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Autore: Mephi    13/09/2015    5 recensioni
Ciò che rendeva quella pizzeria tanto interessante era la presenza di Animatronics. Robot dall'aspetto di animali che di solito intrattenevano grandi e piccini con concerti o piccoli spettacoli, anche solo vederli andare a spasso per il locale divertiva i clienti.
Quegli stessi animatronics che Vincent, in quel momento, avrebbe voluto distruggere pezzo per pezzo, smontandoli bullone per bullone.
Si, i suoi pensieri potevano anche confondere, e far credere a tutti che Vincent odiasse quei Robot, ma non era così. Non li odiava.... Di solito. Al contrario, aveva un buon rapporto con loro, un rapporto che andava avanti da vent'anni, di pura fiducia e... Amicizia? Si. Amicizia.
Un rapporto così importante da metterlo in difficoltà.
Genere: Comico, Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jeremy Fitzgerald, Phone Guy, Purple Guy, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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La Storia Di Una Guardia Notturna


Domani É Un'Altro Giorno


«Dunque ti hanno fregato.» quella era stata la prima frase pronunciata da suo figlio maggiore; Jeremy non appena aveva sentito il racconto di come gli Animatronics lo avessero costretto a tornare.
«Mi hanno fregato...» affermò Vincent annuendo. Si stava preparando per il turno di notte, avevano già cenato e i suoi figli avevano ascoltato la sua storia. E non avevano preso poi così male il fatto che il padre fosse tornato a lavorare alla pizzeria. Ora si trovavano tutti e tre nella camera del genitore, i figli seduti sul letto matrimoniale e il padre davanti allo specchio, a sistemarsi la divisa che da quella mattina non aveva osato togliersi.
«Papà quindi mi porti anche Plushtrap, oggi?» chiese allegro il minore: Kentin, stringendo a sè il suo migliore amico: Feadbear versione peluche.
«... E Chica, Bonnie, Freddy, Foxy...» aggiunse Vincent, mentre provava ad annodarsi la cravatta, con tono quasi casuale. Vedere, attraverso il riflesso dello specchio, il sorriso di Kenny allargarsi fu molto appagante. Peccato quella dannata cravatta lo facesse dannare! Però, Vincent non notò l'occhiata seccata che Jeremy scoccò al minore, che subito provò a ricomporsi. Sapeva che dopo avrebbe trovato il modo per farlo tornare triste con le sue frecciatine o con i suoi scherzi al limite della crudeltà. Ma non voleva parlarne con suo padre. Non voleva farlo sentire un cattivo genitore e, quindi, farlo sentire in colpa. Perchè, se stava per lasciare il lavoro che tanto amava, forse aveva percepito qualcosa che non andava. E questo non doveva succedere, nessuno dei due figli voleva in alcun modo che Vincent andasse anche contro i suoi desideri, per loro. Jeremy era un cattivo fratello. Ma un figlio prodigio.
«Papà, non così!» disse il maggiore, alzandosi e raggiungendo il padre davanti allo specchio, per poi afferrare la cravatta nera, farla passare per bene sotto il colletto della camicia e prendere ad annodargliela.
«La vecchiaia avanza, papà?»
«Ma che spiritoso! Ho un figlio comico e non lo sapevo.» Kentin rise appena a quella scena. Se solo Jeremy si fosse comportato anche con lui in quel modo...
«E comunque sono vent'anni che me la so annodare. Solo che oggi sono incaz- arrabbiato con quei rottami!» esclamò, censurando il suo stesso linguaggio, sia mai Kentin prendesse il suo brutto esempio. Tornò a guardarsi allo specchio appena Jeremy ebbe finito e, notando il nodo perfetto della cravatta, fu orgoglioso di suo figlio. Per una sciocchezza simile, si.
«Ma questa notte me la pagano.» disse indossando anche il cappello e il distitivo.
