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Autore: Sharon9395    13/09/2015    2 recensioni
La vita tra i Candidi non era male: tranquilla, dedita alla verità, all’onestà e alla giustizia.
Kat teneva sì alla giustizia e alla verità. Ma dentro di se sentiva la spinta verso una vita diversa. Una vita spericolata, una vita degna di essere vissuta.
Il test era stato chiaro. O meglio… inconcludente. Quindi doveva scegliere da sola. Magari tra i Candidi o tra gli Abneganti sarebbe stata al sicuro, la avrebbero aiutata. Ma quella, sapeva in cuor suo, non essere la sua strada.
Voleva sentirsi utile, completa e, soprattutto, libera. E tutto questo poteva trovarlo solo in una fazione: gli Intrepidi.
Afferrò con decisione il coltello, si procurò un piccolo taglio nella parte interna della mano e lasciò cadere il suo sangue sui carboni ardenti. Il suono prodotto, fece serpeggiare lungo la sua schiena un brivido freddo. Kat aveva scelto e, ormai, non poteva più tornare indietro.
“La fazione prima del sangue”.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eric, Four/Quattro (Tobias), Tris, Un po' tutti, Zeke
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo VI
 
 
 
Kat e Clarke decisero di fare visita alle loro amiche. Faceva caldo; si vestirono leggero e uscirono di casa per andare a prendere il treno. Corsero a più non posso e con un lungo salto salirono sul mezzo.
Quando arrivarono alla loro “fermata” si lanciarono dal treno e caddero a terra mantenendosi in equilibrio.
La casa di Julie era a due isolati dalla loro posizione. Bussarono alla porta e Julie, con un grande sorriso, le aprì.
<< Ciao! Che piacere. Entrate, entrate >> le fece accomodare su un divanetto nero non molto grande. L’intero appartamento era stato dipinto ed arredato in bianco e nero (i colori della fazione).
C’era anche Daphne, l’amica Pacifica che non vedevano da molto tempo. Si salutarono e poi la padrona di casa chiese << Cosa ci raccontate di bello? >>
<< Clarke è stata promossa a supervisore del secondo modulo di addestramento degli iniziati >>
rispose Kat.
<< Ma davvero? Complimenti! >>.
Offrì loro da bere in un vassoio molto elegante: aveva i manici a forma di rosa ed era anch’esso, come tutto il resto, bianco e nero.
<< Sta sera, cosa ne dite se usciamo tutti insieme? Senza fare a botte con nessuno, però – affermò gurdando Kat – e indossando qualcosa di… diverso? >>
Le due intrepide si scambiarono uno sguardo come a dire “cosa ha che non va il nostro abbigliamento?”
<< Dai, ragazze – riprese – guardatevi! Anche tu Daph. Sembrate due maschi e un arcobaleno! >>
Si diresse nella sua camera e tornò con due vestiti, una gonna e una T-shirt.
<< Ah, no! Tutto, ma questo no! >> esclamò Kat con tono scocciato.
<< Su, provalteli! >>.
<< Ma non ci entreranno mai! A Daph si, è come te, ma noi… guardaci, siamo quasi il doppio di te!>> le disse Clarke.
<< Non sono miei, infatti. Questi li ho presi tempo fa per voi. Ve li avrei fatti indossare al momento giusto e questo lo è >> rispose ammiccando e poi facendo gli occhioni dolci come un cucciolo di gatto per convincerle.
Le ragazze si arresero e provarono quegli abiti.
Per Kat lo aveva comprato nero, totalmente, perché pensava che le stesse bene e perché sapeva che non avrebbe mai accettato di indossare il bianco.
Era di un nero lucido, con le spalline larghe e la scollatura a barca. Era abbastanza corto, le arrivava poco più sopra del ginocchio ed aveva un’ampia scollatura a V sulla schiena.
Il vestito di Clarke, invece era totalmente bianco, a mezza manica, tutto ricamato e lungo anche questo sopra il ginocchio. Sul retro era chiuso da una cerniera.
A Daphne, infine, toccò una gonna nera a pieghe, lunga fin sopra il ginocchio, anche questa ricamata e una T-shirt bianca a manica corta, con scollatura a barca e una piccola apertura a forma di goccia sul retro.
Julie le osservò soddisfatta e disse << Finalmente, indossate qualcosa di femminile e – guardando Daph – di classe . Mancano soltanto le scarpe >>.
Tornò di nuovo in camera sua e prese: degli stivaletti neri per Kat (non avrebbe accettato di indossare tacchi), dei tacchi bianchi con l’occhiello per Clarke e, infine, delle ballerine bianche per la Pacifica.
<< Ora, mi piacete >>  decretò. << Sta sera, prima di andare, verrete da me così potrete cambiarvi senza rischiare di rovinare i vostri abiti con i saltelli che fate per arrivare fin qui ogni volta >>.
 
