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Autore: TonyCocchi    16/09/2015    4 recensioni
Preparatevi a tremare di paura! A causa di un tragico errore le nostre adorate nazioni si sono trasformate in un'orda di orrendi, mordaci e pericolosissimi zombi! Sono ben pochi gli scampati a questo disastro! Ci sarà speranza per loro di farsi largo in mezzo a questo incubo e riuscire a salvare i loro amici? Riuscirà un piccolo, disastrato gruppetto di sopravvissuti a trasformarsi negli eroi che salveranno il mondo e non in barcollanti mostri in via di decomposizione? Leggete e scoprite!
Genere: Avventura, Commedia, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Allied Forces/Forze Alleate, America/Alfred F. Jones, Axis Powers/Potenze dell'Asse, Nord Italia/Feliciano Vargas, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti, cari lettori! Non c'è proprio tregua per voi come avete visto... Gli ultimi due capitoli sono stati a dir poco tragici: toccato il fondo dell'abisso, si potrà essere in grado di risalire. Ormai c'è un solo superstite a reggere le sorti del mondo in un deodorante mancato... Che ne sarà mai di lui? Siamo al capolinea?

Quasi, visto che mancano ormai pochi capitoli alla conclusione: quindi cercate di non perderli, vi prometto ancora tantissima azione e colpi di scena! La fanfic su Hetalia più zombi che ci sia è al suo momento clou!

Buona lettura a tutti!




Feliciano scattò come i due capi di una molla troppo tesa che ha finito con lo spezzarsi, di quelli che fanno un gran male cane alle incaute dita che hanno tirato oltremisura: alla fine, ne avrebbero pagato le conseguenze.

La figura ammantata d'ombra non era ancora sbucata tutta sul pianerottolo, quando, con tutte le sue forze e un grido furioso, gli si era lanciato addosso.

Se davvero era finita, allora non aveva più senso andarci cauti: quei maledetti zombi avevano divorato uno per uno tutti i suoi amici e suo fratello, ma, se ora era stato scritto toccasse a lui, avrebbe fatto di tutto per risultare indigesto! Si strinse al nemico invisibile, colpendo, graffiando, affondando le unghie nelle sue carni, cercando di fargli perdere l'equilibrio: questi era però un colosso in confronto a lui, più alto e più pesante, e riuscì a reggere il suo attacco a sorpresa senza inciampare e rovinare insieme al suo aggressore giù per tutta la rampa di scale, a rischio delle loro ossa del collo.

Sgomento però dalla foga della sua ultima disperata resistenza, si lasciò cadere e schienare sul piccolo pianerottolo, prima di riuscire infine ad afferrargli le braccia. Pur sentendosi stritolare i polsi da una forza ben superiore alla sua, Italia non smise di opporre resistenza, scalpitare e gridare, cercando di colpirlo ugualmente con ciò che poteva, testate incluse: avrebbe continuato a combattere fino al morso fatale che avrebbe decretato la sua fine e quella di tutti.

“Ehi! Time-out! Calma! Sono io!”

I suoi sbraiti nel tentativo di liberarsi dalla presa coprirono però le sue parole; dovette insistere un altro po'.

“Calmati! Sono io! Sono America!”

Solo al nome dell'amico, come per magia, la belva indemoniata si ritrasformò in cucciolo smarrito.

Alfred gli mollò le braccia e lui gli scese di dosso, appiattendosi circospetto contro la parete.

“Sei America?” -gli domandò incredulo.

“Si!”

“E sei...”
Il suo team-leader accese lo schermo del cellulare e si illuminò il viso: “Vivo e stra-vegeto, come puoi vedere!”

Per la verità non aveva una cera delle migliori: i suoi occhiali erano visibilmente storti e si poggiavano in maniera asimmetrica sul suo naso, il vetro destro addirittura aveva una piccola crepa; l'altro suo marchio di fabbria, il suo giubbotto da aviatore, recava invece, sulla spalla destra, segni di sfilacciature, come se le mostrine lì presenti fossero state strappate via in malo modo. Al di là di ciò però, lo schermo luminoso mostrava il bel colorito roseo del suo volto, su cui ancora ardevano i suoi ispirati occhi azzurri, tutt'altro che domati! Non meno importante, mostrava anche un livido violaceo sullo zigomo sinistro...

