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Autore: Rory_chan    09/02/2009    7 recensioni
Lei sorrise, senza muoversi, e lo fissò con lieve imbarazzo. «dopo mi fai vedere il ritratto?».
«Sì, Sakura, sì. Adesso stai ferma e soprattutto zitta». La sentì ridere, per nulla offesa.
«come posso stare ferma e zitta se ho voglia di urlare e spaccare tutto per la felicità?».
{Focus On SasuSaku; accenni ShikaTema&NejiTen. Tracce angst}
{Fanfic classificatasi Seconda al contest "Into the Book" di Bambi88 e Kalanchoe, e vincitrice del premio "Giuria"}
Genere: Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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L’Urlo e il Furore

L’Urlo e il Furore

[Quinta Parte]

 

22 Dicembre 2008; ore 9.45

 

“Se mi becca qui dentro, sono morta”.

Come un ladro in una villa completamente d’oro, come un leone che trattiene fra le zampe una possente gazzella, Sakura, gioiosa, affrettò qualche passo nella stanza di Sasuke Uchiha.

Ad occhi esterni sarebbe potuta non sembrare questa grande cosa, ma il sopraccitato Sasuke Uchiha non era in casa. E quella si trattava di violazione di domicilio, per quando potesse sembrare esagerato. La ragazza si muoveva furtiva, saltellando da un punto della stanza all’altro, rovistando nei cassetti di colui che… con molte probabilità, era divenuto il suo ragazzo. Non ne avevano parlato in quei giorni, non avevano mai aperto bocca riguardo la questione sentimentale: quando ne sentivano bisogno si recavano l’uno dall’altra, e quello che accadeva nelle loro camere non era un segreto solo per loro, al contrario degli altri, ancora perplessi per lo strano attaccamento di Sasuke alla nuova arrivata. Di certo era la prima volta che lo vedevano così disinvolto con qualcuno.

“dove lo hai nascosto!?” pensò implorante Sakura, cercando con frenesia il ritratto che Sasuke le aveva fatto qualche giorno prima. Le aveva promesso di farglielo vedere, ma evidentemente non se n’era ricordato, in quanto quel disegno era nascosto chissà dove fra quei cassetti.

L’Haruno diede una veloce controllata all’orologio. Alle dieci Sasuke avrebbe smesso di lavorare, e dieci minuti ci avrebbe impiegato per tornare a casa. Ergo, le rimanevano solo altri venti minuti per poter cercare quel dannato ritratto e, finalmente, vederlo.

«qui no… qui neanche…» sibilò atterrita, maledicendolo per non aver messo quel ritratto nella cartella con tutti gli altri disegni. Non riuscì a non pensare al fatto che Sasuke lo aveva fatto apposta. Aprì l’ennesimo cassetto dell’ultimo scaffale, seminascosto fra il letto e l’armadio.

«sembra che lo voglia nascondere, ‘sto cassetto. Magari è qui» proclamò solennemente, certa di aver trovato il bottino di quella caccia al tesoro. in quel piccolo cassetto stavano impilate alcune riviste di medicina e, fra una di queste e l’altra, alcuni articoli di giornale.

 

Scandalo nella famiglia Uchiha:

La polizia ha condotto un’indagine seria ed approfondita riguardo alla prematura ed improvvisa scomparsa dei famosi medici Fugaku e Mikoto Uchiha. I corpi dei coniugi sono stati rinvenuti nella camera da letto, straziati da colpi di arma bianca. Le apparenze parlano chiaro: il figlio maggiore dei due, Itachi Uchiha (17), sotto gli effetti di cocaina sembra aver avuto un raptus di rabbia, accoltellando entrambi i genitori ma lasciando in vita il fratello minore, Sasuke Uchiha (12), che in quel momento dormiva nella sua stanza. Si riconduce l’omicidio dei genitori al suicidio del maggiore dei figli, mentre il piccolo Sasuke è stato portato via dagli assistenti sociali…

 

L’articolo di giornale proseguiva, ma a Sakura bastarono quelle poche righe per isolarsi dal mondo, e sentire il cuore che batteva inferocito. Sgomenta, non si accorse di aver spalancato gli occhi per la sorpresa e del lieve tremore delle mani. Capiva bene, in quel momento, il motivo per il quale Temari non si era mai permessa di rivelare qualcosa in più riguardo al taciturno e misterioso Sasuke. Con una tragedia alle spalle come quella, era naturale rintanarsi in se stessi. Lo aveva studiato all’università, nei suoi libri di psicologia criminale.