Le ragazze tornarono tra gli Intrepidi e andarono al Pozzo, dove le aspettavano Quattro e Zeke per la cena.
Si recarono alla mensa, fecero la fila per prendere i loro piatti e poi si accomodarono al solito tavolino isolato. Kat chiese ai due se volessero andare con loro quella sera. Chiacchierarono e si diedero appuntamento per le 21:30 davanti al binario per prendere il treno.
 
 
Arrivate a casa, si rilassarono per qualche minuto, poi, Clarke andò in camera sua a trovare qualche collana o qualcosa di simile da indossare, Kat la seguì. Rovistarono in tutti i cassetti per un buon quarto d’ora e trovarono rispettivamente, la prima un bracciale d’oro semplice che aveva un piccolo pendente a forma di foglia di alloro, la seconda una collana lunga con un ciondolo a forma di fiamma d’oro bianco. Se la ricordava benissimo. Gliel’aveva regalata lui, Eric, in nome della loro amicizia.
<< Cosa hai trovato? >> le chiese l’amica e gliela mostrò. Clarke capì immediatamente di cosa si trattasse. << E’ solo una collana, indossala, se ti piace. Non pensarlo >>. Kat ci pensò un po’ su e poi si convinse: era solo una stupida collana.
Dopo aver preso le ultime cose, si recarono alla fermata, dove trovarono i loro due amici ad aspettarle.
<< Ehi, andiamo diret…>> stava per chiedere Zeke, ma Clarke lo interruppe.
<< Ehm… no, dobbiamo andare prima da Julie…dobbiamo cambiarci >>
<< Ma se siete già vestite! >>
<< Si, ma non come dice lei…>> e dicendo ciò fece una smorfia.
Arrivarono nuovamente dai Candidi e si avviarono verso casa di Julie.
Lei era già cambiata: aveva un vestito ricamato in pizzo nero con sfondo bianco, la scollatura a cuore e  una fascia alla vita. I capelli li aveva raccolti in un’acconciatura alta dalla quale fuoriuscivano alcuni boccoli al lato del viso. Era perfetta. Molto brava, non lo si poteva di certo negare.
Le ragazze andarono a cambiarsi nella camera da letto e si sistemarono i capelli. Kat non poteva fare molto: Eric gliel’aveva tagliati. Perciò li fece un po’ mossi con della schiuma. Clarke, ovviamente, non cambiò di una virgola i suoi capelli: rimasero ricci.
Quando uscirono dalla stanza Quattro e Zeke rimasero stupiti: Kat indossava un vestito.
Erano bellissime, o meglio si sentivano bellissime e anche imbarazzate.
Julie le osservò soddisfatta e disse con un sorriso rivolgendosi ai ragazzi << Non ho fatto un ottimo lavoro, eh? >>
<< Eccome! Kat, finalmente, appare per quella che è: una ragazza. Luc non potrà più chiamarti “ragazza-maschio”>> rispose Zeke ridendo.
<< Una domanda: come le hai convinte? Le hai minacciate, per caso? >> chiese Quattro ridendo anche lui.
<< Siete due idioti. >> disse Kat, sempre più imbarazzata.
<< Oh, Kat, è meglio se non apri la bocca. Rovini il complesso >> continuò Zeke.
 
