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Autore: mughetto nella neve    10/09/2015    3 recensioni
"Hinata abbandonò provvisoriamente il proprio piumino sullo schienale della sedia ed appoggiò, sul banco, prima la propria tazza e poi un piatto contenente una decina di biscotti. Kageyama alzò leggermente un sopracciglio, domandosi il perché ne fossero quasi la totalità al cioccolato. L’altro uomo si sedette davanti a lui senza tante cerimonie. Un sorriso, così insensatamente leggero, illuminava il suo volto."
[ KageHina | future!fic | angst a gogò ]
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Autore: mughetto nella neve
Fandom: haikyuu!!
Personaggi: Hinata Shouyo, Kageyama Tobio
Coppia: KageHina
Generi: Malinconico
avvertimenti generali: angst senza riserve, OOC , slash, ‘what if…’
avvertimento principale: future!fic
 
 
Someone Like You
 
Il meteo aveva dato pioggia fin dalla mattina, ma ciò che Kageyama aveva modo di vedere oltre il vetro del locale non era che un cielo plumbeo che rispecchiava pienamente i suoi cupi pensieri. Spostò lo sguardo verso la strada e la trovò lugubremente deserta: giusto un anziano stava spazzando davanti all’ingresso del proprio negozio, pulendosi la fronte bagnata dal sudore con la manica della camicia scolorita. Kageyama osservò i suoi movimenti lenti ed affaticati spingere la sporcizia contro la parete, ma la vibrazione del proprio cellulare nella tasca interna della giacca lo portò a rivolgere ad altro le proprie attenzioni.
Il forte aroma di caffè entrò nelle sue narici portandolo ad osservare la tazza di ceramica fumante che aveva provvisoriamente appoggiato verso il centro del tavolo. La tirò a sé e si beò per qualche secondo del calore sui suoi polpastrelli induriti dal freddo mattutino. Il telefono smise di muoversi e Kageyama pianificò, una volta terminato il proprio caffè, di visualizzare la chiamata persa e provvedere a richiamare l’utente.
Il tremante riflesso del suo viso sulla superficie della bevanda scomparve del tutto quando un corpo estraneo sbatté contro il tavolo.
Hinata abbandonò provvisoriamente il proprio piumino sullo schienale della sedia ed appoggiò, sul banco, prima la propria tazza e poi un piatto contenente una decina di biscotti. Kageyama alzò leggermente un sopracciglio, domandosi il perché ne fossero quasi la totalità al cioccolato. L’altro uomo si sedette davanti a lui senza tante cerimonie. Un sorriso, così insensatamente leggero, illuminava il suo volto.
« Non avrei mai pensato di rivederti; tanto meno qui, a fare colazione! » esordì rivolgendogli finalmente le proprie attenzioni. La sua voce era ancora troppo simile al se stesso adolescente di ormai dieci anni prima da mettere Kageyama quasi in imbarazzo. Lo vide mordersi il labbro inferiore mentre tentava di sistemare il proprio indumento in modo tale che non toccasse il pavimento; probabilmente voleva che questa non raccogliesse il sottile strato di polvere che da sempre caratterizzava il locale.
« Ti sembra strano che prenda il caffè come tutti i comuni mortali? » domandò quasi con tono retorico mentre si portava la propria tazza alla bocca e ne prendeva un rapido sorso.
Hinata portava un largo maglione a collo alto, le cui maniche scendevano fino ad inglobare buona parte del palmo delle mani. Kageyama lo osservò mentre tentava di tirare indietro il tessuto e mostrava una mano segnata da diversi calli, per lo più sui propri polpastrelli; non riuscì a trattenere un leggero sorriso ricordando il rumore secco che il pallone emetteva quando veniva colpito da essa.
« Direi piuttosto strano che ti mescoli a questi con così tanta naturalezza » rise l’uomo appoggiando i gomiti sul tavolo per poi trattenere a fatica una risata nel riconoscere l’irritazione sul volto di Kageyama. Intrecciò le dita delle proprie mano davanti al suo volto e tornò ad osservare chi gli stava davanti. « Oh, suvvia! Non guardarmi così male! Stavo scherzando, Kageyama! »
« Il tuo umorismo non è mai stato divertente » rispose questi incrociando le spalle al petto. Il riscaldamento doveva funzionare poco e male dato che pareva di trovarsi all’aperto per il gelo che avvolgeva la stanza. Probabilmente dipendeva dal fatto che, oltre a loro, non vi era nessun altro intento a consumare la propria colazione - perfino il proprietario pareva essere sparito dietro il vecchio bancone in legno, giù, nel fondo del locale.
Kageyama osservò la luce artificiale - proiettata dal lampadario centrale del locale - sul viso pulito dell’altro uomo e notò il colorito della sua pelle leggermente arrossato. Hinata rise sonoramente, chinando la testa sul lato destro: « Sei tu a non averlo mai capito »
Le dita rimanevano intrecciate davanti alla sua bocca, quasi in sua protezione. Erano così sottili da ricordare dei teneri rametti che crescevano su un albero a primavera inoltrata. La maggior parte delle sue unghie terminano in segmenti non regolari che facevano supporre come fosse solito mordicchiarle nonostante l’età; Kageyama non faticò ad immaginarlo mentre era intento a farlo, ricordando come spesso lo trovasse in simile attività mentre era nervoso.
Si domandò se Hinata fosse felice o meno di vederlo. Più osservava il suo viso accarezzato da quel limpido sorriso e più i ricordi delle superiori invadevano la sua mente - in particolar modo, quelli che erano collegati alla loro relazione. Si trattava di una lenta e dolorosa caduta che lo spingeva ad un silenzio puramente mentale.
Osservava le labbra dell’adulto davanti a sé aprirsi per dar spazio a quello che aveva l’aria di essere un discorso a senso unico e ragionava su quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che le aveva baciate. Ricordava come fosse solito accarezzarle con il proprio indice, facendo subito dopo ridacchiare l’altro ragazzo che gli domandava incuriosito cosa avesse improvvisamente. Hinata, nei suoi ricordi, aveva la brutta abitudine di parlare sempre troppo. Non si faceva problemi a dare voce ai suoi pensieri, sempre così irritanti e tremendamente innocenti.
Kageyama si domandò se fosse ancora così.
