His
Little Flame
Discendenza, stirpe,
ricchezza, possedimenti, reputazione.
Onore.
Suo padre gli aveva ripetuto quelle parole per giorni,
settimane, nel tentativo di prepararlo a quel fidanzamento.
Con una smorfia Richard Ashlocke prese la piuma d’aquila che
gli stava tendendo Hessandra Saxton, stringendola tanto forte da
incrinarla.
Scarabocchiò il proprio nome accanto a quello della donna
sul contratto,
sancendo così l’unione fra le due casate. Saxton e
Ashlocke finalmente uniti
dopo secoli di alleanza.
Era un contratto vincolante, si era premurato di informarlo
Ashlocke senior qualche giorno prima, Richard non avrebbe potuto
tirarsi
indietro senza forti ripercussioni sulla famiglia. Ripercussioni di
tipo legale
e magico. Per i due vecchi,
evidentemente, la maggiore età non contava niente.
Gli avvocati delle due famiglie presero una copia a testa
del contratto, quindi si congedarono con un inchino.
La porta che si chiuse alle loro spalle fece sobbalzare
Richard, che teneva lo sguardo fisso sull’orologio posto
sopra la mensola del
camino, dentro cui danzavano sbeffeggianti fiamme rosse.
Avrebbe dovuto uccidere Damien, decise. Maledetto il momento
in cui gli aveva presentato la sua famiglia…
Hessandra… E
maledetto il suo fratellastro, che aveva deciso
di morire senza prima aver messo al mondo un moccioso.
Si passò una mano sugli occhi, tentando di scacciare il
fastidioso mal di testa che aveva preso a pulsargli nelle tempie.
“Ben fatto, figlio mio.” La mano di Ashlocke senior
calò
sulla sua spalla, incarcerandola.
Ben fatto… come se non l’avesse minacciato di
rendergli la
vita un inferno se Richard non avesse accondisceso al
fidanzamento… Figlio mio…
doveva essere la seconda
volta in ventiquattro anni che glielo sentiva dire.
L’ipocrisia governava la sua esistenza.
“Toh, sei vivo,
e non vedo corde intorno al tuo collo.”
Damien Saxton accolse il suo migliore amico nel proprio
salottino privato, un ghigno sadico a curvargli le belle labbra.
“Fanculo, Damien.” Richard si lasciò
cadere su una poltrona
di morbido velluto, litigando con una sigaretta che non aveva alcuna
voglia di
accendersi.
L’altro soffocò una risata. “Dovrei
offendermi”, disse dopo
essersi svaccato sul divano di fronte alla poltrona.
“Dopotutto stiamo parlando
di mia sorella. Sei fortunato… almeno è
bella.”
Richard lo fulminò con un’occhiataccia, che
ottenne come
solo risultato un’allegra risata.
“Suvvia… fratellino…
su questo non puoi
ribattere.” Un
cuscino rivestito di seta lanciato a tutta velocità prese in
pieno il volto
dell’affascinante Saxton, ormai piegato in due dalle risate.
Richard… Ashlocke…
fidanzato con… Hessandra Saxton! I giornali ne avrebbero
parlato per settimane…
mesi! Damien si asciugò gli occhi, scrutando malizioso la
testa fumante
dell’amico. “Ho ragione io”,
continuò imperterrito.
“Bastardo.”
“Imbecille. Non si dice no a una bella ragazza”,
replicò
Damien annuendo convinto.
Ovvio… come se Hessandra fosse tipo da proporre certe cose.
Richard scosse la testa, trattenendosi a stento dal tirare un pugno a
quella
faccia di bronzo del suo migliore amico, sapendo benissimo che lo
avrebbe fatto
solo per scaricare il proprio nervosismo. Aveva sempre aborrito i
matrimoni
combinati… e ora vi era invischiato.
Almeno lei era una
bella donna, su questo non poteva dar torto a Damien, peccato che nelle
vene al
posto del sangue le scorresse un fiume ghiacciato.
Quando i loro padri li avevano convocati nello studio del
padrone di Saxton Hall Hessandra non aveva aperto bocca. Si era
limitata ad
annuire e a uscire dalla stanza senza nemmeno rivolgergli uno sguardo.
Richard,
invece, si era costretto ad ingoiare amare parole che sicuramente non
sarebbero
piaciute ai due vecchi.
Damien l’aveva buttata sul ridere, tentando di
sdrammatizzare la situazione dell’amico con battute
più o meno porno che però
non avevano sortito il risultato desiderato. Per il Saxton tutta quella
faccenda era molto divertente, ed era anche felice in fondo che il suo
migliore
amico entrasse a far parte della sua famiglia; tuttavia per il momento
Damien
sapeva che non sarebbe riuscito a fargli digerire quel fidanzamento.
Magari più
avanti, con il passare del tempo, lo avrebbe accettato.
“Tua sorella ha tanto interesse per me quanto ne ho io per
lei”, borbottò Richard sbuffando una nube di fumo.
“Zero.”
L’amico mosse elegantemente una mano in aria, come per
scacciare quell’affermazione come una mosca fastidiosa.
“Dettagli, per il
momento dici così, ma cosa dirai quando i vecchi
cominceranno a rompere per un
erede? Credi che vi lasceranno in pace per molto tempo? Io dico di
no.”
Richard saltò in piedi di scatto, fumando come una teiera
sul fuoco. “E io dico che sei un rompi coglioni.
Addio.” Si avviò a lunghi
passi verso l’uscita, seguito dall’allegra risata
di Damien alle sue spalle.
“Ci vediamo la settimana prossima”, gli
urlò dietro, “avete
una festa di fidanzamento ufficiale da organizzare!”
Damien e la festa di fidanzamento ufficiale
avrebbero potuto andarsene a quel paese, per quello che
importava a Richard, e restarci.
D’accordo,
Richard ormai ne era certo: lassù
qualcuno doveva avercela con lui.
Imprecando a denti stretti, l’uomo litigò con
l’apertura del
suo ombrello finchè questa non si decise a scattare,
inzuppandolo d’acqua più
di quanto già non fosse.
Dannata pioggia… dannato ombrello… e dannate
Saxton Hall e
la sua protezione magica che non permetteva di Materializzarsi
all’interno
dell’enorme parco.
Borbottando qualche altra parola fine, Richard scrollò i
corti capelli castani zuppi d’acqua, incamminandosi lungo il
sentiero di pietre
che portava al portone d’ingresso della dimora in stile
elisabettiano.
La sfortuna si impose nuovamente, facendolo finire dritto
dentro una pozzanghera che gli inzaccherò di fango i costosi
stivali nuovi di
pelle di drago. “Eh, ma allora! Qualcuno mi ha lanciato il
malocchio!”, gridò occhieggiando
furibondo il maniero che si ergeva orgoglioso davanti a lui, da secoli
dimora
di famosi gagia non molto bendisposti nei suoi confronti.
Sì, una qualche vecchia zia zitella di Damien e Hessandra
sicuramente…
“Ehi! Ehi, tu!”
Richard non fece in tempo a voltarsi che un cespuglio
strafondo di ricci biondi gli si catapultò addosso,
riparandosi sotto il suo
ombrello. “Che diavolo…”
Un paio di occhi celesti si sollevarono sul suo viso,
pregandolo in modo commovente di non tenere l’ombrello solo
per sé. Folte
ciglia bionde imperlate di gocce di pioggia si posarono un attimo su
morbide
gote arrossate dal freddo: era una ragazza la persona che gli era
venuta
addosso.
Piccolina, non gli arrivava nemmeno alla spalla, sembrava
più pregna d’acqua lei di una spugna messa sotto
un lavandino. “Ti prego, dammi
un passaggio, ormai l’acqua mi esce da tutte le
parti!” Detto questo lo prese
sotto braccio e cominciò a trascinarlo quasi di peso, di
corsa, verso la casa,
usando l’ombrello come scudo protettivo contro le gocce
grandi come biglie.
Richard non poté fare altro che seguirla, osservandole
incuriosito il bel visetto ovale dai tratti piuttosto familiari. Doveva
essere
parente di Damien.
Finalmente al riparo all’interno dell’enorme atrio
di Saxton
Hall, la ragazza si appoggiò sbuffando al portone
d’ingresso che un solerte
Elfo Domestico aveva aperto loro e con la propria bacchetta magica si
asciugò.
“Bel tempo per andare in giro, eh?”, chiese a
Richard che, fermo a pochi passi
da lei, la stava ancora osservando.
Sorridendo amabilmente, la biondina alzò la bacchetta
puntandogliela contro e gli tolse di dosso l’acqua gelida.
Richard porse mantello e ombrello all’Elfo, che dopo vari
inchini sparì in un buio corridoio a destra
dell’entrata. “Grazie.”
“Sono ugualmente sicura di essermi presa un
raffreddore”,
gli comunicò la ragazza sbuffando di nuovo mentre gli si
avvicinava
incuriosita. “Tu sei l’amico di Damien, giusto? Ho
visto una foto qualche mese
fa.”
“Hai un vantaggio su di me, temo…”
Lei lo guardò perplessa, corrugando le sottili sopracciglia.
“Come?”
“Non so chi…”
“Millerna!” Una voce di donna li fece voltare verso
l’imponente scalone di pietra scura che si stagliava di
fronte al portone, per
poi dividersi in un due e portare ai piani superiori. Lì,
sugli ultimi scalini,
c’era Hessandra, vestita con un semplice abito blu che le
metteva in risalto
gli occhi azzurro chiaro. I suoi lunghi capelli biondi erano legati
sulla nuca
in un ordinato chignon, molto diversi dagli arruffati riccioli biondi
della
ragazza che Richard aveva incontrato poco prima e che ora stava
correndo
incontro alla Saxton.
Hessandra venne praticamente assalita e per un pelo non
scivolò dall’ultimo gradino, sbilanciata dallo
slancio affettuoso dell’altra
giovane che le stava stritolando il collo. “Hessie, cara, mi
sei mancata!”
Richard quasi si mise a ridere quando notò
l’espressione
inorridita di Hessandra, evidentemente non avvezza a essere abbracciata
in quel
modo così passionale.
Hessandra riuscì a liberarsi solo dopo che Millerna,
così allora
si chiamava la biondina, le ebbe stampato sulla guancia un umido bacio.
