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Autore: lolasmiley    17/09/2015    3 recensioni
«Ma tu, chi cazzo merda sei?»
«Non ha importanza.»
Questa affermazione mi fa arrabbiare non poco.
«Senti, mi hanno sempre dato fastidio i figoni che se ne escono con queste frasi alla James Bond, anzi, ti dirò di più, mi sta abbastanza sulle palle pure lui» mi calmo per fare una breve osservazione a bassa voce «tranne in Casinò Royale, quel film mi piace.» poi riprendo il mio tono incazzato «Ha importanza eccome. Ho assistito ad un omicidio, mi hanno quasi rapita, sei arrivato tu, mi hai salvata e adesso mi porti non so dove e mi dici che non posso andare alla polizia. Ora, non si tratta di avvenimenti irrilevanti per cui chi sei potrebbe non avere importanza. Non sei sbucato dal nulla per comprarmi un gelato, cazzo. Quindi adesso pretendo delle spiegazioni perchè non ho capito assolutamente nulla di quello che è successo.»
Genere: Avventura, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Ashton Irwin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Wilkinson, Robert Wilkinson

(5)

 

 

 

Tengo premuto il pollice sul monitor del cellulare, sopra il link blu acceso, e poi seleziono “apri in nuova pagina” e aspetto che la quattordicesima finestra si carichi, allineandosi sotto altri tredici risultati di google per “mafia irlandese” e “gang irlandesi” che sembravano interessanti.

Purtroppo la maggior parte tratta dei mafiosi peggiori di Boston, o di gang di poca importanza nella periferia di Dublino. Tra le notizie sul web non c’è assolutamente nulla che possa fare al caso mio.

Blocco il telefono e lo lancio nella borsa. Seccata dalla mancanza di risposte, decido di alzarmi dalla panchina. Più tardi dovrei andare alla polizia  denunciare il furto del mio portatile. 

Colpisco con un calcio un sassolino della stradina di ghiaia che attraversa il parco, e poi un altro, rimuginando per la cinquecentesima volta nelle ultime ventiquattro ore, valutando se sia meglio raccontare di aver assistito all’omicidio o pure no. Infilo le mani nelle tasche. Arrivo davanti alla statua di Oscar Wilde e la osservo senza fermarmi per evitare che qualcuno dei turisti lì davanti mi chieda di scattargli una foto. Mi viene in mente la foto che ci siamo fatte io e Mary, lì davanti, imitando l’espressione crucciata da grande artista in cerca di ispirazione che ha la statua.

Sto gironzolando per Dublino senza meta da circa un’ora, in attesa di andare alla polizia. Esco dal parco e svolto a destra. 

Accelero leggermente il passo sentendo il rumore di una macchina che rallenta dietro di me. Sono sempre stata un po’ paranoica, probabilmente per le troppe puntate di Criminal Minds, ma adesso lo sono ancora di più.

L’auto si ferma accanto a me. E’ un suv nero.

Cioè, non sono certa al cento per cento che sia proprio un suv perchè non ci ho mai capito nulla di macchine, diciamocelo, ma è il tipo di macchina che non vorresti ti si avvicinasse.

Mi guardo rapidamente intorno e vedo un poliziotto a circa cento metri. Troppo lontano, ma se urlassi forse riuscirebbe ad aiutarmi.

Un uomo esce dalla macchina, interrompendo i miei calcoli. D’istinto mi allontano dal ciglio della strada.

«Signorina Walsh?»

Maledico i miei riflessi che mi hanno fatto girare verso l’uomo. Lo squadro. Anche lui in forma, anche lui sopra i trent’anni, pelato, caucasico, un naso piuttosto importante e il collo corto. Un auricolare nero nell’orecchio destro e un tre pezzi gessato grigio scuro. Si sfila degli occhiali da sole. Direi Ray-ban.

«Alice Walsh?» ripete, allungando la mano destra verso di me. Non la stringo.

«Sì? Lei chi è?» faccio un piccolo passo indietro, riluttante.

Lui annuisce, forse per dimostrarmi la sua comprensione per la mia diffidenza, e porta la mano in una tasca interna della giacca, da cui sfila quello che sembra un piccolo portafoglio. Lo apre, mostrandomi un distintivo.

«Robert Wilkinson, MI5. Dovremmo farle alcune domande.»

Si sposta di lato, invitandomi a salire sull’auto.

«MI5?» ripeto, sollevando un sopracciglio «cioè tipo controspionaggio inglese?»

«Precisamente.»

Ci scrutiamo l’un l’altra, lui aspettando che io salga, io terrorizzata all’idea di entrare in un’auto con degli sconosciuti.

«Avete la legislazione in Irlanda?» chiedo dubbiosa.

«Abbiamo il permesso di agire per la nostra missione. Dovremmo farle alcune domande.»

