Note più o meno utili: le
scrivo ancora prima di scrivere la
storia perché è più bello ed
emozionante pffffffff ma chi la do a bere, amo
scrivere note e basta.
I
personaggi (maltrattati)
sono: Fem!Ace, Fem!Smoker, Male!Tashigi, Fem!Marco, Thatch, Hina
(questi ultimi
tre appaiono solo nel finale e solo perché li adoro).
Linrossa
– boh,
versione storpiata di Linea Rossa. Il primo nome decente per una
città a caso
in un mondo a caso. Faccio schifo con la toponomastica, lol.
Per
la versione
genderbender di Ace, Marco e Smoker rimando alla seguente cosa
meravigliosa: io
me le immagino così.
Cioè, in realtà per me Marzia assomiglia a Erika
Linder in questo
video. Nella
fanart che vi ho linkato compare anche una delle pessime pick-up lines
di Anne.
Qualcuno faccia santa Anne, per favore, è tipo il mio mito.
Helter skelter significa qualcosa come
“grande macello,
caos, confusione”, oppure
“un’interruzione della quiete pubblica”. Going helter skelter significa qualcosa
tipo “fare la festa a qualcuno”. Non sono brava coi
titoli, se sono troppo
banali mi turbano, quindi... Ecco un titolo scemo per una cosa ancora
più
scema. Mamma mia.
Idiozie
ahead. Se
letta, questa storia causa riso (basmati) convulso o schifo. In
realtà vorrei
vi strappasse un sorriso, eh! C:
Buona
lettura!
Helter skelter
Come
si dice, la
prima cosa da fare è individuare la propria vittima. Ci
vuole un po’ di
pratica, bisogna stare attenti, osservare attentamente la persona che
si
intende rapinare per evitare casi disperati o poliziotti in incognito.
Oppure
anche campioni di judo o di boxe, come è successo diverse
altre volte a
Linrossa – il che suona come una cosa assurda, ma
è capitato almeno una decina
di volte. Questo, in sè, avrebbe dovuto scoraggiare sia
borseggi che rapimenti,
ma i problemi non erano affatto diminuiti.
Anne
non aveva
veramente bisogno di prendere i portafogli altrui. Però
quello che era
cominciato per una scommessa le era piaciuto talmente tanto che
continuava
imperterrita a giocare col fuoco. E poi non rubava veramente niente
(tranne
foglietti divertenti o compromettenti: quante cose le persone
nascondevano nei
portafogli!), a dire il vero. Magari si teneva un portafogli
perché le piaceva,
magari li scambiava tra persone per vedere le loro reazioni. Una volta
due
single si erano conosciuti grazie ai suoi trucchetti, e qualche ora
prima Anne
li aveva visti prendersi un caffè al bar insieme. Ah, che
carini, che erano.
In
quel momento,
dicevamo, Anne si stava pettinando i capelli con le dita, seduta su una
panchina della strada principale di Linrossa – cara grazia,
quella strada era
pedonale. Osservava le persone piene di pacchetti, sacchetti, altri
bagagli i
cui nomi finivano in –etti, le loro mani, i loro sguardi.
Una
donna attirò
la sua attenzione: fumava sigari e aveva un’aria o
infastidita o minacciosa (o
entrambe). Be’, era un soggetto piuttosto divertente, messo
lì in mezzo a una
folla di persone felici. Al suo fianco c’era un ragazzo con
gli occhiali,
carino, un po’ goffo, inciampava spesso – oh, e
aveva degli anfibi notevoli.
Per motivi diversi, entrambi non rientravano bene nel quadro
dell’Avenue di
Linrossa.
Lui
era carino,
lei era da urlo. Per l’amor del cielo.
A
questo punto,
non si trattava più di essere attenti e cauti: si trattava
di fare un grosso
scherzo a quei due (soprattutto a lei, ovviamente). Doveva solo
prenderle il
portafogli, e aveva già una mezza idea—
Anne
smise di
pettinarsi i capelli e si alzò dalla panchina. Non erano
distanti da lei e
stavano camminando verso la sua panchina. Doveva solo mescolarsi bene
nella
folla e non avrebbe avuto problemi.
