«Bevi».
«Smettila, non ne ho bisogno», sussurro
spazientita.
Thomas da un calcio alla porta e fa un
gesto brusco con le mani.
«Sei impazzito? Vuoi farci morire prima
del tempo?» accanto a me, Juliet lo rimprovera istantaneamente. Poi si gira a guardarmi. «Scusami, sono
un’insensibile». Le sorrido, un sorriso rassicurante, per farle capire che non sono
offesa. Mi sento tremendamente stanca ed i muscoli del collo e della bocca non
collaborano per farmi parlare. Chiudo gli occhi. Sento i passi stizziti di
Thomas fare avanti e indietro per la stanza, lo scricchiolio di patatine
mangiate da Juliet e, infine, dei rumori su per le scale. Socchiudo un occhio e
vedo entrare una chioma castana con un fucile da cecchino in mano.
«Siamo nella merda», annuncia Neil senza
giri di parole. Prende uno sgabello e ci si siede. «Sono troppi. Pur usando
tutte le munizioni riusciremmo ad ucciderne molto meno della metà».
«Potremmo aspettare qualche altro giorno,
la situazione potrebbe calmarsi» suggerisce la mia amica.
«No!» dico. Apro entrambi gli occhi e
cerco di mettermi a sedere.
«Heather ha ragione» dice Neil «non se ne
andranno. Soprattutto adesso che sanno di avere quattro giovani corpi con cui cenare.
Prendiamo le nostre cose e leviamoci dai piedi il prima possibile».
«Prendete le vostre cose», lo correggo.
«Cosa diavolo stai farfugliando adesso?»
Thomas alza la voce.
«Ormai ho le ore contate. Vi risparmierete
un peso inutile», mi scosto una ciocca di capelli e guardo il mio braccio,
sempre più pallido.
«Troveremo un rimedio, una cura, un…»
«Ci avete già provato ed hai visto tu
stesso i risultati».
Sono stata morsa da un non-morto. È successo
tre giorni fa. Cercavamo delle provviste in un supermercato abbandonato. Tutto
inutile. Sopravvissuti più veloci di noi lo avevano saccheggiato da cima a
fondo. Trovammo una busta di patatine nella casa adiacente e ci dirigemmo alla
jeep. Poi una ventina di zombie ci attaccò. Essendo in quattro riuscimmo a
farli fuori senza troppi problemi. Peccato che uno di questi mi prese alle
spalle e mi morse il braccio senza troppi complimenti. Da vivo doveva essere
proprio un bell’uomo. I capelli biondi gli ricadevano flosci sul viso, gli
occhi, un po’ azzurri e un po’ iniettati di sangue, mi fissavano, e i denti, un
tempo bianchi e diritti, gustavano la mia carne. Gli sfracellai la testa con un
colpo di Colt Double Eagle e lo spinsi via. Se mi fossi sparata subito alla
tempia, avrei risparmiato un po’ di grattacapi ai miei compagni. Era palese che
prima o poi mi sarei trasformata anche io in uno di quegli abomini, diventando
una minaccia. Loro, tuttavia, hanno fatto finta di niente e disinfettato
ugualmente la ferita. Hanno passato i primi due giorni a rassicurarmi che
avremmo trovato una cura, ma io non ci ho creduto e non ci credo tuttora.
Adesso siamo intrappolati in questo posto
ammuffito senza modo di uscirne vivi (loro almeno, io tra poco rinascerò come
macchina-mangia-cervelli). Infatti, ieri pomeriggio, ci siamo barricati in una
piccola struttura militare abbandonata. Neil e Thomas, nella più totale
disperazione per la mia imminente morte, erano convinti che i militari, prima di
abbandonare il luogo, avessero lasciato un antidoto per la mia simpatica
malattia. Il risultato è stato che Neil, mentre perlustravano il pianterreno,
certo di aver visto uno zombie, ha sparato accidentalmente a Thomas, colpendolo
di striscio. Il suono, l’odore di sangue della ferita e l’urlo di Juliet, hanno
allertato tutto il vicinato di zombie, che adesso sono accalcati davanti al
cancello principale, convinti che li faremo entrare per un banchetto gratuito.
