IX
INSEGUENDO
UN SOGNO
Tolomeo camminava per i corridoi della
tredicesima. Essendo immensa, il Gran Sacerdote Kiki aveva acconsentito
a
concedere un’ala alla strana famiglia del suo predecessore.
Il giovane, di
passaggio, era ormai stabile nella casa dei Gemelli ma spesso si recava
a far
visita al padre, obbligato a restare a riposo, anche se era
l’ultima cosa che
desiderava. Non sapeva spiegarselo ma, quel pomeriggio, quei corridoi
sembravano più lunghi e tortuosi del solito. Si
fermò qualche istante,
chinandosi leggermente in avanti, sentendo un gran caldo improvviso.
“Tutto bene?” si
sentì chiedere.
Alzò lo sguardo, incrociando quello
della
gemella Ipazia.
“Certo” sbottò
Tolomeo, rimettendosi
dritto di colpo.
“Ne sei sicuro? Ultimamente ti vedo
sempre
più strano”.
“Le tue sono solo paranoie. E poi
io..”.
Il loro discorso fu interrotto da un grido
rabbioso e da un boato. Voltandosi entrambi, allarmati, videro giungere
di
corsa, lungo il corridoio, Phobos e Deimos. Dai loro ghigni, i due
giovani non
capirono se gli zii si trovassero in una situazione
d’emergenza o stessero
semplicemente facendo casino. Poi videro, dietro alle due
divinità, una terza
figura che raggiunse le prime due con rapidità. Subito
Tolomeo si mise in
posizione in difesa, proteggendo la sorella. La figura misteriosa
scattò,
andando oltre Phobos e Deimos. Saltò, sfiorando una colonna
con i piedi e
dandosi la spinta, compiendo un movimento insolito che la fece
atterrare a
pochi centimetri dal giovane Tolomeo. Questi sobbalzò,
vedendo solo una massa
di capelli neri che si dava lo slancio e colpiva con un calcio il primo
dei
gemelli che sopraggiungeva. Deimos, per proteggersi,
incrociò le braccia
davanti al petto ma fu comunque rispedito indietro, travolgendo Phobos.
Entrambi rimasero in piedi, nonostante il segno lasciato sul pavimento.
“Grandioso” ghignò
Deimos, con sul volto
un’espressione da pazzo ed un leggero rigolo di sangue sul
lato della bocca.
Tolomeo, con ancora il braccio teso a
difesa della sorella, vide la figura davanti a sé rialzarsi
e la sentì ridere.
“Dai, prova ancora a sfidarmi!"
rise questa, dandogli le spalle, allungando un braccio.
“Ma..” esclamò
Tolomeo “..papà?! Sei tu?”.
Questi si voltò, come se fino a quel
momento non si fosse accorto della presenza del ragazzo. Il giovane
rimase
comunque sulla difensiva, non capendo bene quel che stava accadendo. Il
genitore, circondato da una tempesta scomposta di capelli neri, fissava
il
figlio con aria interrogativa e poi gli sorrise.
“Sto solo facendo
riscaldamento” spiegò,
con una luce divina negli occhi.
“Dovresti riposare,
papà” lo rimproverò
Ipazia.
“Non mi serve riposare. Come vedi, sono
in
grado di affrontare
il mondo” rimbeccò
lui, mentre Phobos e Deimos si avvicinavano con un ghigno orgoglioso.
“Sei scalzo! E ti sei visto?”
scosse la
testa Tolomeo “Sembri appena uscito da un manicomio! Sei
tutto scombinato!”.
“Mica devo andare ad una sfilata di
moda!”
rise Arles, rigirandosi e trascinando dietro di sé i
capelli, che con il tempo
trascorso nella teca di Ikor si era allungati ulteriormente.
Tolomeo sospirò, alla fine felice che il
padre stesse bene. Notò che al collo, assicurato ad una
sottile catenella,
portava l’anello di Eleonore. Che fosse ancora intenzionato a
cercarla? Lo era
sicuramente..suo padre era testardo, oltre che pazzo.
