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Autore: Mentina    08/02/2009    15 recensioni
- Non si può mai discutere con te! – lo rimproverò, un po’ confusa. Jasper scosse la testa, divertito, baciandole la fronte. Alice sbuffò, incrociando le braccia. Poi la terra le mancò da sotto i piedi. Rise, di una risata cristallina. Mille campanellini. Stava a penzoloni su una spalla di Jasper, come un sacco di patate. O di cemento.. era lo stesso.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen, Jasper Hale
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non riuscivo a distogliere lo sguardo dalla scena accanto al fuoco

Non riuscivo a distogliere lo sguardo dalla scena accanto al fuoco. Jasper si sfregava l'avambraccio sinistro, con aria assente.

«Jasper sta bene?», sussurrai.

«Sì. È il veleno che pizzica».

«Lo hanno morso?», domandai, terrorizzata.

«Cercava di essere ovunque. Più che altro, si è preoccupato di alleggerire il lavoro di Alice», disse Edward e scosse la testa. «Ma Alice non ha bisogno dell'aiuto di nessuno».

Alice fece una smorfia al suo innamorato. «Sciocco iperprotettivo».

                                                                 

- Eclipse -

 

 

~ POISON ~

 

Esme attraversò il corridoio sbucando dalla porta della lavanderia. Puntava dritto allo studio di Carlisle, quando si fermò di scatto, scrutando Alice, davanti a lei. Le diede una carezza sulla guancia, e un bacio sulla tempia.

 

- Tesoro, ti senti poco bene? Vuoi che chiami Carlisle? – era sempre premurosa, Esme. Sarebbe stata ed era a tutti gli effetti una mamma perfetta. Alice scrollò le spalle e l’abbracciò di impulso.

 

- Non ti preoccupare. E’ tutto ok. – Esme la scrutò un po’ e sospirò quando Alice si sciolse dall’abbraccio.

- Non fate altro che dirmi così, tu e Jasper. E’ ovvio che mi preoccupi per voi. E per favore, tesoro.. chiedigli se il prurito diminuisce.. o se possiamo provare a fare qualcosa.. che so del ghiaccio.. – pensò con incertezza. Alice sorrise e annuì. Prima di entrare in camera e prima che Esme scendesse le scale per raggiungere lo studio di Carlisle, la fermò.

 

- .. mamma? –

A Esme brillarono gli occhi. Le piaceva sentirsi chiamare mamma. Specialmente da Alice.

Edward, Rose, Emmet e persino Jasper avevano avuto delle madri e ne conservavano, sebbene sfocati, i ricordi. Con Alice, era diverso, non c’era termine di paragone. E quando la chiamava così, le riempiva il cuore di gioia e di orgoglio. La fissò, in attesa.

- Ti voglio bene. – sussurrò, d’un fiato il piccolo folletto. Esme risalì di corsa le scale e le diede un altro bacio, stringendola forte, emozionata. Poi riprese le scale, sorridendo, felice.

 

Alice accompagnò la porta sullo stipite, con il palmo della sua piccola mano. Se fosse stata un essere umano si sarebbe gettata sul letto sospirando. Probabilmente stanca. Sentì il “clic” della maniglia prima di voltarsi e appoggiarsi con la schiena alla porta, con un gesto che doveva significare lasciarsi dietro alle spalle quella giornata. Le immagini di quelle lingue di fumo denso che si perdevano nel cielo la fecero rabbrividire. Scosse la testa. Ripensò a Esme, preoccupata per Jasper e alla conclusione della messa in scena del pigiama party con Bella. La stanza era quasi buia. Solo la grande lampada vicino alla chaise longue, nell’angolo, all’incrocio delle due enormi vetrate, illuminava appena l’ambiente e faceva brillare le lenzuola di seta. Tutto era immobile, perfetto. Sospirò. Anche Jasper era perfetto ed immobile, con lo sguardo perso al di là della vetrata. La mano si era fermata sull’avambraccio sinistro. Sorrise. E gli si avvicinò lentamente. Lui continuava a fissare il nulla. Ma Alice notò quel respiro più profondo.

 

Quando Alice entrava in una stanza era come se un condizionatore avesse sparato la migliore miscela di essenze nell’aria. Si morse il labbro, continuando a fissare il buio della foresta, senza avere il coraggio di voltarsi. Non era solo l’odore di Alice a stordirlo.. c’era tutto quell’amore che lo investiva, ogni volta che lei lo avvicinava. Come una cascata. Come un fiume in piena. Come lava bollente.

 

Alice si fermò a qualche millimetro dalle sue possenti spalle. Poi di slancio, come fosse stato un magnete gigante e lei un chiodino, appiccicò il suo corpicino a quello di Jasper, allacciandogli le braccia sul torso. Sfregò un po’ la sua guancia sulla sua schiena e gli posò un bacio tra le scapole. Dolce, pieno di amore. Di apprensione. Di comprensione.

