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Autore: MadCheshireCat    13/09/2015    2 recensioni
... Che però non siano 'Sole, cuore e amore'! Questa sarà una raccolta di storie (lunghe o brevi a seconda del momento) ispirate da terzetti di parole create da un 'word generator'- Potranno essere tristi, felici, inquietanti o ridicole. Insomma, tutto é in mano al destino e all'immaginazione. (Rating e genere possono cambiare, d'altronde non so che parole mi capiteranno in futuro!)
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il Creative Word Generator ha così annunciato: le prime parole che avrei dovuto usare sarebbero state 'Saxophone - Credit Card - Thermostat'. Tre parole che non c'entravano assolutamente NIENTE l'una con l'altra, quindi ho proprio dobuto lavorare di fantasia! Da qui é nata un'AU in cui Rhadamathys segue il suo sogno da sassofonista e Kanon si rivela un ubriaco piuttosto molesto... Speriamo in bene!

Come al solito io ho ricontrollato e spero non mi sia sfuggito nessun errore (maledetti typo...)! Enjoy!

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“Mamma, io detesto suonare il pianoforte. Ci sono così tante possibilità, così tanti strumenti musicali! Perché fermarsi sempre al solito?”
“Ah, ma figliolo, il pianoforte è uno strumento nobile, così come il violino. Tuo fratello non si è mai lamentato delle sue lezioni da violinista…”
“Forse perché Minos non va a lezione solo per il violino…”
“Hai detto qualcosa, tesoro? Sai che non mi piace quando borbotti, non è educato.”
“Niente, mamma. Comunque, vorrei cambiare strumento, il pianoforte semplicemente non fa per me.”
“Come desideri, tesoro. Cosa preferiresti suonare? Il clavicembalo? Il flauto traverso? Magari l’oboe…”
“Il sassofono.”
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Quello schiaffo non se lo sarebbe mai dimenticato: non solo era il primo che avesse mai ricevuto, ma era anche del tutto insensato. Per qualche ragione, i suoi gentori consideravano il sassofono uno strumento sporco, indegno e adatto soltanto alla gente senza futuro, ma lui se ne era innamorato una sera quando, girando tra pub, era finito in un bar che sembrava quasi uno scantinato dal quale proveniva una melodia fantastica che gli rapì il cuore. Da suo padre non ricevette alcuno schiaffo, piuttosto gli diede un biglietto andata e ritorno per New Orleans, in modo che “vedesse qual’era il futuro di quelli che perdono tempo con strumenti del genere”. Il biglietto di ritorno era ancora nel suo cassetto, nella stanza d’albergo che occupaa oramai da anni, tanto che il padrone gli aveva offerto di prendere una camera in affitto: in quella zona della città raramente arrivavano turisti (se non gente alla ricerca di svago particolarmente coraggiosa) e un introito continuo come un affitto mensile era più che benvenuto.

I suoi genitori ancora gli scrivevano, parlandogli attraverso mail e messaggi sul cellulare, ma lui raramente rispondeva e se lo faceva era breve e conciso, senza mai perdersi in parole o nostalgia che semplicemente non c’erano. Si trovava bene lì e sebbene non guadagnasse molto come musicista nei bar, almeno stava facendo ciò che più gli piaceva. Non mancava di liquidità, ma si rifiutava di appoggiarsi alle finanze della famiglia, tanto che la sua carta di credito era ancora chiusa in un cassetto insieme al biglietto di ritorno e lì sarebbe rimasta a lungo, a meno che non fosse assolutamente necessario utilizzarla: Rhadamanthys non era uno stupido e sapeva che avere dei soldi da parte da utilizzare in momenti di difficoltà era un’ottima cosa. Essere orgogliosi e non volere fare affidamento solo sui propri genitori era una cosa, essere dei testardi incoscienti era un’altra.

