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Autore: Aki_chan_97    11/09/2015    9 recensioni
Millenni fa un'antica, mostruosa creatura venne imprigionata nelle profondità della terra dal Drago Rosso Cremisi. Egli chiuse la tomba dello sconfitto con cinque sigilli, che vennero in seguito affidati a cinque diversi esseri umani. Essi divennero i custodi dei cinque frammenti di potere del drago, e grazie alla loro presenza la pace poté regnare sovrana sul mondo. Ma mai nessuno, finora, aveva tentato di ricongiungere i segni insieme. Quale minaccia è appena comparsa all'orizzonte? Il Satellite, Neo Domino e il mondo intero rischiano davvero la loro pace? Riusciranno i possessori dei cinque sigilli a scoprire cosa sta accadendo per impedire in tempo il ritorno del demone vendicatore?
(YuseixAki) !!!! DISEGNI 12, 13, 14, E 15 AGGIORNATI !!!!
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aki/Akiza, Yusei Fudo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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*Nell’antro oscuro della scrittrice*
 
Puntata speciale: di ritorno dalla terra dei morti

 
Io: *arriva in fretta e furia facendo svolazzare scartoffie varie* MI DISPIACE DEL RITARDONE NON VOLEVO METTERCI COSI’ TANTO E STATA TUTTA COLPA DEI MIEI DISEGNI E DEL MIO BLOG E DI NUOVO DEI DISEGNI E DI TUMBLR E DELLE COMMISSIONI E DEL BLOCCO DELLO SCRITTORE E DEI DISEGNI E-
 
Crow: AKI CHAN RESPIRA
 
Io: *prende un bel respiro* MI DISPIACE *si appoggia ad un tavolo per colpa del fiatone*
 
Crow: santo cielo, ci hai fatto prendere un colpo
 
Io: pardon, ho sangue di ritardataria nelle vene. Abituatevi come ho dovuto farlo io.
 
Crow: *sospira*
 
Io: ehi, occorre tempo ai disegnatori. Anche se vorrei incenerire tutti quelli che ho pubblicato qua… presto o tardi li rimpiazzerò, ormai sono vecchi (anche perché gli url stanno dando problemi da quel che ho notato)
 
Crow: prima pensa ad aggiornare.
 
Io: …HAI RAGIONE *sbatte la testa contro la scrivania* ma ora, svelti. Torniamo agli affari. Crow, fammi il favore, leggi qua *passa foglio*
 
Crow: perché sempre io?
 
Io: perché sei il più amichevole del team.
 
Tutti: *la guardano male*
 
Crow: ….oh. D’accordo *tira su il foglio* Si ringraziano calorosamente i recensori dello scorso capitolo, come playstation, yugi00, Aliss01, iridium_senet, eli8600, Black_RoseWitch, CyberFinalAvatar e Nekoyasha96! ^___^ in più, anche i nuovi recensiori della oneshot Always at your side (i quali hanno anche aggiunto questa storia tra le preferite o seguite!) come lady_eclisse, Darkdan Hibiki Kurokawacrazyfrog95! :3
 
Io: Questo capitolo devo ammettere che è stato un vero calvario, ma un paragrafo decente su Luna/Ruka era necessario *si asciuga il sudore*
 
Intanto, il disclaimer è sempre valido. La storia/trama è mia, eccetto per i personaggi.
 
Avvertenze: capitolo molto angst (sai che novità), sfumature leggermente horror in certi punti. Cosa sarà mai, vi starete chiedendo? Oh. Tranquilli, un paio di pagine e capirete subito.
 
Riassunto capitolo precedente: dopo aver fatto un po’ a botte con dei mostri nei tunnel, i nostri eroi hanno casualmente (seh, come no) incontrato Ruka e salvata dalle grinfie di un’altra bestiaccia u.u chissà come mai sembra conoscere già i nostri eroi °^° scopriamolo, yeah! XD
 
 
 
POV: Ruka
 

Finalmente li avevo ritrovati. Finalmente ero arrivata lì, davanti a loro. Nonostante quel vagare senza fine, ero riuscita ad incontrarli tutti quanti. A dispetto della paura, dell’angoscia e del dolore che avevano tormentato il mio cammino, le parole del Drago erano state veritiere. Non mi aveva mai mentito, mai. Forse ero stata io a mancare di fiducia, ma alla fine tutto era andato bene.
 
 
Ricordo quello che mi diceva, quando lo incontravo nei miei sogni in quel giardino idilliaco. Aveva una voce dolcissima, e gli piaceva volteggiare molti metri sopra le cime lucenti degli alberi, deformando le nuvole cotonate di quel cielo trasparente. Mi raccontava la sua storia, quella degli spiriti, e quella dei miei predecessori…
 
Quella era sempre stata la sua preferita.
 
Parlava poco, perché spesso me le mostrava quelle storie, come in una pellicola. Mi mostrò il giorno in cui saldò l’alleanza con gli esseri umani, chi fosse la mia diretta antenata spirituale, e chi fosse l’Eroe che aveva permesso di sconfiggere il demone Akuma una volta per tutte.
 
Akuma… non ho mai saputo che aspetto avesse, me ne è rimasta solo un’idea lontana e sfocata. Ma sono contenta di non averne mai avuto un’immagine nitida, altrimenti avrebbe tormentato i miei sogni ogni notte, trasformandoli in incubi raccapriccianti.
 
Di lui avevo molta paura anche da piccolissima, me lo ricordo. Tuttavia, sapevo che il suo dominio fosse ormai finito, e che lui fosse rinchiuso nelle viscere della Terra, lontano dalla superficie, sepolto dove nessuno avrebbe mai potuto accedere.
 
Alla fine il Drago aveva completato la sua missione, e aveva lasciato il resto ai suoi alleati, noi umani. Ci aveva affidato la custodia dei suoi sigilli, e concesso la sua speciale protezione. Le ere passavano, ma la vita si rigenerava, e così i discendenti spirituali dei primi Signer ritornavano in nuove vite.
 
Chissà se anche questi ragazzi conoscevano il Drago come lo conoscevo io. Lui mi diceva sempre che io ero speciale, che nemmeno gli altri Signer erano sensibili come me, e che difficilmente sarei stata compresa da tutti, specialmente dalle persone normali. Per questo, in questa vita, dove non ero altro che una bambina piccola e timida, mi aveva posto accanto una persona disposta ad amarmi incondizionatamente: mio fratello. Non aveva ereditato il mio stesso dono, ma questo non importava a nessuno dei due; avevamo un legame speciale, di cui eravamo entrambi fieri e gelosi.
 
Oh Rua, quanto mi manchi.
 
Era sempre stato lui a prendersi cura di me, ben più dei nostri genitori. Anzi, ricordavo a malapena i loro volti. Persi il conto dei giorni che passavano fuori casa, ogni volta in viaggio per affari. Ma un giorno, dopo il mio tredicesimo compleanno, lo compresi: non volevano mai tornare perché avevano paura di me e, di conseguenza, anche di mio fratello. Da piccola parlavo di spiriti, di draghi, di giardini celestiali… dovevano pensare di avere una figlia completamente pazza. E chissà il suo gemello… ben presto avrebbe mostrato anche lui segni di instabilità. Ma non andò così.
 