Abbasso lo sguardo. Da quando sono stata
morsa, i miei amici girano sempre con un’arma a portata di mano. In effetti,
neanche io so quando arriverà quel momento.
Nel frattempo, mi osservo diventare sempre più debole, ma più assetata di carne
umana. Finalmente potrò assaggiarla senza essere accusata di essere una cannibale.
Thomas si accovaccia accanto a me e mi
prende una mano tra le sue. L’ho conosciuto due anni fa e c’è stata subito
simpatia reciproca tra noi. Era con me quando l’epidemia scoppiò e, da quel
giorno, siamo rimasti insieme. Mi mancherà troppo, soprattutto adesso che,
insomma… per me c’è molto più di un’amicizia.
«Possiamo sempre tornare indietro»
suggerisce.
«No, lo sai che dietro di noi non è
rimasto più niente» gli risponde Neil. Si massaggia le tempie. «E da quanto ho
visto, dall’uscita posteriore, cioè da dove siamo entrati noi, le situazione è
peggiore».
Nella stanza cala il silenzio. A me, fin
dall’incidente della sera prima, ronza in mente un’idea. So che è la cosa giusta
da fare, anche se non me lo permetteranno mai.
«Ragazzi, io so cosa potremmo fare», mi
schiarisco la voce e li vedo voltarsi ad ascoltarmi, «usiamo quella bomba a
mano che ha trovato Neil ieri sera».
«Geniale! Però non possiamo tirargliela
da qui, siamo lontani dalle mura. Queste sono pure alte e se sbagliassimo il
lancio… e poi il cancello è chiuso. Lo sai che…»»
«La corrente è saltata e non possiamo
aprirlo elettricamente. Lo so».
«E allora?» Juliet mi fissa meglio in
faccia. Forse crede che io stia delirando.
«Facciamo cadere il cancello» tentenno.
Non è facile trovare le parole per dire che vuoi farti saltare in aria. «Dopo
esploderà la granata, ed io con lei».
Eccoli sollevare in protesta. «Ma sei
pazza?», «Non se ne parla!», «Heth, ma ti rendi conto
di quello che dici?»
«Perché continuate a negarlo? Sto per
morire! Preferite che mi uccida da sola o che mi uccidiate voi? Avete davvero
il coraggio di sparare ad una vostra amica?
Potrei trasformarmi in qualsiasi momento
e non esiterò a strapparvi il cervello! Abbiamo finito le scorte di cibo e
dovete continuare per la vostra strada, non potete resistere che altri due
giorni qua dentro, con un’orda di zombie alle porte. Io ho accettato il mio
destino. Permettetemi di salvarvi».
Juliet si rannicchia sulle mie ginocchia.
«No, Heather, come posso mandarti a morire così?»
«Permettetemi di salvarvi…», sussurro,
con voce tremante.
Neil si alza di scatto. «Perché non aprire
il cancello e tirare la granata nel mucchio?»
«Perché non abbiamo esperienza nel lancio
delle granate e perché, rimanendo sotto, sarete esposti all’esplosione e agli
zombie che entreranno».
Mentre noi discutiamo, Thomas è rimasto
in silenzio, combattuto con sé stesso. Fare morire la donna di cui è innamorato
(oh, sì, lo avevo capito fin dalla prima orda zombie affrontata insieme) o
cercare un’altra, inesistente, via di salvezza?
Parla agli altri chiedendo di lasciarci
soli. Una volta chiusa la porta, mi aspetto che gridi, che mi dica quanto sia
inumana a considerare una scelta del genere. Invece, è con un grande peso sul
petto che mi chiede: «Hai scelto così quindi di lasciare questo mondo?» Non mi
guarda.
