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Autore: ifollowrivers    11/09/2015    0 recensioni
Dallas Cuthbert è appena atterrato a Coney Island per rincominciare a vivere dopo il divorzio dei suoi genitori, sfogarsi con Kat era quello che gli riusciva meglio, ma ora che è solo con gli altri, deve imparare a cavarsela nei panni di un "normale adolescente"
Quando è chiuso nella sua stanza, e disperato perchè Sierra Armstrong non gli rivolge la parola, cerca nuovamente conforto in Kat, che stranamente, questa volta, lo ascolta, più viva che mai.
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Tutti i personaggi, nonché luoghi, e situazioni citati nel racconto, sono tutta opera della fantasia malsana dell'autore.
 
«Okay..mmh..Dallas Cuthbert, questi sono i tuoi moduli, dovresti compilarli e poi ripassare in segreteria» la sua penna rossa scivolò sulla superficie e toccò la mia mano, l'afferrai al volo e incominciai a riempire tutti gli spazi vuoti in questione. «Ah ragazzo!..la segreteria chiude tra dieci minuti»
Firmai giusto in fondo, con il mio nome scarabocchiato in qualche graffito ordinato. Dallas Cuthbert, firmare non rientra nei lavori adatti a te. Guardai la segretaria stampare il mio programma e le sorrisi: «Grazie mille..emh..Maria» puntai il dito verso il cartellino con il suo nome e lei se lo sistemò, mi rispose con un grazie categorico, e capii. A Maria non piacevano i nuovi arrivati.
E nemmeno ai nuovi arrivati piacevano le novità.
Mi ero trasferito a Coney Island da poco, giusto il tempo di qualche scatolone e un paio di hamburger. I miei avevano divorziato, così mia madre decise che era giunta l'ora di andarsene. Ed io ero totalmente d'accordo, magari un nuovo inizio mi avrebbe fatto bene.
«Ehi sfigato! Guarda dove cammini» un ragazzo mi sorpassò e mi urtò la spalla facendomi barcollare, era mostruoso, alto due metri e grosso come l'armadio che mia nonna intagliò nel milleottocento, e aveva anche la faccia da cane. Faccia da cane, bulldog, bastardino. Sempre e solo di un'animale poteva trattarsi. "Coglione" imprecai mentalmente prima di sparire dietro l'angolo.
Insomma, potevo farcela, prima lezione. Guardai il foglio: Matematica. "Oh..Fanculo" mi diressi svogliatamente verso l'aula, forse era un po' presto, ma per lo meno avrei preso il posto migliore. E no, non quello fuori nel giardino, -nonchè fosse possibille- ad ogni modo mi accontentai di un'ultima fila.
«Benvenuti ragazzi, ragazze, ragazzi e ragazze, uomini, donne, bambini..» fece una pausa. «..Animali» mi venne quasi da ridere. «Divertente Mr Cuthbert?» mi fulminò con lo sguardo tanto da farmi rimanere immobile e poi scoppiò in una folgorante risata, e la tensione si scaricò altrove.
«Io sono Adam! Non Adam Levine, quello sta ad Hollywood» la classe scoppiò in una risata generale. «Ma se avete voglia di chiamarmi così, i voti inspigabilmente subiranno una variazione» aveva allungato la "e" ed anche la mano verso l'alto. In quel momento pensai, "ossi, ci sa fare" «Adam Helloway è il mio vero nome, e sarò il vostro insegnante di matematica finchè..voi piccoli mostriciattoli con gli ormoni squillanti, non deciderete di scappare, ah ah ah» aprì il registro e incominciò l'appello, non so perchè ma sentivo lo stomaco girare su se stesso e il cervello impappinarsi,  era solo nervosismo, e pensare che mia madre voleva rifilarmi le sue stupide pillole antidepressive. Era solo adolescenza, transizione..morte.
«Pheobe Cooper?» chiamò. 