Ecco,
si era
infilata nella fiumana di persone, nuotava con calma, convinta delle
proprie
capacità di borseggiatrice a tempo perso. Ora camminava
dietro di loro per
studiarli.
Il
ragazzo
inciampava spesso, davvero. Ogni
tanto la donna lo acchiappava per il colletto della giacca come una
mamma gatto
acchiappa i cuccioli per la collottola. Di certo non era suo figlio
biologico
(lei era troppo giovane e lui troppo grande perché potesse
essere possibile),
ma il loro rapporto doveva essere simile a quello tra una madre e un
figlio.
Ah, erano carini, a modo loro.
Li
seguì per
qualcosa come cinque minuti. L’Avenue era una strada
piuttosto lunga e, in quel
pomeriggio autunnale, era anche piuttosto affollata (come si
sarà ormai
capito), per cui Anne ebbe tutto il tempo di studiarli. La donna
portava il
portafogli nella tasca destra posteriore dei jeans, il giovane nella
tasca
sinistra. Tenendo conto che lei era alla sinistra di lui, ad Anne parve
quasi
che li avessero messi il più possibile al centro
dell’asse rappresentato dal
sottile spazio vitale che separava le loro braccia. Come a dire: uno
controllava che il portafogli dell’altra fosse ancora
lì e viceversa.
Erano
così
interessanti che Anne si infervorò ancora di più.
Li superò senza farsi notare
per poi poter camminare verso di loro facendo finta di nulla. Doveva
dividerli
abbastanza da sfilare i portafogli dalle loro tasche; aveva il piano
giusto
(be’, giusto, adesso:
diciamo il più divertente)
per farlo.
Camminava,
camminava: quando fu a tre passi da loro, Anne prese la rincorsa del
fiato
(perché prendere la rincorsa per correre è troppo
ordinario, lei la prendeva
per respirare), fece un passo, si alzò sulla punta dei piedi
perché quella
donna già era alta, in più camminava sui tacchi a
spillo, le prese il viso tra
le mani, la baciò sulle labbra, si infilò tra i
due scivolando tra i loro
fianchi e sfilò con leggerezza i loro portafogli dalle
tasche.
La
cosa più buffa
in tutto questo è che nessuno dei due si accorse dei
portafogli mancanti: non
subito, perlomeno. Anne invece cominciò a correre a
perdifiato tra la gente,
seguita a ruota dai due rapinati.
«Polizia!»
Gridò
la donna – e Anne avrebbe pagato per vedere la sua faccia
arrossata per
l’imbarazzo, la corsa e la rabbia, ma doveva assolutamente
scappare. «Sei in
arresto per oltraggio a pubblico ufficiale!»
Ah, brava, Anne, sei riuscita a beccare
l’unica poliziotta in tutta l’Avenue,
pensò Anne, continuando a correre. Avrebbe anche voluto
vedere come se la stava
cavando il ragazzo, visto che camminando rischiava sempre di finire a
terra.
Anne
correva con
le sue gambe lunghe e le sue scarpe da ginnastica, ma la donna non
cedeva.
Dovette riconoscere che scattare come un ghepardo con dei tacchi a
spillo non
era esattamente da tutti. Ah, quella là le piaceva ancora di
più.
Quel
pensiero fu
abbastanza perché Anne si distraesse e la poliziotta
l’afferrasse per una
spalla. Finirono a terra per la velocità a cui stavano
correndo: rotolarono per
qualche metro. Quando Anne riaprì gli occhi, si era
ritrovata nel campo visivo
la poliziotta e il ragazzo, entrambi senza fiato.
«Ehi,
agente,»
cominciò Anne, «se le dicessi che ha un corpo da
urlo, lo userebbe contro di
me?»
La
poliziotta (che
aveva perso il sigaro nella corsa) fece una smorfia minacciosa e
premette con
più forza il ginocchio sulla pancia di Anne.
«Sta’ zitta, razza di scalmanata.
Sei in arresto.»