 
Camminarono a lungo prima di arrivare al locale. Lì trovarono Daphne, Sarah e Pam.
Presero posto e Pam esclamò << Intrepide, che fine hanno fatto le vostre tute? >>.
<< Ecco che ci risiamo >> fece Kat. Decise, in cuor suo, che non avrebbe mai più indossato un vestito. La fissavano tutti e troppo.
Ordinarono da bere e iniziarono a chiacchierare.
<< Allora, Julie, racconta: Oliver? >> chiese Clarke con tono malizioso.
<< Ma… nulla di che. E’ un bel ragazzo, ma non lo so ancora. Ci devo pensare >> rispose.
<< Non pensarci troppo! Altrimenti scapperà >> continuò a schernirla Clarke.
 
Mentre i suoi amici chiacchieravano, Kat notò che era arrivato Eric, e con una scusa si allontanò.
Aveva preso una decisione avventata: chiedergli riguardo la fine di Andrew. Aveva visto con i suoi occhi, ma poteva esserci qualche altra spiegazione a quel gesto. Qualcosa che lei non sapeva e che nessun altro oltre quel ormai vecchio amico conoscesse.
Eric si ergeva lì davanti a lei e girato di spalle. Messi a confronto Kat poteva sembrare un nano da giardino. Il cuore iniziò a batterle e il viso cominciò ad infuocarsi. Forse è meglio tornare indietro pensò.
Ma si fece coraggio e si avvicinò con le farfalle nello stomaco, lo chiamò e lui si girò. Per un attimo non la riconobbe. Era diversa dal solito. Vuole fare di nuovo a pugni? Si chiese sarcastico.
<< Ti devo parlare. Da soli. >> disse la ragazza.
Aveva gli occhi di tutti puntati su di lei.
Luc, l’idiota, le disse << Ciao, Kat. Hai ascoltato le mie parole? Quasi quasi ci faccio un pensierino su di te >> e rise con la sua solita espressione da ebete.
<< Taci, Luc >> lo ammonì Eric guardandolo torvo << Perché dovrei starti a sentire? >>
<< Perché si >> rispose stringendo i denti.
<< Okay, sentiamo cos’hai da dire >> fece lui, mettendola in imbarazzo più di quanto non lo fosse già.
<< Non qui, non davanti a loro >> disse lanciando una occhiataccia a Luc che continuava a ridere.
<< Qualunque cosa tu voglia dirmi, puoi dirla anche davanti a loro >>
Che faccia da schiaffi. Forse mi sbaglio, è tutto esattamente come sembra. Pensò, ormai arrabbiata.
<< Va bene, usciamo da qui >> le disse prendendole il braccio. Kat si liberò dalla presa << Conosco la strada, non ho bisogno di essere guidata >> fece quasi sibilando e lui alzò le braccia a mo’ di resa. 
I due si allontanarono camminando l’uno distante dall’altro e uscirono dal locale.
 