La più
piccola fece un passo indietro, osservando attentamente
l’altra che stava
tentando di rassettare la seta stropicciata del proprio abito.
“Bene, e dopo
questo delizioso spettacolo che hai voluto proporci, Milly cara, che ne
dici di
calmarti?”, disse avvicinandosi a Richard, porgendogli la
mano perché gliela
baciasse.
Lui sorrise sotto i baffi e prese la mano della sua
fidanzata, sfiorandole delicatamente le nocche con le labbra.
“Hessie?”
La donna s’irrigidì. “Richard, ti
presento mia sorella
Millerna, Millerna lui è Richard Ashlocke, il mio
fidanzato.”
Gli occhi celesti di Milly divennero enormi. “Ah, ecco
perché nostro padre mi ha fatta tornare a casa
così presto. Ma… quando…?”
“Non è il luogo più adatto per
conversare”, la interruppe
Hessandra prendendole la mano. “Peggins”,
continuò rivolgendosi a un Elfo che
stava passando in quel momento, carico di argenteria preziosa che aveva
bisogno
di una bella lucidata, “porta del tè nel salottino
verde.”
“Quando la signora ordina bisogna obbedire sempre,
ricordalo”, bisbigliò Milly a Richard.
Lui sorrise. Simpatica, la ragazza.
Una lista infinita di
inviti da scrivere di proprio pugno.
Ecco cosa ci voleva per far addormentare in due secondi un uomo.
Sbadigliando
per l’ennesima volta in mezz’ora, Richard
asciugò il pennino di una penna
d’aquila dall’inchiostro in eccesso, tornando a
scrivere nomi su nomi e inviti
tutti uguali, dallo stesso sapore ufficiale.
Al suo fianco Hessandra, rigidamente seduta su una
poltroncina, spuntava la lista degli invitati man mano che Richard le
passava
l’invito scritto; quindi lo firmava a sua volta con uno
svolazzo elegante e poi
lo chiudeva in una busta color avorio, finemente decorata
d’argento.
A qualche metro di distanza, Damien e Milly si stavano
rimpinzando di biscotti al burro inzuppati di tè, una loro
usanza che Hessandra
deprecava, raccontandosi le ultime novità. Richard aveva
appreso da Damien che
Milly si era diplomata a Durmstrang da qualche mese, e che come regalo
aveva
chiesto la possibilità di fare un viaggio per
l’Europa insieme a una sua amica
e alla sua famiglia. Per questo Richard, ormai di casa a Saxton Hall,
non
l’aveva mai incontrata.
Saxton senior, però, le aveva ordinato di tornare a casa due
mesi prima del previsto perché Hessandra aveva bisogno di
una mano, la loro
madre faceva già la sua parte e Milly non poteva tirarsi
indietro.
La risata allegra di Milly rilassava piacevolmente Richard,
che dubitava avrebbe mai sentito lo stesso suono uscire dalla gola
della sua
rigida fidanzata. Millerna era più vicina al fratello come
carattere, se non si
fossero assomigliate così tanto probabilmente Ashlocke non
avrebbe mai
indovinato la parentela delle due donne.
“Millerna sarà la mia damigella d’onore
insieme ad altre
quattro ragazze, buone amiche di famiglia”, gli fece sapere
Hessandra in quel
momento. “Per amor di simmetria credo che dovresti scegliere
altri quattro
uomini, insieme a Damien ovviamente.”
Lui non rispose, impegnato a ridere a una qualche battuta di
Damien che era giunta fino a loro. “Richard…
gradirei che mi prestassi
attenzione”, mormorò la donna poggiando la penna
sullo scrittoio.
Lui si voltò verso di lei, le labbra che ancora trattenevano
un flebile sorriso. “Sì, hai ragione. Non so chi
potrei invitare, scegli tu.”
“Non hai qualche amico che potrebbe farti da
testimone?”,
gli domandò alzando sorpresa un sopracciglio. Strano, da
quel che ne sapeva
Hessandra, Damien e Richard frequentavano ancora parecchi compagni di
Durmstrang,
era impossibile che il suo fidanzato non ne volesse invitare alcuno.
“Nessuno che mio padre approverebbe, comunque, quindi
pensaci tu.” E riprese a scrivere gli inviti, lasciando
Hessandra a chiedersi
che razza di compagnie frequentassero, allora, lui e il fratello.
Poco più in là Milly aveva appena finito il suo
ultimo
biscotto, che aveva impunemente rubato al fratello. Era piacevole
tornare a
casa dopo così tanti mesi e ritrovare i propri parenti,
specialmente i suoi
fratelli a cui era sempre stata affezionata. Damien e Hessie occupavano
un
posto speciale nel suo cuore; a Damien non si poteva fare a meno di
voler bene
e Hessie… be’, sotto la freddezza di superficie
Milly sapeva che c’era un cuore
che le voleva bene.
Però c’era una nube all’orizzonte in
quella calda
familiarità. Il fidanzamento. “Non so se le
farà bene…”, sbottò di punto
in
bianco sorprendendo il fratello.
“Di cosa stai parlando?”
“Il fidanzamento… a Hessie. Lui…
Be’, sono molto diversi,
non credo potranno mai affezionarsi.”
Damien posò la propria tazzina da tè sul suo
piattino. “E
tutto questo l’hai capito in cinque minuti?”
Lei sorrise. “Per il semplice fatto che il fidanzato ideale
di Hessie non mi avrebbe mai sorriso come ha fatto lui poco
fa.”
“Magari Hessie ha bisogno proprio di qualcuno che la faccia
sorridere per sciogliersi un po’.”
“Ne dubito. Gli tarperà le ali.”
Due dannate ore. Da due
dannate ore la sua egregia futura
suocera stava discutendo con Hessandra e Millerna su quale colore
sarebbe stato
meglio usare per le tovaglie alla festa di fidanzamento che si sarebbe
tenuta
da lì a due settimane. Gli inviti erano stati inviati da
tempo e a Richard era
venuto un tremendo mal di testa quando si era reso conto di quante
persone vi
avrebbero partecipato. Nemmeno una tra le sessantacinque famiglie di
Purosangue
sparse per mezza Europa che la signora Saxton aveva voluto fossero
presenti
aveva declinato l’invito.
Nemmeno una!
Appena Damien l’aveva saputo si era piegato in due dalle
risate, facendo le più sentite condoglianze
all’amico; Hessie lo aveva
fulminato con un’occhiataccia, ricordandogli che ovviamente
avrebbe preso parte
anche lui alla festa; Milly si era limitata a dare qualche colpetto
sulla testa
a Richard, compatendolo.
Richard sprofondò meglio nello schienale imbottito del
divano su cui era seduto accanto a Hessie, che stava confrontando con
sua madre
due campioni di tessuto, uno rosa antico, l’altro rosa
confetto. Era stupefatto
dall’abilità che le due donne stavano dimostrando
nel commentare due pezzi di
lino apparentemente identici.
Di fronte a lui, seduta accanto alla madre, c’era Milly che,
con due grandi punti interrogativi sopra la testa, stava osservando
attentamente due pezze di lino, che a detta della signora Saxton erano assolutamente diversi, ognuno con i suoi
pregi e i suoi difetti.
Ovviamente.
Accorgendosi di essere osservata Milly alzò gli occhioni
celesti dalle stoffe, posandoli in quelli di Richard. Stando attenta a
non
farsi sorprendere da madre e sorella, la ragazza alzò un
tessuto color malva e
se lo posò sotto il naso, imitando un’odalisca.
Lui sorrise e scosse la testa,
divertito dalle stranezze di Milly. Nelle ultime due settimane era
diventato un
ospite fisso a Saxton Hall e aveva passato molto tempo con Damien e
Milly
mentre Hessie e la madre erano occupate con le prove degli abiti da
sposa e gli
incontri con il maestro cerimoniere che avrebbe badato alla buona
riuscita del
ricevimento.
Ormai Richard aveva capito che gli sforzi della signora
Saxton di rendere impeccabile la figlia più piccola
sarebbero sempre stati
vani. La ragazza si divertiva a sfidare la genitrice andandosene in
giro per
Saxton Hall alcune volte in pigiama anche con ospiti presenti, altre
con
addosso solo un maglioncino e una mini a pieghe che la donna odiava dal
profondo del cuore. Come inutili erano gli sforzi che Hessie compiva
cercando
di convincere la sorella minore a legarsi i capelli: quella massa di
boccoli
biondi si ostinavano a rimanere sciolti lungo schiena esile della
ragazza.
Ogni tanto Richard si sorprendeva a fissarli, per poi darsi
dello stupido quando si accorgeva del sorriso di Milly e della mano
sottile di
lei che li accarezzava dolcemente, sapendo di essere osservata.
“Tu che ne pensi Richard?”
“Come, scusa?”
Hessie fece una smorfia infastidita, sventolando i due
campioni di tessuto. “Quale preferisci?”
“A me piace questo colore, Hessie”, intervenne
Milly alzando
il fazzoletto color malva decorato a piccoli boccioli di rosa.
“E’ viola,
Millerna”, sbottò la signora Saxton acidamente,
“per una festa di fidanzamento
sono più appropriati i colori pastello come il rosa,
l’azzurro o anche il
bianco, se proprio non c’è altra scelta. Non il
viola.”
“E nemmeno il giallo, spero”, disse Richard
indicando con un
cenno del capo una pezza giallo canarino che alla signora sembrava
piacere così
tanto.
La donna arrossì lievemente, mettendo da parte il tessuto.
“Ovviamente no, Richard. Comunque direi di propendere per il
rosa antico, è più
raffinato del confetto.”
Rosa.
Perfetto.
Mentre Hessie e la madre si spostavano in un altro angolo
del salotto, per scegliere i candelabri adatti, stavolta, Millerna si
alzò e
andò a sedersi accanto a Richard, porgendogli il campione
appena scelto.
“Adesso dovrai metterti qualcosa di rosa, lo sai,
vero?”, gli chiese posando le
mani sulla sua coscia.
“Rosa? Un vestito rosa?!”, esclamò lui
ignorando il profumo insinuante
che esalavano i boccoli biondi.
“O anche boxer rosa, come preferisci…”
“Milly…”
“Che c’è? Arrossisci?”