Rua era infantile ed ingenuo, ma anche coraggioso e leale. Seppure mi ritrovavo spesso nel ruolo di sorella maggiore costretta a richiamarlo alla buona condotta, lui pareva trasformarsi in un paladino di giustizia quand’era tempo di difendermi, proprio come quelli delle favole. Finché potevo, badavo a me stessa per conto mio, ma era difficile farlo desistere dal suo nobile intento. Era il suo modo di dimostrarmi affetto. Ero affezionata a mio fratello più che a chiunque altro, e non osavo immaginare quale reazione avrei avuto se me l’avessero portato via.
 
Non avevo fatto i conti con l’eventualità di venire separata io stessa da lui.
 
Entrambi sapevamo dei miei strani poteri: capitava che ogni qual volta mi alterassi le luci delle stanze impazzissero, aumentando di intensità senza preavviso fino a esplodere, o che si spegnessero quando qualcosa mi metteva a disagio. A volte ne praticavo il controllo, ma non ero molto brava. Non mi esercitavo molto, lo padroneggiavo solo per quel poco tempo che serviva, ma non potevo prevedere quello che sarebbe accaduto dopo, neanche lontanamente.
 
 
Era già notte, ma io e mio fratello non eravamo ancora andati a dormire. Mentre ridevamo e scherzavamo in soggiorno all’improvviso la corrente saltò, lasciandoci avvolti nel buio. Pensammo che fosse una conseguenza del brutto tempo, e decidemmo di attendere pazientemente che la luce tornasse, intrattenendoci con le mie sfere luminose. Ma poi… una di queste, volteggiando attraverso la stanza, si accostò ad una finestra, e fu lì che ci rendemmo conto di non essere affatto soli.
 
Cacciai un urlo. No, non mi ero immaginata quella figura scura, lì c’era davvero qualcuno. Contemporaneamente, il segno sul mio braccio si illuminò, senza fiamma, senza dolore, sola luce. Tutti i miei sensi furono in allerta. Quell’individuo era un pericolo. Un lampo cadde sotto la pioggia, e delineò per un istante la figura di un uomo, alto, coperto da un mantello ed un cappuccio, dall’aria tutt’altro che amichevole. Udimmo il rimbombo del tuono, lontano, sommesso, e per un attimo temetti che quell’uomo l’avrebbe inteso come segnale di attacco. Invece, non si mosse.
 
Mio fratello indietreggiò lentamente senza staccare gli occhi da lui, e cautamente feci altrettanto. Non avevo il coraggio di dargli le spalle per mettermi a correre. In un primo momento fui tentata di pensare che quell’ombra, così immobile, fosse solo un’illusione. Ma potevo sentire il suo sguardo indagatore su di noi, udire il suo respiro silenzioso, e vedere le sue spalle ampie coprire quasi tutta la luce della finestra. No, era reale, più che garantito. Eppure, non aprii bocca: decisi che se avesse mosso un solo passo verso di noi con chiare intenzioni malvagie, l’avrei attaccato.
 
“Tu… chi sei?” mormorò Rua, ponendosi lentamente davanti a me.
 
L’uomo sorrise in modo sinistro, facendosi scappare una risata di scherno.
 
“Il Drago adesso sceglie bambini come seguaci, eh? Che tristezza…”
 
Sbattei le ciglia, incredula. Di certo parlava del Drago Cremisi, ma come faceva a conoscerlo? Forse aveva qualcosa a che fare con lui? No, non avevo idea di chi fosse, ma era troppo oscuro per appartenere alla luce. A meno che non fosse coinvolto anche... No, assurdo. Era davvero possibile questo?
 
Mi sembrava di avere a che fare con una bomba ad orologeria: avrei dato qualunque cosa pur di sapere a che punto fosse il conto alla rovescia di quell’uomo. Eravamo poco più che bambini… che avremmo dovuto fare?
 
“Non ti farò del male, non agitarti. A me interessa solo lei.” Dichiarò a Rua, indicandomi. Trattenni il fiato. Stavo tremando…
 
‘Me?’
 
“Cosa vuoi da Ruka?!”
 
“Fatti da parte e basta, stupido.”
 
“Cosa. Vuoi. Da lei!” gridò Rua alzando i pugni.  
 
‘Rua, che fai?! Che hai intenzione di fare?!’
 
“Te le stai cercando, moccioso.” Sentenziò l’uomo. Rua deglutì, ma non desistette, serrando i denti.
 
Un secondo di silenzio. Poi, l’uomo scattò come un fulmine, e prima che ce ne rendessimo conto ci aveva già colpiti, spingendo all’indietro Rua -e me di conseguenza- con un solo affondo di pugno. Sentii il mio corpo volare per un tempo infinito, finché il terreno non ci accolse bruscamente; il peso di mio fratello mi schiacciò totalmente i polmoni, ma poi venne sbalzato qualche metro più in là.
 
Rimasi per diversi secondi immobile, e appresi con shock che i miei polmoni si erano totalmente bloccati. Non riuscivo nemmeno a muovermi! Avevo la bocca aperta, ma non un filo d’aria riusciva ad entrarmi in gola. Pregai che quell’uomo avesse almeno la pietà di non colpirmi proprio in quell’istante, e che mi lasciasse l’opportunità di riprendermi. ‘Avanti… muoviti!
 
Dopo qualche interminabile secondo, riuscii a rotolare su un fianco, ansimando; cercai di sollevarmi in fretta, ma voltandomi verso mio fratello mi accorsi che non si era nemmeno mosso. Era accasciato sul pavimento, immobile.
 
“Rua!”
 
Senza preavviso però, una mano alle mie spalle mi afferrò per i capelli, sollevandomi da terra. Gridai dal male, cercando in tutti i modi di far mollare la presa al mio assalitore, o di tenermi ancorata alla sua mano pur di non sentire quella fitta lancinante, ma nulla sortiva effetto; i miei occhi avevano cominciato a lacrimare  ininterrottamente.
 
 “Sei così debole che potrei restare giocare con te ancora per ore. Sfortunatamente però, non ho tutto questo tempo.”
 
Le mie pupille si dilatarono: mi avrebbe uccisa,  ne ero sicura. Gridai, scalciai, ma lui non mollò affatto la presa. Non riuscivo a spaventarlo, né ad impietosirlo. Riuscii solo a pensare a mio fratello, che con tutta probabilità sarebbe presto rimasto solo. La Morte era giunta senza nemmeno degnarsi di avvisare. ‘Rua….! Rua, mi dispiace!’
 
All’improvviso, udii un colpo secco, poi vetri rotti. Lanciai un’occhiata al pavimento: c’erano pezzi di bicchiere ovunque. Sentivo un respiro affannoso alle mie spalle: Rua!
 
