Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11
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Autore: Maty66    18/09/2015    2 recensioni
Può un'amicizia sopravvivere a tutto il dolore che a volte la vita ci riserva? Al senso di colpa che ti attanaglia per aver lasciato il tuo migliore amico solo nel momento del bisogno? O al dolore di vedere la propria vita travolta da menomazioni fisiche che forse mineranno la tua indipendenza per sempre?
E cosa si nasconde nel luogo in cui Ben si è rifugiato per sfuggire a tutto? Possono le persone che incontrerà sul suo cammino aiutarlo a riprendere in mano la tua vita?
Sequel di "Il paradiso può attendere". E' consigliabile anche se non necessario, leggere la storia precedente.
Genere: Angst, Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LA CLINICA DEGLI ORRORI DI MATY66 e CHIARABJ
 
Capitolo 13
Situazione esplosiva


 
“Ben… Ben stai bene?”
La voce di Chiara si fece strada nella mente ancora offuscata del giovane poliziotto.
Girando la testa vide che l’avevano legata ad una sedia in una grande stanza.
La presenza di attrezzature mediche per analisi e di vari pc  faceva immediatamente capire che si trattava del laboratorio di Stein.
A lui avevano legato solo le mani ai braccioli della sedia, ritenendo inutile fermare anche le gambe.
Ben annuì verso la ragazza.
“Bene, ma mi gira la testa” balbettò.
“Zitti voi due…  fra un po’ avrete tutto il tempo per ‘tubare’ fra di voi, tutta l’eternità in effetti” intimò l’assistente.
Chiara spalancò gli occhi dalla paura.
Urlare era inutile, laggiù non li avrebbe sentiti nessuno.
“Perché sei qui giù? Perché sei venuta qui da sola?” chiese Ben sottovoce, mentre ormai il cervello si schiariva sempre più.
“Lo so… ho sbagliato, scusa… ho agito d’istinto, ma ti avevano messo in vena qualcosa… non lo so…” Chiara era sull’orlo delle lacrime.
“Non piangere, Semir arriverà, ci troverà vedrai” la consolò Ben.
“Ho detto zitti!!!” urlò l’assistente, mentre si sedava alla scrivania ed iniziava a lavorare al pc.
“Fai il backup di tutti i dati mi raccomando, non voglio perdere il mio lavoro” intimò Stein entrando  nel laboratorio con un’enorme borsa da lavoro.
Si mise alla scrivania e frenetico iniziò  prendere i documenti e a ficcarli nella borsa.
“Cosa facciamo dopo?” chiese l’assistente.
“Qui giù ci sono le tubature del gas… basterà provocare una fuoriuscita e poi al momento giusto… bum!” ridacchiò malefico Stein.
“Sparirà tutto, le prove e soprattutto questi due. E sembrerà un incidente, già l’anno scorso c’è stata una perdita ricordi?” continuò.
“Mentre il pc scarica i dati, dammi una mano di là” chiese alla fine Stein.
I due si allontanarono dalla stanza, lasciando Ben e Chiara da soli.
Con un occhio alla porta Ben  si chinò ed iniziò a mordere la corda che gli legava il polso destro.
“Dobbiamo uscire di qui” disse a Chiara che lo guardava sempre più impaurita.
 
“Allora abbiamo ottenuto il mandato per la perquisizione sia della clinica che dei sotterranei” annunciò la Kruger entrando nell’ufficio di Semir.
“Finalmente… voglio arrivare possibilmente prima di quei bastardi. E soprattutto voglio mettere Ben in un’auto e portarlo qui a Colonia” fece Semir.
“Non possiamo essere sicuri che quei farmaci sino la causa delle morti avvenute nella clinica” fece notare la Kruger.
“Perché su nessuno è stata effettuata l’autopsia, le hanno considerate morti naturali”
Il pensiero della probabile riesumazione dei piccoli morti provocava a Semir un moto di rabbia, come se i genitori non ne avessero già passate abbastanza.
“Siamo pronti” Dieter era appena entrato in ufficio con Jenny.
“Tenetemi informata” chiese Kim mentre tutti uscivano e si dirigevano alle auto.
 