Sto per chiamare urlando il poliziotto, quando 007 -di cui non ricordo il nome- riprende a parlare.

«Sappiamo cosa le è successo ieri, e dovremmo chiederle alcune cose.» fa una pausa e osserva la mia reazione, mentre i miei occhi vagano ripetutamente tra lui e il poliziotto, poi aggiunge «Offrirle protezione.» 

Queste ultime parole mi fanno voltare di scatto verso di lui. Lo fisso: mi sta di nuovo tendendo la mano. Mi mordo le labbra.

«Posso vedere il... tesserino, distintivo, o qualsiasi cosa sia?» chiedo.

«Certo» lui lo estrae di nuovo, avvicinandolo a me in modo che possa leggere. Sembra autentico.

«D’accordo» dico, salendo in auto, sul sedile posteriore. 007 prende posto accanto a me, mentre davanti ci sono altri due uomini alla guida, che non perdono tempo in convenevoli, mettono in moto e ripartono.

«Ci scusiamo per i modi un po’ bruschi, ma capisce, sono nello standard dell’agenzia.»

«Signor...?»

«Wilkinson, Robert Wilkinson» mi trattengo dall’alzare gli occhi al cielo e chiedergli se Bond era già occupato, mentre mi aspetto un “ma può chiamarmi Robert”, che non arriva. 

«Sappiamo che ieri è stata sequestrata da tre uomini. Saprebbe riconoscerli?» 

«No» lui sembra sorpreso dalla velocità e la certezza della mia risposta, il che mi induce a rifletterci ancora un attimo.

«Forse le voci.» scrollo le spalle.

Ho sempre avuto una fissazione per le voci della gente. E’ terribilmente frustrante il fatto che, quando scrivo, non riesca a descriverle alla perfezione così come le sento. Tuttavia, saprei riconoscere le voci di praticamente chiunque, quindi credo riuscirei a farlo anche con gli uomini di ieri.

«D’accordo.» lo vedo cercare in una cartellina che non mi ero accorta tenesse in mano, ed estrarre un foglio «lui l’ha mai visto?»

Mi allunga una foto stampata su un A4 del volto di un ragazzo sui venticinque anni. Tiene il mento leggermente alzato, ha un’espressione abbastanza dura dipinta sul viso, la mascella contratta e ben delineata. La pettinatura scompigliata non riesce a domare dei riccioli ribelli castano chiaro che gli ricadono a ciocche sulla fronte, gli occhi sono castano chiaro, con delle sfumature verdi. Le labbra serrate non celano l’ombra di un sorriso. Un leggero accenno di barba.

Un irrefrenabile impulso di mentire mi fa uscire un “no” secco dalla bocca, prima che io me ne renda conto.

Passano un paio di secondi prima che Wilkinson ribatta, contrariato, allungandomi un’altra mezza dozzina di foto. 

«A noi risulta il contrario.»

Mi mordo le labbra, consapevole di aver sbagliato a mentire. Osservo gli scatti, simili alle foto sulle riviste di gossip. Una ripresa da lontano di noi due che camminiamo, lui che mi tiene la mano, subito dopo io lo tengo a braccetto. Un primo piano un po’ sgranato di lui che sorride. Continuo a sfogliare le immagini, arrivando a una foto che ci ritrae nel momento in cui mi aveva abbracciata per poter sussurrarmi qualcosa. Lo scatto successivo è molto ambiguo, rubato mentre mi teneva bloccata contro il muro del palazzo, sembra quasi che stiamo per baciarci. Cerco di ignorare le guance che avvampano leggermente.

«L’MI5 lo sta cercando?» domando, staccando gli occhi dall’ultima foto e inchiodandoli in quelli neri di Wilkinson.

«Sì, è indagato per tradimento.»

«Tradimento?» non aspetto che 007 risponda perchè so benissimo quello che ho sentito, ma ripeterlo a voce alta lo fa sembrare più vero. Sputo subito fuori un’altra domanda che mi incuriosisce particolarmente «Vuole dire che lui... lavora per voi? Per l’MI5?»

«Lei non ne sa  nulla? Non gliene ha mai parlato?»

Fisso le foto che tengo ancora strette in mano, sconvolta. Un agente segreto? Un agente segreto indagato per tradimento? 

«L’ho conosciuto ieri, non...» scuoto la testa «io non so nemmeno il suo nome.»

«Dalle foto sembrate piuttosto intimi...» Wilkinson inclina la testa, accennando un invito a dirgli qualcosa di più. Sollevo le spalle, pronta a spiegargli cos’era successo esattamente, e a ripetere che non so niente su quel ragazzo. Mi giro distrattamente verso il finestrino e con la coda dell’occhio noto che la sicura dello sportello è bloccata. Sento i battiti del cuore accelerare, mentre il mio cervello galoppa all’impazzata tra un migliaio di scenari possibili e faccio fatica a respirare. E se questi non fossero veri agenti? D’accordo, ho visto il distintivo, ma non è venuta la regina Elisabetta a firmarlo davanti a me. Mi chiedo quanto sarebbe difficile falsificarne uno.

