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Autore: music_player    14/09/2015    1 recensioni
una vita al limite fatta di amicizie, pazzie, passioni, musiche e avventure.
ricordi che sanno di amaro e altri che sanno di miele.
le immagini di una vita ti si fermano nel cuore.
"...ero solo, su un letto che era diventata la mia prigione e guardavo tutto intorno a me cercando qualcosa su cui aggrapparmi, qualcosa che non scivolasse e non mi lasciasse nuovamente solo. E così, come da sempre succedeva, mi sono messo a fare la cosa che più mi usciva meglio: pensare. E fu allora che rividi tutto da capo"
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Billie J. Armstrong, Mike Dirnt, Tré Cool, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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“eh sta attento angioletto dai riccioli d’oro” mi urlò dietro Kevin, quel moccioso definito “il ragazzo più bello e popolare della scuola”. Se ne andava in giro con la sua squadra al seguito e prendeva di mira i ragazzini come me che di figo non aveva nulla, ridicolizzandoli davanti all’intero istituto. Non li sopportavo. Ero preso in giro perché ero basso, piccolo, riccioloni d’oro e soprattutto cantavo, cosa inconcepibile per un maschio. Odiavo andare a scuola, non avevo molti amici con cui giocare e, essendo solo, ero l’esca per chi voleva farsi notare per la sua forza. Non ho mai capito molto bene il perché mi isolassero, credo perché non mi piaceva la violenza e  mi importava solo divertirmi. Sta di fatto che eravamo in mensa ed io avevo appena urtato Kevin e questo mi stava sbraitando contro:
“ma vuoi stare attento? Cos’hai per la testa? Angioletti che cantano canzoncine sdolcinate a un pubblico di vecchiette senza dentiera e con la bava alla bocca e con il tuo dolce paparino che, volando tra gli angeli, cerca di dirigere il coro?”
 Tutti risero mentre io a quelle parole tremai. Mi si gelò il sangue: come osava parlare di mio padre che era malato e di definirlo morto quando invece non era morto?
“non osare dire una sola parola su mio padre”
“perché, se no riccioli d’oro si arrabbia? Occhio perché tra un po’ non potrai più correre dal tuo papino per farti cambiare il pannolone, anzi non puoi farlo” e questo ancora seguito da una risata più fragorosa.
“stai zitto! Mio padre sta bene e guarirà; starà per sempre con me, me lo ha promesso!”
“ohhh… ora tuo padre è anche veggente?” e di nuovo la frase fu accolta da un risata generale.
“sta zitto! mio papà quando fa una promessa la mantiene e poi è forte!”
“certo, forte come te scommetto, pappamolla!”
Non riuscivo più a controllarmi: il cuore mi pulsava nella testa e i miei muscoli si stavano contraendo mentre il mio viso diventava sempre più rosso. Mio papà non era una pappamolla, lui era forte, molto più di me.
“oh guardate, Billuccio caruccio si sta arrabbiando perché ho detto che il suo paparino sta morendo… cos’è tuo papà non ti ha insegnato ha non dire bugie e ha dire sempre la verità?”
Sentivo gli occhi bruciare e senza accorgermene mi scese una lacrima. Stava giocando sporco e io glielo stavo facendo fare e, per difendermi, piangevo…  sentii il mondo crollarmi addosso. E se quello avesse ragione? e se mio padre fosse morto? E se non avesse mantenuto la promessa? Piangevo, sempre più forte perché c’era la possibilità che quella fosse la verità, ma io non volevo crederci. E piangevo.
“no, Biluccio sta piangendo… dai ora chiamo la tua mammina almeno ti soffia il nasino”