Si faceva bastare i soldi delle serate musicali, accettando anche mance dai clienti particolarmente generosi che di tanto in tanto si presentavano nei bar- Una vera manna per lui, sebbene alcuni non erano in grado di capire la differenza tra bar con musica live e bordelli. In quel caso ci pensava il suo gancio destro a ricordarglielo. I contrattempi, così come i clienti particolari facevano parte della sua vita, tanto che quasi non ci faceva più molto caso, tuttavia non poté evitare di fare uno sguardo a dire poco perplesso quando alla fine di una sua esibizione insieme agli applausi arrivarono anche un paio di boxer che gli finirono praticamente in faccia. Nel silenzio perplesso che era calato nella sala, si levò una voce piuttosto strascicata “Shei sta’o coshì bravvvo che non mmme la sentivo di non lasccciarti nnniente come mmmancia. Avevo sholo i boxer e il miiiio drink, che ppperò è f’nito.”

L’attenzione passò dal palco al lato destro del locale, dove stava seduto (o meglio accasciato) un uomo biondo che si era messo l’ombrellino da cocktail dietro l’orecchio e che con sguardo ebete fissava un qualche punto tra il sax e la faccia di Rhadamanthys, ma la cosa più allarmante era che aveva le braghe calate fino alle caviglie. “Shhhai che ffffatica togliermeli?” Lo disse con una serenità sconcertante e dopo aver buttato giù le ultime gocce di cocktail, si alzò e fece in modo di mettere bene in mostra il sedere prima di tirarsi su i pantaloni per uscire dal bar, non prima di avere offerto un ultimo paio di parole al pubblico attonito. “Ah, ah, ah, un’ultima cosha! Il tuo mmmonociglio fa pppaura.” Detto questo uscì, lasciando il bar nel silenzio più assoluto, che si prolungò finché il barista non presentò il musicista subito dopo l’inglese.

Contro qualunque tipo di buonsenso, Rhadamanthys, invece che buttare i boxer nel primo cestino utilizzabile, li portò con sé nella sua stanza d’albergo, convinto che magari lo strambo individuo sarebbe tornato il giorno seguente per recuperarli, magari da sobrio e un poco imbarazzato dal suo comportamento. Entrare nella sua stanza lo faceva sempre stare bene, come se quello spazio così ristretto avesse un potere calmante simile a quello della camomilla. Al solo pensiero di bere una bevanda calda, l’inglese ebbe un mancamento: il caldo umido di quella città lo stordiva in troppo e buttando un occhio sul termostato fu abbastanza per capire la motivazione dietro la sua esagerata sudorazione.

Ottantanove gradi Fahreneit. Trentadue gradi centigradi. All’improvviso il suo bagno di sudore non era più tanto sorprendente e decise che, se c’era qualcosa che davvero gli doveva mancare della sua vita precedente era il fresco che permeava qualunque stagione, primavera e estate comprese, facendo dell’Inghilterra un posto molto più vivibile che la Louisiana. L’unico modo per combattere il caldo umido che ti entrava direttamente fin nelle ossa era quello di ridursi al minimo di vestiario, bere molto e mettersi addosso stracci bagnati per tentare di abbassare la temperatura corporea il minimo indispensabile- Una sfida, insomma. E Rhadamanthys amava le sfide difficili da superare, ma amava anche quelle che sapeva di poter vincere con un minimo di strategia, quindi mise giù il sassofono e i boxer incriminati per potersi togliere la maglietta che era già madida di sudore e che si sarebbe dovuto ricordare di lavare il prima possibile. Ebbe un momento di esitazione quando arrivò ai pantaloni: la sua testardaggine gli aveva impedito persino di comprare dei pantaloni corti o a mezza gamba (si sentiva un idiota ad andare in giro con quelli addosso) e quindi doveva sempre mettersi quelli lunghi, con qualunque temperatura New Orleans avesse da offrire e come risultato si trovava spesso con le gambe sudate e il tessuto appiccicato alla pelle: camminare diventava un incubo e una comica al tempo stesso, eppure lo preferiva a qualunque tipo di pantaloni più corti.