“Hai un bel gancio, sai? Ah, non preoccuparti di questo sangue che ho addosso: non è mio.”
“America!” -singhiozzò improvvisamente, gettandosi di nuovo su di lui, stavolta per abbracciarlo!

“Sono felice di rivederti tutto intero, Italia!”
“Anch'io, sono felice! Sono felice che ce l'hai fatta, America!”
“E Germania?”

La sua assenza e il volto del compagno chiarirono subito che il poveretto non si sarebbe unito alla loro struggente e movimentata riunione...

“Mi dispiace, Italia... Tranquillo, ci siamo ancora noi! Insieme, lo faremo tornare! Faremo tornare tutti!”

Italia strinse i pugni: “Si! Non li deluderemo!”

America sorrise: lo spirito di quel piccoletto non era affatto crollato anche dopo la perdita del suo migliore amico, come tra l'altro aveva avuto modo di sperimentare lui stesso col suo zigomo... Se anche in quella che credeva fosse la sua ultima ora aveva conservato una tale voglia di battersi, significava che nulla avrebbe più potuto bloccarlo, come era successo più volte in passato, e che avrebbe potuto contare su di lui fino alla fine. Aveva sbagliato a sottovalutarlo tanto: Italia si era rivelato un'autentica sorpresa!

“Coraggio, amico!” -lo esortò a prendergli la mano.

Tiratolo su con sé, guardò verso l'alto, esaminando con attenzione lo spazio sopra e sotto di loro: “Ci resta solo un altro piano, e poi arriveremo al tetto, ci siamo quasi. Sembra tutto tranquillo qui, ottimo. Il congegno ce l'hai ancora, vero?”

“Certo!”

“Perfetto! Dai qua, ci penso io!”

“Posso continuare a portarlo io, nessun problema.” -ribatté lui, cortese e inamovibile a un tempo, lasciandolo senza parole. Era stato Giappone ad affidarglielo, e in quanto capo sentiva sua la responsabilità di portare la chiave della salvezza del mondo... Ma a quanto pareva Italia era restio a cederla dopo essersela dolorosamente guadagnata e dopo averla faticosamente difesa.

America sorrise: non si sentiva affatto sminuito, anzi, gli piaceva quel nuovo Feliciano, con tutto da dimostrare e tanta voglia di farlo: “Benone allora, è tutto tuo! Certo però...”
“Cosa?”

America rise: “Piccoletto come sei, e con un fardello del genere... Credo che il tuo soprannome nel gruppo dovrebbe passare da “Comico” a “Hobbit”! Eh eh eh!”

“......”
“... No... Cioè, non dirmi che non l'hai capita...”

“Spiacente...” -si scusò lui abbassando il capo.
“Appena finisce questa storia organizziamo una bella maratona fantasy!” -decise lì su due piedi.

“Un'altra maratona?! Dopo quello che è successo con l'ultima?!” -gemette Italia al pensiero!

“Non posso permettere che i miei amici sguazzino nell'ignoranza!”

L'ignoranza è una brutta cosa, ma soprattutto quando si conosce gente tanto nerd quanto America! Forse avrebbe dovuto allargare la sua collezione di dvd, pensò, per precauzione...

“Forza! Non facciamo attendere oltre il banchetto in nostro onore, Italia!”
“Ve! Banchetto!” -ritrovò in un lampo la motivazione!

“Faccio strada, seguimi!”

Fino in capo al mondo, se fosse stato necessario... Ma per fortuna in quel caso sarebbero bastate giusto qualche altra rampa di scale!
Con la tenue luce del telefonino davanti sé, America prese a macinar gradini, con Italia, un po' arrancante dietro di lui, rassicurato dal suo entusiasmo e dalla sua forza, pronta a farsi valere contro qualsiasi cosa avesse sbarrato loro la strada; ma nulla apparve, nessuna nuova insidia o pericolo, e le ultime scale di quel loro lungo patire, anziché interminabili, scorsero veloci e senza fatica.

