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Autore: gateship    14/09/2015    4 recensioni
Un quindicenne con il sogno di diventare medico, un altro che, ne è sicuro, diventerà il primo consulente investigativo al mondo. Dei fumetti che diventano realtà, un'esagerata incomprensione nei confronti della chimica, un Natale freddo, e un inverno che si preannuncia ancora più gelido.
[Teen!Lock] [John!Lock]
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Fratelli e telecamere



John era paziente. Probabilmente uno dei più tolleranti fra i mortali, costretto a sopportare interruzioni sardoniche[1] , quisquilie varie ed esperimenti chimici a base di cianuro nel luogo in cui di pomeriggio si sedeva per studiare

 

Posso non parlare per giorni, suono il violino alle ore più impensabili, faccio esperimenti e nella scuola precedente ero diventato il flagello d'Istituto.”

 

Sulle prime aveva pensato che la presentazione di Sherlock fosse modesta.

Molto anche, perché, andiamo, nessuno avrebbe potuto fare tutte quelle cose.

Non a quindici anni, comunque.

 

Poi però, scoprì che non era modestia, perché in Sherlock Holmes di umile non c'era proprio niente.

E che no, quelli non erano i suoi difetti peggiori.

Perché forse avrebbe dovuto accennare che, oltre a stare zitto per tempi inimmaginabili, era anche capace di fare sproloqui per molto di più.

Perché non suonava lo Stradivari da due milioni e mezzo di sterline, lo strimpellava come se fosse stata una chitarra elettrica.

Faceva ragionamenti impossibili, che gli aveva spiegato con una lunga ramanzina sulla scienza della deduzione, “Voi camminate per le strade e vedete persone, vetrine. Io non sono così John, riesco a vedere tutto. Ogni singolo movimento urla tutto su una determinata persona, ogni singola parola è un lago di informazioni, ogni chiacchiericcio di sottofondo che voi udite a malapena io lo sento, lo analizzo, lo capisco. Dio, ma come fate a non annoiarvi, voialtri?”

E così, dopo una settimana di convivenza con quell'essere strampalato, John Watson era fermamente convinto di aver visto tutto.

 

 

“SHERLOCK, COSA DIAVOLO È QUESTA?!” l'urlo di John svegliò Sherlock, come probabilmente metà degli studenti del Curie, di soprassalto.

Il ragazzo corse verso la camera dell'amico, quasi sfondando la porta nella fretta di raggiungerlo, “Cosa?”

John gli si parò davanti e gli mostrò un oggetto rotondo con uno schermo in vetro.

“Oh.” fece Sherlock, osservando il minuscolo congegno elettronico.

“Oh, sì.” rispose aspro Watson “Vuoi spiegarmi cosa ci fa una telecamera di sicurezza nella mia camera da letto? E non dirmi che è in dotazione alla scuola, perché non ci cascherei. Era. Esattamente. Sopra. Il. Mio. Letto.” ripeté con voce irritata.

Sherlock inclinò leggermente la testa. “Mycroft.” disse semplicemente, maledicendo quella dannata persona con ogni insulto che conosceva.

“Mycroft?”

“Mio fratello.” spiegò con una scrollata di spalle.

“Cosa?”

“Mycroft. Mio fratello.”

Cosa?” chiese Watson esasperato. [2]

L'amico diede una scrollata di spalle, “Mycroft è mio fratello.”

“Oh, hai anche un fratello adesso?” sbottò John “Senti, Sherlock, è stata una brutta giornata, per favore, solo... toglimela dai piedi.” gli disse, il tono stranamente pacato.

Il ragazzo annuì, prendendogli la telecamera dalle mani bruscamente, “Lavora nel Governo, lui. Una posizione minore, ovviamente, ma gli offre certi vantaggi.” tentò di spiegare mentre si passava l'oggettino da una mano all'altra, sistemandosi sulla poltrona del mini-appartamento.

“E quindi mi spia?” chiese John buttandosi sul letto.

“Non te, me.”

“Tuo fratello ti spia?”

“Perchè tua sorella, no?” ribatté. Solo Sherlock avrebbe potuto fare suonare una domanda del genere così perfettamente innocente.

Inaspettatamente, sul volto di John passò un lampo di tristezza, che il giovane mascherò subito, costringendosi a fare un sorriso, “Sai, quando una persona beve così tanto non...”

Sherlock annuì. “Ti chiedo scusa da parte di mio fratello”, sussurrò, portandosi davanti alla faccia la piccola telecamera “È un vero idiota!” disse ad alta voce, gli occhi fissi sulla piccola lucina rossa che il dispositivo emetteva e che il fratello stava monitorando. Anzi, con ogni probabilità Mycroft lo stava fissando dall'altra parte di una webcam in camera sua.

