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Autore: Jeanger    16/09/2015    0 recensioni
Artemisy pensava di essere una normale ragazza di New York con un passato un poco tumultuoso, ha sempre fatto strani sogni ma pensava fossero piccole paure del passato rimaste. Invece scopre che tutta la sua vita è un bugia, viene trascinata da un misterioso bellissimo ragazzo in un mondo che sembra uscito da un fantasy e scoprirà la vera se stessa, tra mille avventure e nemici e la nascita di un nuovo amore che le spaventa.
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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Ciao a tutti! Eccomi di nuovo con un nuovo capitolo appena sfornato e fragrante. Buona lettura, lasciate un commentino e se ne avete voglia seguitemi su wattpad 
https://www.wattpad.com/user/jeanjervs
ricambio!
Bando alle ciance, buona lettura!

CAPITOLO 2 - RICORDI
Fredda pietra contro il mio viso.
Aprii gli occhi lentamente e la prima cosa che vidi fu la pietra azzurra a forma cilindrica che portavo sempre con me al collo.
Era il mio unico legame con qualunque cosa fossi stata prima di perdere completamente la memoria.
Mi alzai, ero in un vicolo freddo e buio.
Guardai il cielo, grossi nuvoloni coprivano la città come una cappa.
Dove mi trovavo?
Uscii dal vicolo e davanti a me vidi dei negozi chiusi, sbarrati con delle pale di legno e chiodi, insegne fatiscenti, puzzo di escrementi, spazzatura sparsa per strada.
Mi incamminai intimorita per quelle vie.
Trovai all’angolo alcune donnone formose, alcune di colore, altre bionde, che sembravano aspettare qualcuno, con stivali alti fino alla coscia, tacchi a spillo e vestito cortissimo.
All’epoca non avevo idea di che tipo di mestiere facessero quelle donne.
Mentre attraversavo la strada, vidi una macchina fermarsi e una di quelle donne entrare.
In lontananza sentii rumore di spari.
Mi rannicchiai contro un bidone e mi misi le mani sulla testa, rannichiandomi a terra.
Tremavo come una foglia.
-Ehi, piccola- disse una donna fermandosi davanti a me e inginocchiandosi. Sembrava gentile, aveva due grossi occhi verdi, un sorriso simpatico.
-Ti sei persa? Dove sono i tuoi genitori?-
-I- i miei genitori?-
- Sei sola?-
-Io… io non lo so dove sono. Io… non lo ricordo-
-Non hai i genitori?-
-Non me li ricordo-
La signora mi sorrise, mi prese per mano e mi portò con sé.
-Ci penserò io a te-
Mi portò in un edificio fatiscente, alto e nero,che recava l’insegna di “DIPARTIMENTO DI POLIZIA”.
Entrammo.
Alla scrivania c’era seduta una signora che mi ricordava un maiale. Aveva due grosse guance rosse, il naso schiacciato su cui poggiavano dei grossi e spessi occhiali rotondi. Ci guardò da sopra gli occhiali.
-Buongiorno- disse la donna.
-Buongiorno-
-Cosa abbiamo qui?-
-Una bambina. L’ho trovata per strada. Dice di non avere genitori-
-Pensa si sia persa?-
-Non ne sono sicura-
La poliziotta ci guardò, poi si rivolse a me. -Come ti chiami, piccola?-
-Artemisy-
-Artemisy come?-
-Non lo so-
-Beh, poco male, con un nome così particolare sarà facile trovarti negli archivi. Vediamo se c’è il tuo nome tra i bambini dispersi- controllò al computer.
Corrucciò la fronte, si grattò il mento, scese giù con la freccetta del mouse.
-Qui non c’è niente- disse alla fine. -Dove hai vissuto fin ora?-
-Non me lo ricordo- dissi io.
La signora gentile che mi aveva trovato e la poliziotta si guardarono.
-Va bene, per ora lasciala qui. Manderò un avviso. Forse non hanno ancora sporto denuncia. Forse un incidente-
La donna gentile mi fece sedere su una sedia e mi guardò.
-Andrà tutto bene, vedrai-
Io la guardai andare via. Dopo qualche ora e telefonata la poliziotta si alzò dalla sua scrivania.
-Bene, piccola. Al momento non riusciamo a rintracciare i tuoi genitori, ma stiamo spargendo un annuncio. Fino a quando i tuoi non si faranno vivi, resterai in un istituto per bambini come te. Va bene?-
Al momento non comprendevo bene quello che la poliziotta mi stesse dicendo, quindi mi limitai ad annuire.
Quella sera due poliziotti mi fecero salire in macchina e mi portarono in un orfanatrofio.
Non mi piaceva quel posto, emanava una strana aura.
Entrammo e ci accomodammo nel salottino di attesa.
Una donna ci venne poco dopo a salutare.
Era magra quanto un giungo, con il naso storto, gli occhi piccoli, i capelli lunghi e neri e un grosso neo con un pelo sul mento.
Una strana luce le brillò negli occhi.
-A cosa è dovuta questa visita?- chiese ai poliziotti.
-Ci hanno portato oggi questa bambina. Sembrerebbe non avere genitori. Possiamo lasciarla qui almeno finché non avremo qualche notizia?-
La donna mi guardò dall’alto in basso e io mi contorsi le mani per l’agitazione.
-Eh sia-
La donna firmò alcune carte, poi i poliziotti se ne andarono.
Rimanemmo solo noi due nelle stanza.
-Io sono la signorina Proust, mia cara. Tu come ti chiami?-
-Artemisy-
-Seguimi, ti mostrerò il tuo letto-
La seguii silenziosa. L’edificio era terribilmente vecchio, puzzava di muffa, la carta da parati era rotta, i mobili risalivano alla prima guerra mondiale.
Incontrai alcuni ragazzini più grandi di me che chiacchieravano nel corridoio e che si azzittirono appena la signorina Proust passava.
Mi sentivo molto a disagio.
La donna aprì una porta e mi ritrovai in una stanza con altre dieci ragazze. Alcune stavano chiacchierando sedute sul letto, altre leggevano un libro, altre facevano i compiti, ma tutte si voltarono a fissarmi appena entrai.
-Ragazze, questa bambina è Artemisy, resterà qui finché non ritroveremo i suoi genitori- mi mise una mano sulla spalla e mi guidò verso l’undicesimo letto libero della stanza.
-Questo sarà il tuo letto-
Poi guardò tutte le ragazze, si voltò e se ne andò.
-Che sfortuna- disse una.
La guardai.
-Mi dispiace- non volevo essere presa di mira. Salii sul letto, mi rannicchiai con le ginocchia al petto e cerca di non piangere. Inutile. Grossi lacrimoni scesero sulle guance.
-Oh, ma non per te. Tu sei ok. Che sfortuna che tu sia capitata in un posto come questo?-
-Perché?-
-Lo capirai-

 
  
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