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Autore: unatiziachescrive    12/09/2015    1 recensioni
"Vide che Nick era ubriaco marcio e teneva un braccio intorno alle spalle di Sterling, mentre quello libero smise di gesticolare e prese ad accarezzare i capelli biondi di Jeff. Anche se era molto buio, il giovane Hummel non riuscì a non notare un rosso vivo, invadere le gote e le orecchie del biondo. Nick si strinse più vicino e Kurt cercò di immaginare come potesse essere la loro coppia. Non erano male insieme, se fossero stati gay.
Si accorse che Thad lo stava fissando con tanta intensità che si chiese come mai non avesse un forte mal di testa. I loro occhi si incontrarono nel buio della stanza e per un attimo ci furono solo loro e nient'altro al mondo. Kurt si sentiva strano, molto strano. Non provava più che un forte affetto per Thad, eppure lì, in quel momento, forse per i fumi dell'alcool sempre più fitti, forse perchè il suo drink analcolico tanto analcolico non era, forse per una fantasia, gli sembrò di provare qualcosa di più per il suo compagno di stanza. Più di un amico e più di un fratello. Potrebbe essere quasi..."
Genere: Commedia, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeff Sterling, Kurt Hummel, Nick Duval, Thad Harwood, Un po' tutti | Coppie: Nick/Jeff
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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6. The Crash

N.d.A
Non so bene perché, ma sento il bisogno di avvertirvi prima. Questo capitolo è un po' angst, come probabilmente si intuisce dal titolo. Non voglio che ci rimaniate troppo male, ma ormai sono definitivamente uscita dagli schemi di glee. Spero non vi dia troppo fastidio.
Scusatemi tanto per eventuali errori! Buona lettura.

"Kurt! Vestiti, veloce. Andiamo fuori"
A quelle parole, Kurt alzò gli occhi dalla sua copia di Vogue e guardò Thad, in piedi accanto al suo letto, inarcando un sopracciglio. "Sei pazzo? Sono già le otto passate e poi ho deciso di non voler cenare stasera..." sospirò e abbassò nuovamente gli occhi sul magazine.
"Dai, Kurt! Vuoi ammuffire sul letto tutta la vita?" Thad gli rubò Vogue e Kurt finalmente lo guardò negli occhi.
"E perchè dovrei uscire con te? Sei diventato così scontroso da quando ci siamo scontrati in corridoio. Anche ieri sera, quando siamo andati a prendere gli alcolici da Bill! Non mi hai mai rivolto la parola. Se ti ho fatto molto male dimmelo!" sbottò irritato Hummel, ignorando invece il vero motivo per cui Thad era diventato più distaccato nei suoi confronti, già da alcuni giorni.
"No, non mi hai fatto male..." Thad era tentato di dirgli tutta la verità, ma poi come avrebbe avuto il coraggio di guardarlo ancora negli occhi? "Lo faccio solo per farti fare un giro, per uscire..." Thad esitò di nuovo, facendo intuire a Kurt che c'era sotto qualcos'altro. Kurt però non commentò e si alzò dal letto.
"Voglio mangiare leggero, però" lo avvertì, prendendo dei vestiti stirati dall'armadio. Thad sorrise, vedendolo concentrato nel scegliere l'outfit perfetto. Avrebbe dovuto alleggerire la tensione, più tardi. E soprattutto avrebbe dovuto ottenere la massima fiducia del suo compagno di stanza.
"Pronto, Hummel?" chiese dopo alcuni minuti. L'interpellato annuì ed insieme uscirono dalla stanza. "Non so se ci siano ristoranti leggeri a Westerville..." Thad riflettè ad alta voce.
Kurt sorrise. "Oh, non importa" assottigliò lo sguardo mentre salivano sulla macchina di Thad. "Però forse c'è un secondo fine per questa serata, non è così?"
"Non so di cosa tu stia parlando" borbottò Thad, accendendo il motore, ma abbassò il viso per non far vedere la sua vera espressione. Era strano. Con chiunque, compagni e adulti, era perfettamente in grado di recitare. Tutti vedevano sul suo viso l'emozione che lui voleva che vedessero. Ma Kurt era diverso. Non riusciva a mentirgli e nemmeno risultare un apatico senza cuore. Perciò doveva nascondersi come poteva. Ma Kurt non era stupido, né tanto meno credulone. Avrebbe dovuto presto dirgli la verità. Anche se non sapeva ancora come. "Cosa vuoi mangiare, Kurtie?" disse sfoggiando un sorriso a trentadue denti e ammiccando. Kurt arrossì. Bravo Thad, si disse Harwood. Quando Kurt arrossiva era adorabile! Quante cose di Kurt aveva detto che erano adorabili? Non teneva più il conto ormai.
