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Autore: kleines licht    12/09/2015    1 recensioni
Dal testo: " [...]sinceramente non avevo idea di come cambiare le cose.
E avevo sicuramente paura di quel che eravamo, avevo paura di tutto quanto, sapevo che le cose continuando così sarebbero andate solamente i male in peggio ma non riuscivo a offrirle ancora quel che volevo. Mi sconvolgeva l’idea di volerle offrire davvero qualcosa ma forse dovevo imparare a conviverci."
DeanxJo
Written by: kleines licht & lastbreath
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dean Winchester, Impala, Jo, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Titolo: I may I look I'm crazy, I should know right from wrong.
Fandom: Supernatural
Rating: Giallo
Avvertenze: Probabili modifiche alla cronologia della trama
Beta: lastbreath.
Trama: Dal testo: " [...]sinceramente non avevo idea di come cambiare le cose.
E avevo sicuramente paura di quel che eravamo, avevo paura di tutto quanto, sapevo che le cose continuando così sarebbero andate solamente i male in peggio ma non riuscivo a offrirle ancora quel che volevo. Mi sconvolgeva l’idea di volerle offrire davvero qualcosa ma forse dovevo imparare a conviverci."
DeanxJo
Note: 
@Image credits: tumblr; I personaggi rappresentati non ci appartengono. Questa fanfiction non ha alcun scopro di lucro.


 
Pov Dean

Raccattare abbastanza informazioni su di lei era stato facile e piuttosto immediato: se pensava di essere così tanto sveglia probabilmente si sbagliava di grosso. Dopo tutti i miei anni di carriera sapevo fin troppo bene come evitare efficacemente di essere trovato. Se fossi stata una persona gentile e accomodante probabilmente avrei provato a spiegarglielo, ma sinceramente non mi interessava nemmeno farglielo sapere. Che fosse rintracciabile era sicuramente affar suo.
Non feci altro che guidare verso la mia mente, sicuro e contrito. Non mi fermai nemmeno a riposare, mosso solamente dalla rabbia e dalla voglia di riavere quel che era mio. L’idea di ritrovarmela di fronte sicuramente non faceva altro che infastidirmi ancora di più: fosse stato per me l’avrei cercata solamente per poterle stare lontano, il più possibile, ma sembrava funzionare.
Sperai fosse l’ultima volta, sperai semplicemente di poterla salutare e lasciare a sé stessa. Già solo l’atteggiamento che aveva adottato con me dal primo istante mi aveva lasciato con l’amaro in bocca e dopo la sua ultima scenata la voglia di vederla era andata in vacanza.
Io e l’entusiasmo avevamo ormai strappato le foto che ci ritraevano assieme, da tempo. Sospirai profondamente e lentamente, cominciando semplicemente a non fare altro che concentrarmi sulla strada. Di solito funzionava ma questa volta la rabbia era talmente tanta che anche quel misero tentativo fallì prima ancora di cominciare.
Guidare non risultò così tanto piacevole, soprattutto perché ad ogni area di sosta, al bordo della strada, mi assaliva la voglia profonda di fare marcia indietro. Mi portava avanti solo il pensiero che si trattasse di qualcosa legato a Sam, qualcosa che era unicamente suo e di cui avevo tremendamente bisogno.
Non sapevo che cosa dire o che cosa pensare, sapevo semplicemente che Sam si stava rivelando fin troppo importante. Lo avevo sempre fatto, avevo sempre fatto di tutto per proteggerlo ma forse stavo davvero sfiorando il ridicolo. Avevo semplicemente bisogno che tutta quella storia finisse, che tutto quanto potesse semplicemente non fare altro che sfumare in un brutto ricordo.
Era pomeriggio inoltrato quando arrivai alla meta: la Roadhouse dove Jo era probabilmente tornata era un locale piuttosto semplice, normalmente ci sarei entrato volentieri vista l’aria di alcool che sapeva emanare. Avevo semplicemente bisogno di non fare altro che pensare a quella biondina, mi sembrava semplicemente una ragazzina testarda e stupida. Tremendamente stupida.