“Lasciala…” cominciò lui, ma ansimava troppo forte per continuare. Udii un leggerissimo sibilo. Doveva aver preso qualcos’altro dal tavolo.
 
“Ma dai, non avrai intenzione di centrare tua sorella, spero!” lo schernì l’uomo, spostando il mio corpo davanti a sé, stringendomi contro il suo torace.
 
Vidi Rua: tra le mani, stringeva un coltello.
 
Scalciavo e graffiavo il braccio sulla mia trachea, ma era troppo forte per me. Se Rua avesse tirato l’arma in quel momento, mi avrebbe colpita.
 
A meno che non mi muovessi io. Con uno scatto, aprii i palmi delle mani di fronte al viso del mio assalitore, un solo colpo di luce bianca e accecante. Sentii la mia gola venir lasciata, e le mie gambe scivolare sul pavimento sottostante.
 
Non aspettai la sua reazione. Feci forse lo scatto più veloce della mia vita. Presi Rua per mano senza fermarmi, e puntai alla stanza più sicura della casa. Correvo, ma non abbastanza in fretta. Mi sembrava di muovere le gambe in mezzo ad acqua alta. Perché non riuscivo ad essere più veloce?!
 
“Non penserete di scappare sul serio, vero?”
 
Un bagliore smeraldo irradiò la stanza. Tutte le pareti rimasero impregnate di quell’essenza, come incantate. Un brivido gelato mi attraversò dalla testa ai piedi: quell’essenza era familiare... Il mio marchio sfolgorò, un antico rancore lo legava a quella luce. Rua affondò le mani sulla maniglia, ma la sostanza non gli fece nulla. Semplicemente, la porta sembrava cementificata. Ed era l’unica via d’uscita che potesse salvarci. Provò a riaprirla con più forza, ma niente da fare. Eravamo con le spalle al muro. Anzi, alle nostre spalle c’era…
 
“Non muoverti da lì, moscerino.”
 
Ci voltammo entrambi, bianchi come lenzuoli: gli occhi di quell’uomo sfolgoravano di luce propria, paradossalmente più cupi di tutto il buio che ci circondava. Sollevò una mano, poi tirò violentemente il dorso alla sua destra. Per un attimo credetti non sarebbe accaduto nulla, era ancora troppo distante per toccarci. Ma uno spostamento d’aria mi comunicò il contrario. Quando mi voltai, era già troppo tardi: Rua era stato magicamente scaraventato contro il muro, con così tanta forza da sfondarlo. Tra le crepe, udii dei deboli lamenti, ma lui non riusciva a muoversi di un centimetro.
 
“RUA!”
 
Corsi da lui, ma una mano mi strattonò per la spalla. Fu abbastanza forte da farmi voltare completamente nella sua direzione, poi mi prese per il collo: mi sollevò da terra come fossi una piuma. La sua mano era forte, e mi stringeva la gola sempre di più. Mi sentii soffocare. Avevo caldo in faccia. Non riuscivo a pensare a niente. Mi aveva paralizzata. Ero troppo debole. Senza speranza. Adesso mi ammazzava. Adesso mi ammazzava. E ammazzava anche Rua. Ed era tutta colpa mia.
 
“Il Drago non vi salverà stavolta, Signer.”
 
La sua voce era profonda, solenne. Aveva la situazione in pieno controllo, e lo ostentava senza troppi problemi. In fin dei conti, era così. Non potevo ribattergli nulla. Le sue dita attorno alla carotide me lo avrebbero comunque impedito.
 
“Il tempo dell’attesa è finito. Porta i miei saluti agli altri Signers.” sussurrò, divertito.
 
Ero certa che sentisse perfettamente il mio battito cardiaco. E chissà per quanto tempo ancora, col poco che mi era rimasto. Ormai seguivo le sue parole a malapena. Ero al limite delle forze. Non respiravo più. Stavo per morire. E Rua dopo di me. Era tutta colpa mia. Avrebbe perduto la sua vita a causa mia e non mi avrebbe mai perdonata per questo. E non potevo nemmeno dirgli scusa, o addio.
 
Poi, proprio quando mi trovai sull’orlo dell’incoscienza, l’uomo mi lasciò.
 
Ma non caddi sul pavimento. In qualche modo, lo sorpassai.
 
Sotto di me, una voragine buia. Cadevo. Cadevo. Sempre più in fretta. E il fondo non arrivava mai.
 
Poi, ombre vive mi avvolsero. Come dita secche e scheletriche, come rami fitti e taglienti, come catene dure e pesanti, mi tirarono giù, strappandomi dalla luce. E mi addormentai nelle viscere dell’oscurità.
 
 
 
 
Passò un tempo interminabile. Infine, riaprii lentamente gli occhi. Per un attimo avevo creduto che la mia mente fosse stata fatta prigioniera di quell’oblio, ma non era così. L’angoscia era ancora là, inchiodata nel cuore.  Attorno a me c’era tanta ombra, ma stavolta potevo vedere qualcosa. Sembrava… roccia. Della roccia sulla mia testa. Mi rialzai malamente, intorpidita: sentivo la gola ancora dolorante. C’era una debole luce in lontananza, e un silenzio di tomba. Forse ero sola.
 
…E se invece quell’uomo fosse ancora là, ad aspettarmi nell’ombra?
 
Mi voltai in preda ad un attacco di panico, spostando nervosamente lo sguardo alla luce di una delle mie sfere di energia, ma non intravidi nessuno, solo nuda roccia, immobile e silenziosa. Che stava succedendo? Stava arrivando qualcosa? Avrei dovuto correre?
 
Poi, in un lampo, un nome mi sfuggì dalle labbra: Rua.
 
Il mio dolce fratellino.
 
Sentii il mio viso farsi pallido, e le ginocchia farsi sempre più deboli. Fissai il pavimento, immobile.
 
Rua… dov’era Rua? Era vivo? Era morto? Perché ero finita qui? Dov’era “qui”? Quanto tempo era passato? Perché ero sola? Perché era dovuto succedere tutto questo? Perché non ero morta?!
 
Le mie gambe non mi reggevano più. Dovetti sedermi a terra. Sentivo dolore nel petto, in quello spazio tra il cuore e la gola. Avevo gli occhi caldi. Si stavano lentamente velando di lacrime. Tremavo.
 
“Rua… dove sei, Rua?” sussurrai tra me e me. Alcune lacrime caddero sulle guance. Stavo realizzando sempre più in fretta quanto elevate fossero le probabilità di non rivederlo mai più. Era rimasto senza di me. Solo. Davanti ad un uomo con capacità sovrannaturali, malvagio. E non aveva modo di difendersi. E quell’essere era abbastanza spietato da ucciderlo. In più, io non sapevo nemmeno dove ero finita. Nemmeno se ero viva o morta, a questo punto. Non avevo modo di tornare da lui, di proteggerlo. E lui era troppo debole per proteggere se stesso. Non volevo crederci. Non volevo. Era impossibile che Rua morisse prima di me, ancora così giovane. Era impossibile. Eppure era la cosa più ovvia che potesse accadere.
 