"Thad..."
"E' per Blaine?" chiese Thad, per una volta riuscendo a rimanere distaccato tranne che per una lievissima nota di amarezza nella voce. Non sapeva se sperare o no che Kurt la notasse. "Uscite insieme adesso?"
Kurt capì. Ma certo, Thad non se n'era andato così presto. Non prima di aver visto Blaine che gli offriva un caffè. Decise di non darlo a vedere subito. "No. Siamo solo amici" udì lo sbuffo di Thad. "Senti, Thad. Non so perchè ti interessi tanto" mentì. "Ma se ti dico che siamo solo amici è così. Perchè dovrei mentirti? Fidati di me" e dicendo le ultime parole appoggiò la sua mano lattea su quella abbronzata di Thad, che stringeva il volante. La mano del capo consiglio si rilassò a quel contatto e così fece la sua espressione corrucciata. Thad guardò Kurt. Occhi scuri e occhi cristallini. Solo loro. Thad fece per sporgersi e baciarlo, abbandonando il volante.
Non lo avesse mai fatto.
Qualcosa di enorme e molto grosso ruggì. Un rumore di clacson riempì l'aria. Un leone che intasa il traffico di Westerville? fu il primo pensiero di Thad. Poi il fracasso di un'esplosione lo inghiottì. Era come se tanti spilli gli graffiassero ogni centimetro di pelle scoperta. Entrambi i ragazzi cercarono di mettersi in posizione fetale per proteggersi meglio, ma faticavano a muoversi a causa delle cinture di sicurezza. Dopo alcuni attimi di calma surreale, l'intera massa del camion che li aveva investiti volò e si schiantò sulla portiera del posto da passeggero. Kurt si ritrovò a rivivere le spinte di Karofsky contro gli armadietti, ma era come se fossero moltiplicate un milione di volte, tutte concentrate in una grande e potentissima collisione con un veicolo gigante. Poi vide qualcosa di rosso e luccicante. Era la carrozzeria dell'autocarro o il proprio sangue? Non lo sapeva, non era abbastanza lucido, però avvertì un forte dolore alla testa. Il ragazzo vide una luce bianca. Lui non era cristiano, ma stando alle descrizioni dei suoi amici credenti, poteva essere il Paradiso. Poi precipitò nelle tenebre.


"COSA?! Oh mio Dio" il volto di Jeff tramutò all'istante. Si portò una mano alla bocca e fece di tutto per non piangere. "Sì" disse rivolto a Wes, con il quale stava telefonando. "Sì, sì. Stiamo già arrivando" aggiunse alzandosi e dirigendosi fuori dalla propria camera, con Nick alle calcagna, ancora all'oscuro di tutto. "Ci vediamo là. Okay. Ciao" ciuse la chiamata e affrettò il passo.
"Chi era? Cosa ha detto?" domandò Nick, confuso.
"Era Wes. Dobbiamo sbrigarci, andiamo al pronto soccorso"
"Cosa?? Perchè?"
Jeff trattenne un singhiozzo di disperazione e guardò Nick, con occhi lucidi. "Perchè Kurt e Thad hanno avuto un grave incidente" da come lo disse, non sembrava affatto uno scherzo e Nick affrettò il passo, ancora più velocemente del suo ragazzo, diretto alla sua auto. Doveva fosse sperare che l'incidente, purchè grave, non avesse danneggiato troppo i due amici.
Il pronto soccorso dell'ospedale era gremito di gente. Persone di ogni età aspettavano in una saletta con problemi più o meno urgenti. I medici valutavano chi fosse più bisognoso di aiuto e lo guidavano in un corridoio bianco che si intravedeva dietro ad una porta socchiusa.
"Mi scusi" Nick si avvicinò ad un infermiere che era appena entrato nella saletta. "Mi potrebbe-"
"Scusami, ma abbiamo molto da fare. Rispetta la fila" rispose l'infermiere sbrigativo. Caricò una donna su una barella e tornò da dove era venuto.