Ben  aveva quasi  sciolto il nodo della corda che gli legava il polso quando dovette raddirizzarsi  vedendo Stein ed il suo assistente rientrare nel laboratorio.
Poco dopo una sirena riecheggiò acutissima, mentre un odore acido si diffondeva nell’aria.
“Ecco l’allarme… ora inizierà l’evacuazione. Approfitteremo della confusione per allontanarci. Nessuno noterà l’assenza di questi due e anche se la noteranno… beh saranno solo due sfortunati che non sono riusciti a scappare” rise Stein.
“Io vado, tu prendi la chiavetta con i dati, poi li stordisci e li sleghi”
L’assistente lo guardò perplesso.
“Deficiente, vuoi che li trovino legati ad una sedia? Ti aspetto sopra, quando saremo fuori basterà far squillare il cellulare per l’innesco” disse Stein mentre chiudeva tutte le porte per permettere al gas di saturare prima l’aria.
 
L’odore del gas era penetrante e disgustoso.
L’assistente di Stein si avvicinò minaccioso a Chiara, pronto a colpirla con un pugno in faccia.
Ben non sapeva cosa fare… era letteralmente disperato e immobilizzato.
Il polso era ancora attaccato al bracciolo e nonostante le corde fossero allentate non riusciva a liberarsi completamente.
Non poteva finire così,  non voleva morire e non voleva che Chiara morisse con lui.
Cercò di mandare dei segnali alle sue gambe, ma gli arti si ostinavano a rimanere immobili.
“Muoviti muoviti muoviti” pensò, senza capire se stava anche urlando.
“Lasciala stare bastardo” urlò mentre l’uomo aveva già alzato il pugno per colpire Chiara.
“Che vuoi? Vuoi prenderle per  primo tu?” fece  il medico avvicinandosi e calandosi su di lui.
Errore fatale, perché così senza nessun preavviso, reagendo a stimoli che non sentiva da tempo , il ginocchio di Ben si alzò di scatto e urtò con tutta la sua forza contro il  naso dell’uomo.
 
L’assistente di Stein crollò a terrà tenendosi il naso e urlando di dolore.
“Bastardo… il mio naso…” strillò mentre il sangue gli filtrava tra le dita.
Ormai l’odore del gas stava diventando insopportabile e Ben sentì Chiara tossire violentemente.
Ben strattonò ancora una volta le corde e finalmente sentì la pressione sul polso allentarsi.
Cercò di liberare la mano e sciogliere i nodi dell’altra, ma era troppo tardi.
Il medico si era rialzato e con gli occhi rossi di rabbia si avvicinò al giovane poliziotto.
“Bastardo maledetto” sibilò mentre gli stringeva le mani al collo.
 
 
 
“Centrale a Cobra 11” gracchiò la radio.
Semir stava guidando velocemente, ma  il traffico sull’autostrada era rallentato da un carico speciale che precedeva la BMW.
“Dimmi Susanne” rispose Semir.
“Semir… pare che alla clinica Felsen sia in corso un allarme per una fuga di gas, stanno evacuando tutti”
“Maledizione, hanno chiamato i  vigili del fuoco?” balbettò il piccolo turco, ricacciando indietro il panico.
“Sì certo… Semir stanno evacuando i pazienti, sicuramente anche Ben… starà bene, vedrai”
  L’ispettore non si prese cura di rispondere.
La sua mano era già sul cellulare  a chiamare Ben.
“Dannazione rispondi” sibilò mentre il telefono squillava a vuoto.
 
Il primo piano della clinica sembrava una bolgia infernale.
Tutti correvano in viarie direzioni, gli infermieri si affannavano a trasferire i pazienti su sedie a rotelle e barelle, alcuni venivano trasportati a mano per uscire più in fretta.
Non c’erano molte grida, solo alcuni dei pazienti piangevano dalla paura e la tipica confusione che si crea quando tante persone devono andare in un medesimo posto il più in fretta possibile.
Stein guardava impaziente verso l’ascensore, contando i secondi.
Presto il sotterraneo sarebbe stato saturo e bastava un nulla per far scoppiare tutto.
Non poteva perdere i dati, il backup del suo lavoro, ma quel deficiente non si vedeva. Mai far fare un lavoro delicato ad incompetenti.
“Professore, abbiamo evacuato tutti ai piani superiori, ma non riesco a trovare il signor Jager”
La voce di Ester fece sobbalzare Stein.
“Sarà già fuori con gli altri pazienti” rispose cercando di apparire calmo.
“No, ho controllato due volte. L‘ultima volta che l’ho visto il suo assistente lo stava portando nel seminterrato per le analisi”
Questo poteva rivelarsi un problema, ma Stein non se ne preoccupò più di tanto.
Bastava fuggire, poi comunque doveva lasciare il paese per continuare i suoi studi. Forse in Russia o meglio ancora in Cina.
“Infermiera quando è scattato l’allarme sono sceso nel laboratorio ed il signor Jager non era là. Forse il mio assistente lo ha accompagnato fuori prima. Controlli di nuovo” ordinò.
Ester non si mosse guardandolo sospettosa.
“Vada! E trovi il paziente” urlò.
Ester uscì  nel parco con passo incerto.
Stein aspettò che si allontanasse e poi lanciando maledizioni prese l’ascensore per tornare nel seminterrato e vedere quel che stava succedendo.
 