 « Non sei venuto al mio matrimonio » parlò improvvisamente, interrompendo quello che pareva essere un discorso sul recente campionato di pallavolo che Hinata pareva star vivendo con grande entusiasmo. Lo vide cessare di masticare l’ennesimo biscotto inzuppato nel caffè e spostare il suo sguardo dal tavolo al suo viso. Lo percepì improvvisamente spaesato.
« Sei stato tu a non invitarmi » arrancò leggermente per poi dedicargli un rapido sorriso, quasi di circostanza. Kageyama lo osservò passarsi le dita fra i capelli, scoprendo improvvisamente come il taglio fosse decisamente più corto di come lo ricordava; le ciocche della frangetta sfioravano appena la fronte confondendosi con il fitto intrico di ciuffi che ricordava tremendamente un roveto.
Nella mente dell’uomo si susseguirono una serie di veloci immagini che ritraevano Hinata addormentato al suo fianco. La sua testa giaceva sulla sua spalla sinistra ed i capelli solleticavano appena la pelle; Kageyama ricordava di aver passato la propria mano sul suo viso, accarezzando lievemente la sua guancia per poi tirare indietro i corti fili arancio che lo solleticavano leggermente.
Incassò il proprio viso fra le spalle e sospirò leggermente: « Non pensavo fosse decoroso nei tuoi riguardi »
Hinata alzò leggermente un sopracciglio, ma il sorriso - questa volta - non vacillò sul suo volto. Se prima era rimasto spiazzato da quell’affermazione, ora non ne intuiva più il senso; logicamente parlando, era stato Kageyama a non invitarlo e lui aveva preferito assecondare simile volontà non domandandosene una ragione. Che senso poteva avere aprire un simile discorso? Hinata respirò piano l’aroma forte del proprio caffè che andava terminando: « Sei sempre stato così drammaticamente complicato »
L’altro parve non ricevere il commento, immerso in un universo tutto suo. I suoi occhi era focalizzati sulla tazza di caffè e osservavano il leggero tremore del liquido in essa. Se il suo respiro, così regolare e tranquillo, non fosse stato percepito dal suo orecchio avrebbe potuto arrivare a ritenerlo una statua di cera - mera imitazione del suo ex fidanzato, ammesso che si fosse mai considerato tale.
La rassegnazione fece capolinea nel cuore di Hinata, aprendo una voragine che non era mai stata chiusa. Il gomito tornò ad appoggiarsi sul tavolo e, sul palmo della mano di esso, appoggiò il proprio mento. Continuava ad osservare lo sguardo assorto di Kageyama, domandosi se stesse pensando alla moglie o qualcosa inerente al matrimonio stesso. Non aveva mai speso troppo tempo ad immaginare come questo fosse stato; lo supponeva tradizionale, pieno di fiori, magari con buon cibo e lo sguardo sereno di Kageyama che osservava la sua amata consorte.
Decise di rivolgere ad altro la propria attenzione, tornando a parlare seppur con voce pericolosamente incrinata: « Sta andando tutto bene fra voi? Quanti bambini avete in mente di avere? »
« Non avrò figli » rispose pacatamente Tobio alzando lento il proprio sguardo verso il viso pallido dell’altro. Lo trovò così serio da credere che fosse arrabbiato. I suoi occhi, ancora così grandi e limpidi, riflettevano un tunnel di emozioni nel quale non riusciva più a districarsi; ciò che da essi percepiva non era che rancore e un crescente nervosismo.
« Bugiardo » sillabò Hinata ricambiando fiero il suo sguardo. Di quella sincera felicità nel suo viso non rimaneva nulla e quasi Kageyama si pentiva per aver introdotto un simile argomento. Lo vide emettere un sospiro stanco,  mentre rivolgeva poi lo sguardo verso il cielo torvo che faceva da perfetto paesaggio a quella loro discussione.« Devo andare in palestra, si è fatto tardi »
« Ti accompagno » si offrì Kageyama alzandosi dalla propria sedia mentre Hinata tirava verso di sé il proprio piumino nero. I suoi movimenti erano lenti ed incredibilmente misurati, quasi stesse cercando di risparmiare le proprie energie.
« No, resta pure qui » lo sentì borbottare mentre raccoglieva il proprio borsone, lasciato un poco più in là per non intralciare. Non tornò comunque a sedersi, badando piuttosto al collo lattiginoso del ragazzo che il corto taglio dei capelli mostrava; la luce del lampadario rifletteva su di esso, facendolo sembrare ancora più pallido di quanto già non fosse.
Kageyama si sentiva così dannatamente in colpa, in quel momento. Si pentiva di aver salutato Hinata, di aver pagato per lui quel caffè e di essere andato a sedersi senza nemmeno chiedere se avesse da fare o meno. Sentiva di averlo sottratto a quella quotidianità che si era costruito ed, in più, di aver parlato di qualcosa che Hinata pareva aver accusato dolorosamente. Si sentiva improvvisamente così infantile nell’aver imposto così superficialmente a se stesso e all’altro quell’incontro.
« Mi dispiace » parlò a bassa voce rivelando il tono della propria voce ancora più tremante di quanto avrebbe mai creduto.
In verità, avrebbe voluto lasciarsi male con Hinata. Avrebbe voluto litigarci, mandarsi reciprocamente a quel paese e sforzarsi di ricordarlo nel peggiore dei modi. Probabilmente sarebbe risultato facile ad entrambi dimenticarsi dell’altro ed iniziare una nuova vita senza il peso di quella relazione sulle spalle. Nei suoi ricordi, invece, Hinata era simile alla stella polare che bruciava in cielo ed era meta fissa dei suoi ricordi più cari. Lo vedeva ancora sorridergli, lanciarsi addosso secchiate d’acqua, ripassare assieme e accarezzare piano il pallone di pallavolo.
Dentro di lui, Hinata era ancora collegato ad un reticolato splendente di sogni e prime esperienze. Era la coesistenza di antipodi: la passione, la paura, l’affinità, la sempre più crescente rivalità. Lo amava, lo invidiava, lo desiderava e ancora rifiutava.
L’uomo, davanti a sé, si limitò a negare con il capo mostrando un sorriso appena accennato, pregno di una malinconia che Kageyama parve afferrare troppo tardi: « Non fa nulla, Kageyama. A volte l’amore dura, altre fa solo male. Però io sono convinto che, un giorno, troverò qualcuno come te »
« Sei sempre troppo ottimista » rispose l’altro assottigliando leggermente lo sguardo mentre le immagini del loro tempo assieme tornavano a popolare la propria mente. « Io ci ho rinunciato già da tempo »
 