Mi stiracchiai lentamente, prendendo semplicemente il volto del cacciatore freddo, distante e calmo che non faceva altro che calcolare con precisione le proprie mosse. Avevo intenzione di coglierla alla sprovvista, di spaventarla, di farle capire chi ero veramente.
Si era fatta un’idea piuttosto infantili di quel che ero: era come se in qualche maniera si fosse fatta la sua immagine personale di Dean Winchester. E non mi piaceva. Detestavo profondamente quelle persone che non facevano altro che raffigurarsi in maniera superficiale e stupida quelli che li circondavano. Odiavo l’idea che non facesse altro che seguire un suo “Dean ideale” che corrispondeva ben poco alla realtà. Mi ero preso insulti, parolacce, pochi complimenti e pure una scenata isterica: era decisamente ora di finirla.
Parcheggiai la mia amata piccola in un posto piuttosto appartato e nascosto: non era sicuramente una macchina che passava inosservata e per quanto dubitassi che l’avesse davvero notata, o che ci avesse fatto caso, il mio istinto mi portava come sempre a calcolare ogni minimo dettaglio.
Studiai la struttura, dalla mia posizione appartata e sicura, e contai gli ingressi: togliendo quello principale, scartato soprattutto per la ben poca libertà di azione che mi avrebbe offerto, notai con estrema facilità un ingresso sul retro che portava quasi sicuramente al magazzino.
Potevo anche non avere fortuna, ma entrando lì dentro avrei potuto sorprenderla quando e se ci fosse entrata. Non ero sicuro su che cosa intendesse fare lì dentro, ma se le voci sul suo conto erano vere era figlia della proprietaria e forse era tornata lì per lavorare.
Cacciatrice di giorno, barista di notte? Non mi sembrava sicuramente una grande combinazione, ma chi ero io per giudicare?!
Mi intromisi dentro a una stanza piuttosto scura e buia, piena soprattutto di scompartimenti di acciaio, ideali per nascondermi. Non avevo sicuramente un corpo facile da nascondere, la mia costituzione voleva che fossi un ragazzo ben piazzato, con parecchi muscoli dati soprattutto dal mio lavoro e dall’allenamento perenne che volente o nolente mi ritrovavo a fare. Correre dietro a un lupo mannaro o sgozzare un vampiro non erano sicuramente cose che richiedevano pochi sforzi!
Sgusciai dietro a uno scaffale piuttosto vicino all’altra porta, quella che avrebbe dovuto condurre all’interno del bar e non feci altro che mettermi in paziente attesa. Non avevo sicuramente fretta, ma anzi più secondi passavano e più assaporavo la possibilità di crearmi mentalmente milioni e milioni di scenari possibili. Avrei potuto prenderla per il collo, costringerla contro il muro, puntarle una pistola tra le costole. Sicuramente non ero un assassino, ma avevo i miei modi per “giocare”, e le avrei dato una bella lezione.
Mai offendere persone più grandi di te. Mai giudicare dalla copertina. Mai fare le ragazzine spocchiose.
Persi piuttosto velocemente il conto del tempo passato lì dentro, ma non fu sicuramente tempo sprecato o mal utilizzato. Riuscii addirittura a sbollire parte della mia rabbia, per sua fortuna.
Sentii poi il chiavistello scattare e drizzai la schiena, staccandomi silenzioso dalla parete. Le voci chiassose e ovattate che provenivano dal locale si fecero più intense per poi tornare ad essere semplici rumori di sottofondo, segno che qualcuno era entrato e aveva richiuso la porta. Mi appiattii nel mio angolo, mentre chiunque fosse accese la luce.
Mi attardai ad “attaccare” per potermi accettare che fosse la mia preda e non chiunque altro ma quel profumo e quei capelli lunghi e biondi erano praticamente inconfondibili. Lasciai che cercasse con lo sguardo quel che cercava fin ad offrirmi le spalle, al che non feci altro che scattare e premerla con decisione contro il muro, la sua schiena contro il mio petto.