 

Jasper coprì le piccole manine di Alice con le sue, lasciandosele addosso. Se stava così, immerso in tutte quelle sensazioni meravigliose.. non faceva nemmeno più caso al pizzicore insistente di quel morso. O quasi. Era insopportabile. E anche se di morsi ne aveva presi talmente tanti da contorcersi per ore, tutte le volte era un fastidio insopportabile. Perché sarebbe rimasto lì per sempre e si sarebbe aggiunto al migliaio di altri. E lo avrebbe fatto apparire ancora più spaventoso. Si beò di quel morso. Questa volta non era sopravvivenza. Questa non era una delle battaglie della sua vecchia vita.. questo era un pegno d’amore. Quel morso stava lì.. perché lui voleva proteggere Alice. Anche quando ne aveva due addosso.. e lei non aveva di certo bisogno di lui per difendersi.. il pensiero che quel neonato avesse potuto sfiorarla.. ringhiò.

 

Alice strinse di più la presa.

- Che c’è..? – sussurrò con le labbra ancora tra le sue scapole.

Jasper si portò la manina di Alice che stava appoggiata dove un tempo batteva il suo cuore sulle labbra e la sfiorò con un bacio, dolcemente.

- C’è che ti amo. – lo disse tutto d’un fiato.

Alice mollò la presa e si infilò agile come una gatta tra il suo corpo e la vetrata, fissandolo seria. Le dita della sua mano accarezzavano ancora le labbra di Jasper. Avvicinò la punta del naso alla sua mandibola, correndo veloce lungo l’incavo del suo collo, strofinando la guancia sulla stoffa morbida della maglietta sulla sua spalla e si fermò a un centimetro dal morso. Vi poggiò le labbra con delicatezza, sfiorandolo appena, poi lo fissò di nuovo.

- Lo so. -  disse, seria. Lui la scrutava silenzioso. – Ma non c’era bisogno di provare a farsi fare a pezzi per dimostrarmelo. –

 

            Jasper sorrise, arrogante.

- .. “farsi fare a pezzi” .. – le fece il verso, sarcastico. Alice sbuffò, contrariata.

-  Boria! Sei pieno di boria! -  Jasper la interruppe con una ghigno e lei lo sfidò.

- .. eri dappertutto. Eri davvero dappertutto, Jazz. E non ce n’era bisogno. Se ti avessero fatto del male io.. io.. – Jasper la zittì con un bacio. Preoccupazione, agitazione, ansia.

Se con gli altri gli bastava stringere una mano, o appoggiare il palmo della sua su una spalla.. con Alice c’era bisogno di più impegno. E soprattutto, quando era con lei, così vicina.. non sapeva gestire nemmeno le sue di emozioni! Fu irruento, potente, passionale. Ogni muscolo di Alice s’irrigidì. Le passò una mano sulla schiena avvicinandosela con foga, facendo aderire i loro corpi.

 

            Alice sentiva che il suo cervello era andato in reset. Non seppe più pensare ad altro, altro che non fosse la pelle, le braccia, le mani, il profumo, le labbra, il desiderio di Jasper. Finiva sempre così. Gli infilò una mano tra i capelli, scese in una carezza sul suo orecchio.. è glielo tirò con forza, allontanandosi, di scatto. Jasper aprì gli occhi, fissandola interrogativo.

 

- Non si può mai discutere con te! – lo rimproverò, un po’ confusa.

Jasper scosse la testa, divertito, baciandole la fronte. Alice sbuffò, incrociando le braccia. Poi la terra le mancò da sotto i piedi. Rise, di una risata cristallina. Mille campanellini. Stava a penzoloni su una spalla di Jasper, come un sacco di patate. O di cemento.. era lo stesso.

 

Jasper si lanciò sulla porta del grande bagno della loro camera e mentre la raggiungeva si lasciò dietro le sue scarpe e sfilò le ballerine di Alice che ricominciò a ridere.

- Jazz, stiamo per fare una doccia? … vestiti? – lui sorrise. Maledette visioni.. non c’era modo di sorprenderla. – Sì, perché puzziamo di vampiro bruciato. E mi fa schifo. – Jasper lasciò scivolare Alice sul piatto della doccia e chiuse la porta di vetro smerigliato, lei aprì il rubinetto, cogliendolo di sorpresa. Il getto dell’acqua li investì. Alice rise ancora, maliziosa, questa volta.

 

Si stava stretti là dentro con tutto quel Jasper.

La maglietta gli si era incollata al torso e disegnava quel corpo perfetto. Alice lo percorse con una carezza febbrile, prima di afferrare il bordo della maglietta e sfilargliela velocemente. Lui la sovrastò, spingendosi contro le piastrelline a mosaico e infilandole una mano dietro la schiena. Alice lo baciò con foga, armeggiando coi bottoni dei suoi jeans. Si chiese perché aveva ancora il vestito addosso. Poi sentì Jasper sbuffare. Rise forte. Campanellini. Una manciata di bottoni tintinnarono sul piatto della doccia. Alice fece un finto broncio. I suoi occhi ridevano. Jasper la fissò, fintamente colpevole. Era un bel gioco.

 

            -Jazz.. era un Dolce & Gabbana! -  Irritazione e divertimento. E desiderio. La schiacciò col suo corpo marmoreo, gli occhi erano una fessura minacciosa. – E chi se ne frega. – ghignò. E riprese a baciarla e ad accarezzarla e a stringerla a .

 

E se un ambientalista si fosse lamentato della durata di quella doccia, avrebbero sempre potuto mangiarselo.

 

 

  
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