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Autore: BrideOfTheWind    10/02/2009    6 recensioni
Uguali…Sakura sapeva, questa volta capiva la menzogna del moro, la riconosceva grazie all’esperienza ormai accumulata nel crearle, quelle maschere d’indifferenza. Vedeva se stessa riflessa in quelle iridi spente, e distingueva con estrema chiarezza la propria facciata, tesa a coprirle il volto. “Non è vero che non t’importa, Sasuke…” sussurrò, abbandonando di colpo il tono professionale che si era sforzata di tenere fino ad ora. “Non è vero.” Ripeté a voce ancora più bassa piegando leggermente le ginocchia per osservarlo negli occhi.
Genere: Romantico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa fanfiction è stato l’unico regalo che sono riuscita a produrre per augurare buon Natale al NejiTen forum. L’ho sentita molto, anche se non posso dirmi totalmente soddisfatta di come alla fine è venuta fuori. Se non altro non mi fa schifo come al solito, e questo è un buon segno, spero. xD

La posto per le costanti pressioni della mia beta preferita, June. Sei insopportabile, ragazza!

Ah, la fanart a fondo pagina è quella, bellissima, di Nami86 che avevo davanti mentre scrivevo.

 

 

 

MINE

 

Così, alla fine ce l’avevano fatta. Avevano riportato Sasuke a Konoha, anche se non era stato come avevano immaginato, come avevano desiderato.
Lo avevano dovuto battere, catturare, imprigionare…ora attendeva sbattuto in una cella umida che il processo per tradimento si concludesse, che altri decidessero della sua vita.
Come pena, era già stata proposta la morte.