La vista della porta e della luce del giorno che filtrava da essa scatenarono l'esultanza di America.

“Ci siamo! Stiamo per diventare degli eroi!”

“Ve!”

Afferrò il maniglione e si tuffò, via dall'ombra, nella rinfrescante arietta del tetto del palazzo delle nazioni.

Italia chiuse la porta alle sue spalle e si fermò accanto ad America a rinfrancarsi col tenue vento che spirava. Il cielo era azzurro intenso, macchiato di qualche bianco batuffolo che scorreva placido sopra le loro teste. L'ora di pranzo era prossima, come denotava il sole alto e caldo, ma gentile. Respirarono profondamente, ascoltando gli uccelli nei parchi d'intorno, come in trance. Come se nulla fosse mai accaduto. Come poteva essere accaduto, con una tale tranquillità nel mondo di fuori?

Si sentirono come se la lunga e buia notte fosse già terminata, e quel grande spazio che si apriva loro dinanzi non fosse in realtà solo l'anticamera del risveglio, o il corridoio d'uscita dall'incubo.

“Sembra incredibile, eh?” -fece per primo America- “Una giornata così splendida...”

“Eppure... è lo stesso giorno in cui ci sono capitate tutte quelle cose orrende...”

Anche il giorno prima, quando tutto era cominciato, era stato limpido e chiaro, così discordante da ciò che era avvenuto dentro quell'edificio, divorato dall'innaturale distruzione dell'invasione zombi. Ormai avevano come perso la concezione del tempo: quell'inizio sembrava così lontano da ricordarlo a malapena, o forse erano solo i troppi ricordi che si accavallavano.

Si riscossero da quell'incanto: il loro lavoro non era affatto finito. Dovevano trovare una delle bocche di risucchio dell'impianto d'areazione in cui gettare l'apparecchio di Giappone attivato, e, a quel punto, pregare che il loro buon vecchio zombificato amico avesse svolto bene il suo lavoro e ci avesse visto giusto... Altrimenti sarebbe stata la più epocale delle fregature per la più epocale delle imprese...

La porta da cui erano emersi usciva da un torrino quadrato, alto poco meno di un paio di metri, ed immetteva su uno spiazzo lungo una decina di metri, che, di fronte a loro terminava contro un muretto, sormontabile in un punto grazie a una scala scavata dentro di esso: saliti quei pochi gradini, si estendeva la gran parte del tetto di quell'ala dell'edificio.

Per prima trovarono, alla loro destra, l'ampia piazza d'atterraggio elicotteri, dove, in caso di eventuali incendi, o altre catastrofi “classiche”, il piano d'evacuazione prevedeva di radunarsi là in attesa di soccorsi. Guardando alla loro sinistra, la monotonia del tetto era interrotta qui e là da rialzi di muratura, antenne, comignoli metallici, grate, cavi, quadri elettrici e altre cabine di vario genere, e qualche altro torrino dai quali emergevano le altre scale che normalmente conducevano lì tecnici e altro personale.

Il piano di Giappone li indirizzava verso uno dei curvi sfiatatoi metallici di grosse dimensioni, le bocche che permettevano al palazzo di “respirare” attraverso le condutture che lo attraversavano come bronchi. Parve loro di scorgerne qualcuno in lontananza, oltre un torrino; in quella stessa direzione si intravedeva anche lo scheletro metallico della cupola di vetrata, nel baratro sotto la quale avevano tentato la scalata nella quale avevano perso il prode Romano.

“Su, America, ci siamo quasi!” -lo incoraggiò con un sorriso Feliciano, passato a camminargli davanti.

L'occhialuto però anziché affrettarsi, sembrò rallentare ancora. Notando la cosa, Italia tornò sui suoi passi: “Che c'è, America? Ce l'abbiamo quasi fatta ormai!”

“Tu dici?” -mormorò scuro in volto.