«Signora,
il
distintivo!» Disse il ragazzo – che evidentemente
era qualcosa come un suo
partner di lavoro. «Qualcuno me lo ha sottratto!»
«Lasciami
indovinare,» disse la donna, «dove hai messo i
nostri portafogli, marmocchia?»
Anne
le fece
l’occhiolino. «Non saprei. Ma se proprio vuol
perquisirmi...»
«Tashigi,
va’ a
prendere l’auto. Questa va dritta in Centrale e ci
rimarrà un bel po’.»
«Sissignora.»
Il
ragazzo – Tashigi – scomparve dalla vista di Anne,
che sorrise.
«Oh,
avanti, ogni
scusa è buona per rimanere da sola con me, signora?»
La
poliziotta
sbuffò pesantemente. «Ti conviene star zitta, o
finirai in guai peggiori.»
«Lei,
per esempio,
sembra proprio un bel guaio, signora!»
Continuò Anne.
Per
l’amor del
cielo, era proprio senza vergogna, la ragazzina. Recuperò i
loro due portafogli
– non senza notare come Anne avesse ghignato quando la donna
le mise una mano
nella tasca dei pantaloncini per prenderli –, la
ammanettò e per i due minuti
successivi ignorò completamente i tentativi di conversazione
di Anne.
«Smoker,
signora!»
Disse Tashigi, ancora senza fiato. «L’auto
è qui.»
Solo
a quel punto
Anne si rese conto del casino in cui era finita. Però un
po’ ne era valsa la
pena, eh.
«Marzia,
su!
Pagate la cauzione per me!»
Marzia
e Thatch si
guardarono, poi all’unisono dissero: «No.»
«Te
lo sei
meritato.» Aggiunse Marzia.
Anne
mise su il
broncio più tenero che riuscì a fare, ma nemmeno
quello fu utile. E inutile,
comunque, fu il suo soggiorno in cella, visto che una volta fuori
ricominciò
con il suo passatempo preferito – ma evitò belle
donne sui tacchi a spillo con
un sigaro tra le labbra.
Certo,
però, che
quella donna dai capelli colorati – perché va bene
tutto, ma capelli rosa
naturali non erano proprio la norma – era davvero uno
schianto. Forse—
Ma
neanche con
Hina le andò bene, davvero.
Note Autrice:
Scrivo
genderswap/genderbender perché oddeo, le donne in One Piece
sono tutte gnocche
e non posso stare a guardare senza far niente. Grandi
motivazioni, mi dicono.
Ah,
Smoker va in
giro col tacco dodici a spillo perché sì.
Headcanon ovunque (in verità è solo
perché amo i tacchi a spillo ma non saprei camminarci su
neanche con l’aiuto
delle stampelle). Tashigi invece è un maschietto
perché io amo Tashigi sempre e
comunque e almeno una volta volevo renderla un uomo adorabilmente
goffo. Oddio,
Tashigi, ti amo, sposami, uomo o donna non mi interessa.
E
non vorrei dire,
ma Marzia (oh, il nome deriva da quello di Marte e per me è
troppo, non potevo
non sfruttare un nome del genere!) tipo è troppo per me e i
miei ormoni. Ciao a
tutti, vi ho voluto bene.
E
Hina,
personaggio lasciato in disparte, povera cara. Adoro anche lei.
Also
è tutta colpa
di tumblr e delle masterlist dove trovo prompts bellissimi e non so
cosa farci
e piango e poi scrivo ste cose. Il prompt era: kissed
them as a distraction while stealing their wallet AU. E poi
io amo le Smoker/Ace da non so
quanto, tipo che li shippavo da prima di sapere che cavolo fosse una
ship. LOL.
Ma voglio dire, non disdegno nessuna ship in OP, tranne la ZoNami,
causa brutti
ricordi, non perché loro non mi piacciano.
E
le note
diventano più lunghe della storia ma amen.
Spero
che a
qualcuno sia piaciuta – boh, io mi sono divertita un mondo a
scriverla. Se non
siete ancora scappati da queste note, sappiate che siete coraggiosi
più di
Usopp.
Grazie
per aver
letto!
claws_Jo
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.