Richard distolse lo sguardo dalla ragazza, spostandolo sulla
schiena di Hessie e della madre, distanti parecchi metri da loro. Milly
lo…
sconcertava, sì. Non capiva perché gli prestasse
tutte quelle attenzioni,
dopotutto era solo il fidanzato della sorella.
Forse era proprio
quello il motivo.
“Richard?”
Sospirando lui si voltò di nuovo a guardarla, ostentando
un’aria severa che non gli era per niente congeniale. Come si
poteva essere
severi con un faccino così? “Dimmi.”
Il sorriso che gli rivolse gli fece perdere un battito al
cuore. “Devi indossare qualcosa di rosa!”
“Ho capito, ma non mi sembra il caso di parlare del mio
intimo.”
Milly inclinò la testa di lato, facendo ondeggiare i ricci
chiari. “Perché ti vergogni?”
Richard gemette, allargando le braccia sullo schienale del
divano per impedirsi di toccare quei dannati capelli che sembravano
chiamarlo
con la voce seducente di una sirena. Quelli di Hessandra non gli
facevano
quest’effetto. Probabilmente perché non li aveva
mai visti sciolti... sì,
doveva essere questo il motivo. “Non conta niente il fatto
che sono il
fidanzato di tua sorella?”
Gli occhi azzurri della ragazza si assottigliarono
pericolosamente. “Sei stato costretto
a firmare quel contratto. Hessandra sarebbe più felice con
un tipo come il tuo
fratellastro, probabilmente.”
“Non è colpa mia se lui è morto e ha
lasciato a me
quest’incombenza… poteva sbrigarsi a mettere al
mondo un erede per mio padre”,
sibilò Richard sbirciando verso le due donne
all’altro capo della sala, che
sembrava non si fossero accorte di niente.
“Ah, quindi sposare mia sorella per te è
un’incombenza?”,
gli domandò Milly
incrociando le braccia sul petto.
Richard fece un grande respiro, ignorando il suo broncio.
“Avrei preferito… altro.” Non sapeva
perché stava dicendo quelle cose. Alla
sorella della sua fidanzata poi… Damien ne era
già a conoscenza, ma dopotutto
lui buttava sul ridere tutto quello che Richard gli diceva su quel
maledetto
fidanzamento. Invece Milly… sembrava arrabbiata.
“Avresti preferito… altro!
Ah!” La ragazza si alzò di scatto
e uscì dalla stanza a grandi passi, ignorando le chiamate
imperiose della
madre.
Eh, sì, l’aveva decisamente fatta arrabbiare.
“Ma si
può sapere chi cazzo mi presenta tua madre?!”
Damien
quasi si tappò le orecchie all’urlo disumano che
uscì dalla gola del suo
migliore amico. “No, dico… Ma cosa
sono quei manichini che ha portato a cena? E quelli
dovrebbero essere i miei testimoni?!”
Fumando come una ciminiera, Richard si appoggiò con una
spalla alla mensola del caminetto, nel salotto principale di Saxton
Hall, le
figure di quei damerini ancora stampate in mente. No, non era proprio
possibile.
Sforzandosi di rimanere serio, dopotutto non è che poteva
sempre scoppiare a ridergli in faccia, Damien si alzò dalla
poltrona su cui sua
madre lo aveva piazzato due ore prima e lo raggiunse, scaldandosi le
mani al
forte calore del fuoco. Mancavano poco più di dodici giorni
alla festa di
fidanzamento, e ogni giorno che passava faceva sempre più
freddo; novembre era
iniziato, portandosi appresso la prima nevicata della stagione.
“Be’, amico
mio, hai chiesto tu a Hessie di scegliere i tuoi testimoni, ora non
puoi
rimangiarti la parola.”
Maledizione. Appena li aveva visti a stento si era
trattenuto dal toccarsi gli attributi, avevano delle facce…
solo dei porta
sfiga potevano avercene di simili. E durante
quell’interminabile cena aveva
anche potuto notare che i gusti di Millerna in fatto di uomini
lasciavano
decisamente a desiderare. Aveva flirtato tutto il tempo con un
imbecille
vestito a fiorellini arancio e rosa. Con un neo posticcio sopra le
labbra. E il
fatto di averceli avuti entrambi seduti davanti non l’aveva
di certo aiutato.
No, basta, doveva calmarsi. Tutta quella faccenda del
fidanzamento lo stava innervosendo troppo.
Prese un grande respiro, tentando di rilassare i muscoli
tesi del colo.
“Rimani qui stanotte? Fuori ci saranno almeno venti
centimetri di neve, non voglio farti ammalare se no chi la sente mia
madre.”
Richard annuì distrattamente, gettando la sigaretta nelle
fiamme.
Un buon bicchiere di Whiskey Incendiario e un’ora dopo,
Richard si alzò dal divano su cui Damien l’aveva
costretto a sedersi e diede la
buonanotte all’amico, dirigendosi con calma verso la camera
per gli ospiti al
terzo piano che da un mese ormai gli era stata riservata.
Era quasi arrivato alla propria stanza, quando una porta
socchiusa da cui filtrava della luce attrasse la sua attenzione.
Chiedendosi
chi potesse essere sveglio a quell’ora così tarda,
Richard spinse la porta,
aprendola quel tanto che bastava da permettergli di vedere un piccolo
salottino
debolmente illuminato da poche candele sparse su un basso tavolino di
vetro. Su
un divano lì accanto era rannicchiata Milly, che stava
leggendo uno spesso
librone dalla copertina nera.
La ragazza indossava una camicia da notte bianca con
stampato sul petto un pulcino azzurro; straordinariamente i capelli
erano
legati in una spessa treccia che le ricadeva su una spalla, posandosi
sul seno.
“Cosa fai ancora alzata?” Richard entrò
nella stanza e si
chiuse la porta alle spalle, appoggiandovisi contro.
Lei si voltò lentamente, evidentemente stupita di vederlo.
“E tu?”
“Perché rispondi sempre alle mie domande con altre
domande?”
Milly lo ignorò, tornando a rivolgere la propria attenzione,
o almeno il proprio sguardo, al libro.
L’uomo passò lunghi minuti a fissarla, non sapendo
cosa
fare. Erano tre giorni che lei non gli rivolgeva la parola e in quella
casa
così severa… gli era mancata.
Oh, sicuramente Damien faceva la sua parte di
buffone della famiglia Saxton, ma lei era diversa.
Sospirando, Richard si staccò dall’uscio e la
raggiunse sul
divano, sedendosi accanto alle gambe di lei coperte da un plaid a
fantasia
scozzese. “Cosa leggi?”
Il cuore di Milly accellerò i battiti; non si aspettava che
avrebbe preso lui l’iniziativa. Chissà per quanto
tempo ancora le avrebbe
permesso di fare l’offesa. “Niente.”
“Ah, no? Eppure quelle pagine sono scritte.” Con un
movimento veloce Richard le tirò via il librone, facendola
protestare
animatamente. “Come? Ti interessi di letteratura Babbana? Ti
piace la matematica?”
Richard trattenne a stento
una risata quando la vide arrossire di stizza, ma
l’ilarità sparì subito dal
suo volto quando lei gli si arrampicò addosso nel tentativo
di riprendersi il
tomo. La camicia da notte le arrivava a stento a coprirle le cosce, ma
in quel
momento era quasi del tutto sollevata.
Richard alzò la mano con cui teneva il libro, costringendola
a montargli sulle gambe con le ginocchia per tentare di raggiungerlo.
“Ridammelo! Se mia madre scopre che leggo una cosa del genere
mi rinchiude in
cantina per i prossimi dieci anni!”
“E allora non urlare, vedrai che non ti scopre”, la
riprese
abbassando il braccio per posare il libro sul divano.
“Oh. Ma tu non dirglielo”, gli chiese storcendo le
labbra in
un broncio adorabile. Con il libro finalmente al sicuro Milly si
lasciò cadere
sulle gambe di Richard, pregandolo con gli occhioni luminosi.
Lui distolse lo sguardo, posandolo sulla fiammella di una
candela. Stava sudando, eppure nella stanza non faceva caldo,
tutt’altro. Si
rifiutava di pensare che fosse il morbido corpo di Milly seduto sopra
il suo a
riscaldarlo in quella maniera.
Probabilmente si stava prendendo un bel raffreddore, e addio
a Damien. “Richard? Hai poi pensato ai tuoi boxer
rosa?”
Tornò a guardarla. “Ti diverti?”
“A far cosa?”
“A stuzzicarmi.”
Lei inclinò la testa di lato, osservandolo da sotto le
lunghe ciglia chiare. “Pensi che ti stia
stuzzicando?”
Richard non rispose, sicuro che in quel tono si nascondesse
qualcosa. Era come se… lei lo stesse mettendo alla prova, in
un certo senso.
Chissà perché…
La cosa non aveva senso. L’afferrò e la costrinse
a sedersi
sul divano, ignorando l’espressione insoddisfatta sul suo
viso. Si alzò, le
mani che bruciavano a causa del contatto con la carne morbida dei
fianchi di
lei. “Buonanotte.” Qua qualcuno avrebbe dovuto
farsi un bell’esamino di coscienza,
decisamente.
Non era nemmeno giunto alla porta che la voce di Milly lo
fermò. “Aspetta, Richard.”
Lui si voltò in tempo per vederla inciampare nella coperta
di lana che poco prima aveva buttato a terra; allungò le
braccia e la trattenne
in piedi, ammaliato dallo sguardo che lei gli stava rivolgendo.
“Vedi di non
ammazzarti poco prima di andare a dormire, voglio avere sogni sereni
stanotte.”
Ah! Bella battuta.
“Hai ragione. Non sia mai che io
disturbi i tuoi
sogni…”
Milly sospirò, scrutandolo attentamente negli occhi. Le
piacevano i suoi occhi;
caldi e sereni, le ricordavano una fredda serata invernale passata
davanti al
caminetto a leggere. E quegli occhi le dicevano che forse lui non
avrebbe
voluto andarsene così in fretta.
Richard tolse le mani dalle braccia di lei, ma non
resistette all’impulso di ravviarle una ciocca di capelli
dietro un orecchio.
“Dovrei andare.”
Lei chiuse gli occhi per un attimo, gustandosi quelle parole.
Gli uomini sono molto più semplici da leggere a differenza
delle donne… E Milly
era contenta di averci visto giusto. “Lo so.”