Jeff appoggiò una mano sulla spalla di Nick. "Calma. Dovrebbero esserci già Wes, David e Flint" fece una pausa, come per ricordare, poi scosse il capo. "In ogni caso non possono dirci niente se non siamo parenti"
"Ma non eri tu quello che stava per scoppiare a piangere?!" sbottò Nick. "Dobbiamo sapere. Non sei più preoccupato per loro!"
Molte persone si voltarono a guardarli, piuttosto scocciate dalle loro urla. Jeff s'innervosì. "Nick... Io sono preoccupato quanto te! Quanto tutti! Cercavo solo di mantenere la calma" disse a denti stretti.
"Beh, non ci sei riuscito!" gridò Nick. Si allontanò da Jeff, misurando la stanza a grandi passi. Appena arrivava ad una parete, percorreva il percorso al contrario. E così per quelle che sembrarono ore. Avanti, parete incolore e indietro. Avanti, parete incolore e indietro. Finalmente un angelo caduto dal cielo lo fermò. "Guarda" sussurrò Jeff. "Quelli che sono entrati... Sono le New Directions! Beh, non credo che siano tutti, ma sono sicuramente loro"
Nick li osservò. La prima persona che gli fece capire che erano proprio il glee club del McKinley fu il ragazzo sulla sedia a rotelle. Lo stimava tantissimo. Cantare e ballare senza l'uso delle gambe non doveva essere per niente facile, ma lui ci riusciva con una disinvoltura schiacciante. Poi riconobbe Rachel Berry. Kurt l'aveva nominata molte volte e ormai sapeva tutto sul suo aspetto e il suo carattere. Un'altra persona che conosceva senza aver mai incontrato? Erano due. Mercedes Johns, la migliore amica di Hummel e il frattellastro, Finn Hudson. Finn era venuto un paio di volte alla Dalton per vedere come se la passava Kurt. Dato che era l'unico a cui aveva mai rivolto la parola, decise di chiamare lui. "FINN!"
Il ragazzone si girò e squadrò i due ragazzi. Evidentemente non aveva una buona memoria, ma le divise della Dalton gli fecero intuire che erano amici di suo fratello. "Ehm, siete..."
"Io sono Nick e lui è Jeff" si presentò Duval. "Noi siamo amici di Kurt... Abbiamo ricevuto una telefonata, sapete..."
Finn annuì. "Un tipo che si chiamava Devon, mi pare"
"Probabilmente David" lo corresse Jeff. Finn annuì di nuovo.
"Sapete dove si trova Kurt? Come sta?" chiese Rachel Berry, asiosa. "Finn, chiedi a qualcuno!" aggiuse poi, senza aspettare risposta. Finn si avvicinò a un medico che stava scrivendo qualcosa su un registro.
"Mi scusi, sto cercando Kurt Hummel"
Il medico lo guardò. Poi controllò il suo registro. "Kurt Hummel... Sì. Lei chi è?" chiese poi.
"Finn Hudson, suo fratello" rispose il ragazzo. Era difficile notare la sua preoccupazione. La stava sicuramente nascondendo. Probabilmente stava cercando di non crollare a terra e disperarsi.
"Signor Hudson, sarò sincero con Lei. Kurt Hummel è in gravi condizioni. E' quasi morto per il colpo cerebrale che ha subito" tutti gli amici di Kurt trattennero il fiato. Di certo non se lo aspettava nessuno. "Al momento non potete vederlo. Nessuno di voi. Vorrei parlare con i genitori. Sanno qualcosa?"
"N-no" riuscì a dire Finn, ancora sotto shock. "L-li chiamo subito..."
Il medico annuì e si allontanò, lasciandoli lì, soli. Con un brandello di speranza nel cuore di ognuno di loro. Ma la paura era molto forte, troppo. Il silenzio calò su tutti loro. Un silenzio di tomba. Un silenzio assordante, spaventoso e orribile. Molti dei membri delle New Directions si abbracciarono. Una ragazza bionda scoppiò in lacrime e venne consolata da un'altra mora con i tratti ispanici.
Nick cinse le spalle di Jeff con un braccio e il biondo seppellì il suo viso nel collo del suo ragazzo. "Mi dispiace di averti aggredito, Jeffy" Jeff scosse la testa nell'incavo tra il collo e la spalla di Nick e lo abbracciò.
Il silenzio era interrotto ogni tanto dai lamenti di dolore di alcuni pazienti in attesa e la cosa era ancora peggiore del silenzio assoluto. Trasmetteva ancora più disperazione.
Poi il silenzio venne completamente spezzato da un grido, accompagnato da un pianto disperato. "THAD!"