John sorrise leggermente, “Fate sempre così, voi due?”

Sherlock alzò le sopracciglia, “Ovviamente, siamo come acerrimi nemici.”

“Oh, dai, sono sicuro che in fondo vi volete bene”, rispose l'altro.

Se gli sguardi avessero potuto uccidere, John si sarebbe trovato carbonizzato sul posto.

 

 

“Com'è andata con le ripetizioni?” chiese a mo' di saluto Watson quando Sherlock varcò la soglia dellla 221.

“Non capisco come queste persone possano essere finite in un posto del genere. Anderson non sa neanche cosa sia il quadrato di un binomio, come diavolo dovrei fare a spiegargli gli altri prodotti notevoli?” gli rispose secco, lasciandosi cadere sulla sedia della scrivania per controllare alcuni esperimenti, che ribollivano sul tavolo in frassino.

“Oh, andiamo. Sono certo che con la tua maestosa presenza riuscirai a trasfondergli un po' di sale in zucca.” rispose John pacato, sfogliando il nuovo numero di Superman senza apparente interesse.

Sherlock, con una pipetta, versò l'acido cloridrico nel becher di vetro, poi alzò lo sguardo verso l'amico: non aveva dormito bene – indipendentemente dalla telecamera, se fosse stato nel sonno REM non se ne sarebbe neppure accorto - a disagio.

I suoi genitori avevano chiamato.

Occhi lucidi.

“È Harry, vero?”

Il ragazzo diede una scrollata di spalle, “Ha avuto in incidente, solo qualche graffio e una caviglia lussata, fortunatamente. Volevo raggiungerla ma i miei mi hanno detto di restare a scuola.”

Sherlock annuì, “Hanno ragione, devi rimanere.”

“Non è la prima volta”, riprese a bassa voce Watson, chiudendo il fumetto di scatto “Sherlock, ha soltanto cinque anni più di me e beve più di quanto mia madre e mio padre abbiano mai fatto.”

“Oh.” fece l'altro inclinando leggermente il capo, mentre la sua brillante mente cercava di capire dove l'amico volesse andare a parare.

“Dovresti dire che ti dispiace, a questo punto.” gli suggerì John, guardandolo.

“Mi dispiace.” confermò Sherlock semplicemente.

Watson, suo malgrado, si lasciò sfuggire una risata tremolante: quel ragazzo era incredibile. “Come hanno fatto i tuoi amici a sopportarti?” gli chiese con uno sbuffo, mentre metteva i piedi scalzi sulla poltrona.

Sherlock aggrottò le sopracciglia, “Amici?”

“Già.” rispose John annuendo.

“Non ho mai avuto amici.” gli disse semplicemente, mentre vuotava il contenuto del becher in una beuta dall'aria malandata.

“Dai, qualcuno per forza.”

Holmes alzò gli occhi al cielo.

“Proprio nessuno?”

“No.”

“Ma dico, proprio... nessuno?”

“John, sembri un disco inceppato. Ovviamente: nessuno. Sei il mio primo amico.” Watson sorrise, non si sarebbe mai aspettato di essere il primo amico di qualcuno, non all'età di quindici anni suonati, comunque. “Non fare quell'espressione, non significa che tu sia meno stupido degli altri.” gli rinfacciò Sherlock, le gote inaspettatamente arrossate “E levati quel sorriso dalla faccia!” sbuffò, prendendo un cuscino dal pavimento e lanciandoglielo.



 

Notemie

[1] È una citazione da “La Valle della Paura”, di Conan Doyle. Naturalmente per renderla più liceale l'ho modificata un po, l'originale è: “Credo di essere uno dei piú tolleranti fra i mortali, ma devo ammettere che fui seccato da quell'interruzione sardonica. ”
Sono le prime parole in assoluto del romanzo.

[2] Supernaturaaal! Non si nota, è accennato, ma mi sono ispirata al dialogo di Reading is Fundamental, dove c'è un gioco di parole tra Sam e Dean su Metatron (lo scriba di Dio) e Megatron (il Transformer). Ve lo riporto:

Cas: Questa è la calligrafia di Metatron
Sam: Metatron?!? Stai decendo che la parola di Dio è stata scritta da un Transformer?
Dean: No, quello è Megatron.
Sam: Cosa?
Dean: Il Transformer. È Megatron
Sam: Cosa?



Buona scuola a tutti! 
  
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