 
<< Se vuoi ringraziarmi, sappi che non devi. L’avrei fatto per qualunque altro membro della Squadra. Non farti strane idee >> cominciò lui.
<< Non sono qui per ringraziarti. Non ti devo nessun ringraziamento. >> lo fissò negli occhi. E non lo avesse mai fatto, perché la rabbia che provava scomparì per quei brevi istanti.
<< Ti ho salvata e questo è il tuo comportamento? La prossima volta ti lascio indietro a morire >> decretò glacialmente.
<< Me la sarei cavata, comunque, in qualche modo. Non ho bisogno di nessun aiuto >> ribattè e la rabbia tornò a prendere possesso del suo animo.
Continuarono a camminare, sempre distanti.
<< Va bene, ricordati di queste parole, quando sarai di nuovo in pericolo. Io non ti aiuterò >> rispose lui sibilando.
Si fermarono per un momento, poi Eric, abbassando leggermente lo sguardo, osservò la collana di lei, rimase quasi pietrificato. Si avvicinò, la prese in mano per osservarla meglio e vedere se fosse realmente quella collana.
<< Perché l’hai messa? >> chiese freddamente.
<< Perché non ne avevo altre che potessero andare bene >> rispose.
Ci fu un altro attimo di silenzio, poi lei ricominciò a parlare << Arriviamo al dunque: io sono qui perché ho dei dubbi. Ci sto pensando da un po’. Andrew… voglio sapere com’è andata. La vera storia >> disse senza pensarci.
Eric, invece, era sbigottito. Cosa voleva da lui? Perché gli aveva fatto questa domanda?
<< Lo sai, com’è andata. Hai visto. >>
<< No, forse non so tutto. Forse c’è una spiegazione a quello che ho visto >>.
Rigirò la collana tra le dita abbassando lo sguardo e con voce flebile continuò a dire << Voglio la verità. E solo tu la conosci >>.
Eric non sapeva cosa fare per convincerla che sapere quella storia non avrebbe cambiato le cose. Anzi, le avrebbe solo peggiorate.
<< Non ti servirà a nulla. E poi, cosa ti fa fidare di più delle mie parole che dei tuoi occhi? >> rispose impassibile.
<< Eric… - la voce le tremò così tanto da vergognarsene e farla diventare tutta rossa – sai che non me ne andrò e non ti lascerò in pace finché tu non mi racconterai la verità >>.
Non capiva cosa se ne fosse fatta della verità, ma prese coscienza che non si sarebbe arresa. Perché non l’aveva mai vista arrendersi.
<< Va bene… te la racconterò, ma non qui. Seguimi >>.
S’incamminarono.
 
 
Kat lo stava seguendo, non aveva ben capito dove stessero andando.
Sentì il rumore del treno in corsa << Stiamo tornando alla fazione? >> chiese. Il ragazzo annuì. Aspettarono dieci minuti prima che il treno successivo arrivasse. Presero velocità e saltarono su. Lei  ebbe bisogno di aiuto: lui le allungò il braccio e la ragazza afferrandolo salì su.
<< Maledetto vestito >> bofonchiò. Lui rise << Avrei dovuto lasciarti cadere >>.
<< Si, perché non l’hai fatto? >>
<< Avrei dovuto tenerti sulla coscienza! >> rispose.
<< Mi vuoi far credere che ne hai una? >> disse lei sarcastica.
Non volevano ammetterlo, ma dopotutto non era così male stare insieme dopo tutto quel tempo.
Il viaggiò durò poco. Si lanciarono sul palazzo che portava all’entrata degli Intrepidi: il famoso fosso in cui si buttarono anche il giorno dell’iniziazione.
La stava conducendo alle porte della fazione, dove aveva consegnato Andrew a Jeanine.
Era buio, solo un lampione mal funzionante illuminava a tratti quel posto e  la luna piena che splendeva nel cielo nero.
Kat alzò lo sguardo e per un attimo si perse nell’osservarla. Poi lui la richiamò alla realtà << Allora, cosa vuoi sapere di preciso? Così la finiamo in fretta >>.
<< Tutto. Cosa è successo e perché l’hai fatto >> rispose con tono serio.
<< Ho ucciso quello che era un fratello per me, perché era un Divergente e perché mi avrebbero promosso a Capofazione se avessi partecipato alla causa >> disse freddamente stringendo i denti e i pugni dalla rabbia.
Kat alzò nuovamente lo sguardo sbuffando << Questo lo sappiamo tutti. Io ti ho chiesto la verità, Eric. Non voglio più credere che tu, che tu…>>
<< Che io cosa? – la interruppe – che io sia davvero capace di uccidere un amico? Lo sono. L’hai visto >>.
La rabbia tornava a farsi sentire: perché doveva essere così testardo e orgoglioso? Gli stava dando una possibilità e lui la buttava via così?
<< No. Mi rifiuto di crederci >> sentenziò guardandolo fisso negli occhi.
Anche in lui la rabbia ormai aveva preso piede e le afferrò velocemente il viso avvicinandolo al suo << E’ questa la verità. Che ti piaccia o no: io sono un assassino >>.
<< Se fosse così, non saresti venuto fin qui! >> disse liberandosi dalla presa e provando a sferrare un pugno che Eric bloccò facilmente << Ancora che ci provi? >> disse ridendo e lasciandole la mano.
<< Non cambiare discorso >> sibilò Kat.
<< Perché? Perché ti interessa così tanto? Tu mi odi e fai bene ad odiarmi >> gridò lui furiosamente.
<< Perché tu eri mio amico! E si, io ti odio! Ma questo non significa che non ci sia un’altra spiegazione a quello che è successo! >> ribatté la ragazza gridando a sua volta e tirandogli un calcio inaspettato nello stomaco, lo fece piegare in due.
Eric si mise a ridere e rialzandosi si avvicinò a Kat, fissandola negli occhi, e la schiaffeggiò buttandola a terra.
<< Come ti permetti?! >> sibilò, ancora, a denti stretti e con la guancia dolorante.
Si mise in piedi e gli si scagliò addosso provando a spingerlo, ma lui rispose tirandole un pugnò sulla bocca. Kat si pulì con un gesto della mano il sangue che le scorreva dalle labbra e alzando velocemente la gamba destra in alto, lo colpì in pieno volto, facendolo sanguinare dal naso.
La rabbia si era impossessata dei due intrepidi che ormai ne erano totalmente accecati e continuarono a colpirsi, fin quando Eric recuperando un po’ di lucidità vedendola stremata e con la luce della luna che illuminava il viso infuriato, non la bloccò per i fianchi e gridò arrendendosi << Va bene! Ti dirò la verità, altrimenti sta sera ti rispedisco in infermeria! >>
Si guardarono intorno per un attimo: tutto era tranquillo, a parte loro; non c’era nessuno.
Eric osservò di nuovo la collana che aveva la ragazza: quella fiamma…gliel’aveva regalata il giorno prima di ricevere quella dannata visita di Jeanine. Pensava fosse perfetta per lei; Kat era come il fuoco: un incendio devastante.
Si sederono a terra e lui, concentrandosi sui ricordi del passato, cominciò a raccontare…
 