Un uomo sulla mezza età attraversò la saletta a grandi falcate, accompagnato da una donna con un fazzoletto di seta in mano. Avevano entrambi capelli castano molto scuro, quasi nero, e la donna, probabilmente la moglie, aveva degli occhi scuri familiari... Gli stessi di Thad. L'uomo si guardò intorno. Non individuò nessun infermiere, ma notò le divise della Dalton di Nick e Jeff. Si portò di fronte a loro. "Siete amici di Thad, vero?" chiese con voce roca. Probabilmente l'aveva sforzata troppo urlando. I due ragazzi annuirono. "Sapete dove si trova, cosa gli è successo?!" chiese allarmandosi nuovamente.
"Signor Harwood, noi sappiamo solo che è ricoverato" spiegò Jeff. Il padre di Thad non attese un altro istante e si precipitò nel corridoio immacolato. La signora Harwood lo seguì come potè, asciugandosi gli occhi, ma continuando a piangere sommessamente. Non gli era permesso, ma erano genitori disperati per il proprio unico figlio. Nick comprese il loro dolore, anche se non poteva provarlo tanto quanto loro.
In quell'istante fece irruzione un'altra coppia. Una donna con i capelli a caschetto castano chiaro si aggrappava al braccio di Burt Hummel. Tutti i Warblers conoscevano il padre di Kurt perchè lo aveva accompagnato personalmente all'interno della scuola, il giorno del suo trasferimento.
"Mamma" mormorò Finn. Carole si allontanò dal signor Hummel per abbracciare il figlio e scoppiò in lacrime sulle grandi spalle di Finn. Le New Directions si scostarono per far passare Burt.
"Burt Hummel" si presentò il padre di Kurt allo stesso medico a cui si era rivolto Finn, entrato proprio in quel momento. "Vorrei vedere mio figlio"
"Piacere, signor Hummel" il medico fece un breve sorriso, che si spense immediatamente. "Suo figlio è al momento in stato di coma. Ha ricevuto gravi lesioni cerebrali, ma è vivo. Però potrete vederlo solo domani mattina" e con questo il medico si rivolse alla numerosa fila di pazienti, senza dare a Burt il tempo di protestare.
Non ci fu bisogno di spiegazioni. Tutti avevano sentito. Tutti avevano capito. Ognuno di loro decise di aspettare lì. Ormai era l'una di notte, ma il tempo sembrava non voler passare mai più. Gli occhi della Berry guizzavano dalla porta all'orologio così freneticamente, che solo a guardarla veniva la nausea. Sembrava che stesse seguendo una partita da tennis, solo che la preoccupazione non accennava a scomparire.
Finn sedeva su una delle poche sedie rimaste libere e batteva un piede nervosamente, perso in pensieri disperati. Di fronte a lui, Burt camminava avanti e indietro a grandi passi, come se stesse imitando Nick, alcuni minuti prima. Carole era in uno stato di shock: a malapena capiva cosa stava succedendo e continuava ad asciugarsi gli occhi con un fazzolettino di carta. Un po' tutti i membri delle New Directions avevano tick nervosi e comportamenti ansiosi: Sam Evans si mordicchiava le unghie, Tina Cohen-Chang parlava da sola sottovoce, Artie continuava ad aggiustarsi la montatura degli occhiali. Poi c'erano Brittany Pierce e Santana che non volevano più sciogliere il loro stretto abbraccio. Jeff pensò che doveva essere molto confortante. Quinn Fabray, anch'essa seduta, muoveva i piedi in modo coordinato: forse stava provando una coreografia per il prossimo numero delle Cheerios, nei momenti di ansia spesso si concentrava sulle cose che sapeva fare bene e che la confortavano di più. Mercedes guardava la porta come se volesse incenerire l'infermiere appena lo avrebbe rivisto comparire, infine Noah Puckerman appareva il più calmo di tutti, ma aveva infilato le mani nelle tasche dei jeans e picchiettava furiosamente le dita sulle cosce.
Dopo una mezz'oretta Jeff e Nick occuparono un posto finalmente liberato da una vecchietta. La, ormai famosa, porta si spalancò e ne uscirono tre ragazzi con le divise della Dalton e i volti funerei. "Oh, eccoli finalmente!" disse Jeff, seduto sulle gambe di Nick, facendo cenno agli amici di avvicinarsi. Quando furono di fronte a loro calò il silenzio.