Deglutì, mesta, rimettendo quell’articolo di giornale vecchio e logoro al suo posto, sotto le numerose riviste. E poi, trovò quello che non avrebbe mai voluto trovare. Sentì la nausea impossessarsi del suo corpo e l’incredulità inibirle i sensi. In fondo al cassetto, contenuta in un sacchetto relativamente piccolo, vi stava della polvere bianca. Avrebbe voluto fare la finta tonta, rimettendo tutto in ordine e, con tranquillità, ignorare il tutto. Ma si trattava di Sasuke.

Respirò, tentando di assumere un comportamento consono alla situazione. Vedere ciò che Sasuke nascondeva la stava uccidendo, e non provò minimamente a trattenere le lacrime che, insidiose, le appannavano la vista, quasi a volerle proibire di vedere la roba.

Ricacciò indietro le lacrime come spinse nel fondo del cassetto il sacchetto, chiudendolo con velocità ed alzandosi da quella posizione scomoda; tutto era divenuto scomodo, improvvisamente.

Senza badare troppo al tremore delle gambe instabili, uscì più veloce che poté dalla stanza di Sasuke, come se ne avesse abbastanza. Si diresse nella sala comune, e proprio in quel momento vide entrare l’Uchiha, trafelato dal lavoro ed infreddolito. Il cervello completamente annebbiato dalla recente scoperta le impedì di reagire razionalmente: a grandi falcate raggiunse l’ingresso dove Sasuke si stava togliendo il giubbotto, gli posò una mano sulla spalla, girandolo.

La mano libera lo centrò con invidiabile precisione sulla guancia sinistra, già arrossata dal freddo, facendogli voltare di poco la testa di un lato. Non lo avrebbe mai fatto, né voluto fare. Ma per la prima volta si sentì in dovere di seguire l’istinto, e non trattenne le lacrime dettate dalla rabbia e dalla frustrazione nel vedere quegli occhi neri scrutarla con stupore. 

«che… che diavolo fai?» sibilò Sasuke, voltandosi a guardarla dopo aver deglutito silenziosamente, ancora stupido dall’atto estremo – non si sarebbe mai permessa di farlo – di Sakura.

«che diavolo fai tu!» strillò la ragazza, visibilmente isterica. Sasuke batté ciglio, spostando lo sguardo oltre le spalle di lei. Vide Naruto, Kiba e Shikamaru osservarli con un cipiglio perplesso, preoccupato, sgomento ed incredulo al tempo stesso. Strano quanto tre persone che non aveva mai ritenuto capaci di esprimere altre espressioni se non quella idiota e seccata, potessero esprimerne così varie. Riportò la concentrazione sulla giovane, sospirando rassegnato.

«okay, andiamo in camera mia, così mi dici che cazzo hai».

Passò senza degnare di uno sguardo gli inquilini, che al loro contrario, li osservavano sbigottiti. Poi, aprì la porta di camera sua ed aspettò che Sakura entrasse, per poi richiuderla velocemente, stanco di tutte quelle attenzioni rivoltegli. Udì i gemiti di pianto di Sakura, e si preparò ad una scenata secolare: non aveva mai sopportato vederla piangere, forse per il troppo disturbo arrecatogli, forse perché, infondo, gli dispiaceva.

«parla» disse solo, appoggiandosi alla porta a braccia incrociate. Sperò che Sakura avesse delle buone motivazioni per averlo umiliato in quel modo davanti a tutti, altrimenti sarebbe stato costretto ad allontanarla definitivamente sul serio – troppo orgoglioso.

La vide tentennare un po’ e gli sembrò di poter leggere nei suoi occhi annacquati dalle lacrime l’indecisione. A quanto parve però, infine si decise a parlare.

«lì. Io…». Alzò lentamente il braccio, quasi avesse paura che con quel gesto potesse suggellare la sua condanna, ed indicò tremante il cassetto nascosto fra il letto e l’armadio. Sasuke seguì la sua indicazione con lo sguardo. Al contrario di ciò che Sakura s’aspettava, rimase impassibile.

«cosa hai visto».

Non era una domanda. Era un ordine chiaro e tondo, senza alcun timore di risultare scortese o di far tremare maggiormente la ragazza. Non era stupido, sapeva perfettamente ciò che Sakura aveva visto. Ma piuttosto che ammetterlo, voleva vederla in difficoltà, distruggersi per rinfacciargli quanto fosse idiota e, al contrario delle apparenze, disperato ed impulsivo.