Le scostai i capelli dal viso, e avvicinai le labbra al suo orecchio. –Ora tu mi darai quello che ti sei tenuta. E la smetterai con questo tuo atteggiamento da ragazzina petulante. Sono stato chiaro? – dissi con fare freddo, calmo e calcolatore. Se pensava davvero che Dean Winchester non fosse altro che un insieme di bugie create ad hoc ora avrebbe ottenuto la sua smentita.

 
Pov Jo
Non avevo avuto mai intenzione di tornare a casa. Non era nelle mie corde fare qualcosa del genere, ma semplicemente sapevo di doverlo fare per tenere sotto controllo mia madre. Era più lei ad aver bisogno di me che non io di lei. Ero quasi certa che dalla morte di mio padre non si fosse mai ripresa, e per quel motivo aveva deciso di vietarmi qualsiasi contatto con la caccia ai mostri. Il problema era che io lo instaurai comunque. Poco importava che lo avessi fatto per mio padre, o per farle capire che non poteva costringermi a fare una vita che non volevo.
William Harvelle, mio padre, era morto quando avevo otto anni e a distanza di dodici, quasi non ricordavo più la sua voce. Sapevo solo che era morto durante una caccia, mentre era con un uomo che, a detta di quello che mia madre mi aveva raccontato, era un grande amico del mio vecchio. E fu lo stesso che non si fece più vedere in questo bar, dopo la sua morte. Come se in qualche modo si sentisse in colpa, o roba del genere.
Non volevo che gli altri capissero le mie motivazioni per cacciare. Ne avevo tante, sicuramente, come quella di avere potere decisionale sulla mia vita e di essere libera di fare ciò che volevo... Ma la più grande era quella che, in qualche modo, mi portava a sentire mio padre più vicino, nel rantolo di morte di un lupo mannaro o di un demone. Lì mi sentivo forte, e in qualche modo, quei versi erano simboli di ammirazione che mio padre riusciva a trasmettermi. Era una sensazione strana da spiegare, ma era come se lo sentissi sempre al mio fianco, quando cacciavo. Era incomprensibile agli altri, ma fondamentale per me.
E anche il fatto di tornare ogni tanto a casa, era un modo per non lasciare che mia madre si sentisse sola, senza di me. In fondo..la sua famiglia ero io. E aveva bisogno di sapere, almeno per un po', che era tutto a posto. O che ero integra, senza ossa rotte o arti amputati.
Di conseguenza, ero tornata. Sarei rimasta qualche giorno e poi sarei tornata alla mia vita. Quella di sempre.
Strano ma vero, non tornavo alla Roadhouse da almeno tre mesi, e a dirla tutta, a parte mia madre, non mi era mancato nessuno. Non mi erano mancati di certo i cacciatori vecchi e stanchi che avevano solo voglia di guardare una giovane ragazza, fresca e appetibile. Non mi era mancato il buio del locale, o coloro che sperperavano soldi alle slot machine. Ma sapevo che, come dovere di figlia, avrei dovuto in qualche modo tornare e dare una mano a colei che mi aveva messa al mondo. Per lo meno, per gratitudine.
Dopo che Carl aveva richiesto ancora una birra al bancone, mi resi conto che era ora di riprenderne una cassa nel magazzino, forse anche due. Stava finendo la scorta, e dovevano essere per lo meno raffreddate, quelle da vendere. Perciò mi diressi verso il magazzino a passo spedito e accesi la luce, pronta a cercare le casse di birra più comode da portare di là nel locale. Ma non appena mi girai per prenderne un paio, venni schiacciata da un corpo caldo, familiare ormai, che nonostante avesse utilizzato una mossa per mettermi sotto scacco, mi scostò i capelli dal viso e mi sussurrò all'orecchio, con voce fredda e scostante. E lui qui che cosa ci faceva? Come aveva scoperto casa mia, e soprattutto, il mio cognome?
Non potei fare a meno di trasalire un momento, per via della sorpresa di essere presa alle spalle. Ma poco dopo mi rilassai, provando davvero a non dargli anche la vittoria di sentirmi tesa contro il suo corpo. Socchiusi gli occhi, tanto in ogni caso non mi avrebbe vista, perché di spalle.
