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Autore: Matih Bobek    10/09/2015    1 recensioni
Brevi racconti tratti da esperienze quotidiane che vertono sulla vita nella Capitale, con un occhio di riguardo per le zone periferiche al nord, l'ignoranza e la cafonaggine del romano medio, le lotte con i mezzi pubblici, l'ansia di prendere la macchina per via del traffico. Divertenti, ironiche e irriverenti le storie presentano una grande varietà di temi, trattati con ferma lucidità analitica e un certo distacco. Dalla raccolta emerge il dipinto di una Roma in caduta libera, macera e spenta, specchio della situazione in cui versa l'Italia. La crisi economica e sociale vengono descritte con amara ironia.
Genere: Comico, Commedia, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Incompiuta
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 Prendi le distanze da Fiorenza, signorotta del Grande Nord, e dalla vecchiettina smemorata.
Mancano ancora poche fermate, eppure più la distanza si accorcia, più l'attesa si fa snervante e estenuante: la metro non fa che riempirsi ad ogni fermata come un tacchino messo all'ingrasso per il giorno del Ringraziamento; di tanto in tanto, ricevi qualche occhiata storta senza motivi precisi; il cicaleggio diviene via via sempre più insostenibile. Ti sei sempre chiesto quale legge fisica determinasse che, chiunque entri in metro, debba obbligatoriamente starnazzare al cellulare. Ti ritrovi così a sapere gli sporchi affaracci di chiunque: la singora di fronte a te, seduta nella postazione, con un french discutibile e l'aria scontrosa, impartisce rigidi ordini alla babysitter: il figlio ha il morbillo e non è andato a scuola. La figlia invece, di nome Ginevra, torna a casa per l'ora di pranzo, ovviamente deve trovare il pasto pronto, altrimenti... Peccato non sapere nulla del marito, veramente. Ancora, di lato, un signore dall'aria distinta, con una ventiquattrore in cuoio, leggermente logora, discute animosamente: parla di contratti non consegnati, di robaccia burocratica. Niente di interessante. All'improvviso, cambia il registro linguistico, sfoderando un accento romano pesantissimo; frappone tra una parola e l'altra  un' imprecazione, scandita con tono altissimo:" A fijo de na mignotta, andò cazzo stai anna', tacci tua." Bastavano due parole: dove vai? Almeno in un luogo pubblico. Almeno alle otto di mattina. Certe regole non sono scritte perchè dovrebbero essere impresse nella nostra coscienza di cittadino, pensi. Un attimo di vuoto e ti chiedi:" ma quale coscienza?"  Dovunque ti volti, vedi qualcuno parlare al telefono. Per certi versi, si tratta di momenti preziosi: le persone sono capaci di svuotare la propria anima in un vagone della metro, a patto che siano al telefono. Come se quell'apparecchietto da appena seicentoeuro potesse creare intorno a loro una bolla isolante. Be', in effetti a quel prezzo, te lo aspetti. Finalmente Vittorio Emanuele. Sospiri, come se ti stessi levando un macigno dalla bocca dello stomaco. Appena le porte automatiche si spalancano, ti getti fuori dalla metro, curvi rapido verso l'uscita e ti dirigi alle scale mobili; non riesci però ad inserirti nel flusso: ti tagliano la strada, cercando di infilarsi in ogni spazio vuoto:" C'ero prima io" hanno il coraggio di ribadire, con tono tronfio. Sospiri ancora, stavolta però, perchè il peso di quell'enorme macigno è tornato a esercitare il suo peso sulla tua pazienza. Pensi di capire cosa provasse Sisifo a dover spingere in cima al monte il solito masso che poi sarebbe rotolato indietro travolgendolo. Certo quando a travolgerti è il tuo paese, la tua casa, una parte di te stesso, ti senti più impotente di un vescovo in un paese cattolico. Ancora, vieni superato da un'alta signora dai lunghi capelli scuri, l'ultima della fila. " Finalmente tocca a me" pensi" Mi tocca correre sulle scale per recuperare i minuti persi." Appena espresso l'ultimo pensiero, la stangona mora dopo appena il terzo passo, si ferma sul gradino a chiacchierare con l'amica ritrovata. Accanto a lei. Sullo stesso gradino. Occupano in due lo stesso fottutissimo gradino della scala, impedendo di fatto il passagio a destra e a sinistra. Alzi il capo, cercando con lo sguardo la nuvoletta di fantozzi, l'unica spiegazione possibile a questo punto. Le guardi insistentemente per una buona manciata di secondi. Certi sguardi