Non lo sorprese quando si alzò in punta di piedi per
sfiorargli le labbra con un bacio leggero, né lo sguardo
indagatore che gli
rivolse dopo; ma il fatto che lei uscì senza rivolgergli
nemmeno un saluto sì,
molto. Ma comunque era meglio così.
Già il lieve tocco delle sue morbide labbra gli aveva fatto
ribollire il sangue nelle vene, non voleva immaginare cosa avrebbe
potuto fare
se lei non si fosse limitata solo a quel lieve contatto.
L’aveva fatto. E
le era anche piaciuto.
Il sangue le pulsava forte nelle tempie quando si appoggiò
con la schiena alla porta della sua camera da letto, le labbra che
ancora
scottavano a causa del contatto di poco prima.
Si portò una mano alla bocca, ricordando
l’occhiata stupita
di lui appena si era allontanata. Bel Richard… non si
meritava quella prigione
tanto quanto non se la meritava Hessie.
Ne aveva parlato con Damien un paio di volte, nemmeno lui
era contento di quel fidanzamento, ma sapevano entrambi che i loro
padri non
avrebbero mai fatto marcia indietro. Ormai tutti i giornali
più famosi del
Mondo Magico parlavano di quell’unione, non potevano
annullare tutto.
Hessie… Hessie da quando Milly era tornata a casa non aveva
mai voluto rimanere sola con la sorella; si scioglieva troppo in sua
presenza,
e non poteva permettere di lasciarsi andare a confessioni di cui poi
magari si
sarebbe pentita. Confessioni che magari la sorellina avrebbe potuto
usare.
Non c’erano dubbi che a Milly piacesse il suo futuro
cognato, ma sembrava che ancora nessuno se ne fosse accorto. Meglio
così, a lei
non piaceva sbandierare ai quattro venti i propri interessi. Poco
importava che
lui presto si sarebbe dovuto sposare con Hessandra, non erano
innamorati.
Si avvicinò alla finestra della sua stanza, sapendo che
fuori stava ancora nevicando. Appoggiando la fronte al vetro gelido,
chiuse gli
occhi e ripensò alle mani di Richard che poco prima le
avevano stretto i
fianchi, rabbrividendo.
Oddio, quell’uomo meritava di essere scopato contro un
muro…
cosa che sicuramente sua sorella non avrebbe mai fatto.
Ma Milly sì.
“Oggi hai
qualcosa che non va.” Damien, spaparanzato su una
sedia nella camera riservata a Richard, fissava l’amico con
aria indagatrice,
mentre l’altro se ne stava immobile sotto le mani sapienti di
uno dei sarti più
famosi del Mondo Magico che era stato assunto dalla signora Saxton per
confezionargli gli abiti per la festa di fidanzamento e per il
matrimonio.
Richard scosse la testa, sobbalzando quando un ago
svolazzante gli punse un braccio. “Tipo?” Da due
giorni non vedeva Milly,
sembrava quasi che lei lo stesse evitando; sulle labbra sentiva ancora
l’impronta di quelle di lei e il loro calore. Hessandra e
Damien non
immaginavano niente, non avevano notato lo strano comportamento della
sorella
minore.
Richard non sapeva che fare, l’immagine di Hessie si
allontanava sempre di più dalla sua mente, per essere
sostituita dal sorriso
insinuante della ragazza più piccola. Cominciava davvero
bene la sua vita in
coppia, non c’era niente da dire.
“Boh, non lo so. Sembri quasi in un altro mondo. Stai
cominciando ad abituarti alla vita coniugale? Fra un po’ te
ne andrai in giro
in vestaglia e pantofole con una pipa in mano?”
“Non dire idiozie…”, borbottò
l’altro alzando le braccia
come gli aveva chiesto il sarto.
“Hessie ci si sta abituando molto bene, anzi, sembra quasi
felice di questo fidanzamento. E io vorrei davvero che mia sorella
fosse
felice.”
Che cazzo, ora
Damien cominciava con le minacce da protettivo fratello maggiore? Ma
bene.
“Ovvio, sei suo fratello.”
“Già…”
Un lieve bussare alla porta li distrasse dalla
conversazione. Era Hessandra, che voleva sapere a che punto erano con
l’abito.
“Solo un altro paio di minutini, signorina, e la giacca
sarà
ultimata.”
Era l’ultima volta che lo obbligavano a stare fermo tre ore
ritto come un manichino, Richard aveva una voglia tremenda di ammazzare
quel
dannato sarto che gli svolazzava intorno senza posa.
Hessandra gli si avvicinò, scrutando con occhio critico il
completo nero addosso a Richard. “A me piace, tu che ne
pensi?”
“Sorellina, non stuzzicarlo. Noto un po’ di istinto
omicida
sul suo bel visetto”, ridacchiò Damien beccandosi
un’occhiataccia dall’amico.
“Non hai altro da fare, Damien?"
“Uhm… Ora che ci penso devo…
ho… Vado.” Davanti allo sguardo
stupito di Hessie, Damien uscì dalla camera sorridendo come
uno scemo.
“Non lo capirò mai”, mormorò
la donna stringendo le dita
intrecciate.
“Io ho smesso di provarci secoli fa. E ora basta!”
Richard
scese dal basso sgabello su cui l’aveva fatto salire il
sarto, ignorando le sue
veementi proteste. “No, mi sono stufato, torni domani o
quando ha tempo. Ho
crampi dappertutto.”
Borbottando a bassa voce, l’ometto raccolse le sue cose e si
congedò, inchinandosi cortesemente in direzione di Hessie.
Dopo che fu uscito dalla stanza, la bionda si voltò verso il
fidanzato. “Non avresti dovuto mandarlo via, Richard, i tuoi
abiti devono
essere pronti al più presto. Specialmente quello che indossi
ora.”
Lui scosse la testa, andando ad accendersi una sigaretta.
“No,
per oggi basta, credo che nemmeno tu riusciresti a stare immobile per
tre ore
mentre un tizio continua a maneggiare aghi a pochi millimetri dalla tua
pelle.”
O forse sì.
“Comunque… volevo dirti che stasera torneranno i
tuoi
testimoni di nozze. Ti prego di non… ignorarli come hai
fatto la volta scorsa.
Sono cari amici di famiglia e mio padre non è stato
soddisfatto dal tuo
comportamento.”
Una nuvoletta perlacea si alzò sopra le loro teste,
disperdendosi contro l’alto soffitto a cassettoni. Hessie
s’irrigidì notando
l’espressione distante di Richard, sembrava stesse pensando
ad altro come
parecchie volte negli ultimi giorni. Non lo aveva mai visto
così, sperava solo
non fosse preoccupato per la festa di fidanzamento. Sua madre
l’aveva avvertita
del fatto che Richard non era abituato alle feste di gala e si era
raccomandata
con la figlia di seguirlo da vicino per impedirgli di far fare brutta
figura
alla famiglia.
Ma Hessandra non era totalmente d’accordo con la madre;
Richard nascondeva una serietà e una sobrietà che
avrebbero calzato benissimo
con la famiglia Saxton. A lei non andava di raccomandare al suo
fidanzato di
comportarsi bene, dopotutto non era più un ragazzino di
diciassette anni.
Probabilmente Milly avrebbe recato più disturbo di lui.
Spinta da un impulso a cui non seppe dare un nome, la donna
si avvicinò a Richard, posandogli poi una mano sul braccio.
La stoffa della
giacca era morbida e calda sotto le sue dita e un buon profumo si
sprigionava
da lui.
Richard abbassò gli occhi su di lei, sorpreso da quel gesto
così strano per una come Hessandra.
“Hessandra?” Non era uno sforzo per lui
essere gentile con Hessandra, dopotutto nessuno di loro due aveva
scelto quel
fidanzamento, ma… non riusciva a vederla come donna
desiderabile e questo nel prossimo futuro avrebbe creato
parecchie problemi. Specialmente visto che la sorella… oh,
lei sì che era
desiderabile.
“No, io… In effetti
sì…”
Non era da Hessie quella reticenza, decisamente.
Come non era da Hessie quello che fece dopo. Dal braccio di
Richard la sua mano risalì fino alla nuca, e lì
spinse in basso la testa per
permetterle di baciargli per un lungo istante le labbra.
Dopodichè si allontanò
in fretta, lo sguardo puntato sulla neve che cadeva fuori dalla casa.
“Io
volevo provarci, tutto qui. A stasera.” E sparì,
lasciandolo lì rigido come uno
stoccafisso, un unico pensiero che gli frullava nella testa.
Non aveva sentito
niente.
“Non so
più cosa fare con te, davvero. Ti sembra questo il
modo di andare in giro? Hai diciotto anni, non più dieci.
Anche se, in effetti,
nemmeno a quell’età è permessa una
trascuratezza del genere in una fanciulla
del tuo rango.”
Milly, le spalle rivolte alla madre, alzò gli occhi al
cielo. Quante volte in vita sua aveva sentito quelle parole uscire
dalla bocca
della madre? E per quanto ancora avrebbe dovuto sopportarle? A stento
riusciva
a trattenersi dal darle una rispostaccia che le avrebbe valso il
sconfinamento
in cantina per i prossimi tre anni. Tutto quello che doveva fare era
sopportare. E sopportare ancora. Prima o poi la vecchia si sarebbe
stufata. O
almeno Milly ci sperava.
“Stasera abbiamo di nuovo ospiti a cena, gradirei che tu ti
vestissi in modo consono al tuo stato. Niente capelli sciolti, niente
abiti
succinti, per cortesia…”
E bla, bla, bla… Ma impiccarsi mai, eh.
“Sì, madre.”
“Non rispondermi con quel tono seccato, Millerna, ne va
dell’onore della famiglia. Sei molto graziosa, pur essendo
così ribelle… Be’,
il tuo carattere andrebbe limato. E il tuo futuro marito stai sicura
che ne
sarà in grado.”
Eccola arrivata al punto.