Ben tossiva e le immagini del mondo intorno a lui iniziavano a sfocarsi sempre più.
Le mani dell’uomo intorno al collo erano una morsa ferrea e non riusciva a prendere neppure più un respiro.
Cercò di mandare nuovamente segnali alle sue gambe, ma al di là di un leggero movimento gli arti non avevano alcuna intenzione di collaborare.
Con la coda dell’occhio vide Chiara semiaccasciata sulla sedia.
Doveva agire subito o sarebbe stato troppo tardi.
“Non voglio morire” pensò.
Con la mano libera andò a tentoni cercando disperatamente di trovare qualcosa… qualunque cosa.
Era vicino ad un tavolo di laboratorio e afferrò la prima cosa voluminosa, senza neppure guardare.
Raccogliendo le ultime forze, colpì l’assistente di Stein alla testa.
 
L’uomo s’accasciò a terra con un gemito e restò immobile.
Ben non riusciva a smettere di tossire, era al limite delle sue forze, ma doveva fare qualcosa per salvare la vita di  Chiara e la sua.
Sporgendosi dalla sedia riuscì ad arrivare a lei.
“Chiara… Chiara… svegliati dobbiamo uscire di qui… mi devi aiutare, non ce la faccio  a portarti…” balbettò mentre tossiva.
Con fatica riuscì a liberare le mani e le gambe della ragazza.
“Chiara ti prego…” balbettò di nuovo.
“Ben…” finalmente la fisioterapista reagì.
Tossiva, ma riuscì  a mettersi lentamente in piedi.
“Dobbiamo uscire, dammi una mano” chiese Ben.
 
Semir non ricordava di essere stato più in ansia, se non per la nascita delle sue figlie.
Sperava solo di non svenire come allora, ma ora aveva anche  paura e la paura gli imponeva di restare lucido.
Arrivato al  viale che conduceva alla clinica dovette fermarsi, accodato all’auto con Dieter e Jenny.
Il posto era già invaso da ambulanze, auto e mezzi dei vigili del fuoco.
La confusione era incredibile.
Semir non ebbe neppure il tempo di scendere dall’auto.
“Attenzione sta per esplodere tutto” sentì urlare.

Subito dopo una enorme palla di fuoco esplose e lo spostamento d’aria  quasi lo buttò a  terra. 
 
 
 
 
Angolino musicale: Siamo ‘arci sicure’ che nessuno di voi, cari fedelissimi e stupendi lettori, si aspettava che avvenisse ciò…Semir non è arrivato in tempo…
Bon Jovi ‘Save A Prayer’ ( dire una preghiera)

Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=2iiF989xT2Q
Ti sei mai sentito come se stessi affogando? Ti sei mai sentito tradito da un bacio? Hai mai sentito di aver bisogno di qualcuno. Ti sentiresti solo in un mondo come questo? Hai mai avuto bisogno di un rifugio Hai mai riso quando volevi piangere 
Hai mai sognato la rivoluzione? Non ti sembra mai di vivere una menzogna? Oh troppi bambini crescono ciechi alla verità Che dire …dì una preghiera per me, io la dirò per te. Ti sei mai sentito indifeso Ti sei mai sentito come una ferita aperta? Hai mai voluto vendicarti o perdonare, ti sei mai sentito così vicino alla verità? Il mondo ha chiuso gli occhi sull’accecante verità Dì una preghiera per me, io la dirò per te…
  
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