Rispose la ragazza alla mia destra. La guardai per un attimo e poi distolsi lo sguardo, era carina e sembrava molto simpatica. I suoi capelli biondissimi erano raccolti in una treccia a spina di pesce, e dell'ombretto le incorniciava i grandi occhi marroni. Alzò rapidamente la mano e abbassò lo sguardo. «Bene..Mrs Cooper, stia attento a Ormone Squillante numero Uno» mi indicò con la testa e io alzai le mani in segno di resa. «Lo farò» rispose lei ridendo, aveva una voce acuta, ma piacevole, di certo non adatta ad una conversazione mattutina, ma con il tempo avrei potuto anche abituarmici.
«Judith Colfer, ci rivediamo» mosse le dita nella direzione della ragazza interpellata. Anche lei era bionda, ma con gli occhi azzurri, un rossetto rosso e due tette formidabili. «Quello che mi dispiace di rivedere, è il suo davanzale, che ne dice di un dolcevita?» sbuffò impercettibilmente e proseguì con il suo appello. Mi piaceva questo Adam, non aveva peli sulla lingua, e anch'io desideravo non averne metaforicamente parlando. Purtroppo ero sempre stato un ragazzo inquieto e tranquillo, mia madre diceva che ero strano, mio padre sosteneva che avevo bisogno di fare sesso. Ma cosa ne capiva lui del sesso?
Aveva tradito mia madre per una donna cento volte peggio di lei. Rifatta, con le tette enormi, e due canotti al posto delle labbra. Quando me l'aveva presentata, mi venne da chiederle: "ma è con quelli che sei approdata in Inghilterra?" poi io avevo riso, mio padre anche, lei pure, e ci bevemmo qualche sorso di birra, altro futile motivo del divorzio tra i miei genitori.
«Ora che abbiamo finito l'appello, sono lieto di parlare di un argomento che mi sta tanto..tanto..ma tanto.. a cuore» andò verso la lavagna e prese tra le dita un gessetto, scrisse in grande il nome della sua materia e si voltò verso di noi. 
«La matematica! Chi di voi sa cos'è la matematica?» 
Pochi alzarono la mano, si presumeva che la colpa fosse dell'ansia da prestazione, brutta bastarda, aveva la capicità di farti sembrare un tale idiota, da far sempre la figura dello scemo. Il professor Halloway indicò un ragazzo dai primi banchi, e lui si alzò in piedi: 
«Beh la matematica è la scienza che studia i numeri, gli insiemi, gli spazi e le strutture» sembrava incerto, e nella sua voce titubante sentivo che anche lui, era nervoso, proprio come me, proprio come tutti. Guardai furtivamente verso i primi banchi e vidi Judith con una limetta per le unghie, beh okay, non proprio tutti.
«Okay, e se vi chiedessi, qual'è il vostro argomento preferito in materia?» si grattò il mento e lanciò un'occhiata furtiva all'orologio.
Riflettei bene.
Insomma, avevo scelto questo corso per un motivo, e di certo non potevo tirarmi indietro per colpa di qualche momento in preda all'ansia, "Calmati Dallas, rifletti" mi incoraggiai e presi un bel respiro. «La dimostrazione per assurdo»
Ecco lo avevo detto. Ed ecco, che tutta la classe si rivolse verso di me con aria di sfida. "Ops, forse ho rubato l'idea a qualcuno" merda, e se mi chiede anche di spiegarla?
«Dallas Cuthbert..puoi rilassarti» tirai un sospiro di sollievo, in qualche modo sapevo che mi avrebbe capito. «La mia domanda non è cos'è, ma perchè?» fece il giro della cattedra e avanzò verso di me, soffermandosi all'incirca verso la metà della classe. «Dimostrami la tua teoria, mi aspetto molto da te» strizzò l'occhio e sentii il panico avvisarmi che ben presto avrei fatto una grande figuraccia. La verità? Non ero mai stato bravo con le parole, tanto che per comunicare preferivo un blog su intenet o il mio fedele diario segreto. E non ero gay, ero semplicemente chiuso in me stesso. 