Forse stavo solo negando la chiarezza dei fatti. Forse non ero destinata ad essere felice. Forse era destino dover essere brutalmente privata anche di mio fratello. Solo perché ero nata con un dono diverso. O una maledizione.
 
Iniziai a singhiozzare. Un presentimento orribile mi divorava lo stomaco. Difficile da dire se fosse premonitore o contaminato dalla mia paura. Non volevo ammettere a me stessa quella verità tanto orribile quanto probabile. Non avevo certezze, ma quanta scelta c’era? Che quell’uomo lo avrebbe lasciato in pace di punto in bianco? Tanto generoso quanto sciocco da parte di un individuo del genere. Se era vero che era alleato del demone, allora dovevo aspettarmi mali ben peggiori. Il mio corpo era tormentato da veri e propri scossoni.
 
“Rua…” le lacrime scorrevano calde sul mio viso. Cadevano in piccole bolle per terra, una dietro l’altra, ininterrottamente. Riuscivo solo a pensare a Rua.
 
Pensai a quando cadde dal divano per imitare un eroe alla tv. A quando mi si addormentò sulla spalla guardando un film. A quando gli medicai il ginocchio per essere finito in una zuffa. A quando mi chiusi in camera per finire di leggere il mio libro in pace, ignorando i suoi pugni sulla porta. A quando lo sgridai per aver rotto un piatto. A quando gli diedi dell’ignorante. A quando gli nascosi i fumetti per vendicarmi del mio diario strappato. A quando gli dissi che forse mamma e papà non ci volevano più.  A quando mi incoraggiò. A quando mi promise che mi avrebbe difeso da ogni male. A quelle poche volte che gli dissi che gli volevo bene. A quelle innumerevoli volte che me lo disse lui.
 
Se solo non fossi stata così fredda con lui, tutto questo tempo… Avevo dato per scontato che sarebbe rimasto con me per sempre. E invece il fato era stato crudele con me. Ma perché proprio con me? Cos’avevo fatto di sbagliato?!
 
Ah, già. Il marchio.
 
Dannato, dannatissimo marchio.
 
“Rua… dove sei?” mormorai. Voltavo il viso in diverse direzioni, ma non cambiava nulla. Era tutto buio, e quelle rocce in penombra sembravano fissarmi. “Rua, dimmi che sei qui, ti prego… Non lasciarmi sola…” Mossi alcuni passi a gattoni. “Io volevo solo restare con te, volevo solo che noi fossimo felici… Non volevo tutto questo, io ti volevo troppo bene per questo. Sono stata egoista tante volte, ti sgridavo più e più volte, ma tu…” Serrai i denti. Un singhiozzo mi scosse. Secondo dopo secondo, il terrore del reale si faceva spazio nella mia mente, spacciandosi per ragione, per ovvietà. E non avevo motivo di credere che si sbagliasse.
 
“Tu mi perdonavi sempre… mi hai voluto così tanto bene! Per tutto questo tempo sei stato accanto a me, mi hai difesa, protetta, amata… Io, invece, ti ho fatto solo male… mi dispiace Rua…”. Strinsi le mani contro la terra. “MI DISPIACE!!!” gridai; nessuno mi sentì. Faceva male, tanto male. Avrei preferito morire. Sarebbe stato meglio. Molto meglio. Per la prima volta nella mia vita, avevo desiderato di morire, per davvero. E la cosa non mi sconvolgeva affatto. Lo volevo sul serio, con tutte le forze.
 
Nessun miracolo ci aveva salvati. Il Drago non era intervenuto. Anzi, era colpa sua se tutto questo era accaduto. Era tutta colpa sua. Mi aveva cresciuta tra favole e nuvole, senza avvertirmi dei veri rischi che correvo. Mi strinsi il braccio con tutta la forza che riuscii a sfoderare, ma nessuna voce mi raggiungeva dal marchio. Era muto come non lo era mai stato prima. Ecco, mi aveva abbandonata nel momento del bisogno. Mi sentivo più vuota che mai. E faceva male. Troppo male.
 
Mi adagiai su un fianco, continuando a piangere. A gridare. A graffiarmi braccia e guance. Volevo restare lì in eterno. Magari sarei morta presto di stenti, e a quel punto tutto sarebbe finito, e io sarei tornata da Rua.
 
Un debole vento mi carezzò la testa. Forse qualcosa lì c’era. Eppure, non mi spostai: qualunque cosa fosse stata, se mi avesse uccisa, tanto meglio. Senza Rua non avevo più ragioni per vivere, ormai. Una strana polverina si attaccò alle mie guance bagnate; il vento incrementò di forza e respiro. Mi sembrò che mi scivolasse sotto le spalle, come una grande mano intenta a sollevarmi. La lasciai fare, qualunque fosse stato il suo proposito. Non aprii nemmeno gli occhi. L’istinto di sopravvivenza era stato soffocato dal dolore. Poi, mi accorsi che il terreno stava cambiando. Ora era più liscio e freddo, come una lastra di marmo. Il buio però era ancora là.
 
Faceva molto freddo. Tremavo, ma era per colpa delle lacrime e del dolore. Che cosa aspettava questo incubo a finire?! Cos’altro c’era che poteva solo scalfirmi?! No ero stata già disintegrata abbastanza?!
 
“Ruka…”
 
Per un attimo smisi di respirare. Dovevo tacere. Dovevo ascoltare. Era vera quella voce?
 
“Ruka…”
 
Fremetti. Sembrava impossibile. Era una voce. Non l’avevo immaginata. Ed era la sua.
 
Calmai i singhiozzi. La speranza parve rinata. Mi sollevai da terra. Presi a correre.
 
“Rua…?! RUA!” gridai affannata, sperando mi sentisse. Quella era la sua voce! La riconoscevo! Era qui, da qualche parte, mi stava chiamando! Non ero ancora riuscita a capire da dove però… forse era vicino!
 
“Ruka. Guardami.”
 
Il suo tono era diventato improvvisamente serio. Molto serio. Adesso avevo capito da dove veniva. Portai in basso lo sguardo. Morire una seconda volta sarebbe stato meno doloroso.
 
Per terra, nel riflesso luminoso del marmo, non c’ero più io. C’era Rua. Pallido. Scheletrico. Scarnificato. Riconoscibile forse soltanto dai capelli disordinati. Repellente allo sguardo.
 
“Hai visto? Hai visto che mi hai fatto?” sussurrò, sollevando le braccia massacrate.
 
Volevo urlare, ma produssi solo dei deboli rantoli indistinti. Più lo guardavo, più quell’immagine si perpetuava nel mio cervello migliaia di volte, rafforzandosi, mutando in visioni ancora peggiori. Stavo per vomitare dal ribrezzo. Sembrava troppo reale per essere un’illusione. “Rua..!”
 