«lo sai cosa ho visto. Lo sai».

«no, non lo so».

«Ti droghi».

Dirlo ad alta voce fece tutto un altro effetto. Pareva surreale, quasi impossibile. Rimase ferma, a fissarlo come se sperasse in qualche spiegazione. Invece lui la guardava e basta, senza muovere un muscolo, senza smettere di osservarla dritto negli occhi. Sakura non poteva sapere che la mente machiavellica di Sasuke stesse andando in panne, non poteva sapere che gli prudevano le mani, quasi la volesse picchiare, non poteva neanche lontanamente pensare che, anche uno calmo e riflessivo come Sasuke, potesse perdere il controllo. 

«cos’altro hai visto. O sai». Stesso tono, stesso ordine. Quel “sai” finale le fece presupporre che Sasuke si aspettava di sentirla balbettare sulla sfortunata vicenda della sua famiglia. Pensò seriamente di negare tutto, di non sapere nulla. Invece, sentì di volerlo urlare… ma non ci riuscì.

«so della tua famiglia» disse in un sussurro, mordendosi le labbra ed avvertendo le guance inumidirsi a causa delle lacrime che, questa volta, non si fermarono e attraversarono le guance.

«perché ti stai rovinando? Perché fai ciò che ha fatto tuo fratello?» urlò in preda al furore, alla rabbia, a tutte le emozioni che aveva provato quando aveva scoperto tutto.

Se ne pentì un istante dopo aver pronunciato quelle parole.

Se prima Sasuke sembrava aver assimilato la notizia in maniera relativamente buona, le domande di Sakura lo irritarono a tal punto di farlo innervosire visibilmente e fargli stringere le labbra, imbestialito. L’Haruno si ritrovò a pensare ancora una volta ai suoi studi – strano come si rifugiasse nelle sue conoscenze in quei momenti – e le venne in mente dei diversi modo d’arrabbiatura.

C’è chi diventa rosso in viso, inferocito come non mai, ma particolarmente innocuo a fatti.

C’è chi impallidisce, e quello non è un buon segno.

Sakura osservò il biancore delle guance dell’Uchiha, ed indietreggiò spaventata, il cuore in gola.

«Tu non sai niente» sibilò il moro, allontanandosi dalla porta e avvicinandosi con passi lenti e cadenzati alla ragazza, i ciuffi di capelli corvini gli adombravano gli occhi e le impedivano di vedere un guizzo irato in questi.

«non ti permettere di parlare, non ti permettere di giudicare. Tu non sai niente e non pretendere di saperlo. Devi stare solo zitta, zitta e basta, altrimenti ti uccido. Giuro che lo faccio». Si fermò a pochi centimetri da lei e la guardò dall’alto in basso. Solo in quel momento a Sakura parve enorme la differenza fra le loro altezze, solo in quel momento le parve enorme la differenza fra loro.

«Sasuke…» sussurrò, implorante, senza trovare il coraggio di guardarlo negli occhi e continuando ad osservare quasi ossessivamente la felpa nera di lui. Si morse il labbro, ancora, sentendolo bagnato ed assaporando le lacrime che lo inumidivano.

«quando ci siamo conosciuti… eri sotto gli effetti della droga, vero? Nessuno lo ha mai notato, ma io sì, si vedeva dalle pupille e dal tuo colorito pallido» lasciò in sospeso la frase, mangiandosi qualche parola, temendo in una reazione violenta.

Improvvisamente le venne voglia di urlare, svuotarsi i polmoni fino a farsi male e di picchiare qualsiasi cosa, di sfogare la paura e la rabbia in pugni che forse non avrebbero fatto male a nessuno.

«perché. Perché fai così? Puoi uscirne, puoi ricominciare» soffiò esitante, trovando la forza di alzare lo sguardo e di guardarlo. Notò che lui la stava già fissando, con la sua aria austera e fredda.

«lo stavo facendo. Ci stavo provando, concentrandomi solo su di te – sebbene fosse quasi calma, la voce tremava chiaramente – ma non mi basti. E smettila di pensare che tutto si può risolvere. Non è così. Non mi interessa manco più. Sono più i giorni in cui non capisco niente che quelli in cui ragiono. Ti do un consiglio; lasciami perdere. E vattene» concluse senza un particolare tono, senza distogliere l’attenzione da quella figura minuta che aveva ridotto in un tremolio unico.