«Ora meglio che vada o i Rottami muoiono di solitudine, lascio tutto a voi... E buonanotte!» salutò i suoi figli e uscì dalla camera, lasciandoli soli. Poco dopo anche la porta d'ingresso si chiuse. Se n'era andato. Ora erano soli. «Quand'è che cresci, "Kenny"? Ancora i peluche? Hai sette anni!» esordì il maggiore voltandosi verso il fratello che indietreggiò sul letto stringendo a sè Feadbear. Una voce nella sua testa gli diceva di fuggire: era il Buon Senso. Ma il suo corpo non si muoveva: era la Paura.
«Dammi quel pupazzo.» ordinò allora il maggiore, avvicinandosi al letto e tendendo la mano aperta. Ci stava ancora provando con le buone.
«Jeremy, ti prego...» supplicò, Kenny, perchè non voleva abbandonare il suo fedele compagno, solo l'idea di perderlo... ecco che ricominciava a piangere. Strinse con tutte le sue forze Feadbear. Lo doveva difendere, era suo amico. Il suo unico amico.
«Muoviti, Kentin! Il pupazzo!» fu svelto, Jeremy. Si avvicinò al fratello poggiando un ginocchio sul letto e sporgendosi verso di lui. Con la mano prima tesa afferrò la caviglia del minore, trascinandolo verso di sè. Ci fu un attimo d'immobilità, dove il tempo parve fermarsi ma per un istante solo. Jeremy, sovrastava il fratello minore, lui era più grande, era normale fosse molto più alto e forte di lui. Kentin si sentì preda indifesa tra le fauci del predatore.
«No! NO! TI PREGO LASCIALO!» Jeremy prese a strattonare il pupazzo a cui il fratellino era aggrappato con tutte le sue forze.
«E mollalo!» gli urlò contro e con un'ultimo strattone glielo strappò dalle mani, per poi allontarasi di qualche passo.
Kentin lo guardò quai confuso, quasi non capendo cosa fosse appena successo. Poi lo capì. Aveva perso Feadbear. Ora era nelle sue mani. Ora era finita.
Prese a singhiozzare e si raggomitolò su se stesso, mentre Jeremy accennava un ghigno fin troppo divertito, non riuscendo a contenere la felicità che quello scenario gli procurava.
«Sei dipendente da questo stupido pupazzo! Cresci un po', Kentin! Ma tranquillo... Io da fratello maggiore lo distruggerò, in modo da renderti libero! Lo so, sono un ottimo fratello, non devi ringraziarmi!» rise, una risata leggera, pareva quasi non appartenergli, e poi se ne andò nella sua camera con il suo amico Feadbear, che sicuramente non avrebbe rivisto mai più, o se fosse successo lo avrebbe riavuto a pezzi, magari bruciato e con un'occhio mancante.
«Domani...» sussurrò a sè stesso, si morse il labbro per soffocare l'ennesimo singhiozzo, le lacrime a solcargli il viso, gli occhi pieni di tristezza e come unico amico, ora, un senso di solitudine che lo avvolgeva nel suo abbraccio. Un abbraccio che procurava solo altro dolore.
«Domani é un'altro giorno.» si addormentò. In un sonno fatto di incubi.


Intanto al Feazbear Vincent aveva preso posto nel suo "ufficio" dove poteva tenere sotto controllo l'intera pizzeria e gli Animatronics. Foxy era nel suo Pirate Cove e sembrava non essere intenzionato a uscirne, Bonnie e Freddy parevano stessero facendo delle prove - come se potessero sbagliare le parole delle loro canzoni dopo vent'anni passati a ripeterle giorno dopo giorno! - Feadbear sembrava intento a chiaccherare con Chica e quindi tutto procedeva per il megli- un attimo. Dov'era Springtrap?
«Vogliamo sapere se sei ancora arrabbiato.» sobbalzò nel sentire quella voce alle sue spalle, si voltò con la sedia girevole e guardò il coniglio Giallo davanti a lui, a braccia conserte, che attendeva una risposta.
«Come diavolo sei entrato se ho chiuso la porta dall'interno?» chiese scioccato Vincent, indicando la suddetta porta per sottolineare quanto fosse improbabile la sua presenza lì.