“Lo sapevo che sarei dovuto andare via con mamma e papà. Tu non mi hai portato altro che guai.”
 
Su questo però aveva ragione. “Mi dispiace, Rua! Io… volevo proteggerti! Quell’uomo era troppo forte per me! Non sapevo cosa-“
 
“IO SONO MORTO, RUKA!” Urlò, ma stavolta la voce non era filtrata dal riflesso. Era ancora più vicina, più reale. Alzai gli occhi: era a una manciata di metri di fronte a me. Potevo vedere ogni centimetro della sua pelle, una volta giovane, ora maciullata, coperta da lividi e sangue. Non ce la feci più. Voltai la testa e  vuotai lo stomaco.
 
“Mi hai ignorato e trattato male per tutti questi anni. Io mi ostinavo a darti attenzioni, ma cercarle da te si è rivelato inutile.”
 
Le convulsioni si susseguivano, ero diventata praticamente sorda.
 
“Mi hai sempre odiato, ammettilo. Tu volevi bene solo a te stessa. Eri egoista. Volevi qualcuno che ti accettasse nonostante i tuoi poteri, ma non eri disposta a fare altrettanto, nemmeno per tuo fratello.”
 
Iniziavo a riprendermi, ma mi sentivo stordita. Forse aveva detto qualcosa, ma ero troppo intontita per distinguerlo.
 
“Volevi proteggere solo te stessa. Tuo fratello poteva anche crepare per quanto ti riguardava.  Tanto eri tu la priorità. Spero tu sia soddisfatta ora!” esclamò, allargando le braccia. Il terreno si macchiò di sangue. No, a guardarlo meglio, di sangue ce n’era troppo attorno…
 
“Rua, io ti volevo bene!  E ti voglio ancora bene! Tu mi conosci! Sai che era vero e che-“
 
“NON MENTIRE. Non. Mentire! Non sono stupido come credi.”
 
Mi mancavano le forze per ribattere. Ero sfinita.  Volevo che quel tormento finisse il più in fretta possibile.
 
“E allora cosa vuoi?” gli sussurrai con un filo di voce.
 
Le ombre attorno a noi sembrarono muoversi. Come se fino a quel momento fossero stati serpenti perfettamente mimetizzati. Il sangue per terra si espandeva sempre di più. Come se colasse verso di me.
 
“Te lo dirò cosa voglio. Mi riprenderò tutto il bene che ti ho fatto. Ti pentirai amaramente di avermi trattato così.”
 
I serpenti strisciarono verso di me. Ora mi pareva di sentire i loro sibili.
 
“Rua… io non volevo che ti accadesse alcun male… Sei la persona a cui voglio più bene al mondo, come puoi averlo dimenticato?!”
 
“Sporca bugiarda. Posso vedere quello che hai in cuore, adesso. E stai mentendo.”
 
No, non stavo mentendo. Era forse l’unica certezza che si era timidamente fatta strada nel mio stordimento, ma a quel punto cominciavo a chiedermi se non stessi mentendo perfino a me stessa, pur di non accettare le sue parole.
 
“Mi fai schifo. Addio, sorellina.”
 
I serpenti mi assalirono senza preavviso. Mi sentii soffocare tra le loro spire. Non erano materiali, eppure sentivo le mie gambe sprofondare, la cassa toracica comprimersi, le orecchie fischiare. Ora sentivo delle voci. Sussurri, grida lontane, alcune più vicine. Alcune nitide, altre confuse.
 
“Il tempo scorre, non aspetta, non si ferma!”
 
“Svelti! I demoni stanno arrivando!”
 
“Mamma, papà! Siete tornati!”
 
“Non c’è altra strada, se non la morte!”
 
“Dove sono tutti?”
 
“I Draghi risorgeranno, e il Demone cadrà!”
 
“Non posso lasciarvi soli!”
 
“Sorellina!”
 
Ormai era troppo tardi per salvarmi. Avrei accolto il sonno eterno con pochi rimpianti.
 
Ma quando stavo per abbandonarmi alla morte, qualcos’altro accadde.
 
All’improvviso mi tornò respiro in corpo. Sparì ogni dolore. La pressione sul mio corpo scomparve, lasciandomi libera, come in aria. Fu come se un colpo di vento fresco mi avesse attraversata da capo a piedi in una frazione di secondo. Spalancai gli occhi, ma dovetti subito richiuderli: la luce era accecante. Del buio di prima non c’era più traccia. Nessun sibilo, nessun grido. Silenzio, pace. Tutto dissolto. Senza alcuna spiegazione. E paradossalmente, non riuscivo ad accettarlo, non così su due piedi.
 
Ero confusa. Non dovevo morire tra atroci sofferenze? Oppure, ero morta e per qualche grazia non ero finita all’Inferno?
 
Dovevo essere stesa su un terreno. Una sensazione familiare mi solleticava il braccio: era il marchio. Brillava ancora. Sarebbe rimasto legato a me anche da morta?
 
Mossi le dita: erba soffice. Ero stesa su un prato. Attorno a me, alberi eterei, chiari come pastelli, e farfalle che, come petali di fiori, volavano leggiadre nella nebbia. No, questo non era alcun regno ultraterreno. Era un posto che conoscevo bene. Mi rialzai rapidamente, per nulla intorpidita.
 
Non mi sbagliavo, questo era il mondo degli spiriti. Ma perché?! Che diamine stava succedendo?!
 
“Ruka.”
 
Questa voce…
 
“Drago, dove sei? Non riesco a vederti! Che sta succedendo?!”
 
“Ascoltami, Ruka. Gli anni della veglia sono finiti. La Vita è in pericolo. Akuma minaccia di risvegliarsi presto.”
 
Non ci stavo capendo più niente. Cosa c’entrava Akuma?! Io volevo solo sapere di Rua, di quello che avevo visto, come mai all’improvviso era in pericolo la Vita intera?!
 
 “Che significa, Drago?! Ti prego, spiegati meglio!”
 
“Stanotte ti sei imbattuta in un uomo, ma la sua natura non era più umana. Probabilmente, tramite lui, Akuma ha trovato un modo per spezzare le sue catene.”
 
“Akuma?! Ma Akuma non… aspetta, cos’ha fatto a Rua?! È vivo? Sta bene?!”
 
“Tranquilla, piccola mia. Tuo fratello sta bene. È qui con me, è vivo.”
 
Sospirai. Un’ondata di calore mi scosse. Grazie al cielo mi ero sbagliata. Rua era vivo. Stava bene. Non gli era accaduto nulla di male. E questo non era un sogno.
 
“Drago, dov’è Rua? Posso vederlo adesso?”
 
“È qui con me, ma c’è troppa nebbia affinché tu possa vederlo. Fidati di me. Resterà qui finché tutto non sarà finito.”
 
Per qualche motivo, avvertii una stretta dolorosa al cuore. Tra me e me cominciò a farsi strada il pensiero che forse il drago stesse mentendo. Forse Rua era morto davvero e non me lo voleva dire.
 