“Ma che combinate?! Volete abbattere la
tredicesima?! Poi chi la sente Atena?!” sbottò
Ares, gridando da un punto
imprecisato della casa.
“Scusa” gridò di
rimando Arles.
Il Dio della guerra raggiunse i figli ed i
nipoti con sul volto un’espressione piuttosto annoiata.
“Cosa ci fai in piedi, TU?!” si
accigliò,
fissando Arles.
“Sto bene. Stavo pestando questi
due”.
“Non è un gran segno di
sanità mentale,
sai?”.
“Non ho mai avuto sanità
mentale”.
“Dovevi vederlo” rise Phobos
“Come muove
le gambe adesso. Ci ha colpiti entrambi. La sua energia sta aumentando
di
molto”.
“Spero, però, che tu sappia
gestirla”
incrociò le braccia Ares.
“Maya mi ha spiegato come fare”
annuì
Arles “Prima di andar via. Tranquillo..non mi
perderò di nuovo nelle mie
illusioni”.
Il padre si avvicinò, rigirandosi fra le
mani il piccolo anello di Eleonore.
“Non cominciare!”
sbottò il figlio “Non
cominciare anche a tu a dirmi che sono un coglione perché
rivoglio la mia donna
accanto a me e voglio cercarla!”.
“Non ho detto e non dirò mai
una cosa del
genere. Sei un Dio adesso e quel che fai sono del tutto affari tuoi.
Inoltre
conosco la sensazione che una donna può dare ad una mente
come la nostra,
perseguitata dalle battaglie. Conosco bene l’angoscia che si
prova quando non
si deve far altro che combattere ma non lo si desidera”.
“Ma..tu sei il Dio della guerra! Devi
combattere!”.
“Certo. Sono il Dio della guerra. Ma
questo non significa che voglio solo guerra nella mia vita. E quando
sei
sfinito ed angosciato, so quanta pace possa dare il tocco della donna
che ami.
Anche se, nel mio caso, è una donna sposata con un altro ed
una gran puttana.
Non ci posso fare nulla..dal primo momento in cui l’ho vista,
ho amato Afrodite
ed ho sfidato Zeus stesso pur di starle accanto. Perciò ti
capisco. Temo però
che tu sia inseguendo un sogno impossibile. E se lei fosse morta? Ci
hai
pensato? È scomparsa nel nulla e nemmeno Hades è
riuscito a scovarla..”.
“Voglio saperlo. Se è morta,
voglio
saperlo”.
“E poi? Se è morta, che
farai?”.
“Non lo so..” ammise Arles.
“Ho paura che, se fosse così,
la
tentazione di rintanarti nuovamente in un mondo immaginario possa avere
il
sopravvento su di te”.
“Non accadrà. Te lo prometto.
Ma devo
sapere la verità. Che altro dovrei fare?”.
“Non posso suggeriti nulla,
perché io
ancora adesso compio indicibili stupidaggini pur di vedere Afrodite.
Immagino
che sia di famiglia. Del resto, Eros è mio figlio mica per
niente! Non sai
quante volte Zeus ed altre divinità hanno tentato di
convincermi a frequentare
altre Dee, nel tentativo di rabbonirmi..”.
“E allora Atena?”.
“Beh..” Ares parve un
po’ indeciso su che
cosa dire, ma poi riprese “..lei ha mansioni simili alle mie.
Quando sono in
vena di combattimenti, è il genere di Dea che voglio al mio
fianco. Ma non è sempre
così. così come non voglio sempre quella
pettegola di Afrodite attaccata addosso
tutto il giorno”.
“E mia madre?”.
“E Discordia?” rispose il Dio
della
guerra, dopo un attimo di esitazione “Tu non sei diverso da
me, ragazzo. Per
questo ti controllo. Perché so di che cazzate siamo capaci,
io e te”.
“Voglio solo sapere la
verità..”.
“E spero che questo non ti conduca alla
pazzia..”.
Kiki sobbalzò all’ennesimo
rumore
improvviso alla tredicesima. Dalla sala del trono, scosse la testa
divertito.