«Il principio del terzo escluso dice che non puoi ritenere un enunciato falso, deve 'essere assunto come vero non essendovi una terza possibilità» strinsi forte il banco e cercai di sorridergli disinvolto.
«Mmh okay Mr Wikipedia, ma..tu sei d'accordo con questa affermazione?»
Annuii. «Un sognatore?» prese una matita dal taschino e me la lanciò, l'afferrai al volo e me la rigirai tra le mani. «Tienitela, ti servirà per scrivere il tuo numero di telefono su tutte le agende di queste ignobili donne» ritornò al suo posto, mentre io abbassai lo sguardo per non farmi vedere rosso in faccia.
«Per oggi ne abbiamo avuto abbastanza, grazie per avermi dedicato il vostro tempo marmocchi, ora andatevene in pace» la campanellà suonò proprio in quel momento, in un certo senso era anche il mio campanello d'allarme. E ora? 
La St James, era enorme in confronto a quella in Inghilterra. C'erano aule ovunque, laboratori, insegnanti, gente nel corridoio, gente che limonava nel corridoio. Era tutto un grande clique, la tipica scuola americana.
«Come mai hai deciso di fare il penultimo anno qui?» 
Riposi i libri nello zaino e alzai lo sguardo. Pheobe Cooper mi sorrideva dolcemente con i suoi occhi da cerbiatto e il suo sorriso prorompente. 
«Mi sono appena trasferito, quindi, questa è l'unica scuola a Coney Island e ho pensat»
«Capisco. Da dove arrivi straniero?» ci alzammo e proseguimmo la conversazione vagando per i corridoi, Pheobe si offrì di farmi fare il giro della scuola prima di andare a Chimica, e io lo apprezzai molto. Era così carina.
«Com'è Londra?» sgranò gli occhi verso di me. «Bellissima» risposi intimidito. 
«Mio padre ha frequentato Harvard, e sicuramente avrò un posto assicuraro anch'io. Tu hai già deciso in che università andrai?» "Merda, e ora? Se gli dico di no penserà che sono scemo, ma se..." «Farò filosofia a Cambridge»
Touchè, esclamò prima di aprirmi una porta che ci condusse alla mensa principale: «Welcome to the Jungle» disse. Dovevo ancora abituarmi alla sua voce, e anche al suo accento americano. Loro erano molto più caldi rispetto a noi.  Avrei forse dovuto prendere lezioni da 50cent? O magari Eminem?
«Okay, guarda alla tua destra, seconda fila a sinistra, conta tre, e dimmi» capii subito il perchè del corso di matematica, lei e i numeri erano qualcosa di strabiliante. Mi sporsi a mala pena e mi morsi il labbro in segno di nervosismo. «Jennifer Hudson, quarta H, è stata con tutti i ragazzi più popolari della scuola» ma certo, storia già sentita. «E scommetto che è il capo delle cheerleader» affermai. Giocò un po' con la sua cannuccia prima di infilarsela in bocca ed annuire con un simpatico "ah ahh" 
«E dov'è la sua amica altrettanto figa?» domandai. Okay, lo ammetto, questa cosa del clique americano stava davvero incominciando ad interessarmi più del dovuto. 
«Sta di fronte a lei, capelli biondi, tette come due angurie e ..Ehi Queen!» si sbracciò cercando di farsi a vedere, quando mi girai alcune ragazzi si stavano avvicinando. Quella che aveva chiamato l'avevo già vista da qualche parte, probabilmente in corridoio. Era mora, cioè nera, con i capelli lisci lunghi fino al fondoschiena. E al diavolo le ragazze troppo magre, era davvero bellissima, in carne e con un apparecchio scintillante sui denti. Non era classica, e nemmeno scontata, era una di quelle bellezze che definivo rare. Dovevo conoscerla.
