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Autore: Ryoredwarrior    18/09/2015    2 recensioni
Era ancora più grande, più spettacolare di quanto avesse mai immaginato, i loro discorsi, le illustrazioni dei vecchi libri non potevano rendere giustizia a ciò che gli si apriva d’innanzi, chiamarlo massa d’acqua era riduttivo; l’Oceano era vivo, aveva una sua voce, si muoveva, andava e veniva spumeggiando incontro alla battigia accarezzandola dolcemente come un’amante premuroso, l’azzurro del cielo si perdeva nel suo orizzonte, tanto che non si capiva dove finisse uno e iniziasse l’altro.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Armin Arlart, Eren Jaeger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le ali sull’oceano

La chioma bionda di Armin era già sparita dietro alla collina, Eren lo chiamò a gran voce ma ormai era già troppo distante e il fruscio del vento attutiva ogni suono.

Si era fermato per riprendere fiato, come facesse quel grillo minuto a correre così veloce portandosi appresso il peso dell’attrezzatura per il movimento tridimensionale rimaneva un mistero, volse lo sguardo verso l’alto, sopra la testa un fitto tetto di pini gli faceva ombra…si chiamavano così quegli alberi, li aveva visti tanto tempo fa sul libro di Armin, li aveva riconosciuti perché non avevano fronde con le foglie, dove viveva lui non esistevano, non li aveva mai visti così da vicino. La luce abbagliante li perforava lasciando passare tanti fili dorati e sottili, Eren inspirò a pieni polmoni quell’aria nuova, quell’odore pungente e fresco che non aveva mai sentito, la brezza che gli scompigliava i capelli castani portava con sé un profumo di sale, bastava aprire la bocca per poterla quasi assaggiare.

Si chinò appoggiando le mani sulle ginocchia, poi rialzandosi riprese la corsa fino al limitare della pineta, si fermò, il terreno duro della boscaglia aveva lasciato il posto ad una distesa di fine sabbia dorata che affondò sotto il suo peso, rimase esterrefatto…il paesaggio sembrava mutare così all’improvviso, dei passi, qualcuno gli si era affiancato, era Sasha a poco più di un metro da lui che lo fissava sorridendo, anche lei guardò i piedi sprofondare nella rena, d’istinto si tolse gli stivali e le calze, emise un risolino compiaciuto.

Eren fece lo stesso, si liberò dell’attrezzatura e delle bombole ormai scariche, si tolse gli stivali e le calze affondando i piedi nella sabbia calda, anche lui sorrise, era piacevole il solletico tra le dita dei piedi, si volse nuovamente verso Sasha che era ripartita di gran carriera verso la duna che chiudeva l’orizzonte dietro la quale era scomparso Armin.

Il cuore gli martellava nel petto e nelle orecchie, non era solo la corsa nella sabbia che sembrava volerlo trattenere, era l’aspettativa della sorpresa, l’emozione gli attanagliava lo stomaco,  - Amin!- chiamò controvento.

A fatica risalì la duna e fu lì che lo vide, era immenso, la cosa più grande dopo le mura del Wall Sina che avesse mai visto, qualcosa che il suo sguardo non riusciva a contenere e la mente non riusciva a concepire in tutta la sua grandezza: l’oceano.

Era ancora più grande, più spettacolare di quanto avesse mai immaginato, i loro discorsi, le illustrazioni dei vecchi libri non potevano rendere giustizia a ciò che gli si apriva d’innanzi, chiamarlo massa d’acqua era riduttivo; l’Oceano era vivo, aveva una sua voce, si muoveva, andava e veniva spumeggiando incontro alla battigia accarezzandola dolcemente come un’amante premuroso, l’azzurro del cielo si perdeva nel suo orizzonte, tanto che non si capiva dove finisse uno e iniziasse l’altro.

I profondi occhi verdi di Eren si riempirono di quella magia, dovevano essere gabbiani i grandi uccelli bianchi che planavano sopra le loro teste accogliendoli con i loro richiami, era magnifico, uno spettacolo che solo la natura poteva offrire.