“Uh? Cosa c'è?” -vedendolo così rabbuiato, Italia si guardò nervosamente intorno, come se avesse notato qualcosa che a lui era sfuggito, ma a lui sembrava davvero tutto tranquillo.
“C'è qualcosa che non va...”
“Cosa?”
“Questo è... troppo semplice! Troppo! È decisamente sospetto!”

Le braccia di Italia cascarono: era solo una sua impressione dunque?

“America, non potremmo semplicemente essere contenti che non ci siano guai in vista e sbrigarci ad attivare il congegno?”
“Ma Italia, non ti rendi conto che se finisse così sarebbe... insomma, noioso! Il finale è la parte più emozionante della storia! Dov'è l'azione? Una storia horror che si rispetti non può finire così!”

Ad Italia oltre che le braccia cascò la testa e pure il morale: “Sigh! Ma perché no?”
“Fidati di me, Italia, e stai in guardia! Il mio sesto senso non si sbaglia: è tutto troppo semplice perché non capiti qualcosa!”

“Per una volta non potrebbe essere che è tutto tranquillo e basta? Senza che capiti qualcos'altro di spaventoso?” -gemette Feliciano, sbracciandosi esasperato.

“Ma che dici, Italia! Ti rendi conto della gravità della cosa? Chi ascolterà la nostra storia sai quanto rimarrà deluso con un finale così fiacco?”

“E se ce lo inventassimo dopo con calma cosa raccontare agli altri? Andrebbe bene anche in quel caso?”
America si grattò la testa: “Dici tu, un po' di licenza poetica per rendere il finale più emozionante? Suppongo, se ci si debba arrangiare...” -fece lui, poco convinto.


“Uh uh uh uh!”


La risata malvagia proveniente da chissà dove dissolse in un lampo le innocenti speranze del pauroso Feliciano e fece brillare gli occhi dell'avventuroso America.

“Tranquillo, America... Te lo do io il tuo gran finale...” -fece una profonda e sinistra voce proveniente dal torrino dinanzi a loro.

“Lo sapevo!” -alzò le braccia all'aria America!
“Oh, no!” -si mise le mani tra i capelli Italia, molto meno contento che il sesto senso da film di America non si sbagliasse mai... Figurarsi se poteva essere così, che sciocco: persino lui lo sapeva che in un horror non fila mai niente liscio, e men che mai nel finale!

I due tennero il naso all'insù, finché qualcuno, qualcuno di molto grosso e molto cattivo, fece il suo ingresso scenico, apparendo lentamente sulla cima del torrino, sovrastandoli, e del resto, data la sua mole, li avrebbe sovrastati anche tenendoli di fronte a sé...

Una loro vecchia conoscenza si era tramutata nell'orrore degli orrori.

Lo zombi finale.

Lo zombi che tutti, per tutto il tempo, avevano avuto troppa paura anche solo ad immaginare.

Lo zombi dal sorriso gentile di chi pregusta di strapparti la faccia e usare le tue dita come stuzzicadenti una volta finito.

Lo zombi-Russia era giunto.

“Ciao!”

Feliciano provò a rispondere, ma era troppo difficile con i denti che battevano come una macchina da scrivere.

Il buon umore del suo saluto venne invece corrisposto dall'eccitazione salita a mille del suo grande vecchio rivale: “Mitico! Non potevi che essere tu! Sei fighissimo come boss finale! E che ingresso in scena! Non trovi anche tu che sia perfetto per la parte, Italia?”

“Mitico?! << Boss finale >>?! Non è mica un videogioco!” -gli sbraitò contro sfondandogli un timpano- “Ti rendi conto di cosa sia QUELLO?!”

America batté pugno su palmo: “Il finale più degno che potessimo trovare da raccontare al nostro banchetto, caro mio!”
A quel punto Italia ci rinunciò del tutto con lui e si nascose la faccia tra le mani!