-Non credo di avere niente che ti appartenga- gli dissi io dopo aver schiarito la voce, sicura di quello che dicevo, per poi pensarci un attimo. Avevo preso dalla stanza un portachiavi di corda, ma pensavo che fosse stato lasciato da una coppia arrivata lì di passaggio. Cosa ne sapevo io che poteva appartenergli? E comunque quel comportamento infimo, come quello di attaccare alle spalle...beh sì, sicuramente ancora qualcosa degno di lode. Ma che potevo aspettarmi da un Winchester?
Alle sue ultime parole non potei fare a meno di ridere, sul mio "atteggiamento da ragazzina petulante".
-Sei ancora sconvolto dal fatto che una donna ti abbia fatto una scenata dopo una notte trascorsa con te? Nessuno ti ha costretto ad approfittarti di una ragazza ubriaca. Sapevi benissimo che io non sarei mai venuta a letto con te, volontariamente almeno. Pensavo che il mio atteggiamento fosse stato chiaro, fino a quel momento. Non puoi dirmi che pensavi sul serio che ti lasciassi passare una cosa del genere. Vuol dire che non hai ancora capito chi hai davanti- gli dissi semplicemente, alzando le spalle. Evidentemente pensava di fare paura a qualcuno con quell'atteggiamento, o semplicemente di avere davanti una di quelle bamboline senza capacità di pensare, che si portava a letto normalmente. Aveva provato a puntare un po' più in alto, con qualcuna con un minimo di cervello, e si era ritrovato scottato. Non era un mio problema se i suoi standard erano veramente così bassi e.. stupidi! Che andasse dalle bamboline che poteva trovare nei bar! Eppure, pensavo che conoscesse la differenza tra una come loro, ed una cacciatrice: proprio perché ce n'erano poche sul mercato doveva rendersi conto di come fossero diverse le due “razze”.
-Non farmi ridere! Credi davvero che tenga una storia di quel tipo? E a chi apparteneva secondo te quel portachiavi, visto che ci ero entrato solo io in quella stanza, a parte te?!- mi disse lui, innervosito da quello che avevo detto. Lo sentivo nella sua voce, eppure non riuscivo a non pensare al fatto che avere le labbra vicine all'orecchio mi ricordavano altri momenti, molto più caldi e vividi di quello.
-Non immaginavo che quel portachiavi raccolto a terra fosse tuo. Sembrava così vecchio che pensavo fosse di qualcun altro, lasciato lì per caso da qualcuno che era stato lì prima di me. 'Sta tranquillo, l'unico motivo per cui avrei potuto e voluto tenere qualcosa di tuo, sarebbe stato per maledirti- aggiunsi semplicemente, con un sorriso divertito, anche se probabilmente non mi avrebbe comunque vista in faccia in quel momento.
Dean, prima di lasciarmi, attuò una presa sulle mie spalle.
-Allora faresti bene ad andarlo a prendere. Ora- disse ancora, duro, per poi spostarsi e lasciarmi passare. Credeva davvero di riuscire a spaventare qualcuno con quella faccia da cattivo dei film? Che peraltro, io potevo vedere solo in parte.
-Lo faccio solo perché così mi libererò di te una volta per tutte, dannato Winchester- sussurrai, per poi uscire dal magazzino, comunque a mani vuote e senza le birre. Beh, le avrei prese al secondo "viaggio".
Salii quindi in fretta in camera, e spulciando nel borsone, ritrovai quel portachiavi orrendo. Adesso capii perché pensai che quel coso fosse di una coppia abbastanza avanti con gli anni: stavo cercando di giustificare il cattivo gusto di quell'oggettino. Alzando gli occhi al cielo, e credendo improbabile che Dean fosse venuto a cercarmi per un coso tanto brutto, scesi di sotto e raggiunsi di nuovo il magazzino. Dopo aver spalancato la porta, lo trovai ancora lì, naturalmente..e gli lanciai il portachiavi, consapevole che l'avrebbe preso al volo. Poi, prese le due cassette di birra e spingendo la porta con la schiena, dissi semplicemente: -Buon viaggio, mio caro cacciatore sentimentale- con tono freddo, per poi tornare verso il bancone. Sperando di trovarmi lontano da quel dannato Winchester una volta per tutte.
   
 
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