Perdono
La stretta intorno al collo del suo amico era forte, ma non mortale. Le dita premevano sull'armatura scura del ragazzo, premevano con ira, lasciandogli il tempo di sentire il dolore sulla pelle e l'aria affievolirsi lì nella gola. Voleva che egli soffrisse... quanto lui stesso stava soffrendo in quel momento. Ed era egoista, ed era senza senso... perché Camus, cavaliere dell'Acquario, aveva già sofferto fin troppo la sua nuova esistenza. Una labile e effimera esistenza.
Ma la tristezza che violentava il suo cuore, straziandolo, era solo un pretesto di quanto il cavaliere si sentisse veramente in colpa... Soffriva perché non era Aquarius il colpevole, ma lui. Perché Milo aveva dubitato. Milo non era uno stolto e aveva dubitato. E anche solo quel dubbio doveva divenire certezza appena l'avesse visto, eppure... così non era stato. Ed ora ne pagava le conseguenze: lui e anche il suo migliore amico.
Perché
non aveva compreso l'intento? Il suo acume era venuto meno?
Guardare
in faccia un amico che muore...
Come
poteva?
Perciò
stringeva il collo di Aquarius, quasi un istinto insensato che la
morte non lo raggiungesse. Non te ne andare. Non ti
lascerò
scivolare dalle mie mani.
«Bastava
un cenno, un segno... avrei capito. Giuro Camus, avrei
capito.»
Non
rispose. Camus avrebbe potuto sostanzialmente sforzarsi di parlare*,
di cercare una scusante, questo avrebbe voluto Scorpio. Voleva che
Camus non fosse stato così eroico, così senza
macchia,
voleva sentire che ci fosse anche in lui qualcosa per cui valeva la
pena stringerlo fino a fargli mancare l'aria nei polmoni, non solo il
risentimento che provava.
Non
era così, perciò non urlava, ma piangeva.
Un
cavaliere non dovrebbe mai piangere. Eppure Milo si sentiva solo
così stanco... e cedette la presa; stanco di aver perso un
amico, di
averlo
ritrovato e di star per perderlo di nuovo. Stanco della sua
stupidità
e della colpa che gli infangava lo spirito come inchiostro nel mare.
Non aveva scuse.
«“Ti
perdono il male che mi hai fatto. Ti perdono la mia vita spezzata, il
mio onore perduto, il mio amore infangato e la salute della mia anima
annegata per sempre nella disperazione.¹”»
Milo
sbatté le palpebre un paio di volte e le lacrime gli
bagnarono
le guance ripetutamente: «Cosa? Io non ti ho chiesto perdono.
Tu-...
Poi
comprese. Le mani non giunsero più a stringere il collo, ma
ad
accarezzargli il capo.
La fiamma si spense piano sulla meridiana dello zodiaco.
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1=
la frase che dice Camus è di Athos, dei tre moschettieri (di
Dumas padre.) Ovvero: “Vi
perdono il male che mi avete fatto. Vi perdono la mia vita spezzata,
il mio onore perduto, il mio amore infangato e la salute della mia
anima annegata per sempre nella disperazione.”
La trovavo azzeccata... e in più francese. ♥
ps*: Sostanzialmente in Saint Seiya quando non si hanno i cinque sensi (Camus aveva solo un senso rimastogli: l'udito. Perciò ascoltava e Milo lo sapeva che poteva ascoltarlo) ci sono sempre i mezzi per farli comunicare in un modo o nell'altro. lol. Diciamo che qui Camus comunica via mente con Milo.
Buon
pomeriggio! Nel
frattempo che continuo la mia long su Shura,
DeathMask e Marie ho preso... chiamiamola una 'pausa'. Ieri ho
rivisto la puntata undici della saga di HADES... e mi ha frullato in
testa questa cosa.
Milo
si
sente colpevole... è una tacita richiesta la
sua, quella di essere perdonato per 'non aver compreso'. Un amico
dovrebbe comprendere. Un
legame forte come l'amicizia o l'amore dovrebbe andare oltre le
apparenze. E Camus lo 'perdona', citando Athos che dice queste parole
proprio alla persona che più ama. :') Penso anche che Milo
abbia compreso che fosse una citazione di Dumas!
Spero
vi piaccia e... se volete lasciarmi una recensione ve ne
sarò grata!
Enjoy,
Giò.