Telepaticamente si era messo in contatto con Mur, avvisandolo che
Tolomeo era
rientrato sano e salvo al tempio e la notizia rallegrò il
passato cavaliere
dell’Ariete. Quel ragazzo però aveva combinato un
bel po’ di guai, andando ad
infastidire divinità varie.
“Come ogni cavaliere dei Gemelli, deve
creare qualche piccolo problema” ridacchiò Kanon,
intuendo le perplessità del
Sacerdote.
“Piccolo? A momenti Shiva disintegrava il
santuario. Per fortuna Maya è riuscita a
calmarlo..”.
“Lo terrò più
sott’occhio..”.
“Tieni sott’occhio tuo
fratello, ora. Tuo
nipote pare abbia messo la testa a posto. Ma Arles..”.
“Che ha Arles?”.
“È inquieto..”.
“Lo è sempre stato”.
“Già..ma ora è un
Dio..”.
Kanon rimase in silenzio, capendo
perfettamente quel che intendeva Kiki.
“E tu?” riprese il Sacerdote.
“Io cosa?”.
“Non sei figlio anche tu di Ares? La tua
armatura è mutata ma il tuo ruolo qual
è?”.
“Attendo di scoprirlo. Sinceramente,
posso
anche farne a meno”.
Il figlio del Dio della guerra sorrise,
però
concordò con Kiki: doveva tenere sotto controllo un
po’ tutta la famiglia.
Molti prendevano troppo alla leggera il fatto di possedere sangue
divino.
“Che leggi?” domandò
Milo, non molto
interessato ma desideroso di fare conversazione.
“Niente di che” rispose Camus,
senza
alzare lo sguardo.
“Di che parla il libro?”
insistette lo
Scorpione.
“Di niente di speciale..”.
“E perché lo leggi?”.
“E tu perché parli
sempre?”.
Milo storse il naso, infastidito da quella
risposta. Cercò di sbirciare la copertina, ma non
capì. Fissò il collega,
trovando irritante il fatto che non avesse accettato
l’immortalità concessagli
da Atena. Così facendo, l’Acquario invecchiava
inesorabilmente, come era
destino accadesse ad ogni essere umano. Milo invece aveva preso una
strada
diversa ed il tempo su di lui non scorreva. Non aveva mai compreso la
scelta di
Camus, che si limitava a dire che una vita gli bastava e gli avanzava.
Lo
Scorpione continuò a fissarlo, stranamente in silenzio,
mentre l’Acquario lo
ignorava. La porta dell’immensa biblioteca del tempio si
aprì e con passi
impercettibili entrò Arles, ignorando completamente i due
cavalieri. Al suo
fianco, Thanatos fissò solo di sfuggita Camus ed Hypnos
sbadigliò, annoiato.
“Qui troveremo informazioni
utili?”
domandò il Dio della morte.
“Questa è la biblioteca
più grande ed antica
che conosco. Se esiste un luogo dove i simboli sull’anello
possono essere
spiegati, è questo!”.
“E questo ci aiuterà a trovare
Eleonore?”.
“Lo spero..”.
“Bene! Perché non ne posso
più di Hades e
le sue lagne continue per quella femmina. Prima gliela riportiamo e
meglio è”.
“Thanatos!” sbottò
Hypnos.
“Che vuoi?” ribatté
il Dio della morte.
“La signora Eleonore ci ha sempre
trattato
con rispetto..”.
“Ovvio. È una mortale! Ci
mancherebbe
altro..”.
“È la sposa di
Hades..”.
“Potrebbe anche essere sua
sorella!”.
“Ma riuscite a chiudere la bocca un
momento?!” li zittì Arles, cercando fra gli
scaffali.
“Bada a come parli, moccioso!”
rispose
Thanatos.
“Vai fuori se vuoi solo
distrarmi!” gli
tenne testa Arles.
Camus e Milo fissavano il tutto con una
certa curiosità, senza capire molto bene che stesse
accadendo.
“Che libro cercate?”
tentò di rendersi
utile Camus.