Sakura ansimava, nella sua corsa tra gli alberi familiari del suo Villaggio, sentendo i muscoli guizzare allenati sotto la pelle lucida di sudore, inebriandosi della velocità, e cercando di sfogare nel consueto movimento le emozioni che dentro di lei ribollivano e corrodevano, togliendole la concentrazione. Lo sguardo verde era puntato ostinatamente in avanti, quasi a voler compiere da solo quel gesto che invece, la proprietaria non era stata capace di osare: andare avanti …I capelli, nuovamente lunghi, le svolazzavano sulle spalle, scarmigliati: ormai erano passati gli anni in cui era ossessionata dall’idea di essere perfetta.
“Dannazione!” sbottò bruscamente stringendo a pugno le mani guantate, quando la realtà fece nuovamente, con subdola crudeltà, il suo ingresso nei pensieri della ragazza.
Credeva di essere preparata alle responsabilità del suo ruolo, di essere pronta, forte…Ma non pensava che le avrebbero assegnato lui , che l’avrebbero caricata di un tale peso. Non avrebbe mai immaginato che le sarebbero stati affidati gli interrogatori di Sasuke Uchiha.
La sua mente turbinava di immagini, sensazioni, suoni degli ultimi cinque anni, il suo cuore andava in pezzi al solo pensare di doverlo interrogare di nuovo.
Cos’era? la quinta volta che mandavano lei?
Non si erano accorti di quanto quegli incontri la stessero mandando in crisi, senza peraltro portare ad alcun risultato?
Incatenato al muro freddo, il torso nudo e lo sguardo arrogante di sempre, il giovane Uchiha era chiuso in uno sprezzante, impenetrabile silenzio.
Non aveva neppure schernito Sakura, quando alla fine del primo interrogatorio aveva iniziato a tremare, incapace di controllare del tutto la frustrazione: aveva alzato per un attimo lo sguardo spento su di lei, ed era tornato a fissare nel vuoto; solo un vago sorriso ironico a piegargli presuntuosamente le labbra, un “sempre la solita ragazzina” mai detto, ma che aveva avuto sulla kunoichi un effetto devastante, che probabilmente neanche lo stesso Sasuke immaginava.
Sospirando, conscia di dover compiere il proprio dovere, Sakura tornò sui suoi passi dirigendosi verso il basso edificio appena fuori città che fungeva da prigione temporanea per i “detenuti speciali”, quelli destinati al carcere di massima sicurezza o al patibolo appena fosse stata pronunciata la sentenza. Sentiva di odiare con tutta l’anima quel grigiore, quelle scale storte e rotte, che nessuno si prendeva la briga di aggiustare, quel perpetuo, soffocante ticchettio dell’umidità che colava monotona dal soffitto.
Incurante di non portare la divisa richiesta né il coprifronte, anzi di indossare solamente la canottiera semitrasparente che di solito teneva sotto la maglia, presentò il permesso per interrogare l’Uchiha: la conoscevano, e non le negarono l’accesso.
Davanti alla spessa porta scrostata, la giovane si fermò e tirò un respiro profondo, chiudendo gli occhi. Giurò a se stessa che questa volta non avrebbe fallito, che lo avrebbe guardato e gli sarebbe sembrato solo un altro dei tanti criminali che ogni giorno vedeva e interrogava… come se questo fosse stato possibile. Poi, con innaturale calma, entrò nella cella scarsamente illuminata e si richiuse la porta alle spalle.
“Ciao Sasuke”
L’ombra sul fondo, sulla quale lei aveva subito fissato lo sguardo, si mosse impercettibilmente.
Vattene.
Un messaggio non detto, chiaro tuttavia nello sguardo annoiato e senza vita del moro, appena tinto di irritazione.
“Non me ne vado, invece. Ti devo interrogare.”
La rosa si avvicinò, lenta, ostinata, la voce piatta e rigida che usava di solito con quelli come lui. Una voce morta, fastidiosa, insistente, per non lasciar scoperta ad eventuali attacchi psicologici la sua umanità, la sua debolezza. Proseguì.
“E ti devo comunicare che la condanna proposta è la morte.”
Lo sguardo di Sasuke si posò su quello della ragazza, che appariva grigio piombo nella penombra della stanza interrata, e la voce le si spezzò impercettibilmente sull’ultima parola.
Sapeva già la risposta dell’ex compagno di squadra, quella risposta che lesse ugualmente nei sui occhi, e che aveva ormai imparato a trovare nel suo cuore, prima ancora di aprir bocca lei stessa. Del resto, aveva imparato a leggere tutti i taciti interventi dell’Uchiha con naturalezza quasi inquietante. Forse perché era diventata così simile a lui, col tempo…Lei, piccola Sakura, regina della menzogna…
Tremò interiormente alla constatazione, ma si sforzò di mantenere una facciata impassibile, concentrandosi unicamente sulla replica del giovane: ovviamente, quella che lei aspettava.
Che vuoi che me ne importi?
Trattenendo il fiato, fece un altro passo verso di lui, ormai poco più di un metro a separarli.
Uguali…Sakura sapeva, questa volta capiva la menzogna del moro, la riconosceva grazie all’esperienza ormai accumulata nel crearle, quelle maschere d’indifferenza. Vedeva se stessa riflessa in quelle iridi spente, e distingueva con estrema chiarezza la propria facciata, tesa a coprirle il volto.
“Non è vero che non t’importa, Sasuke…” sussurrò, abbandonando di colpo il tono professionale che si era sforzata di tenere fino ad ora.
“Non è vero.” Ripeté a voce ancora più bassa piegando leggermente le ginocchia per osservarlo negli occhi. Quegli occhi….
Sasuke la fissò, sfidandola, le voleva mostrare quanto, anche inginocchiato per terra, anche con le mani incatenate dietro la schiena, lui fosse forte, e lei soltanto la solita piccola Sakura…La voleva umiliare, a livello personale e professionale, proprio lei che aveva sognato tanto, segretamente, e che ora gli dimostrava solo un confuso rancore, sua carceriera. Rimase colpito dalla forza che scorse in quelle iridi chiare: forza, dolore, rancore, disperazione…e, malgrado tutto, ancora affetto.
Abbassò lo sguardo, incapace di osservare oltre, sul viso di quella donna, tutto il dolore che aveva causato a chi gli era più caro, a coloro che per lui erano sempre stati simboli di vita, e che aveva contaminato con la morte che sembrava incapace di non spargere intorno a sé, anche senza volerlo.
Gli bruciò, quella sottomissione, quell’aver abbassato lo sguardo davanti a lei, ma non ebbe il tempo di trasformare l’umiliazione in rabbia, non ebbe il tempo di innalzare nuovamente il muro che lei aveva appena abbattuto. Il pensiero gli fu repentinamente strappato, perché la tenera, piccola Sakura gli aveva bruscamente preso il volto tra la mani, e aveva fatto coincidere le loro labbra fredde con fermezza, di slancio, gli occhi chiusi e il busto proteso verso di lui, nell’estremo tentativo di raggiungerlo, oltre le finzioni, le scelte, i ruoli antitetici che ora si ritrovavano a ricoprire.
E in quel contatto disperato, in quello spasmodico tentativo di ricongiungere il legame che lui aveva sempre aborrito, Sasuke percepì tutta la sofferenza, tutta la straziante solitudine che Sakura aveva passato e stava passando per lui. Si stupì, le labbra che rispondevano bramose a quelle della giovane donna, a desiderare di avere le mani libere per poter toccare quel corpo vivo così vicino al suo, per poterlo avvolgere, avere, così dannatamente invitante. E Sakura, il respiro affannoso e le lacrime che iniziavano lentamente a scorrere lungo il suo viso freddo, le dita avvinghiate ai capelli ormai lunghi del moro quasi a volerli strappare, non riusciva a concepire che un pensiero, quell’unico desiderio che aveva custodito e covato in sé per tutti quegli anni, sperando nel profondo di poterlo avverare, fosse anche per un singolo, microscopico secondo…

Mio…

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