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Autore: Harriet    08/02/2009    5 recensioni
La storia di una donna comune e di una donna senza speranza. O forse, la storia di una donna senza pari e di un'altra che ha deciso di inseguire la sua luce.
Un incontro tra due storie simili che forse può dare inizio a qualcosa di nuovo...
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia è stata scritta per il contest "L'Ombra e... l'Angelo", indetto da Eylis. E' arrivata seconda, e io ringrazio tantissimo Eylis del risultato e anche di aver proposto questo contest.
Questa storia è dedicata alle "mie" donne speciali, soprattutto a quella a cui ho rubato tantissimo, per descrivere l'"angelo" di questa vicenda. La citazione iniziale viene da “I quattro amori” di C.S. Lewis.



Avvento


La frase con cui di solito comincia un’amicizia è qualcosa del genere: “Come? Anche tu? Credevo di essere l’unico...”


Oggi ho conosciuto una donna.

Questo hotel è il paradigma di tutte le desolazioni. E' un impasto di grigio, polvere, odori sgradevoli. Soprattutto, è grande e si legge in ogni suo tratto che era destinato a diventare un luogo di rilievo, pieno di gente e di sole. Ha fallito miseramente il suo scopo, e per questo effonde la sua aura di desolazione ovunque.
Deprime così tanto che mi sento quasi a mio agio.
Avevo finito la cena e stavo meditando sul corso delle mie azioni, quando le luci sono state abbassate, e nella sala da pranzo assurta al rango di locale serale è entrata una persona, si è avvicinata al pianoforte relegato in un angolo e l'ha aperto.
Mi sono messa a ridere. Che razza di musicista può esserci, qui?
Mi preparavo ad assaggiare un altro spicchio della tristezza di questo posto.
Ho richiuso la bocca e smesso la risata, per restare a fissare la donna, quando ha iniziato a cantare.
Di nuovo, mi trovo a pensare che questo posto sia il punto più fondo di tutte le desolazioni.
Un luogo come questo non dovrebbe ingoiare una musica come la sua.

Chi sei, da dove vieni, perché sei qui?
Sei fuggita come me, o cerchi qualcosa?

Alla fine, le ho chiesto il suo nome.


*

L'ho cercata tutto il giorno e non sono riuscita a trovarla che a sera, prima del suo spettacolo. Le ho chiesto senza molti preamboli come mai si riduce a suonare qui. Lei ha risposto che bisogna pur cominciare da qualche parte, no?
Certo. E' un punto di vista sensato.
Posso accompagnarti in sala?

Poi mi sono seduta al tavolo più vicino al pianoforte ed ho ascoltato.
Ha una voce comune, ma le cose comuni, quando sono usate con arte insolita, sono le mie preferite.
Canta canzoni di tutti i generi. Tra le sue mani diventano qualcos'altro.

Non so ancora perché mi abbia affascinata.

Forse è la solitudine. Non parlo con nessuno da mesi. Non parlo, perché sono un'esule e una ribelle, perché la mia lotta contro il mondo mi impone il silenzio, perché non ho desiderio di sprecare tempo e voce con chi non lo merita.
Ma sono comunque sola. Ho voglia di sprecare tempo con qualcuno.
E lei lo merita.

*

A colazione mi sono seduta al suo tavolo. Lei mi ha studiata con un sorriso leggero, poi mi ha invitata a sedere.
- Perché sei qui?-
Ha scosso la testa, non so se per dirmi che non voleva rispondere, o che non capiva perché fossi tanto interessata a lei. Poi ha sospirato e mi ha offerto il cestino dei biscotti.
- Cerco una direzione. Diciamo così.-
- Sei scappata?-
- Sono partita.-
- Hai lasciato la tua casa volontariamente, allora.-
- E' che non avevo più una casa.-
In qualche modo, capisco anche senza bisogno di altre parole.
- Io non voglio averla.- Le ho detto.
- Perché?-
- Perché un legame forte come quello di una casa finisce sempre per metterti in situazioni che non hanno uscita. Non voglio averla. Io sono la mia casa.-
E' andata a prendermi un'altra tazza e mi ha servito del caffè.
Non risponde alle impertinenze, ma mi accoglie come può.
Credo di aver deciso in quel momento che volevo un legame con lei.