Deglutisco a fatica, imponendomi di parlare, e mi volto verso Wilkinson, che improvvisamente mi sembra molto più minaccioso. Nei suoi occhi c’è davvero un lampo di cattiveria o è la mia immaginazione da scrittrice a giocarmi brutti scherzi? 

Stringo le foto più forte.

«Dove avete detto che stiamo andando?» sussurro la mia domanda, non so bene a chi.

«Non l’abbiamo detto.»

La voce viene dall’uomo al posto del passeggero. Mi sembra di intravedere dallo specchietto retrovisore le sue labbra storcersi in un ghigno che mi fa rabbrividire.

Wilkinson nota i miei nervi a fior di pelle e interviene, allungando la mano verso di me, con il palmo rivolto verso l’alto. Mi mordo l’interno guancia: mostrare le mani aperte è il modo di mostrare le proprie  buone intenzioni con il linguaggio del corpo. Mi domando se il gesto sia nato spontaneamente o se sia un trucco elaborato per mettermi a mio agio giocando con il mio subconscio. Per qualcuno che conosce il linguaggio del corpo, mentire è molto semplice. Lo so bene, infatti per me fidarmi dei gesti degli altri è difficile.

«La stiamo portando in un posto sicuro» un tono fermo, lontano dal suonare rassicurante.

Le parole “in un posto sicuro” si ripetono all’infinito nella mia testa, rimbalzando da una parte all’altra, e tra me e 007 compare Tom Cruise che mi appoggia una mano sulla spalla e dice «quando ti dicono che puoi stare tranquilla, che sei in salvo, che ti stanno portando in un posto sicuro... Significa che stanno per ucciderti.»

«Signorina Walsh?» la voce di Wilkinson mi riscuote dai miei pensieri. Metto a fuoco il punto che sto fissando intensamente, accorgendomi di avere gli occhi incollati alla punta delle mie scarpe.

«Non mi sento molto bene, io...vorrei scendere» farfuglio.

Infilo una mano nella mia borsa e lentamente cerco la piccola bomboletta di spray all’eucasol. E’ un banalissimo deodorante per ambienti, ma ha un nebulizzatore che crea uno spruzzo simile a uno di spray al peperoncino e sono abbastanza sicura che bruci se finisce a contatto con gli occhi.

«Vuole un po’ d’acqua?»

«No, voglio scendere!» grido.

L’istante dopo la bomboletta di deodorante è puntata contro gli occhi di Wilkinson, spruzzando una nuvoletta di profumo che ha l’effetto sperato: l’uomo si porta le mani agli occhi e urla qualche imprecazione mentre io tengo l’indice saldamente premuto sull’erogatore e disegno dei cerchi con l’arma improvvisata su tutto il viso di Wilkinson. Tutto questo avviene in un secondo, il tempo che i due uomini davanti a noi realizzino cosa sto facendo e agiscano. Intravedo il passeggero portare a mano al petto, verso la giacca, probabilmente cercando una pistola, ma la reazione del guidatore è più veloce: sterza bruscamente, invadendo l’altra corsia. Non mollo la presa al deodorante, il cui odore sta cominciando a dare fastidio anche a me, e spruzzo un po’ anche verso l’uomo davanti a Wilkinson. La macchina è nel caos più totale, e spero che le capacità di guida del conducente siano buone. 

Il tempo di elaborare questo pensiero e il rumore di uno sparo mi assorda. Porto le mani al petto, spaventata, e mi piego in due. 

Un’onda di aria fresca entra prepotentemente nell’abitacolo.

L’auto sbanda e sono troppo spaventata per impormi di seguire le mosse dell’uomo alla guida. Il sangue mi pulsa nelle orecchie. Non sento niente, tranne il suono martellante del mio cuore.

Non credo di provare dolore, ma la paura mi porta a tastarmi freneticamente il petto, alla ricerca di una ferita. Non ne trovo nessuna, e così riprendo a respirare. 

Ascoltando meglio, mi accorgo di sentire un sibilo nell’orecchio sinistro. Quando alzo gli occhi, Wilkinson ha la testa appoggiata al sedile di fronte a sè, gli occhi sbarrati e arrossati. 

Dalla bocca semiaperta gli cola un filo di sangue. Un foro di proiettile che gli buca il cranio.

Sento l’impulso di vomitare.