Sospiro. Il fiato mi si mozza nei
polmoni. «Sento che manca poco… Lo sai? Hai un buon odore».
Lui mi rivolge uno dei sorrisi più
tristi. «Diciamoci la verità: sarebbe da stronzi dire “sì, va pure a morire,
almeno mi salvo le chiappe!”, ma stai morendo. Non possiamo fermare il tempo,
non posso evitarlo. Darei me stesso per salvarti, darei qualsiasi cosa. Ma,
semplicemente, non c’è tempo. La tua trasformazione è inevitabile. Sarei un
ipocrita a negare l’evidenza».
Mi sollevo con fatica dal giaciglio e lo
abbraccio forte. Ha capito.
Adesso i suoi occhi incontrano i miei,
«permettimi solo di farti un ultimo regalo», aggiunge. Non comprendo, ma lui
non si spiega oltre e non insisto.
Il sole sta per terminare il suo corso.
All’esterno la luce non è più così vivida e le ombre si allungano sempre più.
Al di là del muro di recinzione, i non-morti si fanno sentire.
I ragazzi hanno preparato i bagagli e
caricato tutto in macchina. Neil mi ha portata tra le braccia in cortile e,
dopo un forte abbraccio e molte lacrime, è risalito sulla torretta centrare per
mirare al cancello. Juliet mi tiene forte la mano e non osa guardarmi negli
occhi.
Il piano è semplice. Thomas fa saltare i primi
due meccanismi di blocco del cancello automatico ed io innesco la granata, che
esploderà dopo cinque secondi. Thomas spara ai cardini superiori del cancello e
si mette al riparo. La granata esplode, dimezzando il numero degli zombie. Juliet,
Neil e Thomas dalla torretta centrale ne uccidono la maggior parte e, infine,
corrono alla jeep ed escono dal cancello sgombro dall’orda.
Costringo Juliet a guardarmi. Le dico che
andrà tutto bene e che si salveranno. Che è stata un’importante amica e
compagna di viaggio. Rimaniamo abbracciate per qualche minuto e poi anche lei
sale a prendere posto con Neil.
Sento le gambe cedere, le membra pulsare,
gli occhi bruciare. Zoppicando, mi volto verso Thomas. Sta venendo da me.
«Sono pronta».
«Allora mi metto in posizione» si ferma,
ma poi aggiunge, «Heather, sei una delle persone più vere che abbia mai
incontrato. Hai colorato la mia vita, salvandola due volte. Mi hai insegnato la
vera amicizia, l’amore e la fiducia. Ti porterò nel mio cuore, per sempre».
«Ti ricordo che ti ho insegnato anche a
sparare» gli scherzo, ma lui poggia le sue labbra sulle mie, per pochi secondi.
«Avevo immaginato un finale diverso», sussurra.
Mi volta le spalle e si mette in posizione. Anche io vado, fermandomi vicino al
cancello, e gli faccio un cenno con la testa.
Spara ai due cardini inferiori, che
cedono senza difficoltà.
Tiro via la levetta di sicurezza dalla
granata:
5, il terzo cardine cede. I non morti
spingono con più forza.
4, il cuore mi batte all’impazzata.
3, salta il quarto cardine. Le due porte
del cancello crollano.
2, l’orda irrompe, correndo verso me.
Uno sparo. Ed è Buio.
1,
butto via la pistola, gli zombie circondano Heather.
0,
l’esplosione.
«Al
mio tre, pronti a fare fuoco!»
Storia senza troppe pretese nata in un momento di ispirazione
post relax-con-videogiochi.
Spero vi sia piaciuta e abbiate capito il finale e il suo
significato, che sono certa di non aver spiegato/scritto bene. Per questo infatti
vi chiedo di commentare, ci tengo molto a ricevere un’opinione da chi legge. Ditemi
pure se trovate errori (di ogni genere) e correggerò subito.
Alla prossima?
Hasta la vista!