“Qualche giorno fa ho visto che eri piuttosto interessata a
sir Appleby, ottima scelta, mia cara, forse i suoi genitori non sono
molto
provvisti in fatto di… mmh… beni, ma il loro nome
non è mai stato macchiato
dallo scandalo e…”
Bla, bla, bla. Lei interessata a quel manichino? Ovvio. Solo
perché Richard era seduto davanti a loro due e non sembrava
molto contento del
suo comportamento. Forse il suo
intento era stato quello di farlo ingelosire… e
c’era riuscita. Il fidanzato di
sua sorella ricambiava il suo interessamento. Ai suoi parenti sarebbero
venuti
infarti multipli.
Al pensiero dell’uomo un piacevole rossore le
scaldò le
guance, cosa che fu subito notata, e fraintesa, dalla madre.
“Oh, non devi
arrossire, Millerna, è normale per una giovane donna vergine interessarsi a un buon
partito.”
La ragazza distolse i propri pensieri da Richard e si voltò
verso la madre, guardandola confusa.
Ma… stava parlando di lei?
“Impiccati,
Damien. No, aspetta, prima aiutami qui, poi
impiccati.” Richard imprecò un’altra
volta, litigando con la dannata cravatta
che avrebbe completato il suo abito da sera e che non aveva nessuna
voglia di
annodarsi come doveva.
Damien sospirò, legandogli la cravatta perfettamente e
resistendo all’impulso di strangolarlo. Negli ultimi dieci
giorni stare con
Richard era diventato un vero inferno. Sempre di malumore e con una
parola
maleducata per tutti, l’uomo sembrava posseduto da uno
spirito maligno. Damien
non aveva idea di cosa fosse successo, aveva provato a chiederglielo,
ma come risposta
aveva ottenuto solo un gentile “vaffanculo” che gli
era bastato per tutta la
giornata. Hessandra ne sapeva ancora meno di lui; anche lei si era
accorta
dello strano comportamento del fidanzato, ma non aveva chiesto
spiegazioni,
limitandosi a dire che probabilmente qualche buona ragione
c’era. Anche Milly
se n’era accorta, però… sapeva di
essere lei la causa. Damien aveva tentato di
strapparle qualcosa, ma lei aveva sempre negato tutto dicendo di non
sapere un
bel niente e il fratello le aveva creduto. I suoi innocenti occhioni
azzurri
riuscivano sempre ad ingannare.
Il malumore di Richard era cominciato nove giorni prima,
quando Milly per una sfortunata
coincidenza si era ritrovata ad uscire dal bagno coperta solo da un
minuscolo
asciugamano proprio quando lui se ne stava andando a letto; a nulla
erano
serviti gli sforzi di Richard a farla tornare in camera, lei si era
ostinata a
volergli parlare in mezzo al corridoio, dove chiunque avrebbe potuto
vederli.
Il bacio sulla guancia che gli aveva dato come buonanotte aveva fatto
la sua
parte. Era sicura di averlo sentito
imprecare…
La situazione era peggiorata quando Richard l’aveva salvata
da una brutta caduta in biblioteca; un Elfo distratto aveva lasciato
una scala rotta
poggiata a una libreria e lei per prendere un tomo vi era salita, non
accorgendosi del piolo fuori sede che si era definitivamente staccato
sotto il
suo peso… permettendole di finire dritta addosso al povero
Richard, che si era
ritrovato fastidiosamente eccitato dal corpo della ragazza sdraiato
comodamente
sopra il proprio.
O forse era peggiorata quando, sei giorni prima, Milly gli
aveva chiesto di aiutarla a scendere da cavallo, una volta tornata
dalla sua
passeggiata quotidiana, approfittandone per strusciarsi contro di lui
con un
sorriso innocente stampato in volto.
No, ok. Probabilmente il suo umore era diventato nero tre
giorni prima. Lei lo sapeva. Damien
doveva averglielo detto. Doveva
sapere che Richard andava matto per la cioccolata fondente, altrimenti
non si
sarebbe mai rivolta a lui con le labbra carnose tutte sporche di
cioccolato. A
quel punto Richard non era riuscito a resistere, e l’aveva
praticamente
spalmata contro il muro assalendo senza pietà la sua bocca
che si era rivelata
ancora più deliziosa di quanto non avesse immaginato. Non
c’è bisogno di dire
che Milly era sì a conoscenza di quel piccolo punto debole
di Richard, ma che
in quell’occasione il fattaccio non era stato minimamente
programmato.
Due giorni dopo… be’, quel bacio nel bagno del
terzo piano probabilmente lo aveva
programmato, ma
tanto lui si era prestato più che volentieri.
E così si erano volontariamente incastrati in un bel
pasticcio.
Oh, sì, bello perché non c’era nulla di
più eccitante di un
gioco clandestino… pasticcio perché nessuno
avrebbe mai dovuto scoprirli.
Ancora non sapevano dove sarebbero andati a finire continuando
così, l’unica
cosa chiara è che sarebbe scoppiato un putiferio. I due
capofamiglia non
avrebbero mai accettato la loro unione, solo per il semplice motivo che
Richard
era il fidanzato di Hessandra e che perciò Milly non avrebbe
mai dovuto pensare
a lui come vi pensava in quel momento. Non
avrebbe dovuto… in realtà nessuno era
nella sua testa perciò poteva fare
quello che le pareva senza preoccuparsi di niente.
Richard si sarebbe volentieri dato la proverbiale zappa sui
piedi, o magari anche in testa se fosse servito a qualcosa, ma era
sicuro che
nemmeno un Oblivion sarebbe riuscito a cancellargli dalla testa il viso
sorridente di Milly.
O i suoi baci…
“Senti, la smetti di imprecare per cortesia?”
Damien diede
uno strattone alla cravatta rosa antico di Richard, stufo del malumore
dell’amico.
“Scusa”, borbottò l’altro
voltandosi verso lo specchio per
darsi un’ultima controllata.
“Sì, sei bellissima, mia dama, vogliamo
scendere?”
Qualcuno lo impicchi, cazzo!
“Io sarei
gelosa, sai, Hessandra?”
Una bruna procace si affiancò alla festeggiata della serata,
facendosi aria con un ampio ventaglio di piume rosse.
“Come, scusa?” Hessie si voltò verso una
sua vecchia
compagna di scuola, scrutandola dall’altro in basso come solo
una vera Saxton
avrebbe potuto fare.
“Be’, sì. Da quando sei scesa con il tuo
fidanzato lui non è
stato solo con te nemmeno un attimo. Non immaginavo che…
be’, uno come lui
conoscesse così tante
persone influenti, è stata proprio una sorpresa.”
La donna lanciò un’occhiata
interessata a Richard, attorniato da famosi esponenti del Mondo Magico
Europeo
che nemmeno Damien conosceva.
“Uno come lui, Jeannie?”, chiese educatamente
Hessie bevendo
un sorso di pregiato Vino Elfico.
“Oh, sì. Un bastardo, sai… Ovvio che lo
sai, e un po’ mi
dispiace per te, mia cara, probabilmente avresti preferito un
Purosangue di
antica famiglia come padre per i tuoi eredi, ma non si può
avere tutto dalla
vita.”
“A quanto mi risulta, mia cara Jeannie, Richard non ha
nemmeno un parente Mezzosangue… Ma… quella
bisnonna del tuo fidanzato… com’è
che si chiamava, ora non mi viene proprio in mente… Da quel
che mi risulta era
figlia di falegnami di Edimburgo… Babbani.”
Milly era apparsa alle spalle delle due donne, un sorriso cortese in
viso e un
piattino di pasticcini in mano da dividere con la sorella.
Jeannie arrossì vistosamente e con una scusa si
allontanò
dalle due. “Befana”, mormorò Milly
porgendo il piatto a Hessie.
“Davvero il suo fidanzato…?”
“Oh, sì. Era uno dei pettegolezzi preferiti a
Durmstrang. La
figlia dell’ambasciatore inglese fidanzata a un tizio dagli
ambigui antenati.
Lo sanno tutti.”
Hessandra annuì e lanciò un’occhiata a
Richard, che proprio
in quel momento decise di allontanarsi dal suo gruppo per uscire in
terrazza.
“Hessandra! Hessandra, cara, vieni qui, voglio farti
conoscere delle persone!”
“La mamma chiama”, commentò Milly
sorridendo alla sorella,
“ti conviene andare prima che venga a cercarti attorniata da
una ventina di
vecchie matrone.”
“Oh, Milly, non essere cattiva…”
La biondina sorrise, stringendosi nelle spalle. “E’
vero.”
Dopo averle rivolto un’occhiata di biasimo Hessie si
allontanò, raggiungendo la madre e le vecchie matrone
accompagnate da cagnolini
e Snasi di varia grandezza.
Sempre sorridente, Milly si liberò dalla presenza
asfissiante di Appleby, che si era autoeletto suo accompagnatore per la
serata,
e con nonchalance si diresse verso la terrazza, illuminata da tenui
candele che
galleggiavano a mezz’aria indifferenti al brutto tempo e al
gelo.
Stringendosi nella sua mantella di volpe grigia per
difendersi dal freddo pungente, la ragazza scese un paio di scalini e
raggiunse
Richard, appoggiato contro la balaustra liberata dalla neve dagli Elfi
Domestici.
Si appoggiò con i gomiti accanto a lui, osservando
incuriosita le volute che compiva il fumo espirato dall’uomo.
“Ti stai
divertendo?”
“Da matti”, rispose lui gettando il mozzicone di
sigaretta
nella neve.
Lei gli posò una mano sul braccio, stringendolo.
“Quando sei
di malumore rispondi sempre a monosillabi o mandi tutti a quel
paese…”
“E che ci restino magari.”
Gli si fece più vicina, imponendogli la sua presenza.
“Avevo
ragione, il rosa ti sta bene”, disse alludendo alla sua
cravatta impreziosita
da ricami d’argento.
Essendo nascosti da una spessa colonna alla vista degli
ospiti, Richard non si fece scrupoli a circondarle le spalle con il
braccio
stringendola contro il proprio fianco. Il suo dolce profumo di miele
gli invase
i sensi, facendolo rabbrividire.
“Qualcuno potrebbe vederci”, gli ricordò
Milly sorridendo.
“T’importerebbe?”
Lei si aggrappò alla sua cravatta, il vestito di seta
d’oro
che riluceva sotto la fiamma delle candele ad ogni suo movimento.
“Sai che
pettegolezzi ne verrebbero fuori… no, non li immagini
nemmeno.”
Richard spostò una mano dai fianchi di lei, carezzandole la
guancia gelida con le nocche. “Torniamo dentro?”