La visita di Jeanine e le suo parole lo avevano reso irrequieto.
 Cosa doveva fare? Come avrebbe fatto a rapire il suo migliore amico? A tradirlo?
Non ne aveva idea e non aveva nemmeno tanto tempo. Prima portava a termine il suo compito e prima sarebbe stato sicuro che la sua famiglia si sarebbe salvata. Non voleva parlare con nessuno. Uscito dalla stanza, però, trovò Kat << Ehi! Eric! Andiamo dagli altri insieme? >> gli chiese.
<< Va bene…>> rispose con un tono che non aveva mai sentito prima d’ora… era angosciato, spaventato e tremante.
<< Cosa succede? >> chiese nuovamente la ragazza preoccupata.
<< Nulla… tutto okay >>.
Stava mentendo spudoratamente. Se n’era accorta. Gli si avvicinò e appoggiò la sua mano sulla spalla.
<< Sfogati, puoi dirmi tutto >> lo incoraggiò.
<>.
<< Posso accompagnarti? >>
<< No >>. Il tono di voce era glaciale. Non era mai stato così freddo e… vuoto.
<< Va bene, vado, allora >> rispose con delusione, gli accarezzò il viso e se ne andò.
 
Eric sapeva che se ne avesse parlato si sarebbe sentito meglio e che i suoi amici gli sarebbero stati accanto, ma temeva che in quel modo anche loro potessero essere messi in grave pericolo.
Passeggiò senza meta per un po’ di tempo. Era amareggiato. Non voleva, ma doveva.
 