“Drago, perché non posso vederlo?”
 
Il drago si attorcigliò più volte in alto tra le nuvole. “Ricorda che Rua non è un Signer. Se si trova qui, è solo per un eccezione straordinaria. Non deve svegliarsi, per adesso. Questo posto non appartiene a nessuno che non possieda il mio sigillo.”
 
Cominciavo a capire. Forse stava dicendo la verità.
 
“Promettimi che tornerà da me sano e salvo. Se non lo fai, io…” le parole mi morirono in gola. C’era una qualsiasi minaccia che potevo rivolgergli?
 
“Te lo prometto solennemente, Ruka. Tuo fratello vivrà e tornerà da te come prima. Ma c’è una cosa che dobbiamo fare tutti insieme, ora.”
 
“Tutti insieme?”

“Sì. E riguarda Akuma.”
 
“Ma perché Akuma? Non lo avevi sigillato millenni fa?”
 
“Così era andata. Ma qualcuno che ha fatto uso di pratiche oscure dev’essere riuscito a trovarlo, e a stringere un patto con lui. Non pensavo che qualcuno avrebbe mai accettato di arrivare a tanto…”
 
“È terribile…”
 
“Quest’uomo sta cercando i sigilli e i loro possessori, te compresa, per suo conto. Speravo di non dovervi costringere ad intervenire, ma non c’è scelta.”
 
Questo spiegava quello che era successo in casa. E qualcosa mi diceva che sarebbe stato solo l’inizio.
 
“Ma non temere, piccola mia: non resterai sola, neanche per un istante. Gli altri Signer stanno per essere riuniti: hanno solo bisogno di te.”
 
“Gli altri? E come? Dove? Quando?”
 
“Nello stesso luogo in cui si trova adesso il tuo corpo. Sentirai cosa dovrai fare al momento giusto, ricorda che sei protetta dal marchio.”
 
La voce del drago si fece più lieve. Le nubi più grigie, il terreno più nero.
 
“Drago! No, aspetta! Devo sapere di più!”
 
 “Tra poco tornerai nella tana del Demone: trova i Signer prima di ogni altra cosa. Saprai cosa fare quando li incontrerai.”
 
“E come?!”
 
“Lo sentirai, mia cara. Quel marchio è un privilegio speciale: non avete nulla da temere.”
 
“Drago!”
 
Il Drago ululò al cielo. La luce delle nuvole si dissolse, ed io piombai in un sonno profondo. Dopo interminabili ore, quando ripresi coscienza, ero di nuovo sul terreno roccioso e buio in cui mi ero imbattuta in precedenza. Stavolta però avevo le idee più chiare. Rua stava bene. Era insieme al Drago. E mi aveva detto di trovare gli altri Signers.
 
Dovevano essere anche loro qui… me lo sentivo. Forse il drago intendeva questo; fidati del tuo istinto, Ruka. È guidato dal marchio. Così, mi rialzai rapidamente ed iniziai a percorrere la strada appena illuminata che avevo davanti. C’era della luce in fondo al tunnel.
 
Dopo aver svoltato il primo angolo, scoprii qual era la fonte di luce: tanti, tantissimi cristalli scintillanti incastonati nella pietra delle pareti. Erano di tantissimi colori, sembravano fiori sbocciati. Che meraviglia.
 
Cominciai a percorrere la strada illuminata. Bivio dopo bivio, sondai tutte le strade più illuminate che mi capitavano a tiro. Paradossalmente, quei cristalli avevano un che di rassicurante. Le strade fino a quel momento sembravano deserte.
 
Poi però, mi bloccai. Avevo sentito un eco. Sembrava il verso di un animale. Dov’era? Da dove veniva?
 
Di nuovo. Ora udivo anche passi e strascichi. Immediatamente corsi nella direzione opposta.
 
Cosa poteva essere? Era grande? Pericoloso? A giudicare dal luogo, poteva esserlo decisamente. Prima che me ne rendessi conto, mi trovai in un largo incrocio, pieno di vie. Uno, due, tre, non erano importanti. Ne imboccai una a caso e la percorsi in tutta fretta. Ma dopo pochi metri, realizzai che mi ero andata a cacciare in un guaio ben peggiore.
 
Qualcosa nell’ombra si era mosso. E ci stavo andando incontro. Frenai subito, già col fiatone, ma era troppo tardi: quella bestia mi aveva vista.
 
Era immensa ed orribile. Deforme, nera, squamosa e zannuta. Le si leggeva chiaro nella bava che pendeva dal suo muso che fosse affamata. Feci dietro-front in un battito di ciglia, sperando di trovare un’altra via sgombera. Avevo il fiato corto. Presto mi sarei stancata, ma come potevo difendermi da questa creatura?! Attaccare? Forse, ma non ero ancora così brava!
 
Ero vicina all’incrocio, ma la bestia mi stava alle calcagna. Non avevo scelta: lanciai una sfera luminosa contro il suo muso, sperando di accecarlo. Il marchio cominciò a brillare. Poi però mi resi conto che di occhi quel mostro non ne aveva. Rimase infastidito dalla bolla d’energia, ma quel poco sufficiente per guadagnare qualche metro di vantaggio.
 
Svoltai l’angolo a velocità supersonica. L’ultima volta che avevo provato questo senso di paura ero stata inseguita da un cane piuttosto vivace. La situazione ora era decisamente differente, ma le gambe si muovevano a rilento come quella volta. Ed era l’ultima cosa che potesse farmi sorridere adesso.
 
Mi bruciavano le gambe e i polmoni. Ero troppo stanca.
 
Le zampate contro il terreno si fecero più pesanti, più veloci. Poi, all’improvviso, mi accasciai a terra. La cosa sopra di me era pesantissima. Sentivo quegli artigli affondarmi sulle spalle, ed ero troppo debole per divincolarmi. Tiravo sfere luminose alla cieca, ma nulla andava a segno. Contemporaneamente, il segno si mise a bruciare come raramente aveva mai fatto. Strinsi i denti per sopportarlo, mentre il panico ricominciò a intorpidire i miei sensi: tentai di voltarmi, di colpirle la bestia, ma quella, ringhiando, rifuggiva tutti i colpi che le scagliavo; parve godersi per qualche istante la soddisfazione di aver acchiappato il topo prima di mangiarselo, e fui tentata di credere che avrebbe continuato ancora per un po’. Tuttavia, sapevo che presto mi avrebbe fatto del male.
 
All’improvviso, udii dei passi veloci. No, non erano di bestie, quelli erano passi umani. Tesi le orecchie per appigliarmi con tutte le forze ad una nuova speranza: possibile che fosse…?
 
Non potevo vederlo arrivare, ma mi accorsi presto che le mie speranze erano state ben riposte: sentii il peso della bestia abbandonare bruscamente il mio corpo, e subito dopo udii una voce decisamente umana.
 
“Allontanati, subito!”
 