Uno zombi-Russia emanava certo un'aura doppiamente terrorizzante, ma a guardarlo bene in fondo non era affatto così diverso dal Russia classico, anzi, sembrava che piuttosto che qualcosa in più avesse dei pezzi in meno. A cominciare dal tubo, di cui si era inutilmente liberato per alleggerirsi la fuga dalla mostruosa e maniacale sorellina; non aveva poi la sua solita sciarpa, sicché il collo muscoloso, ora scoperto, mostrava una gola squarciata e sanguinolenta, con la trachea parzialmente visibile.

Non faticarono ad immaginare si trattassero dei segni di un bacio fin troppo passionale...

“Così Bielorussia ti ha acchiappato, eh? Non è che è qui attorno pronta a sbucare fuori, vero?” -chiese America, mettendo all'istante sul chi vive anche il compagno: se era davvero così si sarebbero trovati di fronte due avversari di altissimo livello!

“Oh, no, tranquillo!” -li rassicurò il mega-zombi- “In un certo senso è qui, ma non sbucherà.”

“In un certo senso?” -ripeté stranito America.

“Beh, ogni tanto rigurgito ancora qualche brandello del suo fiocchetto...”

Si portò una mano sulla pancia: “Sai, anche se non sembra ho lo stomaco delicato...”

“......”

America e Italia erano diventati del colore e dell'immobilità del marmo... E nel vederli così, il sorriso di zombi-Russia si trasfigurò, non riuscendo più a contenere la smorfia pazzoide che scalpitava per fuoriuscire

“Uh uh uh uh!”

“Che razza di mostro...”

Non avevano mai visto finora zombi avventarsi sui propri simili: quel gigante aveva fatto pagare cara alla sorella la sua brama di renderlo tutt'uno con lei! Se in quello stato era riuscito a fare quello a quel diavolo di ghiaccio in gonnella, quanto era pericolo in realtà?

“Oh, America, sapevo che non mi avresti deluso!”
“Ci stavi aspettando?” -inarcò un sopracciglio.

“Sei tronfio e spaccone ma hai delle capacità, e non dubitavo ti saresti trascinato fin qui con le unghie e con i denti per riuscire a diventare l'eroe che tanto ti illudi di essere! E ora finalmente sei qui, pronto a diventare la mia portata principale! E non solo: mi hai pure portato uno squisito contorno!”

“Veeee!” -indietreggiò Italia vedendosi puntare in maniera tanto famelica.

Zombi-Russia si leccò i baffi: “La cucina italiana è la migliore dicono, quindi devi avere un sapore niente male, dico bene, Italia?”

“Umpf!” -scrollò le spalle America, lanciandogli un sorriso beffardo- “Così io sarei la portata principale? Che onore, davvero, sei proprio un buongustaio... Peccato io non abbia alcuna voglia di finire nel tuo piatto oggi, caro Russia!” -concluse sgranchendosi le nocche.

Lo zombi scosse il capo ridacchiando: “Oh, America, quanto mi piaci quando ti atteggi... Vedere il tuo viso sfigurato dall'agonia e il tuo corpo spappolato sarà ancora più delizioso!”

“Italia, non lasciarti intimorire! Siamo arrivati fin qui, e non ci lasceremo fermare da nessuno, chiaro? Nessuno!”
“S-si!”

Era l'ultimo gradino: bello alto, ma l'ultima cosa che dovevano fare era darsi per spacciati in partenza, si disse. Come aveva dimostrato zombi-Bielorussia, non era affatto invincibile... Certo adesso il suo unico punto debole conosciuto era venuto meno...

“S-signor Russia, salveremo il mondo e salveremo anche lei, che le piaccia o no!”

“Oh, che carino...” -lo sentì sminuirlo allo stesso modo di come aveva fatto Ungheria poco prima- “Ma da me chi vi salva a voi?”

“Tsk! Basta chiacchiere, bruttone! Avanti! Fatti so... tto?”

Zombi-Russia si era chinato un attimo a raccogliere qualcosa, ed America si era bloccato vedendo spuntare sulla cima del torrino un lungo e robusto fusto nero dotato di sei canne da fuoco di grosso calibro. L'altra estremità del fusto recava un maniglione che quel mostro riusciva a tenere con una sola mano, con la leggerezza e l'innocenza con cui si tiene una qualsiasi valigia...