 Si recò al Pozzo dove c’erano tutti gli altri che da li a poco lo avrebbero sicuramente allontanato ed evitato, ma era meglio così: se poteva salvarli e tenerli fuori da tutta quella faccenda, lo avrebbe fatto a qualunque costo.
Zeke lo vide arrivare e gli fece cenno con la mano per fargli capire dove si trovavano.
<< Ciao, Eric. Sei venuto, allora >> disse Kat sorridendogli. << Tutto passato? >> gli bisbigliò all’orecchio. Lui annuì ricambiando il sorriso. Un sorriso finto, però, di quelli fatti forzatamente quando vuoi evitare che ti facciano altre domande.
 
<< Ehi, cosa ne dite di una sfida? Vediamo chi riesce a salire nel minor tempo possibile sulla ruota panoramica >> propose Zeke. Gli altri ragazzi Intrepidi si misero a gridare sovrastando gli uni la voce degli altri << Si >>, << Dai, facciamolo! >>. Anche Kat ed Eric accettarono, lei pensò che quello fosse il modo migliore per dimostrare che non aveva più paura delle altezze, lui, invece, che era il modo migliore per attirare Andrew e condurlo con una scusa qualunque alle porte dove si trovavano gli uomini di Jeanine che lo stavano aspettando.
Andarono al vecchio parco divertimenti e si accalcarono sotto la ruota.
<< Chi va per primo? >> chiese Zeke.
<< Io >>. Una voce femminile prevalse sulle altre con determinazione.
<< Kat, sei sicura? E’alto lassù >> le disse Eric afferrandole il braccio e sperando che evitasse di fare idiozie: avrebbe dovuto già perdere un amico, non voleva che a questi se ne aggiungesse una seconda.
<< Si, lasciami andare >>.
Si avviò verso la ruota e, appena appoggiò il piede sul sedile situato più in basso, Clarke fece partire il cronometro.
Saliva, passo dopo passo, sempre più in alto e contemporaneamente anche la tensione saliva. Aveva oltrepassato la metà, era quasi in cima. Sotto di lei il silenzio. Sapevano che era terrorizzata dalle altezze e quello era sicuramente uno dei gesti più valorosi che avessero mai visto fare a qualcuno.
 Il cuore palpitava così forte e velocemente da poterlo sentire in gola e la tempia, altrettanto, pulsava. Mancavano pochi metri, ancora qualche istante e ce l’avrebbe fatta: avrebbe potuto urlare al mondo di essere riuscita a superare la propria paura.
Un'altra arrampicata e… era in cima. Sì, era arrivata sulla cima.
Si mise in piedi, alzò le braccia al cielo e urlò a squarciagola. Si sentiva in capo al mondo.
Insieme a lei iniziarono a gridare anche tutti i compagni.
Eric la fissò per qualche istante e dimenticò per un po’ tutto. Era fiero di lei.
Andrew gli si avvicinò e quell’attimo di serenità svanì. Tornò lucido e pensò che quello era il momento adatto: con tutto quel chiasso, nessuno si sarebbe accorto di loro.
<< Ehi, vieni con me? Devo parlarti >> gli chiese. L’amico accettò e si incamminarono.
<< Dove stiamo andando? >> chiese il divergente.
<< Oh, da… nessuna parte. Voglio solo trovare un posto tranquillo dove dirti una cosa che nessun altro deve sapere >> improvvisò. Temeva che lui capisse quello che stava accadendo. Era terrorizzato, ma non lo dava a vedere. Stava imparando, già, ad essere freddo, distaccato, glaciale. Era l’unico modo per sopravvivere.
Il rimorso stava affiorando, pian piano. Come quando ti infilzano ma lo fanno talmente tanto lentamente che il dolore si moltiplica.
Erano quasi arrivati…
<< Se è per la tua cotta per Kat, so già tutto. La collana che hai preso, l’ho vista al suo collo >> disse ridendo e gli diede una pacca sulla spalla.
Oramai erano arrivati… Eric, stava per sentirsi male, non ce la faceva, non poteva credere che lo stava facendo davvero. Si rabbuiò, all’improvviso: aveva visto il furgoncino e gli altri uomini.
Caricò la sua pistola a pallettoni dietro la schiena, si sentì un “tac”. Andrew si allarmò, cominciava ad avere paura, vide dietro di se degli uomini << Eric, cosa succede? >> la sua voce stava tremando.
<< Perdonami >> gli disse, puntò la pistola contro l’amico che aveva capito tutto e sparò.
<< Non so perché lo stai facendo. Ma deve esserci una buona ragione. Addio >>. Andrew cadde a terra. Eric rimase in piedi impalato. Non pensava. Non sentiva niente.
Caricarono l’amico sul furgoncino, chiusero le porte e partirono. Lo stava fissando, finchè non sparì alla vista e si ritrovò a fissare il buio con la pistola tra le mani.
Arrivò Kat che li aveva seguiti, non aveva visto chi aveva sparato Andrew, ma era convintissima che non fosse stato il suo amico.
Corse verso di lui, lo strinse forte e appoggiò la sua testa sulla sua spalla. Lei iniziò a piangere. Era un pianto silenzioso. Lui fissava il vuoto, ancora.
 