Non me lo feci ripetere due volte. Sgattaiolai all’istante fuori dal raggio d’azione del mostro, e dopo essermi distanziata a sufficienza colsi finalmente l’occasione per accertarmi dell’identità del mio soccorritore: era un ragazzo, poteva avere circa 18 anni, se non poco più. Aveva capelli sia corvini che biondi, vestiti scuri –come accidenti aveva fatto a conciarli così male?- e le braccia coperte di ghiaccio cristallino.
 
Sotto quel vetro trasparente, il suo segno rosso cremisi sfolgorava. Rimasi a bocca aperta quando mi accorsi dell’entità simboleggiata dal suo marchio: quella che vedevo era la Testa del Drago. Non mi sbagliavo: era proprio lui ad aver ereditato lo spirito dell’antico Eroe, era proprio lui il leader che stavo cercando.
 
Rimasi a guardarlo meravigliata mentre fronteggiava quel mostro: sapeva tenergli testa molto meglio di me. Non solo: affianco a lui era appena arrivato un altro ragazzo, più alto e dai capelli biondi, attorno alle cui braccia si avvolgevano continue spire di fuoco: intravedevo le Ali del Drago nonostante le fiamme. Da come si stavano parlando, potevo intuire che si conoscessero bene.
 
Non riuscivo a staccare gli occhi dalla scena che avevo davanti: non avevo mai visto da così vicino un combattimento del genere, tantomeno così perfetto e preciso, quasi come se quei movimenti fossero stati programmati. Sarei potuta rimanere lì a contemplarli per ore ed ore nonostante la brutalità dello scontro: quei ragazzi parevano nati per combattere.
 
Poi sentii una mano delicata appoggiarmisi ad una spalla. Mi voltai: una ragazza dai capelli rossi mi guardò preoccupata, chiedendomi se stessi bene e se mi fossi fatta male. Dietro di lei, un ragazzo non troppo alto con dei capelli rosso-arancioni si era avvicinato, e ci osservava, sorpreso. Dovevano avere più o meno tutti la stessa età, anno più anno meno. Guardai i loro segni: il ragazzo aveva il marchio della Coda, la ragazza quello della Zampa anteriore. Eccoli, c’erano tutti.
 
Ora che ci pensavo, possedevano davvero i caratteri di tutti i precedenti Signers. I capelli e la carnagione erano diversi, ma lo sguardo, i lineamenti del viso, la somiglianza era straordinaria persino in quella penombra. Tuttavia, non c’era l’armonia che mi sarei aspettata tra loro, al contrario: parevano ben più confusi di me. Che avrei dovuto fare, adesso? Il Drago aveva detto che l’avrei sentito, ma… perché non ancora percepivo nulla? Iniziai a sentirmi ansiosa: che dovevo fare?
 
Intanto, il ragazzo con il segno della Testa del Drago tornò indietro, lasciando terminare lo scontro al suo compagno; si avvicinò a me, e fu allora che li vidi: quegli occhi blu come il mare erano rimasti assolutamente identici. Era incredibile. Non credevo che anche per lui, un giorno, sarebbero rimasti gli stessi occhi blu. Era come trovarsi davanti a quello vero, originale. Fu come avere la conferma che quello non fosse un sogno, e che davvero i Signers si erano riuniti di nuovo dopo millenni.
 
“Ragazzina, stai bene?”
 
Anche la voce era quasi identica. Sospirai; era come se la sua vista mi avesse rassicurata, in qualche modo. Poi però mi ricordai che mi aveva fatto una domanda…
 
“Non mi sono fatta niente, tranquilli.”
 
“Ti sei fatta male, invece. Lascia che ti aiuti.” mi esortò, piegandosi su un ginocchio. Aveva un’espressione difficile da leggere, ma il suo tono era gentile. Ad ogni modo, non c’era bisogno che mi offrisse aiuto. Usai i miei poteri per riparare i danni, con sua grande sorpresa.
 
Poi, una volta che la luce dei miei poteri svanì e i nostri marchi smisero di brillare, tutto ricadde nell’ombra.
 
Era questo il momento giusto per parlare. Ora sapevo cosa dire.
 
“Sono contenta di avervi trovati.” Annuncia. Il ragazzo parve confuso.
 
“Cosa intendi dire?”
 
“Mi ricordo di voi… Io sono Ruka, l’ultima Signer.”
 
 
 
 
“Ultima… Signer?” ripeté il ragazzo, per essere sicuro di aver capito bene. Iniziai a chiedermi se davvero sapessero cosa volesse dire quel termine. Annuii per confermarglielo.
 
“Ho già sentito questa parola… l’aveva detta quel tizio, no?” chiese il ragazzo con i capelli arancioni agli altri, e il moro diede cenno positivo.
 
“È chiaro che indichi chiunque abbia marchi come i nostri.”
 
“Io non ci sto capendo più niente… ma perché doveva essere tutto così difficile?!” si lamentò l’altro, sfregandosi i capelli con entrambe le mani.
 
“Come facevi a sapere già chi fossimo?” mi domandò il ragazzo con gli occhi blu. Era chiaro che il Drago non gli avesse spiegato un gran ché, né a lui né ai suoi amici.
 
“Il Drago Cremisi mi ha parlato di voi molte volte, mi ha detto che vi avrei dovuti trovare, e che insieme avremmo dovuto-”
 
“-Aspetta un attimo, dove hai sentito quel nome?” chiese, sorpreso. Rimasi in silenzio per un istante, ma alla fine spiegai anche quel dettaglio.
 
“Si è mostrato a me diverse volte nel mondo degli Spiriti… lo conosco sin da quando ho memoria.”
 
I giovani si scambiarono uno sguardo interrogativo. Nel frattempo si era unito al gruppo anche il ragazzo biondo, a cui non occorse molto tempo per capire di aver decisamente perso qualche tassello della mappa completa. Effettivamente non li avevo mai visti nel mondo degli Spiriti, forse non ne sapevano davvero nulla…
 
“Credevo che il Drago avesse parlato anche a voi…” mormorai, timorosa. Dalle loro facce, sembravano affamati di notizie come se ne fossero stati a digiuno per secoli.
 
“No, a noi non ha detto nulla, Yusei è l’unico finora ad aver sentito la sua voce, non molto tempo fa.” spiegò la ragazza. Il ragazzo con i capelli neri annuì appena. Dunque lui si chiamava Yusei. La faccenda era piuttosto strana, anche perché il Drago di solito si manifestava ai suoi Signers. O almeno, così credevo. Nonostante spesso rimanesse enigmatico, non taceva mai del tutto.
 
Mentre riflettevo, i miei occhi colsero qualcosa di inaspettato e di pessimo auspicio: sul braccio di Yusei non c’era più il segno. Ora che nessuno di noi stava più utilizzando i suoi poteri, i marchi non brillavano, e per qualche strana ragione quello del primo Signer non era più in vista. Questa cosa non era buona, affatto…
 
“Il tuo braccio… dov’è finito il sigillo?! Che fine ha fatto?!” esclamai, allarmata. Che significava?! Come faceva ad essersi illuminato prima se ora non c’era più?! Il ragazzo abbassò lo sguardo, chiudendo i pugni.
 