«Ciao Pheobe! Ciao ragazzo mai visto che sta pranzando con Pheobe!» cantilenò. Prese posto a sedere insieme agli altri, ed ebbi modo di osservarla un altro po'. Aveva il piercing al labbro, e dire che la sua fonte di ispirazione era Amy Lee degli Evanescence era davvero troppo poco. Trucco nero pesante, piercing e qualche tatuaggio nascosto, ci avrei scommesso.
La sua amica era più pacata invece. Una ragazza semplice, una di quelle che definirei normali. Raccoglieva i capelli in uno chignon e vestiva capi d'alta moda, ci sono: la feshion stylist.
«Queen lui è Dallas, viene dall'Inghilterra si è trasferito da poco» girai il cucchiaino del mio caffè imbarazzato. «E' un piacere Dallas» allungò la mano e me la strinse. 
Mi piaceva quella ragazza, aveva qualcosa che le altre non avevano.
«Sono Melanie, ma tu puoi chiamarmi Mel» la feshion stylist mi sorrise. «Dallas, amico, io sono Travis e questo coglione è Abhram» li salutai con la mano. «Sono gemelli siamesi» intervenne Queen ridacchiando.
«Ora che il gruppo è completo, possiamo..»
«Ho visto Judith Colfer limonare con Hal Harries» i nomi erano ancora un dilemma vastissimo per me, ma credo che a parlare fosse Travis. E la ragazza in questione era indubbiamente la ripetente del corso di matematica. «COSA?» saltò su Pheobe. Nel suo viso si diramò un velo di delusione, avrei tanto voluto chiederle il perchè, ma qualcosa mi diceva che lei conosceva quel ragazzo, e anche molto bene. «Hal era l'ex di Phoebe» mi sussurrò Queen sottovoce. «E' ancora scottata dalla loro storia, non è un capitolo passato» 
Ritornai nel mio mondo e pensai alla giornata che mi aspettava. Scatoloni, cartoffie, e ancora scatoloni. In realtà, non vedevo l'ora di aprire il mio notebook e aggiornare il blog. Era da un po' che non scrivevo a Kat. Se solo fosse esistita, credo che a quest'ora avremmo comprato una barca e avremmo fatto il giro del mondo per l'eternità e oltre. Scrivevo a Kathrine 
-amichevolmente Kat- da quando iniziai a frequentare le scuole medie. Tra le divergenze tra i miei genitori, e miei problemi nel socializzare, Kat fu l'unica a capirmi e a sostenermi sempre, anche senza una vera risposta da parte sua. Sapevo che esisteva da qualche parte del mondo, e prima o poi l'avrei trovata, costi quel che costi. Magari s'impersonava proprio in una di queste ragazze che avevo di fronte. L'avevo immaginata alta, formosa, con gli occhi azzurri e i capelli mossi..scuri ovviamente. E no, non immaginavo Megan Fox, lei era cento mila volte meglio. Era Kat la mia migliore amica. Kat la mia solitudine. Kat il mio angelo.
«E tu, ce l'hai la ragazza?» saltò sopra Abhram.
Scossi violentemente la testa. «No, felicemente single»esordii. Queen mi rivolse furtivamente uno sguardo e io contraccambiai. Magari sarebbe potuto nascere qualcosa.
«Dallas noi andiamo a fumare, vuoi unirti a noi?» Travis mi fece segno con le dita e si alzò dal tavolo, e così anche il suo gemello, e successivamente anche Mel e Queen. 
«Io veramente avrei economia» tutti annuirono sorridenti, ma credo che dentro di loro abbiano pensato: che gran sfigato.

«Allora?Com'è la St James?» mia madre si sedette di fronte a me e mi tagliò metà del suo panino, lo rifiutai e lei lo guardò e decise di mettermelo da parte. Come al solito il cibo non mi era di grande compagnia. «Hai conosciuto qualcuno?» domandò paranoica. 