Non era però una valigia: era un mitragliatore contraereo Gatling!


NDA - Per farvi capire: http://www.tuttomclaren.it/public/m134.jpg


“......”

“Eh eh eh!” -sorrise, facendo rumore con le lunghissime bandoliere di proiettili grossi quanto dita che pendevano come strascichi dal corpo della bestiale arma automatica a canne rotanti!

L'indice tremante di Alfred si sollevò: “M-ma-ma... DA DOVE CAVOLO ESCE FUORI QUELLO?!?!”

Italia aveva iniziato a pregare a fior di labbra...

“No, sul serio! Tu ti porti qui alle riunioni una roba del genere?! E poi prima non ce l'avevi!”

Russia inclinò il capo da un lato: ad ogni singulto di risata la carne e gli organi scoperti del collo sussultavano in maniera disgustosa.

“America, ti ricordi di quando volesti a tutti i costi installare quelle tue “cabine dell'eroe”?” -domandò riferendosi a quella da cui America, vista l'emergenza, si era prontamente procurato giubbotto e mazza da baseball- “Beh, tutti ti dissero che era una delle tue solite scemenze, una roba inutile, anche se alla fine la spuntasti tu... Beh, io lì per lì mi astenni, ma... Dopotutto, non la trovavo un idea così malvagia... Ecco perché l'ho migliorata!”

Aveva costruito di nascosto una sua personale cabina, con mitra Gatling e centinaia di proiettili in canna!

“Oh, cavolo...”

Russia morto-vivente con in mano un mitragliatore a canne rotanti calibro 50... Non era un boss finale di livello arduo... Era un brutto scherzo dei programmatori!

“MUAHAHAHAHAHAHAHAHAH!”

“A TERRA!”

Il rumore che produceva quell'arma era fortissimo: più che uno sparo, ogni singolo colpo sembrava un'esplosione in piena regola, un rombo basso, assordante, portatrice di sana, incondizionata distruzione! Non produceva fori, letteralmente trivellava qualsiasi cosa capitasse sulla sua traiettoria di tiro!

America e Italia si erano lanciati in corsa via da lì, avvertendo il frastuono e le schegge di cemento farsi sempre più vicine: lo zombi-Svizzera non era stato niente al confronto! Come in quel caso, riuscirono a trovare un rifugio dietro un rialzo, ma questo era troppo piccolo per coprirli se non da accucciati; e neanche poterono dirsi al sicuro senza essersi accucciati per terra, mentre le raffiche piovevano sul bordo del loro nascondiglio, facendo volare polvere e frammenti dappertutto. Erano di fatto schiacciati, faccia al suolo, da quella potenza così assurda e soverchiante.

“È inutile!” -Alfred doveva urlare per riuscire a farsi sentire dal compagno, malgrado fossero a qualche centimetro l'uno dall'altro- “Quel coso è così potente che sbriciolerà il cemento fino a scoprirci!”

“Veee! Che cosa facciamo?!”

“KOLKOLKOLKOLKOL!”

In piena frenesia omicida non smetteva un attimo di sparare in qualunque direzione gli aggradasse, facendo a pezzi in pochi istanti le cassette elettriche, le antenne, i tubi e le bocchette dell'aria per puro divertimento; poi dopo aver concesso loro modo di illudersi e provare così ad alzare un po' la testa, tornava a sparare sul punto dietro cui si erano nascosti, in modo da somministrargli una nuova dose di paura e disperazione, sadico allo stato puro!

“Questo è giocare sporco... Voglio anch'io un'arma come quella! Quel bastardo deve dirmi dove l'ha comprata! È troppo figa perché non ce l'abbia anch'io!”

America era un ben noto appassionato anche di armi da fuoco...

“Non è il momento, America!” -gli menò uno schiaffo in testa, per poi schiacciarsi di nuovo al suolo un istante prima che una ventata di frammenti e pietruzze gli sferzasse il viso.