“Uno che spieghi cosa sono i simboli su
questo anello” spiegò Arles, prendendolo fra le
mani.
Così facendo, il gioiello si
illuminò e
mostrò dei glifi poco chiari. Camus però, con una
certa sicurezza, indicò un
punto preciso della biblioteca.
“A me sembrano molto legati
all’Egitto
antico” spiegò l’Acquario
“Perciò si trovano in quell’ala della
biblioteca
tutti i volumi a riguardo”.
“Egitto? Sei sicuro?”.
“Così a me sembra. Certo, i
simboli non
sono molto chiari..”.
“Eleonore che ha a che fare con
l’Egitto?!”.
“Non lo so. Era tua moglie, non la
mia..”.
“Che aspettiamo?” si mosse
Hypnos “Per
salvare la fanciulla, tocca cercare nei volumi
sull’Egitto”.
“Ma..” mormorò Milo,
quando Arles gli passo
accanto “..quella ragazza..Hades la sta cercando da un sacco
di tempo”.
“Appunto. Non è
morta!” interruppe
Thanatos.
“Non so. E se la sua anima fosse andata
perduta? Non sarebbe il primo caso. Altrimenti penso che il Dio delle
anime e
dell’oltretomba dovrebbe trovarla subito!”.
“Inseguiamo ogni pista” rispose
Arles.
“Ma perché? È la
sposa di Hades! La freccia
dell’odio l’ha colpita! Perché la
cerchi? Insegui un sogno?”.
Hypnos sorrise leggermente, forse
concordando con Milo.
“Non sarebbe meglio vivere nella
realtà,
ora che puoi?” continuò lo Scorpione.
“Che cos’è la
realtà?” furono le parole di
Arles, compiendo un piccolo gesto con la mano.
Così facendo, le tre divinità
presenti
mutarono dinnanzi allo sguardo dei cavalieri. Per qualche istante, i
due
mortali videro come queste dovevano essere veramente. Di un bel pezzo
più alti
di Milo, i tre Dei lo fissarono. Lo Scorpione non provò
timore alcuno,
ritrovandosi di fronte tre giovani. Si stupì molto. Thanatos
ed Hypnos, che
esistevano da Ere intere, non erano che due fanciulli. Il Dio dei sogni
aveva
ali fra i capelli e fra le mani stringeva un papavero. Thanatos invece
era
alato. Sulla sua spalla stava posata una farfalla e con la mano destra
portava
una torcia capovolta, simbolo della vita che si spegneva. Per quel che
riguardava Arles, i mortali non riuscirono ad individuarne molto bene i
tratti
principali. Probabilmente perché non del tutto risvegliato,
non portava con sé
alcun oggetto ma il suo aspetto era da adolescente, fin troppo gracile
per
assomigliare ad un guerriero, con i capelli che si agitavano del tutto
a caso. Eppure
Camus e Milo sapevano bene fino a che punto poteva giungere la sua
potenza in
battaglia. Quella rapida visione si concluse, e le tre
divinità ripresero il
solito aspetto a cui tutti erano abituati.
“E adesso vediamo cosa l’Egitto
può
svelarci..” sorrise Hypnos, approfittando del momentaneo
silenzio dei due
mortali.
Camus si offrì più che
volentieri di
aiutare a cercare i simboli. Erano sempre più sbiaditi,
forse segno che il
legame fra l’anello e chi lo stringeva, o lo aveva indossato,
si stava
sciogliendo.
“Mi sembra di sentire la sua voce ogni
volta che questi simboli appaiono..” ammise Arles
“..forse sono pazzo, come
dicono tutti..”.
“E che dice sta voce?” si
incuriosì Milo, appollaiato
sulla sedia di fronte al collega.
“La Luna sta sorgendo. Sta per vestirsi
di
nuova luce”.
“Sì, sei pazzo”
annuì Thanatos, mettendo
una mano sulla testa del figlio di Ares “Ma
non preoccuparti, lo sono un po’ tutti gli Dei!”.
“Ma certo!” esclamò
Arles, alzandosi di
colpo “La Luna!”.