“Dentro dove?”
Lui fece un cenno con la testa verso il salone.
“C’è una
festa di fidanzamento che mi aspetta.”
“Eh, già…”,
mormorò lei posandogli le mani sul petto, per
poi scendere lentamente fino ai fianchi di Richard. Milly sapeva che
anche lui
la voleva, ma il suo… onore?... gli impediva di prendere
l’iniziativa.
“Richard…” Una mano si posò
sulla guancia dell’uomo, invitandolo a spostare lo
sguardo sul viso di lei. “Passione e disciplina non sono
fatti per stare
insieme… ma unisci fuoco e passione e vedrai cosa ne
ricavi.”
“Tu sei il mio fuoco…? La mia piccola
fiamma…”
Milly sorrise, alzandosi sulle punte delle scarpe dai tacchi
vertiginosi per accarezzargli le labbra con le proprie.
“Qua potrebbero ancora vederci…”, le
ricordò passando le
mani sulla schiena di Milly lasciata scoperta dall’abito.
“Ah…” Scrollando le spalle, la ragazza
lo prese per mano,
trascinandolo all’interno della grande casa passando per una
porta finestra
poco distante dal salone in cui si stava tenendo la festa. Dietro di
lei
Richard era perso nella contemplazione dei meravigliosi capelli di
Milly a
stento trattenuti sulla nuca in un grosso chignon che non le aveva mai
visto.
Man mano che si allontanavano dalla terrazza i suoni della festa si
facevano
sempre più distanti, diventando un ricordo fastidioso che i
due relegarono in
un recesso della mente.
Si ritrovarono in un lungo corridoio mal illuminato,
parallelo a quello principale che portava alla sala piena di invitati.
Milly
sperava fosse deserto, ma…
“Accidenti.”
Richard raggelò, sentendo un paio di voci che si stavano
dirigendo verso di loro. “Cazzo.”
“Volevo dirlo io”, bisbigliò Milly
afferrandolo per un
braccio e trascinandolo all’interno di uno stretto
ripostiglio per le scope.
“Chi può essere?”, le domandò
Richard, subito zittito da un
dito della ragazza.
Milly tese un orecchio, quasi appoggiandolo alla porta.
“Merlino.” Per un pelo non si mise a ridere,
capendo chi c’era fuori dallo
stanzino… e che si stava spalmando con foga contro
l’uscio.
“Ma chi sono?”, le mormorò Richard
all’orecchio facendola
rabbrividire.
“Aspetta.”
Dopo qualche minuto i gemiti all’esterno si affievolirono,
evidentemente i due amanti clandestini si stavano allontanando diretti
verso
lidi più sicuri da orecchie e occhi indiscreti. Solo allora
Milly si lasciò
andare a una risatina liberatoria. “Sono quasi sicura che si
trattasse di
Jeannie… una vecchia compagna di scuola di
Hessie… e di Appleby, uno dei tuoi
testimoni.”
“Ma va… Hanno avuto la nostra stessa
idea?”
Milly si voltò a guardarlo, incontrando i suoi occhi nella
fievole luce che filtrava dalla minuscola finestrella del ripostiglio.
“Tu che
idea hai avuto?”, gli domandò prima di tornare a
baciarlo, senza attendere la
risposta che già conosceva.
Le labbra dell’uomo sapevano di fumo e neve e si muovevano
con insistenza su quelle di Milly, quasi a volerle divorare
più di come avevano
fatto pochi giorni prima; nei loro gesti erano presenti
un’urgenza e un calore
che non c’erano mai stati prima. Sapevano di aver poco tempo,
in qualunque
momento un Elfo Domestico avrebbe potuto sorprenderli e prima o poi nel
salone
si sarebbero accorti della loro assenza, specie di quella di Richard
visto che
era il protagonista della serata.
Impazienti, le mani di Milly si abbassarono fino ai fianchi
di lui, afferrando la camicia di seta grigia sotto la giacca e
sollevandogliela
per posare le mani sulla pelle bollente del ventre.
Preda di una dolora eccitazione Richard non si accorse che
gli aveva slacciato i bottoni di giacca e camicia fin quando non
sentì uno
spiffero di aria gelida sulla pelle accaldata, solo allora si
staccò dalle
labbra dolci di Milly, bloccandole le mani veloci. “Sei
sicura?”, chiese sfiorandole
il naso con la bocca.
“Sì, subito.”
Lasciando cadere a terra la mantella di volpe, Milly posò le
mani su un ripiano sgangherato pieno di buchi di termiti e vi fece
forza,
sedendosi sopra. Afferrò la cravatta mezza sfatta di
Richard, costringendolo ad
annullare la breve distanza che li separava e gli circondò i
fianchi con le
gambe portando a contatto i loro inguini.
Divorandole il collo di baci Richard le sollevò la lunga
gonna frusciante, liberando la pelle soffice delle cosce che lo
stringevano
smaniose.
Era tutto un errore… ma allo stesso tempo era tutto
così
giusto che entrambi non volevano nemmeno pensare alla parola
“fermarsi”.
Poco distante dal loro sgabuzzino si stava svolgendo una
festa che avrebbe segnato per sempre il futuro di Richard, ma in quel
momento a
lui non importava un bel niente. Desiderava solo concentrarsi sulla
splendida
creatura che aveva fra le braccia e che in poco tempo era riuscita ad
entrargli
sotto la pelle con i suoi sorrisi e la sua aria maliziosa. Poco
importava che
fosse la sorella della sua fidanzata e del suo migliore amico, in quel
momento
per lui era solo la sua Milly.
La ragazza scostò un po’ le gambe per riuscire a
slacciargli
i pantaloni richiudendole subito dopo per tentare di placare la fame
che le
attanagliava il ventre.
Non era solo desiderio il suo, non lo era, si disse mentre
gemeva sotto i morsi delicati che sentiva sul collo. Era un fuoco che
nemmeno
dopo quella piccola parentesi erotica si sarebbe spento.
Poco dopo, i corpi uniti in una danza che nessuno dei due
aveva mai provato prima, Richard spostò una mano dai fianchi
di Milly,
posandola dolcemente sulla guancia di lei per invitarla a guardarlo.
Gli occhi
della ragazza erano cupi sotto la luce della luna, ma rilucevano di
piacere.
Percorsa da un brivido di piacere, Milly gli si strinse
contro ancora di più, affondando il viso nel suo collo
mentre lui le carezzava
i pochi capelli fuggiti al severo chignon.
In pochi minuti tutto finì, non avevano tempo, ma una
cucitura indissolubile aveva appena legato le loro anime.
Nessuno si accorse della loro assenza, tornarono nella sala
da direzioni diverse e momenti diversi, e si comportarono come sempre.
Se Damien notò un certo cambiamento d’umore
nell’amico non
lo diede a vedere, però certamente non lo collegò
a un rapporto appena
consumato. Men che meno con la sua sorellina.
Bastava stare attenti,
ecco il trucco di tutti gli amanti
clandestini.
Amanti, in questo caso, facilitati dal fatto che Richard era
stato gentilmente invitato dalla futura suocera a rimanere a Saxton
Hall fino
al giorno del matrimonio.
Mancavano quattro mesi, e francamente a Richard non sarebbe
andata l’idea di vivere a stretto contatto con i
suoceri… se non fosse stato
per la costante presenza di Milly, che aveva deciso di non ripartire
per
l’ultima parte del suo viaggio.
Da quella serata si erano ritrovati nella camera dell’uomo
solo altre poche volte, non volevano rischiare troppo; ogni volta era
migliore
della precedente e ci stavano velocemente facendo l’abitudine.
Damien, il più osservatore della famiglia, stranamente non
aveva notato niente nell’amico e nella sorella
però era anche vero che i due
non si lasciavano mai andare a manifestazioni affettuose in pubblico.
L’unica cosa che si concedevano erano lunghi sguardi
bollenti quando erano sicuri che nessuno li poteva vedere.
Se Damien avesse visto quelli sicuramente avrebbe capito
tutto.
“Non
è da te, Milly, per questo mi sono preoccupata.”
“Be’, grazie tante per averlo detto alla mamma,
comunque.”
Hessie stava cercando di raggiungere la sorella, che stava
velocemente uscendo dalle stalle diretta a Saxton Hall. “Ha
ordinato di non
darmi Stardust fino a quando non accetto di farmi vedere da un
dottore.”
“L’ho fatto per il tuo bene, non sei mai svenuta
e…”
“Non. Sono. Svenuta. Quante volte te lo devo ripetere?
Avrò
avuto un calo di pressione e…”
“Nemmeno di questi ne hai mai avuti, Millerna.”
La ragazza alzò gli occhi al cielo, pregando in un
altolocato intervento. “Capita a tutti.”
“Non è vero. O almeno non così spesso.
Tre volte in una
settimana, io…”
“Cosa tre volte in una settimana?”
Ci mancava anche Damien poi era a posto.
Rientrarono insieme nel maniero e Hessie bloccò la sorella a
pochi passi dall’entrata afferrandola per un braccio.
“Dille anche tu, Damien,
che non è normale svenire…”
“Non. Sono. Svenuta!”
L’uomo la guardò. “Sei svenuta?
Quando?”
Masticando un’imprecazione Milly si liberò dalla
stretta
della sorella, dirigendosi verso il salotto del piano terra.
Non.
Era.
Svenuta.
In che lingua avrebbe dovuto dirglielo per farsi capire?
Goblinese?
“Milly. Ehi, Milly!” Damien la affiancò,
seguito a breve
distanza dall’altra sorella. “Perché non
mi hai detto che sei stata poco bene?”
“Per impedirti di andare a dirlo a mezzo mondo! Non sono
stata poco bene! Sto benissimo! Succede a tutti di avere una giornata
no. E ora
lasciatemi in pace.”
Cazzo. Cazzo. Cazzo.
Damien la lasciò andare, voltandosi verso Hessie.
“Tu sai
che le prende?”
“No, è strana da qualche settimana
però. Mamma è
preoccupata, ha paura che possa succederle di nuovo durante il
matrimonio,
manca solo un mese, ma… Milly non vuole farsi
vedere.”