Non ha cantato, questa sera. Però siamo uscite in questa città mediocre, sotto un cielo insignificante, con un po' d'umidità sospesa nell'aria grigia e un panorama che non riesce ad essere nemmeno triste, ma soltanto insipido.
Mi ha raccontato della casa che credeva di avere, degli affetti sfuggiti di mano e dei suoi sogni.
Non ha paura a mettere i suoi sogni nelle mani degli sconosciuti, così?
No, non ne ha.
Perché quei sogni se li tiene stretti e sicuri. Allora può permettersi di raccontarli a tutti. Non ha intenzione di perderli.
- Cosa vuoi fare?- Le ho chiesto.
- Raccontare la mia storia. In qualche modo.-
- Perché?-
- Perché la gente ha bisogno di sapere. Ha bisogno di sapere che esistono cose come l'anima, i desideri, le visioni... E tutto a pochi passi dalla banalità soffocante che ci abbraccia. La gente ha bisogno di sapere, e io ho bisogno di raccontare.-
- Pensi di cantarle, queste cose?-
- Forse. Vorrei recitare. Scrivere storie che parlano di tutto questo.-
- Io ci credo, a tutto questo.-

Ma se me lo raccontassi tu, cancellerei il mio credere e mi lascerei convincere da te.

*

Mi fa ridere. E' la perfetta rappresentazione della donna comune, volendo: né alta né bassa, piuttosto normale di corporatura, con i capelli di un castano-nocciola tutto sommato anonimo, il viso senza particolare bellezza, il naso troppo pronunciato, l'aria pensierosa per la maggior parte del tempo.
Però mi fa ridere. Non come quando ridi perché vuoi prendere in giro il tuo interlocutore. Mi fa ridere perché ha la capacità di dire poche cose, ma essenziali, e di cogliere la verità con un misto di sarcasmo tagliente e tenerezza dolcissima. Qualcosa che toglie il respiro.
Allora preferisco ridere.

*

Due giorni che non esco dalla mia stanza, ed è venuta a cercarmi.
Mi chiede perché la mia stanza sia quasi completamente in ombra.
Rido.
E' il mio ambiente naturale.
Protesta con gentilezza e cerca di aprire una finestra. Le dico che sono un vampiro e che mi dissolverò, se oserà farlo. Risponde che lei è una maga e conosce una cura per i vampiri.
Ribatto che non sembra una maga.
Non so bene cosa sembra, in realtà. E all'improvviso comprendo che vorrei avere il tempo di scoprirlo.
Non ho mai desiderato nulla di vero e duraturo. Tutto ciò che ho potuto volere – dal cibo al silenzio, dalla musica all'amore – tutto quanto, l'ho sempre preso e lasciato andare, perché l'eternità mi spaventa.
Però lei è come me.
Lei è in viaggio perché questo mondo triste e fragile non ha un posto per lei, come non ce l'ha per me. Non abbiamo famiglie a sostenerci, mani a stringere le nostre, piccole case accoglienti a nostra immagine e somiglianza, piccoli passatempi che rendano meno angosciante lo scorrere inevitabile dei secondi, verso la morte. Non abbiamo tutto questo, forse perché vogliamo altro.
Vogliamo capire il senso di ogni passo.
Non vogliamo passare il tempo, vogliamo viverlo in ogni suo secondo.
- Io racconto storie.- Le dico, all'improvviso. - Storie di fantasmi. E' per questo che mi piace il buio.-
- Raccontamene una, se vuoi.-
Si siede sul tappeto a gambe incrociate. Io metto la mia maschera da narratrice spettrale e intesso una delle mie visioni da incubo.
Il tempo scivola via e lei è dentro il mio sogno. Intorno a noi, silenzio e ombra.
Quando spezzo l'incantesimo, lei ha gli occhi pieni di meraviglia e un sorriso ammirato.
Lei forse non è una maga, ma io sì.