Inarcò un sopracciglio scuro vedendo la mano della ragazza allungarsi verso di lui, afferrargli la felpa e stringerla più forte che poteva, quasi avesse paura che, lasciandola, avrebbe potuto perderlo per sempre.

«No. No. Stai scherzando. Non puoi mandarmi via» balbettò incerta, tirando sulle labbra sottili un sorriso amaro. Le guance avevano perso tutto il loro colore, rimanendo solo mortalmente bianche.

«Sakura» la chiamò Sasuke, gonfiando il petto dopo un sospiro particolarmente profondo.

«non puoi! Ci conosciamo da poco, è vero, ma io ti posso aiutare! Io farò tutto ciò che vuoi e che vorrai, farò il possibile e l’impossibile, ma non puoi mandarmi via, mi stai chiedendo di… di dimenticare tutto quello che c’è stato fra di noi e…».

«non esiste un noi. Forse prima esisteva, adesso non esiste più. Lascia perdere, ci sono troppo dentro» “…non ho intenzione di trascinarti giù con me” avrebbe voluto dirle, per riparare forse ad un danno morale troppo profondo; ma l’orgoglio lo fece tacere, come gli proibì di stringerle quella mano che lo tratteneva vicino a lei.

Sentì Sakura scoppiare in una risata isterica, e la vide ridere fra le lacrime.

«stai parlando così perché io ho visto quelle cose. Okay, farò finta di nulla, non preoccuparti. Fin quando non sapevo niente andava bene, no? Dimenticherò tutto, posso farlo. Voglio stare con te, posso farlo, no?» domandò con voce acuta, senza attendere una risposta. Scrollò le spalle, come se si fosse convinta con le sue stesse parole, e lo guardò negli occhi, sperando di sentirlo approvare quella decisione, aspettando che lui facesse qualcosa.

Tutto quello che fece Sasuke fu prenderle la mano, calda e sudata, nella sua, fredda e liscia, e sciogliere quella presa sulla sua felpa. La strinse un po’ più del dovuto prima di lasciarla andare.

«non immischiarti in cose più grandi di te. Adesso esci, prima che io perda totalmente la pazienza» l’avvertì, stringendo i denti. Avrebbe voluto distogliere lo sguardo per evitare di vedere la disperazione e lo smarrimento in quello di lei. Ma lo tenne fisso nel suo, per rendere più vivida e imponente quella decisione, per straziarla fin nell’interno.

Sakura abbassò lo sguardo, le lacrime scivolavano senza alcuna difficoltà lungo le sue gote e si perdevano sotto al mento o negli angoli della bocca. La gola arida e le corde vocali secche le impedirono di dire qualsiasi cosa, le risparmiarono di umiliarsi ancora e di implorarlo.

Deglutì, schiudendo le labbra per respirare decentemente dopo tutto il tempo in cui aveva trattenuto il respiro, e mosse qualche passo incerto verso la porta di quella stanza divenuta improvvisamente troppo piccola per contenerli entrambi.

Sasuke sentì la porta aprirsi e chiudersi, velocemente.

Non si era mosso, né si era girato per guardare Sakura uscire.

Era rimasto fermo a guardare il pavimento, dopo che gli occhi verdi che aveva scoperto di amare erano spariti. Si ritrovò a sospirare, portando una mano fra i capelli.

Alzò la testa, rivolgendo tutta la sua attenzione sul letto – che lo aveva visto felice, se così si poteva definire, dopo tanto tempo – e gli si avvicinò, sferrando un pugno sul cuscino.

Continuò a prendere a pugni quel cuscino e ad urlare, urlare, urlare.

 

S&S

 

24 Dicembre 2008; ore 18.03

 

Da quando non aveva più l’opportunità di vedere Sasuke, Sakura non si affrettava, come spesso faceva, a tornare a casa. Rimaneva in giro a Parigi, divertendosi in maniera piuttosto lugubre a pensare a ciò che era accaduto fra lei e lui, immaginandosi altre parole da dire, altri gesti da fare.

Tenten, che faceva ormai i suoi stessi turni, la guardava con preoccupazione ma non riusciva a dire niente sebbene avesse tanto da dirle, come ad esempio “Te lo avevo detto che ti avrebbe rovinato l’esistenza, sciocca”. Ma non le sembrò il caso. Sakura non le aveva raccontato nulla sul come era “finita” fra lei e Sasuke, perciò non poteva conoscerne i dettagli.