Un altro sparo mi riporta alla realtà e mi strappa al panico che mi aveva inghiottita, annebbiandomi i sensi, mentre gli avvenimenti degli ultimi secondi mi crollano addosso tutti insieme. Mi aspetto di esserne schiacciata e di strisciare di nuovo nell’oscurità di un altro stato di shock, ma non è quello che succede.

Adrenalina.

L’uomo seduto al posto del passeggero sta rispondendo al fuoco, allungandosi oltre il sedile per sparare alle sue spalle. Mi volto e guardo a quale obiettivo stia mirando. Un uomo si sporge dal finestrino dell’auto dietro di noi. Impugna una pistola. 

Un’idea mi balza per la testa e raccolgo tutto il coraggio infusomi dall’adrenalina per metterla in atto. Mi abbasso e allungo una mano verso il corpo morto di Wilkinson. Tasto il petto alla ricerca della pistola. Credo di riuscire a toccarne il calcio. La sfilo dalla custodia e in quel momento vedo qualcosa sporgere dalla tasca interna della giacca: è il porta documenti. Lo prendo delicatamente, quasi come se lui stesse sonnecchiando e si potesse svegliare al minimo tocco.

Butto il piccolo portafoglio nella borsa, lascio cadere ai miei piedi le foto che mi accorgo di tenere ancora strette nell’altra mano, e impugno la pistola. L’uomo che sta sparando non se ne accorge nemmeno, troppo occupato a cercare di colpire l’auto che ci sta inseguendo. Non riesco a non pensare che sono tutti un po’ troppo stupidi per poter essere nell’MI5.

Prima che io riesca a pensare a un modo per uscire di qui, una pallottola colpisce l’uomo al posto del passeggero. Cerco di non guardare troppo a lungo il sangue schizzato sul finestrino e il parabrezza. Il cadavere si accascia contro il sedile in un abbraccio macabro. 

Un altro sparo. La corsa non è ancora finita. Stavolta hanno colpito una gomma, l’autista rallenta imprecando. Procediamo con una sobbalzante andatura a zig zag.

L’auto dietro di noi invade l’altra corsia come per sorpassarci, ma quando si trova accanto al nostro suv, mantiene la stessa velocità, procedendo accanto a noi. Accanto al mio finestrino c’è quello del sedile posteriore sinistro dell’altra auto. Il vetro si abbassa, e un ragazzo moro, poco più che ventenne, probabilmente asiatico, si sporge sorridendomi e mi accenna con la mano un saluto militare, poi picchietta con le nocche sul mio finestrino.

«Ehi, come va?» chiede.

Io lo fisso sconvolta.

Sento qualcuno nell’altra auto urlare, e il ragazzo moro in tutta risposta sbotta un “ma e vaffanculo!”, dopodichè si volta di nuovo verso di me e bussa di nuovo sul mio finestrino.

«Apri!» esclama.

Resto interdetta per un istante, poi l’auto accanto rallenta in modo che accanto a me ci sia il posto del passeggero. Guardo all’interno dell’abitacolo ma non faccio neanche caso alla persona seduta accanto al guidatore, perchè al volante c’è il mio agente segreto. 

 

 

 

 

 

 

 

 

SBABAM, PICCOLI LEOPARDI NEBULOSI, CAPITOLO 5!

E HA FATTO LA SUA COMPARSA il povero cal, il “a prima vista direi probabilmente asiatico”. a difesa di ali diciamo che il tratto fondamentale che distingue hood da un qualsiasi ragazzo moro sono gli occhi a mandorla, ed era impossibile che, vedendolo per la prima volta, non facesse ipotesi sulle sue origini ahahaha

ebbene sì, è tornato in scena anche il nostro ashton che omg è nell’mi5? così dice wilkinson ma boh, chi lo sa! purtroppo non so bene quando aggiornerò perchè il prossimo capitolo non l’ho ancora finito e siamo pieni di compiti (di già) e boh

anyway, ho tagliato i capelli e li ho tinti di viola e sono molto soddisfatta.

non vi interessa, lo so, lo so.

la settimana scorsa indiana jones (il mio gatto) si è tolto la fasciatura all’ex zampa rotta 

non vi interessa, lo so, lo so.

E’ INIZIATA LA SCUOLA, PIANGO. LA ODIO.

tutti i prof sono tipo “si perchè dovete studiare almeno 21 ore al giorno altrimenti poi la terza prova l’anno prossimo...”

MA BASTA BASTA BASTA BASTA BASTA FATEMI VIVERE LA QUARTA IN FELICITA’ AIUTO

comunque sono molto felice perchè sto parlando con un ragazzo che è una delle persone più simpatiche che conosca e sto cercando di combinarci qualcosa, pregate per me che per una volta qualcosa mi vada bene ahahaha

e voi, quattro amici gatti che leggete, come state? btw, vi ringrazio per aver letto :)

 

 

-lola

 

 

 

  
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