*

Alla fine, le ho raccontato la mia storia. Con quella goccia di vittimismo e senso dell'ingiustizia della vita che mi ero sempre ripromessa di estromettere dalla mia voce.
Lei mi spinge ad essere sincera, però.
Non sono mai stata sincera con nessuno, meno che mai con me stessa. Però lei è diversa. E' il primo esemplare di quella cosa strana e sfaccettata che la gente comune chiama, con noncuranza, “amico”, forse. O magari è altro. Forse è mia madre, quella vera, che aspettavo da una vita. Forse è uno dei miei fantasmi, che ha assunto una forma definita per tormentarmi in modo insolito.
Forse è il desiderio di vita, che dormiva nel mio cuore ed ora è diventato così forte da apparirmi con l'aspetto di una donna come nessun'altra.

*

- Quando parti?-
- Quando vorrò io.-
- E quando vorrai?-
- Quando deciderai di venire con me.-
- Io non voglio venire con te.-
- Perché no? Mettiamo su una compagnia teatrale. Dai, vieni. E' un inizio. Tutti gli inizi sono incerti.-
- Una compagnia teatrale in due?-
- Si può. Potresti raccontare dei tuoi fantasmi sul palco. Io potrei cantare.-
- Per dire alla gente che dietro ai supermercati e alle code per lo stipendio esiste una Realtà Altra?-
- Sì.-
- E' folle, lo sai?-
- Mi piace per questo.-
- E andremo di città in città, raccogliendo altri reietti della società come noi?-
- Di mondo in mondo.-
- Suona, che è meglio.-

*

Le ho detto che me ne vado domani, e lei ha scosso la testa, con un sorriso, come per dirmi che sto perdendo un'occasione.
Non so se andrò veramente.
So che non posso seguirla. Lei è una creatura della luce, io no. Finiremmo per scontrarci, prima o poi. I suoi sogni sono troppo limpidi, perché io li macchi.
Lei ha intrapreso un viaggio per un ideale.
Io sono scappata perché credo di avere il diritto di vivere come voglio, senza catene.
Non è la stessa cosa, anche se mi ero illusa di sì.

*

E' venuta a cercarmi, stamattina.
Sapeva che non me n'ero andata, ha detto.
E la mia stanza è ancora piena d'ombra. Si è avvicinata alla finestra e io ho aperto la bocca per dirle di fermarsi. Si è fermata, si è voltata, con la mano a mezz'aria come in un gesto di danza.
Chi sei, perché sei qui?
Non lo so.
Però so che ha un candore e un'innocenza che feriscono meravigliosamente.
E' quella purezza che nasce veramente da dentro, e non da regole, convinzioni, idee, strutture culturali o qualsiasi altra cosa.
E' purezza di cuore, così semplice e vera che non puoi nemmeno denigrarla. Solo ammirarla.
L'ombra è la mia casa, l'ombra sono io, ma non ho il coraggio di fermarla, quando spalanca la mia finestra. Un raggio gentile entra nella mia stanza, con un'urgenza vitale incontenibile, come un'annunciazione. Sarò madre di qualcosa, forse, finalmente, e lei è venuta a dirmelo.
Sia fatta di me la tua volontà, allora.

***

Siamo all'ottavo mese, al settimo hotel e alla terza compagna.
Ce l'ho portata io, dalla terza, questa ragazza con gli occhi neri e l'aria spaesata. Se dobbiamo davvero mettere su questa sorta di compagnia errante, meglio cercare del talento, per le vie dei mondi.
Il settimo hotel è un'anacronistica casetta di pietra che spunta tra i grattacieli come un fiore testardo in una sterpaglia.
Ci somiglia molto.
Somiglia al cuore dello strano sogno che portiamo in giro. Un mondo intangibile e pieno di tesori, a una distanza infinitesimale dalla nostra mano.
Sulle scale che precedono l'ingresso, lei si volta. Io e l'altra siamo ancora immobili. Stiamo pensando la stessa cosa.
Non si torna indietro, adesso.
- Venite?-
E dove pensi che potremmo andare, altrove?
Un passo dopo l'altro, sono davanti ad un'altra porta, ed entro a cuore leggero, senza pensare. Supero la soglia, e all'improvviso l'intuizione: quest'ombra che mi porto dentro, forse può trasformarsi in qualcosa, insieme ad altre voci, ad altre luci. Un dipinto non è completo, senza il manto dei colori scuri. Una storia non ha senso senza il dominio della notte.
Sorrido, rimangiando le lacrime, tenendo tra le braccia quest'intuizione appena nata.
Allora entro, oltre la porta, dentro la mia storia.
   
 
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