«Ehy rispondi prima tu alla mia doman-»
«Springtrap!»
«D'accordo. D'accordo. É un trucchetto che ho imparato mentre eri via per spaventare i tuoi sostituti. Ti do un consiglio... I condotti dell'aria.» sussurrò come se fosse un segreto di stato. Lo sguardo di Vincent si posò sui condotti e poi sul coniglio. Più volte. Qualcosa non tornava.
«Tu... Passi per i condotti dell'aria?»
«Quando il sistema di ventilazione non va. E siccome non va mai...» precisò Springtrap non riuscendo a capire lo sguardo scioccato che pareva non volersene andare dal volto di quello che ormai era un amico.
«Perchè, qual è il problema, Purple Guy?» chiese, allora, irritato. «Tu... Non... Come diavolo fai a entrare nei condotti dell'aria!?»
«Purple Guy... MI STAI DANDO DEL GRASSO!?» urlò contrariato mentre Vincent, sfidando la rabbia furente del coniglio annuì, convinto.
«Fa bene Foxy a picchiarti.» affermò Springtrap per poi prendere le chiavi della porta, avvicinarsi a quest'ultima, aprirla e andarsene indignato. L'ultima cosa che sentì fu l'urlo di un contrariato Purple Guy:
«No, ma fai come a casa tua, he!» senza pensare che, si, effettivamente la pizzeria era la casa di Springtrap come di ogni altro Animatronics.
Vincent sospirò e si sistemò meglio il cappello sulla testa.
Quando ad un tratto la sua attenzione venne attirata da Bonnie, pericolosamente vicino a una delle telecamere.
«Ehy Vincent! Ci sei? Se ci sei dammi un segno!» parlò l'animatronics anche lui coniglio, ma lui era il coniglio buono. Non come Springtrap...
«Non sono ancora un fantasma, Bonnie. Dimmi pure» disse la guardia parlando attraverso l'interfono e facendo risuonare la sua voce in tutto l'edificio.
«Il compleanno di tuo figlio Kan... Kun... Ken...! Kentin! Ecco, il compleanno di Kentin non é tra una settimana?» gli domandò rimanendo comunque vicino alla telecamera, ormai la conversazione era divenuta di dominio pubblico nell'esatto momento in cui Vincent aveva deciso di utlizzare l'interfono, tutti gli animatronics, adesso, stavano prestando ascolto.
«Esattamente.» rispose semplicente la guardia spegnendo subito l'interfono, né Bonnie né nessun altro animatronics chiese più nulla, ma attraverso le telecamere Vincent poteva vedere che tutti i robot confabulavano qualcosa tra loro. Cosa stavano macchinando, quei rottami? Avrebbe tanto voluto saperlo, Vincent, ma ormai ci aveva fatto l'abitudine alle stranezze di quei robot che nonostante non fossero umani lo sembravano molto, soprattutto nei comportamenti. Ormai li considerava amici, più che Robot e accennò un sorrisetto quando lo realizzò.
«Vincent? Sei ancora lì, vero?» verso le 5 di mattina, però, Bonnie richiamò l'attenzione della guardia.
«Dove vuoi che sia andato? Certo che sono qui.»
«Io e gli altri Animatronics pensavamo che magari potresti far festeggiare qui il compeanno a Kenny! Con noi! Non ci avevi raccontato che ci adorava?» sgranò gli occhi, Vincent, davanti a quella proposta. Davvero quei pezzi di latta avevano passato la serata a programmare il compleanno di suo figlio? ... Era in questi casi che sembravano più umani degli umani stessi.
«Non so se sia una buona idea...»
«Ma certo che lo é! Pensa a come sarà felice.» effettivamente era vero, Kentin adorava letteralmente il Feazbear pizza, gli animatronics e ogni altra cosa che riguardasse quel posto. Poteva funzionare.
«Si può fare.» d'altronde molti bambini festeggiavano lì il compleanno, quindi che male c'era? Gli sarebbe bastato prenotare e il gioco era fatto.