Flint Wilson fu il primo a parlare. "Siamo riusciti a vedere Thad finalmente, dopo che sono entrati i suoi genitori" cominciò. "E' abbastanza grave. Ha varie fratture ed emorragie interne, ma ha aperto gli occhi" fece una pausa.
"Starà bene. Sicuramente molto prima di Kurt" disse Wes abbassando gli occhi Per lui era stata veramente dura. Conosceva Thad da quando avevano addirittura cinque anni, era cresciuto con lui e la preoccupazione di perderlo lo aveva distrutto. "Ci hanno detto che non potevamo vederlo e che aveva già più visite di quelle consentite" guardò in direzione degli amici e della famiglia di Kurt, ancora in attesa, anche se molti di loro si erano addormentati, appoggiati al muro o seduti su alcune sedie
"Vorremmo vedere Thad, allora" disse Jeff, parlando a nome  di entrambi. Nick annuì.
Wes e David si scambiarono un'occhiata, parlandosi telepaticamente. "Vi accompagno io" si offrì David. Aveva capito che per Wes sarebbe stato troppo straziante vedere il suo migliore amico gravemente ferito. Li guidò, senza nessun commento, lungo il corridoio fino alla stanza numero 9. Fece loro cenno di entrere con la testa, e Jeff e Nick aprirono lentamente la porta. La stanza era ampia e odorava di disinfettante e... di ospedale. Era incolore e triste, come l'avrebbe definita Nick. Era divisa in due parti da una grande tenda verde acqua. Probabilmente dall'altra parte stava un'altro letto... "Di là c'è Kurt" sussurrò David, apparso alle loro spalle, facendoli sobbalzare. "Ma nessuno può ancora vederlo, per il momento..." la sua voce si affievolì, per poi spegnersi definitivamente, come se il silenzio stesso l'avesse zittito. Thad giaceva sul letto più vicino alla porta. La sua faccia era piena di graffi provocati dalle schegge del parabrezza, il torace era fasciato quasi interamente, così come la sua fronte. Una flebo era inserita nel suo braccio destro. Aveva gli occhi chiusi e respirava regolarmente, cosa che rincuorò i tre Warblers, i quali poterono contatare che stava solo dormendo. I suoi genitori non lo avevano ancora abbandonato. Erano seduti su due sedie ai lati del letto. La madre gli accarezzava i folti capelli bruni, come i suoi, senza mai smettere di piangere. Il signor Harwood teneva le braccia incrociate al petto e guardava il figlio con occhi pieni di preoccupazione.
Una lacrima rotolò lunga la guancia di Nick. Certo, Thad non era uno dei suoi migliori amici, sicuramente non come Jeff, ma era tra i pochi che riuscivano ad avvicinare Thad, come Wes e David. Si erano subito trovati molto in sintonia tra di loro e non aveva la forza di perderlo. Jeff, d'altro canto, si sentiva come lui. Thad era sempre stato, misteriosamente, gentile e protettivo con lui, probabilmente perchè era il più giovane. Ad ogni modo era stato come un fratello maggiore, del resto come ora si stava comportando con Kurt, anche se più intimamente. Nessuno avrebbe sopportato la sua perdita e per fortuna non avrebbero dovuto provarci. Thad si sarebbe ripreso, magari non subito, ma sarebbe tornato a percorrere i corridoi della Dalton.
"Thad..." sussurrò Nick debolmente. Jeff gli passò un braccio intorno alla vita, vedendolo eccessivamente pallido, e lo sostenne per evitare che le sue ginocchia cedessero. A David non sfuggì nulla, ma non commentò, sapendo già come stavano le cose. Ma quel semplice gesto gli ricordò che avevano ancora qualcosa di cui discutere, ovviamente quando sarebbero tornati a scuola. I tre ragazzi si trattennero ancora qualche minuto in silenzio, ma Thad continuò a dormire. Beh, in fondo lui era uno che se la prendeva comoda. Così decisero di tornare dai loro compagni nella sala d'aspetto.
Ormai tutti gli amici di Kurt erano addormentati a parte Finn. Perfino Rachel aveva ceduto al sonno, ma non senza aver combattuto una dura lotta contro di esso. I tre ragazzi si sedettero sulle sedie libere, accanto a Wes e Flint. Ora non restava che aspettare la mattina.