“Farsi vedere? Da un dottore dici? Mah, magari ha ragione
lei, se si sente bene adesso…”
Hessie seguì con sguardo preoccupato la sorellina fin quando
questa non sparì dietro un angolo, indecisa sul da farsi.
Rannicchiata sul suo
divano, Milly fissava le fiamme nel
caminetto, le mani posate mollemente sul libro che non riusciva a
leggere.
Era finita in un incubo.
O in un sogno, dipendeva dai vari punti di vista.
Richard ancora non sapeva niente, nessuno sapeva niente. Non
poteva parlarne con nessuno o avrebbe rovinato la vita di tutti. Cazzo,
ma in
che pasticcio si era andata ad infilare? Nascose il viso nella coperta
di
plaid, posandosi una mano sullo stomaco.
Non riusciva a crederci, ma i fatti parlavano chiaro.
La mano compì un cerchio sulla pelle scoperta del ventre
ancora piatto, provando a immaginare la sensazione che avrebbe provato sentendo qualcosa dentro di
sé. Sorrise
contro la morbida lana della coperta, chiedendosi cosa avrebbe detto
Richard
una volta che lei glielo avesse rivelato…
Mah, non importava, ora. Tutto quello a cui riusciva a
pensare per più di due secondi era la deliziosa sensazione
che avrebbe provato
tenendo in braccio un piccolo, caldo fagotto che profumava di latte.
Un gufo
dall’aria importante becchettò impaziente sul
vetro
di una finestra al secondo piano di Saxton Hall, aspettando che gli si
aprisse.
Quando finalmente fu al calduccio permise a un paio di mani
impazienti di slegargli dalla zampa la lettera che aveva recapitato, e
dopo un
verso di commiato spiccò il volo.
Gentilissima
Lady
Saxton,
con
piacere la informo che i suoi sospetti
erano fondati. Non possono esserci sbagli, la formula da me utilizzata
è famosa
in tutto il mondo.
A metà agosto
diventerà nonna di un bel maschietto, complimenti!
Cordiali
saluti,
dr. Erman Pingles
Era inusuale venire
convocati da entrambi i genitori in un normale
giorno settimanale. Evidentemente era successo qualcosa. Hessie sperava
solo
che non ci fossero ancora problemi con il contratto prematrimoniale,
altrimenti
stavolta sarebbe scoppiata.
Al suo fianco, un pensieroso Damien dava la mano alla
sorella più piccola, rigida come un pezzo di marmo.
Sapevano? Con il cuore che accelerava i battiti, la ragazza si
strinse intorno al corpo il maglioncino di lana rosa che indossava. Non
aveva
ancora parlato con Richard…
Hessie bussò un paio di volte alla porta dello studio del
padre e poi l’aprì, sbirciando
all’interno prima di spalancarla per permettere
l’ingresso ai suoi fratelli.
I due genitori erano alla grande scrivania parallela
all’entrata; il padre seduto compostamente alla sua ampia
poltrona; la donna in
piedi alle sue spalle, un’espressione tirata in volto.
Guai nell’aria.
Notando gli sguardi dei signori Saxton, la biondina
inconsapevolmente strinse più forte la mano al fratello, che
non capiva cosa
stesse succedendo.
Milly era strana, forse aveva combinato qualcosa e i loro
genitori erano venuti a saperlo. Be’, la sua sorellina
combinava sempre qualche
disastro per fare dispetto alla signora Saxton, ormai non era
più una novità.
Gli occhi grigi di Lady Saxton incontrarono uno alla volta
gli sguardi dei figli, fino a posarsi su quello della più
piccola. Sapeva. E ciò
nonostante aveva la faccia
tosta di incontrare lo sguardo di sua madre.
Quella sgualdrina sapeva e tuttavia non aveva detto niente,
non aveva cercato di riparare il danno. Strinse la mano sullo schienale
della
poltrona del marito, tentando di calmarsi. Potevano ancora
rimediare… c’erano
pozioni sicure che…
“Non so dove ho sbagliato.”
La voce del capofamiglia fece sobbalzare tutti, compresa la
moglie. “Anzi, no. Perché ho sbagliato io? Quando
c’è qualcosa di marcio dentro
una persona prima o poi viene fuori.”
Hessie e Damien notarono immediatamente che il genitore
stava fissando la loro sorella.
L’uomo non le lasciò la mano, comunque, qualunque
cosa fosse
successa non doveva essere così grave da…
“Millerna, hai qualcosa da dire?” Le parole del
padre
caddero come spade sulla ragazza, che tuttavia spostò lo
sguardo su di lui,
sfidandolo a dire altro. “Vedo che sai, e che comunque non
hai voluto
rimediare. Ci tieni così poco, dunque, all’onore
della nostra famiglia?”
“Padre, cosa state dicendo? Cos’è
successo?” Damien alla
fine si costrinse ad intervenire, quegli sguardi gelidi che venivano
rivolti a
Milly non gli piacevano per niente. Non erano… umani.
“Cosa è successo?! Cosa
è successo…?!” La voce
stridula di Lady Saxton si alzò nella stanza,
facendo rabbrividire tutti.
“Sta’ zitta”, le ordinò il
marito, alzandosi in piedi.
“Cos’è successo, Damien? Bene. Mai, in
secoli e secoli di onorata vita la
nostra famiglia ha avuto in casa un bastardo. Tua sorella ha dato il
via a una
nuova tradizione.”
Milly chiuse gli occhi, sentendo la mano del fratello scivolare
via dalla propria.
Hessie tirò un brusco respiro, coprendosi la bocca con una
mano.
Damien… Oh, Damien capì tutto.
Una nebbia rossastra gli calò davanti agli occhi, oggetti di
prezioso vetro di Murano presero a saltare per aria mentre il raffinato
lampadario
di vetro elfico tintinnava scosso dal potere dell’ira di
Damien.
Le afferrò entrambe le braccia con le mani, stringendola
fino a farla gemere di dolore. Quindi la costrinse a guardarlo negli
occhi e lì
vi trovò ciò che cercava, ma che già
conosceva. “Bastardo.”
La lasciò andare all’improvviso, dirigendosi a
lunghi passi
verso l’uscita, mentre Hessie non capiva cosa stesse
succedendo.
“No, Damien!” Milly inciampò su un
tappeto, cominciando a
rincorrere il fratello; Hessie e i signori Saxton presero ad andare
dietro a
loro, cominciando ad intuire la stessa cosa che Damien aveva
già capito.
“Damien!” Milly corse giù dalle scale,
cercando di fermare
l’uomo, incazzato come mai lo era stato prima di quel
momento. Per un attimo
riuscì ad afferrargli il maglione, ma subito lui se la
scrollò di dosso,
facendola quasi cadere.
“Damien, dove stai andando?!” L’urlo
imperioso della madre
non lo fermò, doveva solo trovare quel figlio di puttana e
fargliela pagare.
Arrivati tutti al pian terreno, ansimarono all’unisono
quando videro Damien lanciarsi contro Richard, appena tornato da casa
propria,
colpendolo al viso con un pugno che avrebbe steso chiunque.
E a quel punto solo un idiota non avrebbe capito.
Hessie e la madre si portarono inorridite le mani alla
bocca, non volendo credere a ciò che stava accadendo; Lord
Saxton si fermò sui
primi scalini, in viso un’espressione impassibile.
“No, Damien, finiscila!” Milly si
avventò sul fratello,
tentando di staccarlo dal povero Richard che non stava capendo niente.
Si limitava
a subire le percosse del suo migliore amico, non volendo difendersi
visto che
non ne capiva la ragione.
La ragazza si aggrappò al braccio del fratello, finendo per
terra quando lui se la scrollò di dosso nuovamente. Ma si
fermò… si fermò
quando Richard respinse un nuovo pugno per andare a soccorrere Milly
rannicchiata sul freddo pavimento di pietra. Chiunque… anche
un fratello e un
amico in preda all’ira avrebbe notato l’amore negli
occhi dell’uomo.
“Milly…” Richard la prese alla vita,
aiutandola a rialzarsi,
sobbalzando quando notò l’espressione della
ragazza. “Cosa…?”
“Mi dispiace.”
“Ti dispiace?”
Era
Hessie la quale, passato il primo momento di sorpresa, si era
avvicinata ai
tre. Il suo viso non mostrava alcuna emozione, ma le sue mani
serrate… oh, quelle
sì. “Ti dispiace? Non sai dire altro? Pensi che
sia normale farsi mettere
incinta dal fidanzato di tua sorella? Perché è
lui il padre, vero? O hai perso
il conto di tutti quelli che ti sei portata a letto?”
“Hessandra!” Lady Saxton posò una mano
sul braccio della
figlia maggiore, facendosi in avanti per fissare negli occhi Richard
che si era
voltato verso Milly con un’espressione sbalordita impressa
sul bel volto.
“Incinta? Milly… è vero?
Perché non me l’hai detto?”
“Io…”
“Non toccarla”, sibilò Damien tirando
via di forza la
sorella dall’amico. “Vuoi forse farci credere che
non ne sapevi niente?”
Richard riportò lo sguardo sulla biondina, immobile accanto
al fratello. No che non lo sapeva, lei non gli aveva detto niente
eppure… Se
lei lo sapeva già, doveva essere rimasta incinta la loro
prima volta, quasi tre
mesi prima. Dopo, aveva sempre usato protezioni. Perché non
glielo aveva detto?
Avrebbero potuto trovare una soluzione prima di scatenare il caos.
“No, non lo
sapevo.”
Un pesante silenzio calò nell’atrio. Milly,
trattenuta
contro il fianco del fratello, si circondò il corpo con le
braccia, tentando di
calmare il battito impazzito del proprio cuore.
“Io sono pronto a sposarla, ovviamente.”
Ovviamente, Damien non si sarebbe aspettato altro da lui.
Bastardo, ora lo uccideva.
“Ovviamente no.”
Tutti si voltarono verso le scale, dove stava ancora Lord Saxton.
“Ne
nascerebbe uno scandalo di dimensioni spropositate. Non la voglio
più vedere in
casa mia, Ashlocke. I miei avvocati si occuperanno di tutto.”
Fece per
andarsene, ma la voce di Richard lo fermò.
“Aspetti…”
“No, fuori di qui!” Damien spedì Milly
da Hessie e la madre,
che nemmeno la guardarono in faccia, facendosi avanti.
“Damien…”
“Ho detto fuori di qui.”