ok, aveva superato il limite e forse lo avevo superato anche io… non mi ero nemmeno reso conto ma quando riaprii gli occhi lui era per terra e il naso era rosso di sangue e la mia mano faceva male. Avevo le guance che pulsavano, gli occhi erano bagnati e le risate si erano zittite. Capii che avevo osato picchiare uno dei ragazzetti più forti della scuola e l’orgoglio e la gioia personale, furono subito seguite dalla paura perché io ero solo e lui era con altri sei amici e sapevo che nessuno in quella sala avrebbe mosso un dito per difendermi. Stavo per scappare quando sentii una strattonata al braccio e un dolore allucinante allo stomaco, poi alla faccia e poi ancora allo stomaco, poi al naso e sentii un liquido caldo bagnarmi la bocca, poi ancora dolore allo stomaco e poi una voce e un braccio che mi prese intorno alla vita e mi allontanò dalla scena di  guerra. Mi voltai per capire chi fosse e mi trovai davanti ad un ragazzino altro e biondo, forse della mia stessa età che urlava contro quelli:
“ma non vi vergognate, sei giganti contro un puffo, lasciatelo in pace!”
“ha iniziato prima lui, sa benissimo che non si deve azzardare nemmeno a parlarci, ora ha bisogno di una bella lezione”
“bhe, mi pare che gliela avete appena data, ora lasciatelo in pace” e pian piano mi sentii trascinare verso una panchina. Piangevo come un idiota e sentivo il naso che colava, la bocca sapeva di metallo e lo stomaco  dolorava. Questo strano ragazzo mi guardò e, sorridendo, mi disse:
“hai bisogno di una bella ripulita, vieni”. Mi accompagnò in bagno e mi sciacquò la faccia. Poi andò a prendermi un sacchetto del ghiaccio e me lo mise sullo stomaco.  Avevo il labbro gonfissimo, come lo stomaco, mentre in viso sembravo un panda. Fortuna che non ci sarebbe stata né mia madre né mio padre quella sera a casa.
 
“comunque sei matto ad andare contro quelli, potevano ridurti peggio di così, si può sapere che ti è preso?” mi disse.
“hanno insultato mio padre e questo non posso permetterlo”
“e tu rischi la tua vita per un insulto rivolto a tuo papà da un branco di idioti?”
“hanno detto che sarebbe morto, quando invece sopravvivrà sicuramente;  gli hanno dato della pappamolla quando invece è l’uomo più forte del mondo. dicono che mi ha raccontato una bugia perché in realtà deve morire, ma io mi fido di lui perché è il mio eroe e non è morto” dissi tutto d’un fiato senza nemmeno pensare che ciò che avevo detto era una frase da marmocchio e me lo avrebbero potuto rinfacciare mille volte, prendendomi in giro.
“allora hai fatto bene… hai le palle, amico” mi disse sorridendomi.  Io non risposi, ma lo guardai. Aveva degli occhi color ghiaccio dai quali mi sentivo senza barriere, completamente osservato e spoglio di quei muri che mi ero costruito in questo periodo in cui la mia famiglia era andata a rotoli a causa del tumore di papà.
“io sono Michael… però  puoi chiamarmi solo Mike”. Mi allungò la mano.
“io sono Billie Joe… però puoi chiamarmi solo Billie”.
Gli strinsi la mano e, in quel momento, sul pavimento di un bagno, con la maglia sporca di sangue, il naso e la bocca che pulsavano, lo stomaco che dolorava e gli occhi più neri di un panda, capii che quella stretta sarebbe stata la promessa che mio padre non avrebbe mai potuto mantenere perché in fondo sapevo che se ne sarebbe andato e sentivo anche che era morto quella stessa notte, quando mamma, piangendo, rispose al telefono e uscì di casa. Io non avevo voluto crederci ma in quel momento decisi che avrei affrontato la realtà perché avevo al mio fianco un ragazzino con le palle che mi stringeva la mano e che ci sarebbe stato. E piansi, stringendomi a lui. E lui non mi allontanò, ma mi strinse più forte perché sapevo che aveva già capito tutto. Mike, uno sconosciuto, era appena entrato nella mia vita e me l’aveva appena salvata e mi stava abbracciando mentre io piangevo. Fu in quel momento che capii che avevo appena conosciuto una delle persone più importanti della mia vita, che non se ne sarebbe andata, ma che sarebbe rimasta li con me, per sempre.
 
Mi svegliai in un mare di sudore e piansi amaramente perché era il mese di settembre e non avevo una spalla su cui appoggiarmi perché quel mese me le aveva rubate entrambe.
   
 
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