“Eh?” alzò un
sopracciglio Hypnos,
vedendolo correre scalzo e guadagnare l’uscita.
I due gemelli di fissarono, sconcertati. Seguirono
con calma Arles, che guardava il cielo fra le colonne.
C’erano tante nuvole
quella notte ma, finalmente, uno spiraglio di luce lunare si
mostrò. Arles allungò
la mano verso di essa, porgendo l’anello al satellite. Il
gioiello si mise a
brillare in modo sempre più acceso e poi proiettò
una serie raggi verso l’esterno.
Questi disegnarono un luogo esotico, a cui lati prendevano vita segni
sempre
più simili a geroglifici.
“Ma che roba è?”
domandò Milo.
“Sembra un antico tempio
egizio..” azzardò
Camus “..ma non sono così bravo da riuscire a
leggere i geroglifici, mi spiace”.
“Quindi Eleonore potrebbe trovarsi in
Egitto? In questo tempio?” si chiese Arles.
“Forse. Di certo quell’anello
ha a che fare
con quel luogo” annuì l’Acquario.
“Perfetto. Allora posso partire per
l’Egitto!”.
“Hei! Un attimo, figlio di
Ares!” lo
bloccò Hypnos “Apprezzo che uno insegua i propri
sogni, però questa mi sembra
un po’ una follia. Non hai nemmeno idea di dove si trovi quel
tempio! L’Egitto
è grande, sai? E non sai che cosa possa esserci
all’interno!”.
“Ma che potrebbe mai esserci?!”.
“Nemici?”.
“Capirai..”.
“Ragazzo..”.
Il rimprovero della divinità fu
interrotto
da una voce femminile. Alzando lo sguardo, il gruppetto vide una donna
alata in
piedi sul tetto dell’edificio in cui si trovavano.
“Nike?” azzardò
Camus ma Hypnos scosse il
capo, tentando di capire chi fosse.
La donna indicò il porto.
“Le risposte..”
parlò, con voce calma e limpida
“..le troverai solo oltre il mare. In quella terra
d’Egitto, in cui Ponto poté
riavere il suo antico corpo, non devi avere timore alcuno.
Poiché c’è qualcuno
che ti attende e ti proteggerà, se saprai fare le scelte
giuste”.
“Le scelte giuste?” si chiese
Arles,
cercando pure lui di capire chi fosse quella donna avvolta da stoffe
leggere
che si agitavano alla lieve brezza della notte.
“La vita è un cammino. Spetta
a te
scegliere a quale meta giungere. Ma non è restando qui che
la raggiungerai”
concluse la creatura alata, svanendo in un lampo di luce.
“Non me la sono sognata, vero?”
si
affrettò a chiedere il figlio di Ares ed i due gemelli
scossero la testa.
“Bene. Devo giungere in Egitto per mare.
Quindi
mi servirà un esperto del settore. Meno male che mio
fratello è amico di
Poseidone..mi farò dare qualche dritta”.
“Sei proprio convinto? La tua vita
è stata
già salvata una volta, intendi metterla di nuovo a
repentaglio per inseguire
una donna?” domandò Hypnos.
“Riporterò ad Hades la sua
sposa. Non troverò
pace finché non la troverò e non saprò
la verità”.
“Le divinità egizie credi che
c’entrino
qualcosa? In quel caso..non saprei come aiutarti, perché
ammetto di non
conoscerle molto bene”.
“Nemmeno io..”.
“Un salto nel buio?”.
Arles sorrise. Nel buio della notte, brillava
leggermente. Doveva partire il prima possibile, non riuscendo
più sopportare il
fatto di restarsene lì immobile mentre il resto del Mondo
andava avanti! Era rimasto
fermo fin troppo tempo, in quella teca di Ikor. La luna scomparve
dietro le
nubi ed i glifi sull’anello scomparvero.
L’oscurità si fece d’un tratto pesante
ma Arles non ci fece più di tanto caso, incamminandosi lungo
la scalinata del
tempio, diretto al porto.