Era inutile resistere però: in camera sua nessuno poteva vederlo se non la pianta finta nell’angolo, quindi si tolse i pantaloni che erano ormai divenuti una seconda pelle e, rigorosamente in mutande, si lasciò cadere sul materasso che lo accolse con un cigolio fin troppo familiare. “Dovrò decidermi a dare una controllata a quella doga, non vorrei che ad un certo punto cedesse…” Un’altra cosa da aggiungere alla lista di cose che avrebbe dovuto fare l’indomani, tra cui figurava anche una lunga spesa che gli sarebbe dovuta durare per tutto il resto della settimana, non come quella dell’ultima volta che lo aveva lasciato senza latte già Martedì. Inaccettabile.

Si rigirò sul letto, tentando di trovare una posizione in cui il letto non si riscaldasse troppo in fretta, ma sembrava che fosse tutto inutile: sarebbe stata un’altra nottata agitata e insonne. Forse si sarebbe dovuto concedere un bicchiere di quel whisky che stava tenendo al fresco nel mobiletto, giusto per assicurarsi un po’ di relax, se proprio il sonno lo avesse evitato completamente. Ora stava tutto nell’autoconvincersi ad alzarsi per prendere bicchiere e bottiglia, ma i suoi muscoli affaticati erano fin troppo felici di essere finalmente messi a riposo e con tutta probabilità non avrebbe trovato la voglia di muoversi molto presto. E chiudere gli occhi sembrava la scelta più saggia…

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“Oh! Cccche bello! Mi shtavi aspettando!” Rhadamanthys si svegliò di soprassalto e per poco non diede una testata alla persona che, per qualche ignoto motivo, gli era praticamente addosso. Nonostante avesse la vista ancora appannata dal sonnellino che si era appena fatto, l’inglese non aveva dubbi sull’identità dello sconosciuto che con un’incredibile faccia di bronzo non solo si era introdotto in casa sua, ma aveva anche avuto il coraggio di metterglisi addosso. “Sei l’ubriacone che mi ha lanciato i boxer al bar.” Forse lo avrebbe dovuto dire con più inflessione nella voce, magari con un tono adirato o persino offeso dall’incredibile intrusione della sua privacy, ma era ancora troppo confuso per mettere insieme le idee come si doveva. “Duh, mi chiammmmo Kanon! E ssssapevo che il mio fascino t’avrebbe conquishtato.” Il biondo sembrava piuttosto convinto, tanto che si tolse la maglietta a sua volta- Quello fu abbastanza per svegliare Rhadamanthys dal suo stato confusionario.

“Hey. Che stai facendo? Non sei venuto per riprenderti i boxer?” Era una domanda un po’ stupida, ma la situazione non era nemmeno la migliore per fermarsi e pensare attentamente al da farsi: doveva soltanto scollarsi un uomo mezzo nudo di dosso. “Ooooh, no! Tanto n’ mi sherviranno adessho…Anzi…” Oh no, no, era proprio andato questo qua. “No, non hai capito-! Io li ho tenuti per ridarteli, non- Non mi piacciono gli uomini-?” Come faceva a fargli capire che il suo essere completamente ubriaco stava rovinando i suoi ragionamenti? Il silenzio fece pensare a Rhadamanthys che forse Kanon (aveva detto di chiamarsi così?) stava finalmente ragionando normalmente, ma l’alzata di spalle e il bacio impacciato gli fecero capire che stava accadendo l’esatto contrario.

Che giornata…’ Adesso sì che si stava agitando e nonostante non fosse un uomo manesco, l’inglese stava sinceramente pensando che uno dei suoi ganci destri in questo caso avrebbe fatto faville per convincere il biondo a staccarsi una volta per tutte. Stava preparando il pugno quando Kanon interruppe il bacio di sua spontanea volontà per poterglisi accocolare addosso, borbottando qualcosa riguardo cuscini e pelo morbido.

Si era addormentato come un sasso nell’arco di due secondi, lasciando Rhadamanthys con il braccio mezzo alzato, un’espressione inebetita e un terribile sapore di cocktail alla soda in bocca.
Che giornata.
  
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