«Saku… pensavo di volermi fare un tatuaggio sulla spalla, sai. Una ‘T’ come Tenten» cominciò con voce fioca, quasi avesse paura di distrarla dai suoi pensieri.

«mh». Evidentemente la sua iniziativa pazza, come lo era stata l’idea del piercing dell’Haruno, non le interessava poi così tanto. Sbuffò, desolata, facendo trapelare dalle sue labbra le classiche nuvolette di vapore. Si morse il labbro arrossato dal freddo e scrutò l’amica dall’alto in basso.

«senti, perché non gli parli? Okay, potrebbe mandarti via, ma almeno ci hai provato. Sai meglio di me che Sasuke non è uno che si spreca tanto, però tu ci hai provato. Almeno non vivi con il rimorso di non averle provate tutte. Toh, siamo vicino a casa. Dai, vai» insistette la castana, rassicurante, poggiandole una mano sulla spalla. L’altra le scoccò un’occhiata di traverso, languida.

«Grazie Ten, ma non credo lo farò. Non… non è il caso» mormorò senza alcuna emozione nella voce. Tenten sospirò, svoltando l’angolo che non le permetteva di guardare l’imponente palazzo che ospitava la loro casa. Una volta arrivate lì, entrambe spalancarono la bocca, inorridite.

«ma che…TEMARI!» urlò spaventata la giovane castana, osservando un paio di poliziotti parlottare in fitto francese fra loro, correndo velocemente verso il palazzo già pieno di poliziotti.

Parcheggiata accanto all’auto della polizia, un’ambulanza.

Appena le vide, Temari corse verso di loro, tenendo fra le mani una busta sottile.

«Tenten… - si voltò, notando con orrore la presenza dell’Haruno - …Sakura» sibilò, avanzando decisa, gli occhi di smeraldo appannati da un velo di lacrime. Il mascara che un tempo rendeva il suo sguardo più profondo grazie alle ciglia allungate, le macchiava la parte sotto agli occhi, facendola sembrare un vampiro incapace di dormire.

Altalenò lo sguardo da Sakura, Tenten ed il palazzo, sentendo il dovere di dare loro una spiegazione, soprattutto delle sue lacrime trattenute. Prima di parlare porse con un gesto veloce e secco la busta a Sakura, ficcandogliela fra le mani il più rapidamente possibile.

«loro… - indicò la polizia – sono qui… Sakura, Sasuke… accanto a lui c’era questa e… overdose».

Tenten si portò una mano alla bocca, sgomenta.

Sakura rimase impassibile, osservando il colorito bronzeo della Sabaku, e poi il suo sguardo. Temari la fissò, perdendo tutta la sua spavalderia e sicurezza, la fissò e basta.

«Sasuke è morto, Sakura».

…e ci fu solo l’urlo, il pianto, la fuga e il furore. 

 

 

Uhm. Ehm.

Adesso capite le tracce angst? XD

Questo è il penultimo capitolo, l’epilogo – cortissimo, vi avviso – verrà fra qualche giorno.

Spero che vi sia piaciuto, che vi abbia commosso, che vi abbia suscitato qualcosa, insomma! XD.

 

Hele91: Grazie mille, cara <3.

Kry333: oh *///* sono felice che ti piaccia il mio modo di scrivere u.u grazie, davvero tanto <3.

Deliaiason88: Delia-sama, che onore *//* sì, diciamo che il tocco di erotismo non è tanto quella scena, ma più Sasuke che disegna Sakura. Oh sì, io lo trovo così… =ç=. Ci siamo capite, vero? <3.

Nomiemi: eheh, la scena in cui Sasuke disegna Sakura è piaciuta a molti, vedo! Sono davvero contenta che ti abbia entusiasmata questa fic. Ma dopo questo capitolo mi devo sentire in colpa? XD.

Juliettina: tranquilla, l’importante è che le mie fic ti piacciano. Poi, quando trovi il tempo, ti aspetto eccome XD.

 

Vorrei ringraziare anche le persone che hanno messo questa fanfic nei preferiti.

Mi rendete davvero molto felice, sì.

Aspetto però un vostro commento, specialmente ora che le cose si sono mosse – e di tanto, dai! XD – e che siamo verso la fine. Ricordate che il SasuSaku è Power! XD

 

Rory.

 

  
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