 
Never mind, I'll find someone like you 
I wish nothing but the best for you, too 
Don't forget me, I beg, I remember you said 
Sometimes it lasts in love, but sometimes it hurts instead
 
 
 
~Il Mughetto dice~
Doveva essere una fluffosa AU a tema fiabesco ed, invece, si è trasformato in QUESTO.
Mi dispiace. Oggi dovrebbe essere la giornata dedicata alla KageHina o viceversa ed io non ho potuto fare a meno che partorire questa shot anche abbastanza depressa che mi ha fatto davvero domandare perché io veda sempre questa coppia in una chiave semi-angst.
In questa ‘what if…?’, infatti, Kageyama e Hinata sono stati effettivamente assieme al liceo; ma, al momento del loro rincontro, hanno entrambi due vite belle che separate. Non so davvero dirvi cosa li abbia separati; forse, appunto, la rivalità crescente o magari entrambi non accettavano realmente i loro sentimenti verso l’altro. Fatto sta che Kageyama, qui, si è sposato ( e, no, non avrà davvero figli) e invece Hinata continua a giocare in un campionato professionistico.
A ben guardare, mi rendo conto solo adesso di come mi sia ispirata al libro “Nessuno si Salva da Solo” di Margaret Mazzantini nello scrivere di questa storia. Il titolo ed il brano finale si rifanno al celebre brano di Adele “Someone Like You” (il link è qui).
Era molto tempo che non pubblicavo su questa sezione. Spero che questa future!fic vi sia piaciuta nonostante l’angst di fondo.
Grazie per aver letto e, se avete tempo, vi prego di lasciare una recensione per farmi sapere cosa ne pensate!
 
  
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