La sveglia posta sul tavolo prese a squillare, erano giunte le 6 e il suo turno era finito, così si alzò, spense quell'aggeggio e si diresse verso l'uscita, a momenti sarebbe arrivato Phone per aprire come al solito la pizzeria, così lo attese in compagnia degli altri animatronics discutendo con loro di come allestire il posto, che torta comprare, quali canzoni cantare; quando, con mezz'ora di ritardo, la porta della pizzeria venne aperta e fece la sua comparsa Phone Guy, assonnato oltre ogni limite e con uno scatolone sigillato in mano.
«'Giorno Vince. 'Giorno Animaletti.» disse con la voce ancora impastata dal sonno, poggiando per terra lo scatolone.
«Alla buon ora!» lo stuzzicò Chica facendo riferimento alla mezz'ora di ritardo.
«Tu sei un pollo robot! Non potrai mai capire cosa significhi avere sonno!» esclamò iniziando a stiracchiarsi e ignorando l'occhiataccia di Chica, andando verso la sua scrivania ordinata e pulita con i block notes, il telefono, il porta penne e altri oggetti da lavoro.
«Cosa c'è in quella scatola?» chiese Vincent avvicinandosi alla scatola come se fosse un ordigno pronto ad esplodere.
«Ah, é per te. I pupazzi che hai chiesto....» rispose l'amico sedendosi sulla sedia girevole e poggiando la testa sulla scrivania, mentre le palpebre si facevano pesanti... Sempre più pesanti... Il mondo dei sogni lo aspettava...
«SVEGLIA UOMO TELEFONO!» al sentire quella voce Phone parve riprendersi del tutto, sgranando gli occhi e rivolgendo il suo sguardo terrorizzato al corridoio che collegava la sala al Pirate Cove... E quando vide Foxy corrergli in contro sentì le proprie viscere raggelare. No. No. Quella volpe doveva rimanere buona buona nel suo Pirate cove lontana, molto lontana, da lui.
Sentì la risata di Vincent e di tutti gli animatronics presenti e poi si ritrovò il brutto muso di Foxy a un soffio da lui.
Urlò.
Urlò in una maniera davvero poco mascolina e si allontanò con la sedia girevole.
«Smettila-la di avere paura di me Pirata-Tele-telefono!» quasi gli ordinò Foxy, mentre Phone prendeva a ridacchiare nervosamente.
«Ha ragione. Non si dorme sul lavoro. Divertiti Phone!»
«Vincent a-aspetta! Non mi lasciare solo con lui e-» a rispondergli fu solo il rumore della porta di ingresso che si chiudeva. Vincent se n'era andato e con lui lo scatolone sigillato.
«Bastardo traditore che abbandona gli amici... F-Foxy? Che ne dici di tornare al Pirate Cove?» la Volpe, offesa, se ne andò con la coda tra le gambe verso il suo covo, seguito da un Freddy che provava a consolarlo.


Vincent tornò a casa e l'unica cosa che il suo cervello era capace di pensare era "Dormire-Dormire-Dormire-Dormire-Adesso-ora-in-questo-momento" ma fu sorpreso di trovare suo figlio minore, Kenny, raggomitolato sul suo letto, dormiente. Era da un bel po' di anni che non aveva più bisogno di dormire con lui... Perchè con non aveva con sè Feadbear? Poggiò la scatola proprio vicino all'entrata della sua stanza e si avvicinò al figlio.
Eh si, Golden Freddy versione pupazzo non si trovava più stretto nella morsa del piccolo. Strano. Che volesse dimostrarsi grande ai suoi occhi? Passò velocemente una mano tra i corti capelli castani di suo figlio, e si stese accanto a lui. Per un attimo ripensò a sua moglie e a quanto entrambi i figli le somigliassero, almeno dal punto di vista fisico. Bhe, forse era un bene che nessuno avesse ereditato i suoi capelli viola... Sorrise a quel pensiero.
Poi cedette al sonno e si addormentò.
   
 
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