“Russia, vuoi darti una calmata?” -si sgolò per riuscire a farsi sentire dall'ex-psicopatico del suo team e ora psicopatico e basta- “Se mi becchi con quel coso mi disintegri! Come speri di mangiarmi poi?”

Russia abbassò l'arma- “Ovvio, no? Macinato! Raccoglierò la tua poltiglia, l'appiattirò e ti metterò in un panino pieno di senape!”

America rabbrividì: “Vuoi farmi... diventare il tuo hamburger?! Io?! America?!”

“Che contrappasso...” -fu il mirabile commento del paese di Dante.

“Mai! Non riuscirai a fare di un eroe come me un articolo da fast-food!” -si sporse agitando il braccio.

“Si che posso! Se stai fermo così ancora un po'...”

La sventagliata di proiettili trapassò il vuoto nel punto dove America si era trovato il microsecondo precedente, abbattendosi su delle lamiere dietro di lui, le quali furono all'istante trasformate, più che in groviere, in buchi con giusto un pochino di metallo intorno...

“Cavolo! Cavolo! Cavolo! Stracavolo!” -si sfogò America, per poi prendere un bel respiro- “Ok, direi che è arrivato il momento di farci venire un piano!”

“P-prima o poi finirà le munizioni, no?”

“Di questo passo è probabile finirà prima questo muretto...” -ribatté il grande eroe, col mento che toccava terra...

“Direi di optare più per il classico << Uno lo distrae, l'altro gli sgattaiola dietro >>.”

Italia ci rifletté e capì immediatamente a chi sarebbero stati assegnati i due ruoli: “Beh... se non c'è alternativa...”

“Temo di no, caro il mio “contorno”...”

Italia sospirò: “Mi affido a te, America...”
“Umpf, e fai proprio bene!”

Italia, tenendosi sempre ben basso, iniziò a girarsi, quando sentì il tocco dell'amico sulla sua spalla: gli stava porgendo il palmo della mano. Italia strinse i denti e glielo strinse, assicurandogli con uno sguardo che avrebbe fatto la sua parte, e l'altro, in cambio, che sarebbe sopravvissuto a tutti i costi!

Aspettò che Italia sgusciasse via, si rassettò, per quanto poteva, gli occhiali storti, e diede il via alla sua manovra distraente.

“Russia, io sono uno che adora sparare quanto te, però che sfizio ci trovi a vincere così? O mi dai un'arma come la tua (e mi piacerebbe moltissimo!), o mi affronti da uomo a uomo.”

Le canne rotanti, che ormai fumavano, compirono un altro paio di giri dopo che ebbe tolto la mano dal grilletto. Alla fine per venirne fuori si giocava la carta “uomo a uomo” quindi. Intuendo, con la coda dell'occhio destro riuscì ad individuare la piccola sagoma di Feliciano cercare di sgusciare, con le ali ai piedi e la fifa per vento dietro di esse, di nascondiglio in nascondiglio, per cercare di superarlo. Com'erano banali, rise sottecchi.

“Andiamo, Russia, se sei così grande, brutto e cattivo come dici di essere avrai certo il fegato di vedertela ad armi pari col tuo rivale preferito, no? Avanti!” -continuava intanto a punzecchiarlo, badando però di restare comunque ben nascosto.

Avrebbe potuto spappolare Feli facilmente non appena fosse risbucato, ma in fondo non rappresentava un pericolo, dato che più che attaccarlo avrebbe di sicuro cercato di portare a termine il piano di Giappone, e in ogni caso poteva benissimo gustarselo dopo con calma: d'altra parte, gli si presentava l'occasione di fare a pezzi America alla sana vecchia maniera, e non gli dispiaceva affatto come idea!

“Umpf, e così vuoi vedertela con me, eh?”

Poteva vederla come un gioco: avrebbe fatto prima Feliciano a de-zombificare tutti, o lui a divorarsi America finché, in quanto zombi, poteva farlo in maniera giustificata e ancora più gratificante?

“Molto bene!” -gli sorrise.

“Umpf! Lo sapevo: il mio grande rivale è un vero uomo!”