Nessuno disse più una parola. Flint si abbandonò anche lui tra le braccia di Morfeo, scivolando lungo la sedia, Wes e David lo afferrarono per le braccia, appena in tempo prima che potesse cadere. Nick appoggiò la testa sulla spalla di Jeff, ma tenne gli occhi ben aperti, per nulla intenzionato a cedere. Jeff accarezzò i capelli castani del suo ragazzo, pensieroso. Kurt. Stava dormendo esattamente come Thad, ma lui... forse non si sarebbe più svegliato. No, doveva svegliarsi. Jeff non era molto in confidenza con lui, era vero, ma, anche se si erano parlati poche volte, Jeff aveva capito che era un ragazzo spiritoso, di buon cuore e disponibile. E poi aveva tutti i suoi amici del McKinley che tenevano a lui, tanto quanto i Warblers, proprio come una vera famiglia. Come poteva lasciarli?
Finalmente arrivarono le cinque e mezza del mattino. Il medico entrò nella saletta e Burt Hummel scattò in piedi. "Mio figlio?" chiese con impaziemza. Il medico annuì e fece cenno a lui, Finn e Carole di seguirli. Nick volle seguirli, ma capì che prima di tutto toccava alla famiglia. Carole strinse forte la mano di suo marito e insieme a Finn seguirono il dottore oltre la porta, lungo il corridoio.
Senza i passi nervosi di Burt e Finn che si alternavano, la sala d'attesa fu riempita dai pesanti respiri delle New Directions e Flint. Rachel fu la prima a svegliarsi, forse perchè avvertiva la mancanza di Finn. Lanciò un'occhiata verso i cinque Warblers e decise di avvicinarsi. "Avete visto dov'è andato Finn?" furono le prime parole che rivolse loro. Wes era troppo indignato dal fatto che non li avesse salutati per rispondere e David era scivolato nel dormiveglia, così le rispose Nick, alzando il capo dalla spalla di Jeff. "Sì" disse, mentre lei gli si metteva di fronte. "A quanto pare i famigliari potevano entrare a vedere Kurt"
Rachel spostò il proprio peso da un piede all'altro, agitata. "Ma quando potremo vederlo noi? Non siamo famigliari, ma siamo suoi amici e gli amici contano, insomma sai come le metafore..." un fiume di parole uscì dalla bocca della ragazza e Nick perse il filo, capendo perchè la Dalton era un'accademia maschile e perchè a lui piacevano i ragazzi. Tornando nella realtà colse che la ragazza aveva due papà gay, ma non capì perchè stava raccontando proprio a lui tutto ciò e la cosa peggiore era che non aveva idea di come fermarla. Gli Hummel-Hudson fecero ritorno - sia lodato il cielo! - così l'attenzione della Berry si concentrò su di loro, lasciando in pace Nick.
"Pensa a come sarebbe vivere un'intera vita con lei" commentò Jeff all'orecchio di Nick, mentre guardavano la ragazza fiondarsi addosso a Finn per farsi dire tutto.
Nick fece una smorfia. "Non farmici pensare" borbottò. "Neanche un minuto passato con lei e mi ha liquefatto il cervello"
Jeff fece un mezzo sorriso. "Almeno non mi dovrò preoccupare che tu sia bisex" scherzò, facendo sorridere anche Nick. "Dai" disse poi, tornando serio. "Andiamo a trovare Kurt"
Si avvicinarono al medico, chiedendo se era possibile vedere il giovane Hummel. "Sì, ma... Beh, non tutti voi!" esclamò, guardando le New Directions, quasi tutte ormai sveglie. "Potete darvi i turni in piccoli gruppetti" suggerì.
Così si decise che il primo gruppo era composto da Nick, Jeff, Wes, Mercedes, Rachel e Artie. I sei ragazzi raggiunsero in poco tempo la stanza di Kurt e Thad. Jeff notò che la tenda divisoria era sparita, potendo così notare il corpo giacente di Kurt.