I lampadari presero a tremare ancora, ma Milly sapeva che il fratello
non si
sarebbe fermato stavolta. Così come sapeva che Richard non
avrebbe mai risposto
agli attacchi di quello che era stato il suo migliore amico.
“Vai, Richard.” Milly si strappò dalla
presa ferrea della
madre, mettendosi davanti al fratello.
“Milly…”
“Ho detto vai!”
Qualcosa nella sua espressione dovette convincere l’uomo.
Richard si voltò e non mise mai più piede a
Saxton Hall.
Due settimane dopo.
“Per quanto
tempo ancora pensi di poter tenere il broncio?”
Hessie entrò nella camera della sorella senza nemmeno
bussare, posando un
vassoio pieno di cibo su un tavolino.
Milly era seduta sotto la finestra, avvolta da un caldo
vestito di lana blu che le fasciava alla perfezione il giovane corpo;
Hessie si
costrinse a non abbassare lo sguardo sul suo ventre ancora piatto. Non
voleva…
pensarci.
“Fino a quando non mi faranno uscire da qui.”
“Ti faranno uscire da questa stanza quando lo scandalo si
sarà… alleggerito. Ne parlano tutti i giornali, i
Saxton sono sulla bocca di
tutti. Hai sempre voluto essere al centro dell’attenzione, e
ora ci sei.
Contenta?”
Milly non rispose. Non era da Hessie quel tono di voce, ma
sapeva che la sorella doveva essere… ferita.
“Milly? Ti ho fatto una domanda.”
“Che non avrà mai risposta.” Si
voltò verso l’altra donna,
posandosi una mano sulla pancia. “Ora, se non hai altro da
dire…”
“Sì. Per il tuo bene… e per il bene
del… di… tuo figlio… ti
consiglio di smettere di tirare la corda.”
In quel pub
d’infimo ordine sembrava che lo scandalo non
fosse arrivato.
Richard, seduto su un alto sgabello al bancone, roteava
distrattamente il ghiaccio contenuto nel proprio bicchiere, appena
svuotato.
Da giorni, settimane, suo padre non faceva altro che
sbraitargli dietro, trattenendosi a stento dal lanciargli qualche
maledizione,
nel vero senso della parola.
Non aveva più visto né Damien né
nessun’altro esponente
della famiglia Saxton da quel malaugurato giorno in cui aveva scoperto
la
verità.
Merlino, stava per diventare padre… Si passò una
mano sul
viso, lasciandosi andare solo per pochi istanti, pensando a quella
minuscola
creatura che stava crescendo nel ventre di Milly.
Dannazione.
Posò di schianto il bicchiere, ordinando un altro giro di
schifoso whiskey al burbero oste che stava lanciando una tazza al suo
garzone.
Insieme al superalcolico, stavolta, gli arrivò anche un
bigliettino, che lesse con curiosità.
“Cosa…?”
“Non voglio sapere nulla dei loschi affari dei miei clienti.
Secondo piano, terza porta a sinistra.”
Alzando un sopracciglio, Richard pagò l’uomo e si
diresse al
piano superiore. Quel biglietto, quella calligrafia…
Le scale, il corridoio, erano bui, mal illuminati e
puzzavano di sudore e birra andata a male; l’atmosfera del
luogo rispecchiava
in pieno l’umore nero di Richard. Dannato Saxton,
quell’uomo era cocciuto come
un mulo, aveva respinto tutte e quattro le proposte di matrimonio per
Milly che
Richard aveva mandato a Saxton Hall. Scuotendo la testa,
aprì la porta
indicatagli dall’oste, leggermente socchiusa, rimanendo per
un attimo sorpreso
quando notò la persona che lo stava aspettando.
“Milly?”
Lei si alzò dalla sedia su cui si era seduta
nell’attesa, le
mani morbidamente posate lungo i fianchi. “Sarò
breve, se scoprono che me ne
sono andata passerò un brutto quarto
d’ora.”
Richard le si avvicinò, anelando a toccare quei morbidi
capelli che come sempre lo incantavano. Però lei
alzò una mano, fermandolo.
“No, non sono venuta qui per questo. Devi
andartene.”
Lui incontrò gli occhi della ragazza, pieni di…
non sapeva
dare un nome a quello che vi vedeva dentro, ma non gli piaceva. Erano
spenti,
non allegri, ma allo stesso tempo accesi da una luce che lui non vi
aveva mai
scorto. “Mi hai fatto venire fin qui… a proposito,
come sapevi che ero qui?”
“Non ha importanza.” Il tono di lei si fece
pressante, le
mani strinsero lo schienale della sedia, sbiancando. “Dovevo
vederti… dovevo…
una lettera con scritto quello che devi sapere non sarebbe mai partita
da
Saxton Hall.”
“Cosa devo sapere? Cosa succede, Milly…”
Lo fermò un’altra volta. “Non puoi
restare, devi andartene.
Loro… non posso permettere che
accada
qualcosa a mio figlio. Lo
scandalo aleggia come una nube di magia malvagia sulla mia famiglia e
loro
questo non lo possono sopportare.”
Richard a quel punto cominciò a capirci qualcosa; anche se
deprecava le usanze e il pensiero delle famigli nobili, conosceva
abbastanza i
Saxton per sapere quanto quelle voci che giravano sul loro conto
stavano
mettendo a dura prova la loro facciata di famiglia -non più-
così perfetta.
Però… cosa c’entrava il…
bambino con questo? E lui dove
doveva andare?
“So che tuo padre ha parecchi conoscenti in
Germania…
persone che potrebbero darti un’occupazione nel tempo in cui
sarai lì. E tu
stesso hai amici dai tempi di Durmstrang che potrebbero
aiutarti…”
“No, un attimo. Dovrei andare in Germania? Io?”
Stupefatto,
Richard tentò di nuovo di avvicinarsi a Millerna, ma
stavolta un muro di magia
lo fece finire steso al suolo.
“Sì, e dovrai partire subito…”
Dal pavimento lui la guardò, bellissima e regale, sicura di
quello che stava dicendo. “Sposami e andiamo insieme in
Germania, se proprio
dobbiamo.” Era la prima volta che le faceva a quattrocchi
quella proposta e per
un attimo gli sembrò di veder passare un lampo
di… dolcezza? rimpianto?, nei
cupi occhi azzurri di lei. “No, non possiamo. Mi
sposerò fra due settimane. In
tempo per la cerimonia tu dovrai essere lontano da qui centinaia di
chilometri.”
Quelle parole lo zittirono per un lungo minuto. Milly aveva
accettato di sposarsi? Non ci avrebbe creduto nemmeno se lo avesse
visto con i
propri occhi. “Tu menti.”
Milly strinse le mani a pugno, conficcandosi le unghie nella
pelle morbida dei palmi. “Non scherzo sulla sicurezza di mio figlio.”
“E’ anche mio.”
“No, ti dovrai dimenticare di lui… e di me.
Subito! Vattene.
Ho già preso i primi contatti per te. Una volta
lì ti dovrai arrangiare da
solo, però. Mi sorvegliano ventiquattro ore su ventiquattro,
non sono riuscita
a fare più di così.”
Richard si alzò di scatto dal pavimento, avvicinandolesi
così rapidamente da non lasciarle nemmeno quasi il tempo di
reagire. Ma
stavolta, quando ricadde a terra colpito da lei e dalla sua maledetta
magia da
gagia, il respiro gli si fermò in mezzo al petto,
accompagnato da un dolore che
gli trapanava il cervello.
Milly sapeva solo di doverlo fare. Si accucciò davanti a
lui, osservandolo ansimare per un breve istante prima di allentare la
presa
sulla sua mente. “Questo non è niente in confronto
a quello che potrebbero
farti Damien e la mia famiglia, lo sai bene anche tu.
Quindi… senza altre
storie, vai, Richard.”
Era la prima volta che lo chiamava per nome da quando era
entrato in quella dannata stanza. “Qui,
là”, ansimò incontrando di nuovo lo
sguardo di lei, “che differenza fa? Potrebbero torturarmi,
ammazzarmi sia qui
che in Germania.” Chiuse gli occhi un istante, tentando di
alleviare la morsa
che gl’impediva di respirare liberamente. “Che
certezze avrei, potrebbero far
del male a te e al… bambino e poi venire a cercare me.
Farebbero solo un po’
più di strada.”
“Ho accettato di sposare quell’uomo senza fare una
piega”,
gli spiegò alzandosi stancamente, “questo
metterà a tacere le voci, sperano. Io
ne dubito. In quanto a te… non ti potranno fare
niente.” Lo scavalcò, ignorando
lo sguardo di lui che le bruciava sulla schiena. Ancora un
po’ e tutto sarebbe
finito. Suo figlio sarebbe stato al
sicuro. Sapeva che Richard non le avrebbe mai detto no.
“Niente. Il dolore che
hai sentito… non l’ho fatto per piacere mio
personale”, le ultime parole le
sussurrò, “il loro potere non avrà
effetto su di te. Goditela.”
La ragazza uscì dalla stanza, diretta verso un nuovo
capitolo della sua vita… verso una persona che avrebbe
preteso ogni singola
goccia di amore presente nel suo corpo.
Le ore che seguirono
passarono come avvolte da una fredda
nebbia.
Le valigie di Richard furono presto preparate da solerti
Elfi Domestici che non riuscivano a spiegarsi lo strano comportamento
del loro
padrone, così come Ashlocke senior, che stranamente non era
riuscito a chiedere
niente al figlio. Niente urla, niente maledizioni erano rimbombate
nell’atrio
di Ashlocke Mansion quando Richard era tornato.
Solo un pesante silenzio che permeava ogni angolo della
grande dimora come non accadeva da mesi.
Fermo accanto ad una finestra Richard diede un’ultima
occhiata alle terre della sua famiglia, la bocca piegata in una smorfia
amara.
Si massaggiò distrattamente il petto, dove ancora una fitta
di dolore lo infastidiva.
Sarebbe partito… si sarebbe lasciato tutto alle spalle.
Di una cosa era certo, però.
Non avrebbe mai
dimenticato.
[Milly.
Quel nome
nella mente e nel cuore di Richard Ashlocke
risuonava ancora come una cascata di miele e oro.
L’Alchimia del Sangue, capitolo 37]