 

Qualche giorno dopo ricevette un’altra visita. Non da Jeanine, ma da un suo vice. Kat era appena arrivata e vide quell’uomo vestito di blu. Si avvicinò alla finestra semi aperta e si mise ad origliare.
<< Questa sera dovrai recarti al Centro degli Eruditi. Per svolgere un altro compito. Se non verrai, sai già cosa ti aspetta >>.
La faccia di Eric divenne viola, la vena sul collo gli si gonfiò e gridò << Ho già fatto quello che mi avevate chiesto! Non farò nient’altro per voi >>.
<< Sicuro? Ricordi cosa ti ha fatto vedere Jeanine. Quelle bombe sono state disattivate, ma potremmo riattivarle. Tranquillamente. >> disse con tono pacato l’erudita.
Era di nuovo combattuto. Perché gli stavano facendo questo? Perché proprio a lui?
<< E va bene, verrò >>.
L’uomo fece un sorriso inquietante e uscì dall’appartamento.
L’Intrepido sbattè i pugni sul tavolino di vetro facendolo frantumare in tanti pezzetti e le mani cominciarono a sanguinare.
Kat era spaventata, cosa volevano dal suo amico? E cosa aveva fatto per loro? Improvvisamente capì. Quella dannata sera, Eric aveva consegnato Andrew agli Eruditi. Ma perché? Cosa aveva quel ragazzo di tanto speciale? “Che fosse anche lui un Divergente? E se fosse così, potrebbero scoprire anche noi altri” pensò la ragazza. Allontanando quei pensieri si fece coraggio ed entrò nella casa dell’amico infiltrandosi dalla finestra sapendo che non avrebbe aperto la porta.
<< Eric…cosa succede? Cosa voleva quell’ uomo da te? >> chiese con voce flebile.
<< Va via, Kat. Non è il momento >> rispose con un tono glaciale.
<< No. Resto >> gli si avvicinò, gli posò la mano sul viso e poi lo abbracciò. Lui non ricambiò l’abbraccio, non ce la faceva. Kat prese delle fasce in un cassetto di un mobiletto del bagno: pulì le ferite con del disinfettante e arrotolò le fasce intorno alle mani dell’amico.
 

