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Autore: FireFistAce    17/09/2015    1 recensioni
Ace era un ragazzo che amava stare all’aria aperta, magari di fronte ad una cioccolata calda in compagnia degli amici, ma da quando il suo amico Trafalgar Law, medico e chirurgo, se era reso conto che qualcosa non andava era finito tutto. Niente più gelato sulla spiaggia d’estate o cioccolata calda avvolti in una coperta d’inverno. Niente più battibecchi con i suoi amici o scherzi ai danni di qualche povero sfortunato. Da quando Law lo aveva costretto a fare determinati controlli, Ace era stato costretto a stare in ospedale.
Non che si annoiasse più di tanto, i suoi amici andavano a trovarlo tutti i giorni e passavano delle belle giornate anche così, ma non era la stessa cosa che sedersi su di una panchina, magari sotto un bell’albero in fiore, a scherzare tutti assieme. Nelle stanze di ospedale non soffiava la dolce brezza primaverile o la pungente aria invernale.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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My Ultimate Birthday

 
Lo sguardo di Ace era perso tra i rami innevati che vedeva dalla finestra della sua stanza, le mani poggiate in grembo ed i pensieri persi chissà dove, lontano da quel luogo nel quale si era trovato costretto a stare. Sovrappensiero.
Il rumore di una porta che si apre, seguita poi dal rumore di qualcuno che entra nella stanza lo distolse dai suoi pensieri e chiuse gli occhi per qualche istante, per poi portare lo sguardo su colui che era appena entrato ed una zazzera bionda ormai ben conosciuta fu la prima cosa che saltò all’occhio del ragazzo.
 
-Hai avuto un altro calo, non è così?-
 
Lo sguardo al di là dei suoi occhiali era duro, di rimprovero, ma era anche preoccupato, ed Ace non poté far altro che annuire.
 
-Era una giornata troppo bella per rimanere chiuso qui, non credi? Avevo voglia di osservare la neve da vicino.-
 
Ace era un ragazzo che amava stare all’aria aperta, magari di fronte ad una cioccolata calda in compagnia degli amici, ma da quando il suo amico Trafalgar Law, medico e chirurgo, se era reso conto che qualcosa non andava era finito tutto. Niente più gelato sulla spiaggia d’estate o cioccolata calda avvolti in una coperta d’inverno. Niente più battibecchi con i suoi amici o scherzi ai danni di qualche povero sfortunato. Da quando Law lo aveva costretto a fare determinati controlli, Ace era stato costretto a stare in ospedale.
Non che si annoiasse più di tanto, i suoi amici andavano a trovarlo tutti i giorni e passavano delle belle giornate anche così, ma non era la stessa cosa che sedersi su di una panchina, magari sotto un bell’albero in fiore, a scherzare tutti assieme. Nelle stanze di ospedale non soffiava la dolce brezza primaverile o la pungente aria invernale.
Poi aveva conosciuto Marco.
Era il dottore di quel reparto ed ogni mattina, quando i suoi amici non potevano andare a trovarlo a causa della scuola, andava a fargli una visita per sapere come stava, per controllare la flebo ed altre cose noiose che avevano a che fare con la sua salute.
 
-Dovresti rimanere a letto a riposare invece di uscire con questo freddo, rischi di ammalarti oltre che ad aggravare le tue condizioni.-
 
Di fronte allo sguardo corrucciato del ragazzo Marco sospirò, portando una mano a grattarsi la nuca. Aveva ormai imparato che discutere con il ragazzo era impossibile, riusciva sempre a trovare un modo per sbolognarsela e passarla liscia e Marco non se la sentiva mai veramente di rimproverarlo. Si era affezionato, questo non poteva negarlo.
 
-Ace, dico sul serio, la tua salute non è un gioco e non puoi decidere di uscire con questo tempo proprio adesso.-
 
Eppure ogni volta ci provava, sperando che al giovane corvino entrasse in quella testaccia dura e piena di sogni che continuando con quei comportamenti avrebbe compromesso la sua già quasi inesistente guarigione. Non erano molte le persone che venivano colte da quella malattia e che rimanevano in vita per raccontarlo.
 