“È stato un uomo con un mantello ed un cappuccio a portarselo via. Sai anche chi è lui, per caso?”
 
Un brivido gelato mi percorse la schiena: sì, stavamo parlando inequivocabilmente della stessa persona. Per un attimo la mia mente lo raffigurò lì accanto a noi, celato nell’ombra, pronto a colpire. Soppressi immediatamente una scarica di panico; deglutii.
 
“So solo che è un seguace di Akuma. Ero con mio fratello, quando ci ha aggrediti…” mormorai. Strinsi i denti. Ormai non mi restavano più scelte. “Il Drago mi ha detto che Rua mi sta aspettando! Devo tornare a tutti i costi da lui, ma non posso farlo a mani vuote!” esclamai. Sentivo il desiderio del pianto premermi nella gola. Poi, Yusei posò la sua mano su una mia spalla.
 
“Sta’ tranquilla. In questo momento tutti noi vogliamo tornare a casa. Ti aiuterò a tornare da tuo fratello, te lo prometto.” disse, sorridendomi. Gli altri due ragazzi annuirono, concordi. La ragazza, invece, sorrise dolcemente, ma ebbi come l’impressione che qualcosa la turbasse. Quell’impressione mi fece tornare in mente le parole del Drago: dovevo metterli assolutamente al corrente di quello che mi aveva rivelato, era troppo importante.
 
“Ti ringrazio, Yusei… però c’è una cosa che dobbiamo fare assolutamente: tutti questi eventi non sono accaduti per caso. C’è un demone sepolto, Akuma, che vuole uscire dalla sua prigione! Il Drago Cremisi lo sigillò tanto tempo fa perché era malvagio e disseminava morte ovunque andasse; ma se ha trovato qualcuno fuori dalla sua prigione disposto ad aiutarlo, allora siamo nei guai! Per quanto ne sappiamo, toglierti il segno poteva servire proprio a questo! Dobbiamo impedire che ciò avvenga, a tutti i costi!” li supplicai.
 
Yusei si irrigidì. Aggrottò se sopracciglia per un istante, poi si rimise in piedi. Fu allora che tutto parve avere un senso. Il vero problema restava il vicolo cieco in cui eravamo finiti.
 
“Dobbiamo uscire di qui a tutti i costi. Dobbiamo sapere che diamine sta succedendo, altrimenti non potremo nemmeno pensare ad una soluzione. Crow, prova a controllare le altre strade in fondo a-” tentò di dire, ma un boato in lontananza gli impedì di terminare la frase. Ci voltammo tutti verso la fonte del rumore: quei tonfi sordi potevano essere soltanto altri passi pesanti di bestie, quasi sicuramente non da sole. Se non avessimo pensato a qualcosa in fretta saremmo diventati facili prede.
 
Ebbi un’illuminazione. Si trattava di una strana idea, ma qualcosa mi dava la certezza che fosse quella giusta, in quel momento.
 
“Svelti, Datevi tutti la mano!”
 
“Eh?! Cosa?!”
 
“Fatelo e basta!”
 
Gridai, prendendo le mani a Yusei e al rosso accanto a me. Tutti si ritrovarono spiazzati dalla strana richiesta, ma alla fine si diedero la mano uno dopo l’altro, formando un cerchio di dita intrecciate.
 
Poi, i marchi reagirono tutti insieme.
 
Fu il caos.
 
Nessuno di noi vide più nulla; i rumori esterni scomparvero, rimpiazzati da un silenzio ovattato. Nessuno di noi seppe più se stesse ancora stringendo la mano del suo compagno, o persino se fosse ancora in piedi. Il braccio però bruciava. Non avevamo idea di come facessimo ancora a sentirlo. Ma faceva un male terribile, ben peggiore di ogni altra volta. Non smetteva. Forse avrebbe continuato per ore. E invece, ad un certo punto cessò. Ci ritrovammo al buio.
 
Nessuno di noi aveva idea di quello che ci aspettava. E, certamente, una parte di noi non avrebbe mai voluto scoprirlo.
 
 
 
*Nell’antro oscuro della scrittrice*
 

Puntata speciale: dannate cliffangers
 

io: bene gente! Ce l’abbiamo fatta! Che dite, vi sorprenderò tutti quanti col prossimo capitolo magari? °^°
 
Ruka: çwç Aki_chan, tu sei cattiva çwç *ancora sotto shock per il pezzo su di lei*
 
io: ehi, non guardare me, prenditela col Drago Cremisi se ti ha invischiata in questa storia, per cominciare uwu
 
Ruka: m-ma… çWç *fugge via piangendo*
 
Crow: povera Ruka <___< non credevo saresti stata tanto crudele persino con lei e____e
 
io: *lo guarda con estrema sufficienza* pfff sapete già tutto, smetto di ripetermi
 
Jack: -___-“ non oso immaginare cosa tu abbia pianificato per il resto della storia, con questo finale l’unica cosa che si capisce è che sarà tutto fuorché piacevole
 
io: gheheheh secondo voi che succederà? >:3
 
tutti: …moriremo
 
io: uff ve l’ho detto che non vi ammazzo! *sempre che non cambi idea all’ultimo momento*
 
Tutti: …moriremo lo stesso
 
io: eddai, un po’ di fantasia! Usate la vostra materia grigia!
 
Crow: …finiamo nel mondo degli Spiriti? *faichesiacosìfaichesiacosì*
 
Io: ecco, bravo Crow! questa è un’ipotesi :D … benché errata u_u
 
Crow: ah
 
Aki: non dirmi che alla fine ci attaccano mostri peggiori di prima >______>”
 
Io: forse qualcosa del genere :D ma non è una risposta esauriente, ancora
 
Tutti: *una nuvoletta blu li sorvola*
 
Jack: …altre illusioni a caso?
 
Io: uhm, sì e nah eVe badate che avete detto tutti delle mezze verità, ma siete ancora un tantino fuori strada
 
Yusei: …vediamo il Drago Cremisi?
 
Io: ohw Yusei, sei il migliore come sempre <3 *in realtà era scontato* ok, non è una risposta totale manco questa, tuttavia era vicina *A*
 
Crow: ma se avevo detto praticamente la stessa cosa! Il Drago Cremisi sta nel mondo degli spiriti, no?!
 
Io: ho ancora motivo di smentirti XD non andrete lì u__u
 
Tutti: *iniziano seriamente a preoccuparsi* ….Aki_chan, cosa diavolo hai in mente di fare?
 
Io: *ha una strana luce negli occhi, pare posseduta*
 
Tutti: *zitti zitti corrono a riprendersi Ruka per fare le valigie e mai più tornare*
 
Io: poveri illusi~
 
 
 
(nuovo disegno :D)
  
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