Come destatosi da un sogno si ricordò di Armin, lo raggiunse sulla battigia, era rivolto verso il mare, ansimando gli appoggiò una mano sulla spalla, l’esile ragazzo biondo si voltò verso di lui, lacrime silenziose gli rigavano il volto mentre i capelli in balia della brezza si incollavano alle gote umide; non c’era bisogno di parole – Ce l’abbiamo fatta amico mio, ed è ancora più bello di quello che immaginavamo.

Un grido sguaiato irruppe nell’aria, Connie prendendo la rincorsa e spogliandosi al volo aveva già raggiunto l’acqua gridando e ridendo come un pazzo – Ragazzi! È bellissimo! Venite dai! – Sasha, Eren e Armin risero.

Sasha fu la prima a seguirlo, entrando in acqua da prima circospetta ridendo nervosamente, poi sempre più convinta, lei e Connie si misero a scherzare come sempre divertendosi a schizzarsi a vicenda.

Una mano calda e gentile afferrò quella di Eren, Mikasa lo guardava sorridendo dolcemente – Andiamo anche noi? - Lui annuì.

Era così fredda, freddissima, da annichilire le caviglie, ma era bellissimo, la sensazione di essere poco più di un puntino in quell’immensità semovente, libertà allo stato puro, niente mura, niente confini, solo l’orizzonte dietro di loro che nascondeva terre inesplorate e nuovi mondi.

Armin li raggiunse timoroso, ma Eren lo circondò con il braccio sulle spalle, cingendo a se anche Mikasa, si strinsero in un abbraccio – Sono felice di essere qui con la mia famiglia – sussurrò flebilmente Eren, rimasero così per qualche istante ancora, assaporando quel momento di felicità pura, uno di quei momenti che devono essere così, immortalati e imperituri nella memoria.

Alla spicciolata arrivarono anche le altre reclute rimaste, Jean era caduto completamente in acqua per la foga ridendo rumorosamente provocando l’ilarità generale, ridevano così per il gusto di farlo, per sentire le loro voci uscire dalla gola, contro il cielo, contro tutto ciò che avevano passato, anche la morte che li aveva accompagnati passo passo ogni giorno di questa maledetta guerra sembrava ormai lontana in quel posto, dissolta sotto la luce abbacinante del riflesso dell’oceano.

Ma i superiori? – disse Armin – Dobbiamo avvisarli, ci troveranno? Sasha ormai fradicia gli rispose seccata – Teniamocelo per noi! Rimaniamo qui ancora un po’!

Eren si portò la mano sugli occhi per ripararsi dal sole, qualcuno li stava chiamando dalla spiaggia, alcune sagome si stagliavano contro luce.

E’ il capitano! – esclamò emozionato – Capitano Levi! Siamo qui!  - disse agitando il braccio per farsi vedere – Capitano! Capitano!...

Capitano…la voce nasale e secca lo riportò bruscamente alla realtà – Capitano Levi..- la recluta gli stava porgendo il mantello – è qui da diverso tempo ormai, il sole sta per tramontare dovremmo rientrare..

Levi stava ancora osservando il sole morente all’orizzonte, la brezza marina gli arruffava i capelli corvini, era vero stava facendo freddo…

Prese il mantello e se lo avvolse sulle spalle, la recluta si rivolse a lui deferente ma imbarazzato – Signore, mi perdoni, va tutto bene? Levi lo osservò con il suo solito sguardo freddo e vacuo – Si, stavo solo pensando ai miei ragazzi- il soldato parve perplesso –I suoi ragazzi signore? Non sapevo fosse sposato.. – Levi si girò nuovamente verso il mare – Infatti, non lo sono, tu vai pure avanti tra poco arrivo- Si signore! Rispose zelante l’altro avviandosi verso la pineta.

Levi si diresse verso la riva, le onde gli bagnavano la punta degli stivali, con un movimento lentissimo si tolse la catena che portava al collo alla quale era appesa una chiave, la guardò per un istante ancora per poi gettarla lontano tra i flutti dell’oceano – Siete liberi adesso.

   
 
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