valgono più di mille parole. Certi sguardi ma non questo a quanto pare. Tra il timido e lo spazientito, decidi di farti avanti per chiedere permesso. Sei del parere che un cittadino ben educato, una persona civile, debba rendersi conto da solo di certe cose. Ma del resto, chiunque può sbagliare. Di prima mattina poi... con la testa tra le nuvole, si sa, no? Anche in questo caso sta al cittadino educato fare presente il giusto atteggiamento da tenere e puttanate simili che non hanno alcun senso per gente di questa levatura. Lo sai benissimo. Alzi il dito, con voce sottile:" permesso". Le due si voltano con sguardo feroce. " Non vedi che stiamo parlando??"  Lo vedi. Lo vedi benissimo, purtroppo. " Sì...ehm, volevo solo chiedere se gentilmente poteva spostarsi; sa, ho lezione tra poco." " Be', potevi alzarti prima!" In Italia, il concetto di libertà, dopo aver spiccato il volo, ha ricevuto un colpo secco in pancia e scende ora in picchiata libera tra le braccia del più becero egosimo. Come se fosse un concetto di cui fasciarsi per giustificare le prorpie mancanze, dietro cui nascondere e forgiare la propria individualità, dimenticandosi che la libertà nasce, si basa e dipende dalla collettività. La si utilizza per colpire l'altro, non per accoglierlo; la si utilizza per scaricare ogni responsabilità, non per rendersi partecipi delle soluzioni; la si utilizza per giustificare l'ignoranza, la disinformazione, la superficialità, non per combatterle. Sembra che la libertà sia stata distorta al punto da fungere da base ideologica dell'ignoranza, da sempre prigione della mente.
Irritato e spazientito, rispondi:" Sulle scale mobili si tiene la destra. E' una regola." Sputi questa frase fuori dai denti, con ferma collera e voce piatta. " Ma allora quel tizio?" Indica l'altra, per venire incontro alla sua amica. Il signore indicato si aggira sulla quarantina, è nero di pelle e si trova a metà delle scale, piuttosto distante da voi:" Scommetto che a lui non dici niente! Certo... è straniero!" Il tuo ultimo desiderio è quello di intrattenere una discussione con le figlie di Salvini a quest'ora immonda della mattina. La tua pazienza ha raggiunto il limite, tutta la bontà e la calma mantenute fin'ora hanno lasciato spazio ad un guizzo ardente nello sguardo e un tono sicuro e titanico:" Innanzitutto, di fronte a me ci siete voi, non lui. Quando lo avrò raggiunto, farò presente a lui ciò che ho fatto presente a voi. Secondo poi, la nazionalità non ha a che fare con la legalità o meno delle azioni. Chi sbaglia, sbaglia." Il tuo discorso sembra averle spiazzate. Si guardano qualche secondo, dopodichè torni ad incalzarle:" Allora, vi spostate, gentilmente?" Con un tono che è stato prosciugato di tutta la gentilezza. Arrivi all'uscita della stazione dove inaspettatamente sono presenti tanti controllori quanti sono i tornelli. Esibisci l'abbonamento con semplicità; il controllore fa il suo dovere, lo ispeziona con un'accuratezza e serietà professionali ammirevoli: " Mancherebbe la data di nascista, qui a sinistra" indicando uno spazio vuoto giusto accanto al nome. Be' sì, zelo ammirevole, ma da quando in poi si indugia su dettagli tecnici di questo genere? " E' un problema agente?" " Dovrei chiamare gli uffici ATAC e verificare che tu sia il vero possessore, ma per stavolta ti lascio passare." Nel frattempo non puoi fare a meno di notare che le due amiche di Salvini vengono  fermate dalle altre guardie in quanto sprovviste di biglietto:" lo abbiamo perso." inscenando trafelate una folle ricerca. Vengono assolte:" Per stavolta chiudo un occhio". Passano furtivamente i tornelli, con l'espressione di chi l'ha fatta franca. E tu sei stato cazziato perchè mancava la data di nascita. Allibito e amareggiato per questa prima ora e mezza di giornata, ti chiedi cos'altro potra mai accadere; veramente non c'è fine al peggio? Ma blocchi subito il pensiero: non vuoi provocare il destino, ne hai già avute abbastanza. Non sai che, nel viaggio di ritorno a casa, una ragazza disegnerà con lo smalto sul bracciolo del treno la svastica nazista, giustificando il suo atto dicendo che:" se i miei  amici ce l'hanno tatuato sul braccio, non può essere una cosa brutta." Non lo sai ancora, e ti godi quello straccio di tempo che ti lascia al sicuro e ignaro di quanto siano bui questi tempi.
   
 
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