Le sue condizioni non erano come quelle di Harwood, erano molto peggio. La faccia era completamente ricoperta di graffi, alcuni anche profondi. Essendo stato travolto da un camion, doveva avere molte vertebre e costole rotte, riflettè Nick. La testa era fasciata come quella di Thad. Inoltre aveva la gamba destra ingessata e il polso sinistro steccato. Una flebo usciva dal suo avambraccio, portava la mascherina dell'ossigeno per respirare ed era attaccato ad una macchina che lo teneva in vita. Sembrava più fragile che mai, più pallido del normale e... senza vita. Un singhiozzo spezzò il silenzio. Tutti si voltarono verso Rachel che si tappò la bocca. Accanto a lei Mercedes stava piangendo silenziosamente, le lacrime le rigavano le guance scure. A giudicare dagli occhi arrossati, aveva cominciato a piangere dalla prima occhiata che aveva dato a Kurt. Artie non piangeva, ma guardava Kurt con uno sguardo colmo di tristezza, da dietro le lenti rettangolari dei suoi occhiali. Jeff si appoggiò a Nick, che questa volta dovette essere forte abbastanza per reggere entrambi. Wes era il più lontano. Voleva bene a tutti i Warblers ugualmente e non era sicuro di voler vedere anche Kurt in condizioni addirittura peggiori di Thad, dalle quali doveva ancora riprendersi. Rimasero lì a guardarlo in silenzio, come avevano fatto con Thad, finchè il medico ricordò loro che il tempo era scaduto e che toccava all'altro gruppo vederlo. Quinn, Puck, Santana, Brittany, Tina, David e Flint entrarono nella stanza, mentre gli altri sei ragazzi uscivano dirigendosi verso la sala d'aspetto. Si sedettero ed aspettarono in silenzio che anche gli altri uscissero. Salutarono Burt, Carole e Finn che avevano deciso di fermarsi e discutere con i medici. Anche gli Harwood si fermarono al pronto soccorso per lo stesso motivo.
Jeff e Nick tornarono insieme alla Dalton. Non dissero una parola. Appena arrivati tutti i Warblers che erano rimasti a scuola, li guardarono in attesa di spiegazioni. Wes cominciò ad informarli, ma si interruppe e non fu più in grado di continuare, così David finì il discorso per lui. L'atmosfera si fece fredda e grigia. Wes, David, Nick, Jeff e Flint chiesero di parlare con la preside per informarla dell'accaduto e chiedere il permesso di riposarsi, senza andare a lezione per quel giorno.
Jeff e Nick entrarono in camera e si sdraiarono uno accanto all'altro sul letto di Nick. Non potevano stare distanti in un momento così difficile. Nick avrebbe voluto dire qualcosa, qualsiasi cosa per rassicurare Jeff, rassicurare se stesso, rassicurare tutti, ma se avesse aperto bocca sarebbero uscite le solite parole vuote che si dicono in queste situazioni. "Mi dispiace". "Si riprenderà". "Andrà tutto bene". Parole buttate al vento, tanto per riempire quei silenzi disperati. Nick lo sapeva bene. Quando sua nonna, la madre di suo padre, quella italiana, era morta si era sentito perso. Lei lo aveva cresciuto, quando i suoi genitori avevano troppo da fare per occuparsi del loro unico figlio. Lei gli aveva insegnato che essere se stessi era importante. Lei gli aveva asciugato le lacrime che versava quando i suoi coetanei lo prendevano in giro. Era lei la mamma, non la signora Duval. Al suo funerale tutti i presenti gli stringevano la mano e dicevano le solite cose: "Condoglianze" "Mi dispiace".
Jeff lo strinse a sè, distogliendolo dai suoi pensieri e Nick gliene fu grato.
"Cosa pensi che succederà?" chiese Jeff guardando il soffitto.
Nick guardò a sua volta il soffitto immacolato. Poi spostò gli occhi sul suo bellissimo ragazzo. Un bellissimo ragazzo con le occhiaie e distrutto dal dolore. Capì che finchè fosse rimasto con Jeff, sarebbe stato forte. Ma non avrebbe perso i suoi amici. Non era un'idea possibile da concepire per la sua mente. Tuttavia sospirò. "Non lo so"
Jeff si voltò finalmente verso di lui. Guardare Nick lo faceva sempre sentire come una graffetta di fronte ad una calamita potentissima. Si avvicinò al suo viso e appoggiò una mano sulla guancia di Nick. Lo baciò. Delicatamente, a fior di labbra. Nick rispose al bacio, ma non lo approfondì ricordandosi improvvisamente di una cosa...
"La scorsa sera!" esclamò, ma Jeff lo guardò confuso. "Jeff, ti sei dimenticato di incontrare il tuo tutor!" spiegò Nick.