-Lo so che non è un gioco, Marco, e non ho mai pensato che lo fosse, ma... non puoi chiedermi di reprimere la mia voglia di libertà.-
 
Avevano già affrontato quel discorso molte volte in quei lunghi mesi nei quali Ace era all’ospedale, e Marco capiva come si sentisse soffocato tra quelle quattro mura che rappresentavano la sua stanza ed anche solo uscire nel giardino dell’ospedale per Ace era una piccola rivincita che si prendeva ogni volta verso il suo corpo, stanco molto più del suo animo. Ed il biondo, con spavento, si era reso conto che il giovane faceva sempre più fatica a rimanere in piedi, quindi perché doveva precludergli anche quelli che forse erano i suoi ultimi passi? Cos’avrebbe fatto quando non sarebbe più riuscito nemmeno ad alzarsi da solo dal letto? Marco preferiva non pensarci, in fondo una piccola percentuale che la cura funzionasse c’era sempre.
 
-Vorrei chiederti un favore, Marco.-
 
Un favore?, si chiese il biondo, riscosso dai suoi pensieri. Probabilmente, conoscendo il corvino, voleva chiedergli più cibo, per quanto la malattia gli avesse ridotto l’appetito non mancava mai di stupirlo per la quantità di cibo che ancora riusciva ad ingerire.
 
-Dimmi pure, vedrò cosa posso fare.-
 
Un leggero sorriso fece capolino sul viso pieno di efelidi del giovane Gol D., ed il biondo se ne stupì: quando non c’erano i suoi amici era così raro vederlo sorridere, perché Ace sapeva che quella magra speranza che animava Marco a controllare ogni mattina la sua condizione era in realtà inesistente. Sembrava così maturo quando era da solo, che quell’aria stonava con l’espressione sorridente che aveva ogni volta che era in compagnia.
 
-Vorrei... poter uscire dall’ospedale, domani. Per Capodanno.-
 
Marco spalancò un poco gli occhi nell’udire quella richiesta.
Vorrei stare ancora una volta con la mia famiglia e poter festeggiare come se tutto fosse come prima.
Questo chiedevano i suoi occhi, ed il biondo non avrebbe saputo negargli quel suo piccolo desiderio, dunque annuì, stupendo il corvino, ma non gliel’avrebbe certo data vinta così facilmente.
 
-Io, però, verrò con te. In caso succeda qualcosa.-
 
Ace gli sorrise, grato. Rufy e Sabo sarebbero stati felici nel poter passare quella giornata con lui, avrebbe potuto guardare ancora una volta i fuochi d’artificio e si sarebbe potuto godere una festa innevata.
 
***
 
-ACE!-
 
Un giovane dai capelli neri, più basso di Ace e dal viso più piccolo, si lanciò addosso al più grande per abbracciarlo. Era così felice di averlo lì che il corvino non se la sentì di allontanarlo per riassestarsi sulle gambe un po’ malferme, dunque ricambiò l’abbraccio con felicità. E non fu di certo l’unico.
Tutti lo abbracciarono, dai suoi genitori ai suoi amici, e l’ultimo fu Sabo. Quel biondino che, Ace ne era sicuro, aveva già capito tutto, infatti fu quello che lo strinse a sé più a lungo, quasi con timore di vederselo svanire dalle braccia.
 
La giornata passò serena e senza troppi problemi, senza contare che ogni tanto Ace doveva fermarsi per far calmare il tremore alle gambe che, oramai, rischiavano di non reggerlo più e gli facevano diventare ogni movimento un’immensa fatica.
 
-Sei sicuro di voler continuare, Ace?-
 
Quella domanda fece portare l’attenzione del corvino su di Marco, cha adesso lo stava sorreggendo per un braccio, ed annuì senza nemmeno doverci stare a pensare, cosicché il biondo capisse che, no, niente gli avrebbe fatto cambiare idea.
La sera arrivò presto, e con essa il conto alla rovescia per l’arrivo del nuovo anno e del suo compleanno. Come gli sembravano distanti le giornate passate senza tutti i problemi che lo avevano perseguitato negli ultimi mesi.
 
-CINQUE!-
 
Alle orecchie di Ace arrivarono distanti le voci dei suoi amici, seduti su di un prato mentre lui si era sistemato su una panchina poco distante, vicino a Marco che, adesso, guardava il cielo in attesa dell’inizio dei fuochi.
 
-QUATTRO!-
 
Lo sguardo di Ace vagò sui suoi amici. La sua famiglia. Di fronte a lui, che rideva felice mentre faceva il Countdown, ed il corvino sapeva che non era tanto per il Capodanno che lo facevano ma per l’arrivo del primo di gennaio. Il suo compleanno.
 