 
La sera, lei decise che avrebbe seguito Eric. Doveva vedere cosa stava succedendo. Quattro l’accompagnò.
Quando l’aveva vista piangere di nascosto in un angolino allo Strapiombo quel pomeriggio si era fatto raccontare tutto e aveva deciso che sarebbero andati insieme. Temevano che gli Eruditi potessero prendere anche lui. Non immaginavano cosa in realtà gli stavano chiedendo di fare.
Presero il treno. Una volta arrivati entrarono nel palazzo degli Eruditi di soppiatto. Incontrarono in un lungo corridoio due ragazzi: un maschio e una femmina. “ Fortunati “ pensò Kat.
 Non volevano fargli del male, non troppo almeno. Giusto quanto bastava a farli svenire per qualche ora.
Li colpirono alle spalle, gli tolsero i vestiti e i documenti e li indossarono loro, nascondendo i corpi in uno stanzino lì vicino. Solo in questo modo sarebbero riusciti a passare inosservati. Anche se le ginocchia sbucciate, le ferite e i lividi sulle gambe di Kat erano abbastanza visibili da far capire a chiunque avesse un occhio più attento che di certo lei non era un’Erudita.
<< Non potrebbero indossare qualcosa di più comodo. Queste gonne sono… fastidiose >> si lamentò.
<< Stai zitta e cammina >> la ammonì Quattro.
Videro Eric passargli davanti. Era scortato da uomini armati e stavano entrando nella porta loro davanti.
I due Intrepidi aprirono quella porta con i pass rubati ai due eruditi e mantenendo un profilo basso seguirono l’amico. Si trovavano in una grande sala bianca, illuminata. Era quasi vuota se non fosse stato per una sorta di gabbia trasparente e dei computer-ologrammiavanti davanti ai quali si trovava Jeanine.
Fecero entrare Eric nella gabbia. Kat emise un gridolino che fortunatamente fu coperto dal rumore della porta di quella gabbia che si chiudeva.
Poco dopo arrivò anche Andrew. Era magro…smilzo. Aveva il viso incavato tanto che le orbite degli occhi sembravano uscire fuori. La pelle non aveva un colore normale, ma innaturale. Malsano. Era debole. Chissà a cosa lo avevano costretto a sottoporsi.
I due intrepidi ed Eric rimasero scioccati alla vista del loro amico ridotto in quelle condizioni disumane.
<< Eric, caro, sparagli >> disse Jeanine.
Il ragazzo guardò la pistola, poi l’amico e poi ancora la pistola. Stava impazzendo. Kat fremeva, non ce la faceva a rimanere immobile. Voleva fare qualcosa.
<< Fallo >> disse con una vocina Andrew. Non sembrava più lui. << Ti perdono, fratello. Saluta gli altri da parte mia >>. Un peso assurdo si mise sullo stomaco e nella gola dell’Intrepido, non ci riusciva. Non ne aveva la forza.
<< Se non lo farai, sai esattamente cosa accadrà >> lo minacciò l’Erudita.
Eric alzò il braccio, puntò la pistola verso l’amico, sussurrò << scusami >> e premette il grilletto. Il proiettile partì spedito e colpì in pieno il cuore dell’amico. Andrew si accasciò a terra con un sorriso sincero stampato sulle labbra.
Kat si portò le mani alla bocca. Quattro la condusse fuori dalla stanza: avevano visto troppo. Se si fossero accorti di loro sarebbe stata la fine.
Eric abbassò la pistola, cadde in ginocchio e delle lacrime gli sgorgarono dal viso. L’angoscia prese il possesso di lui. E il ragazzo spensierato, coraggioso e innamorato svanì per sempre.
 
 
 
Angolo autrice:
Ciao a tutti!
Questo capitolo è un po’ più lungo degli altri e finalmente ecco la storia di Eric. Ho pensato a lui come un personaggio dal passato burrascoso, un passato che lo avesse reso quel ragazzo freddo, indelicato, distaccato, un po’ “cattivo”. Perché nessuno nasce cattivo, ma si diventa. Tuttavia questo non significa che per lui non ci sia modo di cambiare; i cambiamenti richiedono, però, tempo. Non si cambia da u momento all’altro e c’è sempre bisogno di qualcuno accanto che sia disposto ad accompagnarti in questo viaggio. E Kat è l’unica persona che sembra volergli dare un’altra opportunità.
Jeanine è una stronza, vera e proprio. Ma sappiate che non è ancora finita: c’è qualcos’altro da scoprire ;)
Ho inserito, poi, anche qualche elemento un po’ più frivolo per non essere pesante, alleggerire la tensione e provare ad immaginare anche la vita quotidiana di questi personaggi.
Spero che la storia vi stia piacendo e ringrazio chi legge, chi recensisce e chi l’aggiunge tra seguite/preferite.
Al prossimo aggiornamento, un bacio <3
  
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