Jeff spalancò gli occhi. Aveva ragione. Si era completamente dimenticato di Lawrence, ma del resto che cosa poteva farci? Due suoi amici erano stati investiti, non avrebbe mai potuto starsene a scuola a prendere ripetizioni di algebra, impazzendo essendo all'oscuro della situazione. Fortunatamente aveva un buon alibi. "Sì... Beh, ecco gli spiegherò il perchè" rispose il biondo alzandosi. "Vado a chiedere al professor Baker quando potrò incontrarlo" fece per andarsene, ma Nick lo chiamò. Jeff si voltò verso di lui.
"Posso venire con te?" chiese Nick. "Non riesco a stare da solo, mi agiterei e basta" aggiunse poi, come per scusarsi. Ma Jeff non aveva bisogno di scuse, anzi, si stupì lui stesso di non averlo proposto per primo.
"Oh, certo! Che idiota, hai ragione. Nessuno di noi dovrebbe stare da solo" e così dicendo allargò le braccia permettendo a Nick di seppellire il viso nel suo collo. Dio, lo amava, lo amava davvero.
"Ti amo, Jeff" sussurrò Nick al suo orecchio.
"Mi togli le parole di bocca" sospirò Jeff sorridendo. "Ti amo anch'io, Nicky"


"Oh, Kurt" gli occhi ambrati di Blaine scrutarono il giovane pallido, colmi di tristezza. Era stato avvertito dell'incidente abbastanza presto la sera precedente, tuttavia non aveva potuto accorrere all'ospedale perchè era in visita dai suoi nonni paterni fuori Westerville e i suoi genitori non lo avevano lasciato partire prima dell'alba. Tuttavia aveva passato la notte in bianco. Milioni e milioni di immagini di Kurt gravemente ferito gli erano passate per la mente, facendolo piangere silenziosamente sotto le lenzuola di una camera degli ospiti della villa dei suoi nonni.
Il solista osservò uno ad uno i minuscoli, ma profondi, tagli che sferzavano il non più perfetto viso di Kurt Hummel. "Tu e Thad..." sospirò. Quando li aveva seguiti qualche sera prima aveva un presentimento che potesse accadere qualcosa di brutto, ma poi non era successo assolutamente nulla. Perchè non si era accorto che quella sera erano usciti di nuovo? Perchè proprio Kurt aveva subito i danni peggiori? Cosa aveva fatto di male un ragazzo così buono come lui per meritarsi un incidente così grave? "Io sarò qui per te, Kurt. Ti vogliamo tutti bene, sai? Tante persone tengono a te, non puoi lasciarci così. Mi hai sentito, eh? Ti prego, Kurt, non ti posso vedere così" Blaine affondò la fronte nelle lenzuola azzurre, che coprivano il corpo malridotto del povero Hummel. Rimase nella stessa posizione così tanto tempo, che per lo stress si addormentò.

N.d.A.
Buonasera, lettrici e lettori!
Sono in ritardo di un giorno (se non sbaglio), ma in compenso il capitolo è più lungo dei precedenti. Ed è triste.

Vi chiederete come mai ho fatto fare un incidente ai Khad. Beh, prima di tutto sentivo che la storia aveva bisogno di un imprevisto perché io adoro le storie tutte complicate, ma che poi alla fine si risolvono (guardate The Fosters e capirete cosa intendo e.e). Poi secondo me la relazione Khad (li chiamo così perché è più rapido) si stava evolvendo troppo in fretta, per cui penso sia stato bene così. Poi Kurt è l'oggetto conteso del famoso triangolo Thad-Kurt-Blaine e mi piace fare in modo che per il momento nè Thad, nè Blaine possono averlo. Possono però sfidarsi in una gara di visite... ;)
Credete sia troppo azzardato il fatto che i Jick si siano detti per la prima volta di amarsi chiaramente? Io no. Insomma con la situazione penso che c'entri perchè hanno capito che la vita è troppo breve e potrebbe finire da un momento all'altro. Inoltre vogliono darci un messaggio: c'è speranza. Finchè esiste l'amore, esiste anche la speranza. Sarò sincera: stavo per scoppiare a piangere mentre descrivevo la loro scena dolce. Cioè, tra la tristezza si riesce comunque a trovare il sorriso, l'affetto, la serenità. Tutte cose essenziali per riuscire a proseguire la propria vita.
Riflessioni filosofiche time! Wow! Ho scritto troppo nelle note, scusate per avervi annoiato :/
Grazie a chi mi ha recensito e a tutti voi che leggete la storia!!
{Amy recensisci stavolta! -.-}
A presto con un nuovo capitolo!
(Continuate a leggere, mi raccomando! :3)
Coral ^^

   
 
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