-TRE!-
 
Una fitta lo colpì nel pensare a ciò che sarebbe potuto succedere dopo quella serata. Aveva due strade di fronte a sé: peggiorare al punto di non riuscire più nemmeno ad alzarsi dal letto oppure giungere semplicemente alla fine di tutto. E la seconda possibilità gli pareva la più valida, ormai.
 
-DUE!-
 
Lo sguardo di Ace si spostò su di Marco, un uomo che aveva imparato a decifrare nei mesi in cui avevano passato del tempo insieme, seppur poco, ed anche lui sapeva che le cose sarebbero potute solo peggiorare. Ma non aveva avuto la forza di riportare Ace in ospedale quel giorno, non dopo aver saputo da Sabo che sarebbe stato il suo compleanno proprio a quella mezzanotte.
 
-UNO!-
 
La mano di Ace si serrò attorno alla manica del kimono di Marco, che si voltò verso di lui temendo che si sentisse poco bene, ma non poté chiedere niente, nemmeno la più piccola cosa, poiché ogni sua parola gli morì in gola quando percepì le labbra del corvino premute sulle sua in un bacio timido e leggero. In un bacio che, ormai, sapeva di lacrime.
 
-AUGURI ACE!!!-
 
Ed un nuovo e piccolo sorriso spuntò tra le lacrime.
 
***
 
Lo sguardo di Marco si spostò su quella superficie lignea, in silenzio, mentre di fianco a lui Sabo consolava il piccolo Rufy che, in quel momento, non sembrava essere in grado di porre un freno alle lacrime.
 
-Quando uscirò da qui girerò il mondo e conoscerò posti nuovi! E tu riceverai una cartolina per ogni posto che avrò visitato!-
 
Ancora ricordava quelle parole, la frase di un ventenne che non vuole lasciarsi andare di fronte alla malattia e che continua a sognare. Quella frase che, mese dopo mese, era mutata.
 
-Se uscirò da questo posto potrò finalmente seguire il mio sogno e tu ne sarai testimone, Marco.-
 
Ricordava il suo sorriso malinconico quando, durante le ultime settimane, guardava fuori dalla finestra, forse sognando un mondo che non avrebbe mai potuto vedere, quando le sue gambe sembravano non volerlo ascoltare nemmeno per andare in bagno, nella stanza vicina. Così come ricordava tutte le volte che lo aveva sentito ridere assieme ai suoi amici.
 
-Vedrai Rufy, non appena mi dimetteranno Sanji ci preparerà un’enorme torta per festeggiare! Piena di panna e cioccolato!-
 
Ma era morto, Ace, e non avrebbe potuto più fare nulla. Eppure lo ricordava, poche sere prima, quando lo aveva baciato sotto una pioggia di fuochi d’artificio.
 
-Grazie Marco, non avrei potuto sperare in un compleanno migliore di questo.-
 
Aveva detto in un sussurro, stringendo tra le mani i lembi del kimono del biondo ed appoggiando poi la testa contro la sua spalla, mentre Marco lo stringeva in un abbraccio.
 
-Non avrei mai potuto chiedere di più per il mio ultimo compleanno.-
 
E quando aveva chiuso gli occhi era già tardi, e nemmeno le urla degli amici lo avevano potuto riscuotere, una volta resesi conto di ciò che era successo. Ed era tutto così triste, si disse Marco, con la consapevolezza che non avrebbe più visto il sorriso del corvino.



Non ho niente da dire su questa piccola OS che mi è venuta in mente quando ho trovato questa immagine https://scontent-mxp1-1.xx.fbcdn.net/hphotos-xpa1/v/t34.0-12/12036542_403034289898449_6126440580536252546_n.jpg?oh=20aae0a3b2ef96a61de1062d32530394&oe=55FDD347 spero solo che vi abbia fatto piangere almeno la metà di quanto ho pianto io scrivendola T_T
Ho volutamente evitato di accennare ad una qualche malattia, mettendo solo alcuni sintomi vari che mi son venuti in mente come la riduzione dell’appetito o la malfermità (si dice? o.o) delle gambe perché davvero non so se esiste una malattia che abbia questi sintomi e non volevo rischiare di scrivere degli strafalcioni imbarazzanti.
Detto questo vi saluto e ringrazio chiunque leggerà/recensirà/metterà tra preferite/ricordate. Ci vediamo alla prossima storia ^_^ (sperando che sia qualcosa di più allegro).

 
FireFistAce
  
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