Lusingato dall'attestato di stima, Russia poggiò via il Gatling e con un balzo scese dal torrino, mentre America era già saltato fuori dal suo nascondiglio: pochi metri li separavano, e le due grandi superpotenze si guardavano come pugili sul ring in attesa della campanella! Erano stati i due colossi del Team dell'Apocalisse, ma ora, di nuovo in due squadre opposte, erano pronti a rinnovare il loro scontro tra titani!

America iniziò a camminare verso di lui, Russia invece non sembrava volersi muovere dal suo posto: allargò le braccia, quasi come ad aspettarsi un abbraccio più che un attacco.

“Avanti, “capo”, mi faccia vedere che sa fare.”

“Umpf, ricordi quando eri un membro del mio team? Perderti in quel modo mi ha lasciato di stucco, quindi ora... ti ripago con la stessa moneta!”

All'ultimo istante colmò la distanza, gli arrivò sotto e gli sferrò un preciso e fortissimo montante alla bocca del suo delicato stomaco.

“......”
A rimanere di stucco fu però lui, tirandosi via la mano dalle nocche doloranti: “Urgh! Ma che diavolo...?!”

L'aveva centrato di piena forza in un punto sensibile, ma non aveva fatto una piega! Altro che più grossi sono più rumore fanno quando cadono! Non se lo spiegava: era più alto di lui, vero, ma in fondo non era tanto più robusto.

“Uh uh uh uh...”

Così aveva creduto America almeno... Poi dovette subire lo scherno di uno spogliarello: Russia si tolse da dosso il pesante cappotto color crema e poi la maglia nera che portava di sotto, rivelando un fisico da fare invidia a una statua greca: dopotutto la cara vecchia Unione Sovietica era stata famosa per la sua industria pesante e lui la omaggiava esibendo un fisico appunto d'acciaio, oltre che con tatuaggio della falce e martello sul pettorale sinistro, ampio quanto la Piazza Rossa... Nella sua mente subito passò un impietoso confronto tra la sua pancia da hamburger e birra e quegli addominali tanto definiti e solidi che ci avrebbe potuto grattugiare sopra il formaggio con cui se lo sarebbe pappato... Di tutte le cose che avrebbe potuto tenere nascoste sotto quel suo enorme giaccone, quella era decisamente la più bruciante!

“Sei un finto grasso!” -esclamò sventolando la mano destra indolenzita...

“Eh eh eh!”

“Il Gatling, questo fisico da dopato... Continui a giocare sporco!”

Zombi-Russia si sgranchì le nocche, eco premonitore delle ossa che avrebbe spezzato: “Da! Problemi?”

Ora si che arrivava a comprendere cosa significava aver contro uno zombi-Russia...

Il suo inquietante sorriso si allargò all'inverosimile: “Ti piace fare citazioni, vero America? Ne ho io una per te, e mi sembra proprio adatta in questo frangente...”


“<< TI SPIEZZO IN DUE! >>”

“...... Fa presto, Italia...”


“Veeee!”

Italia, preoccupato per lui, si era fermato ad osservare la scena da dietro un angolo del torrino su cui il mostro era apparso. Il diversivo di America sembrava aver funzionato, ma ora era veramente nei guai: sentiva la sua pancia brontolare anche da lì!

Davanti a sé, a una corsa di distanza, stava la bocca dell'areazione, ma dietro, a molto meno, c'era una tavola imbandita con America come portata principale!

“C-che faccio adesso?!”




Che fare davvero in una situazione così disperata?
Dal canto mio, suggerisco, in barba al povero Alfred, di dare ad Ivan il premio di miglior citazione di questa storia... XD ^__° Le trovate estemporanee sono sempre le migliori, vero?

Lo zombi-Russia è davvero il non-plus-ultra di questa incredibile invasione! Basteranno i nostri ultimi due eroi ad affrontarlo e salvare la situazione?
Spero siate contenti di vedere che America è ancora vivo e pimpante: stavo facendo troppo il cattivo, quindi credo questo riscatterà un po' la mia immagine con voi lettori! XD

Spero di aggiornare presto, alla prossima!

  
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