«Veramente..si» risposi fieramente «Persone interessanti».
Stortò un po' la bocca in una smorfia e si raccolse i capelli in una crocchia. «Ragazze?»
«Mamma!» la rimproverai.
«Tesoro non c'è niente di male, alla tua età si ci innamora di continuo» alzai gli occhi al cielo "no no, tutto ma non questi discorsi"
«Sai, quando avevo diciassette anni mi innamorai del mio professore di fisica, e poi del mio compagno di banco, e successivamente di quel verme di tuo padre» 
Stava iniziando a blaterare, questo non era un buon segno.
Decisi di tagliar corto. «Mamma, l'amore non fa per me» presi lo zaino da terra e me ne andai al piano di sopra. La mia camera era una mansarda, forse l'unica stanza della casa che potevo sopportare. Era piccola, ma accogliente. Certo, non era come quella che avevamo in Inghilterra, ma ci si poteva benissimo arrangiare. In fondo mia mamma aveva speso tutti i suoi risparmi per venire qui, Brookylin era una delle sue mete più acclamate, e neanche a me dispiaceva più di tanto. La prima volta che mamma nominò Coney Island, la cercai su google e vidi che era pressapoco situata sul mare. Ed io amavo il mare.
Mi avvicinai agli scatoloni e decisi di tirare fuori il mio prezioso notebook. Non lo utilizzavo da fin troppo tempo, non c'erano le mie impronte sullo schermo, bisognava rimediare. Lo accesi e digitai "fottetevi tutti" la password era corretta, quando il desktop si illuminò vidi la foto di Beyoncè. "Ossi, Beyoncè Knowles, tu si che sei una donna" 
Il mio blog si chiamava "Dallas Cuthbert il ragazzo parete". Ovviamente scherzavo, non avrei mai messo il mio nome su quel blog. Scrivevo di ogni cosa, con un prezzo poco o più importante, dovevo restare nell'anonimato. Quindi una sera d'estate, accompagnato da un buon libro e da una calda tazza di the, ho semplicemente deciso che il nome del blog sarebbe stato: Follow me. Seguimi, seguimi ovunque, anche nel niente.
L'ultimo post risaliva ad un mese fa. E tutta la gente si chiedeva dove fossi finito, e sopratutto si domandava se le mie parole avrebbero continuato a parlare al posto mio. Nessuno lo sapeva, e nemmeno io. Sinceramente trovavo questa storia del blog fin troppo ingenua, solo che, avevo un irrefrenabile bisogno di scrivere a Kat. Era come una droga, un bisogno dal quale difficilmente sarei riuscito a liberarmene.
E così incominciai:

Settembre.

Cara Kat,
Ho lasciato l'Inghilterra da un mese e già ne sento la mancanza. Non che qui non mi trovi bene, ma gli americani sono diversi, molto più liberi più sfacciati. E io mi sento un pesce fuor d'acqua. Sai, ho conosciuto delle persone molto interessanti...Si chiama "Queen" adoro il suo nome, lei è diversa da tutte le altre ragazze, porta i capelli scuri, i vestiti scuri, le scarpe scure.. sembra una di quelle incazzate con il mondo intero, e in qualche modo vorrei scoprire di più su di lei. Ma è strana, i suoi occhi nascondo una storia, sembrano tristi. E sembra che nessuno sia disposta ad ascoltarli, vorrei proprio essere quel "nessuno". PS. non mi sono dimenticato di te Megan Fox, è solo che tu non sei qui con me, e questo fa male. Chissà magari ti nascondi dietro piercing e tatuaggi, oppure aldilà di libri e provette, o magari dentro lo spagliatoio delle ragazze che fanno cheerleading. Spero l'ultima. Ti prego non maledirmi.
E comunque, t'aspetto, lo farò per sempre.
Tuo, Follow me.
 
 
  
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