è un po' un diario e un po' un racconto. Da anni non tornavo su efp, ho avuto una marea di account e una marea di problemi ma, ora, sono qua e spero di restarci, anche se il sito si è svuotato un bel po'! 
Lasciatemi un parere, se vi va, fa sempre piacere! 
Ci risentiamo alla prossima, appena sarà pronta l'altra os che uscirà parecchio più lunga.
Psk
   
 
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